Cap 4
(Lui)
"Facciamo un giro con la mia auto. Ti porto a fare colazione in un posto
carino". " Ehm... Ricordi? Io ho la scuola alle otto". "Allora dove andiamo?"
mi guardò stranita "Dove vorresti andare?" e poi si rabbuió. "Hai capito
male. Io vorrei solo passare un pó di tempo con te". Lei fece un sorriso
bellissimo. "E va bene. C'è un parco qui vicino dove passo un pó di tempo a
ripetere, prima di entrare a scuola. Mi fai compagnia?". Non potevo
chiedere di meglio.
"Qual'è il tuo nome?" "Mi chiamo Jude". " Non vuoi sapere come mi chiamo
io?" "Ma tu sei Paul McCartney" disse proseguendo dritto senza guardarmi.
Mi spiazzò. "Come conosci il mio nome? " La sera al Cavern Club, ricordi?"
esitó "E poi sei piuttosto popolare qui a Liverpool. Tutti i ragazzi della tua
band lo sono". " Scrivi tu le tue canzoni?" "Io e Jhon a dire il vero." "Da
quanto vi conoscete?" "Da un pó". Non disse nulla, fui io a continuare "
Entrambi abbiamo perso le nostre madri. Fu una cosa che ci unì molto. E da
allora siamo inseparabili." Ma perché glielo stavo raccontando? Mi guardò
con gli occhi pieni di comprensione. "Non dev'essere stato facile." Bene...
Adesso provava pena per me. "Sei stato forte!" "Cosa?" mi sorprese. "Si.
Farsi coraggio e andare avanti. Non è semplice. È per questo che c'è una
vena di malinconia in alcune tue canzoni?" Una pausa, poi continuò "Hai
dentro una rabbia e una dolcezza infinita. Sei un sentimentale. Metti nelle
canzoni tutto quello che hai dentro. Mi piace come sei". Anche tu ragazza...
Anche tu mi piaci. (All've go to do)
Maggio volgeva al termine. L'aria fredda del mattino si stava ormai
scaldando. L'erba era fresca e lei vi si adagiò come se fosse parte di quegli
stessi fiori, di quell'erba e di quel cielo incredibilmente azzurro. Era una dea.
Mi sedetti accanto a lei. Si tolse le scarpe. "Cosa fai?" domandai incuriosito. "
Non hai mai provato il piacere di stare a piedi nudi nell'erba?". "Certo che si"
poi ci ripensai... "No credo di no". Lei rise " È una sensazione bellissima,
perché non provi?". Mi liberai in fretta dei miei stivaletti. "Ecco fatto". Lei
accennò ad un sorriso a denti stretti. Poi lo rifece. Si morse quel labbropieno e gonfio, e senza che potessi accorgermene provai un morso allo
stomaco. Per un istante smisi di respirare. La guardai serio. Era come me l'
ero immaginata. Dolce e pura. Chissà se le sue labbra avevano già ricevuto
il primo bacio. Desiderai essere io il primo. Poi mi ricordai di mr perfettino.
E mi tornò il malumore. Guardai altrove. Lei si sporse in avanti per
guardarmi. " Va tutto bene?" mi volta di scatto a guardarla. Si era fatta
improvvisamente vicina. I suoi grandi occhi spalancati su di me. Un mare
che avrei voluto esplorare meglio. "Ma si. Va tutto bene" mentii. Dovevo
sapere. "Il tuo ragazzo potrebbe ingelosirsi se ci trovasse ora qui insieme."
Lo dissi guardando nel vuoto piuttosto che guardare lei che arossí all'
improvviso. "Phil non è il mio ragazzo, o meglio non ancora". Phil... È così
che si chiamava il bastardo. " Che cosa vuol dire? " esitò poi parlò. "Beh...
Siamo praticamente cresciuti insieme. I nostri genitori sono molto amici. In
un certo senso è come se fossimo promessi..." fece una pausa "...è un brav'
uomo. E gli voglio bene certo... Ma..." distolse lo sguardo per poi
aggiungere "...non mi fa battere il cuore". Lo disse e si girò verso di me.
Ecco l'ondata che stavo aspettando. Mi travolse completamente. Cosa avrei
dovuto fare? Volevo baciarla lì all'istante. Sarebbe stato semplice. La mia
mente volò velocemente oltre. Immaginai qualcosa su quel prato che non
avrei potuto raccontare a nessuno.
Ma prima che prendessi qualsiasi decisione lei si alzò di scatto. "Sono in
ritardo per la scuola". Ah già... La scuola. Si stava infilando le scarpe
barcollando. "Resta con me. Fai sega a scuola." Mi guardò e rise di gusto "
Davvero non posso". Corse via con i libri in mano, inciampò due volte, poi si
bloccò e tornò indietro da me, rimasto lì ancora seduto per terrà a
guardarla. Si chinò su di me e si fermò un istante. Mi si fermò il cuore. Prese
respiro e mi diede un bacio leggero sulla guancia. Poi si alzò e corse via.
Restai inebetito a guardarla allontanarsi in fretta.
Portai le mani agli occhi e iniziai a ridere come uno stolto. Corsi alla mia
macchina e volai via come una scheggia. Improvvisamente mi sentì ispirato.
Le parole venivano a me da sole. Dovevo solo afferrarle e tenerle strette,
come avrei voluto tenere stretta lei. Lei che era la cosa più bella che potesse capitarmi. |