shahh
Disclaimer: I
personaggi non mi appartengono,
La
storia è scritta senza fini di lucro.
Sorrow
Has a Human Heart
.
.
“Capisco
perché tu ti sia trasferito proprio qui. C'è molta pace.”
Sul
lago si riflettevano le forme delle foglie. Ritagli di luce fendevano
i rami, le chiome, chiostri di verde che fremevano e frinivano
allungandosi verso il cielo.
Un
quieto ronzare disturbava il silenzio, un'ape rimbalzava sull'acqua e
ne increspava la superficie, tic
tic tic,
passi di danza in punta d'ali, ticchettii e zampettii e rintocchi.
“Lo
so. L'ho scelto di proposito, sai? Così potevo ascoltarmi pensare.”
“Egocentrico.”
L'ape
piroettò su un refolo d'aria, tentennò, scese dondolando fino a
posarsi sul manubrio di un triciclo. S'arrampicò sul rivestimento di
gomma, beandosi un poco del sole che gli scaldava le zampette. L'erba
era cresciuta attorni ai raggi della ruota, sopra al sellino e la
pioggia aveva scrostato la colorazione altrimenti rosso vivo
dell'intelaiatura; un sottile filamento perlaceo disegnava la trama a
tela di ragno tra i dischetti del campanello.
“Morgan
fa la brava?”
“Tua
figlia è un vero terremoto: ieri l'ho scovata mentre in garage,
mentre cercava di migliorare la viscosità della tela di Peter. Ho
impiegato quaranta minuti per togliergliela dai capelli.”
Una
lucertola saettò tra la scarpe di pelle morbida, spaventata da
quella risata inattesa. Fruz
fruz fruz, eccola
sparire in un barbaglio di coda tra i ciuffi verdi ai piedi della
panchina.
“Da
Supersoldato a baby sitter. Cielo, Rogers, che pessimo avanzamento di
carriera. Alla tua età dovresti startene tranquillo con la coperta
sulle ginocchia a fare il sudoku.”
“Sudoku?
Spero tu stia scherzando. Amadeus Cho, un compagno di scuola di
Morgan, mi ha installato sul telefono una versione del Mahjong che si
auto-migliora ad ogni partita: praticamente è diventata una sfida
tra me e quelle tesserine dipinte.”
Un
frinire argenti di grillo, un ridacchiare come smuoversi di
brezza.
“Non credi che sia arrivata anche per te l'ora di andare
in pensione, Cap?”
“E
se non fossero ancora pronti?”
“Fidati,
i Champion se la caveranno, sei stato un ottimo insegnante.”
Da
lontano, un profumo di caffè forte, caffé nero, di quelli che
preparava Bucky quando lui e Sam tornavano da una missione e Pepper
li riprendeva per la loro capacità di trovare sempre nuovi punti in
cui ferirsi e farsi comparire qualche nuovo livido. Il profumo del
caffè, le tazzine rosse moscovite, un vecchio ricordo di Russia,
l'amaro del primo sorso che si scioglieva sulla lingua in una lacrima
di zucchero.
“Allora,
fanfaroni? Vogliamo andare o tu e Tony vi state ancora guardando
negli occhi?”
Un
lieve scricchiolio, il legno della panchina che si abbassava e
s'alzava appena, pesante e poi leggero, seduto, quindi in piedi. Il
capo di Steve si piegò, quasi ad annuire, ed il sole tracciò una
carezza tra i capelli bianchi.
Lo
trovarono a sera che ancora sorrideva.
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