Capi 1 e prologo
PROLOGO
“Ogni momento
è un nuovo inizio”.
T. S. Eliot
Ogni racconto che si rispetti ha un suo inizio.
Tutto in fondo ha un inizio, no? Ebbene, questa è una storia
che parte da una fine.
L’estate si è appena conclusa, e con essa il periodo
dell’amore. Le foglie cadono a frotte dai rami, che si accingono ormai a
spogliarsi.
Ammetto che a volte vorrei essere come loro, cadere sul
terreno soffice, magari su un manto di erba scura, e lasciarmi morire così.
Dire addio alla mia opportunità.
Tuttavia non sono una foglia e non ha senso per me languire
in questo limbo per un periodo di tempo illimitato. Sarebbe ora di dedicarmi
all’azione. Di alzarmi da questa poltroncina di falso velluto e di gridare al
vento che anche io esisto, assieme al mio conseguente fardello di sogni e di
desideri.
E nulla si realizza, se non nel peggiore dei modi.
Nessuno mi crede? Be’, poco male. Questa è una storia che
inizia da una fine, quindi i miei assi li ho già calati tutti sul tavolo.
Che Dio me la mandi buona.
CAPITOLO UNO
“Anche un viaggio di
mille miglia
inizia con un singolo
passo”.
Lao Tzu
La mia vita è un film in bianco e nero. Sul serio.
Vivo tra reperti da museo e in una casa che sembra uscita da
un’altra epoca, incastonata in una lussureggiante e isolata campagna che i
cambiamenti climatici stanno rapidamente mandando in malora.
Ho un armadio pieno di abiti vintage e con essi ricopro quel
brutto e misero corpo che mi ritrovo. Per fortuna sono sempre stato dell’idea
che per coprire un ammasso di materia sia sufficiente anche quello che la
maggior parte delle persone del Nuovo Millennio considera uno straccio
bislacco.
Come ogni mattina che si rispetti, vado a riesumare una di
quelle camicie militari che tanto mi fanno sorridere, poiché le indossava mio
padre da giovane. La mia preferita è ancora come nuova, a parte le pieghe.
Nonostante le mie molteplici abilità, non ho mai imparato a stirare.
Il suo verde scuro è come un pugno in un occhio, però lo
reputo più virile di me stesso.
Stiracchio le pieghe al cospetto dello specchio del bagno, un
pezzo anni Sessanta giunto fino a noi grazie alla passione del collezionismo
che accomuna i miei genitori.
Sorrido notando la bandiera tedesca cucita su entrambe le
spalline. Un mio amico mi prendeva in giro per questa cosa, mi diceva sempre
che a me piaceva fare il tedesco. Non so cosa potesse significare per lui, non
avendo pregiudizi a riguardo, comunque l’annotazione mi faceva ridere, e ancora
oggi mi dona un breve ma piacevole ricordo.
Insomma, la bandiera della Germania Ovest pare sia una mia
compagna da sempre. Ma adesso che sono vestito, che sarà di me? Mi pongo spesso
questa domanda.
In fondo posso pur sempre contare su varie opzioni, che
potrebbero scandire e segnare la giornata appena iniziata; la prima è essere
servi in un capannone, la seconda è quella di darmela a gambe.
Cercare l’indefinito, il brivido che può strapparmi dalla monotonia
di un lavoro che non m’interessa.
Così do le spalle al mondo e alla società, finalmente padrone
del mio destino. L’accendiamo?
Benvenuti nella società capitalista! Quella in cui tutti ti
chiedono, appena ti incontrano, cosa fai o cosa non fai.
Tu naturalmente devi sempre rispondere a modo e dire che sì,
sta andando a gonfie vele la carriera lavorativa, che presto sarai dirigente di
una prestigiosa multinazionale con svariate sedi in almeno sedici Stati diversi.
Nessuno che ti incontri e che ti stringa la mano, che abbia
voglia di conoscerti per davvero, al di là del tuo stipendio.
Da ragazzino gli anziani mi farcivano la testa con la
richiesta continua di lavorare, e lavorare sodo, caspita, se no la pensione non
l’avrei mai avuta. A dieci anni dovevo già pensare alla pensione, eh. Contando
che la vita è una incognita, chissà se giungerò all’età del pensionamento o se
comunque il concetto di pensione esisterà ancora durante la mia ipotetica e
lontana senilità.
Dovrei quindi condannare la mia esistenza alla ricerca della
carriera, del prestigio, e soprattutto del capitale; cavolo, quello se è
importante!
Tirando le somme, tutti mi chiedono cosa faccio ora. Che
faccio ora? E che minchia ne so. Faccio l’essere umano, va bene?
Attualmente in pratica sono disoccupato, ma mi sta bene così.
Quando sentono questa frase, ebbene, ricevo occhiatine sottecchi, di quelle
stuzzicanti. Poi si addolciscono. Pensano; poverino, oppure sfaticato. È per
questo che detesto i soldi, detesto la carriera, detesto i miei simili. Io non
mi farò mai un culo così per tirare su soldi di cui non ho attualmente bisogno.
Sono legato alla vita, questo è vero, ma prima di nascere non
ho firmato alcun contratto che mi legava a questa mentalità bigotta e
restrittiva.
So bene che sono pure il dramma per i miei genitori, che
vorrebbero un figlio normale che lavora e che scala la società, capace a far
tutto. Invece hanno cresciuto un imbelle che più che lavorare sul tavolo
preferisce nasconderglisi sotto. Tipo un Girolamo Riario in una versione
attuale.
Non facciamone un dramma, però, ricordando di mandare sempre
all’inferno il capannone di famiglia, dove si svolgono lavori fabbrili. O anche
lo stesso negozietto di verdure km 0 dove presto servizio qualche ora al
giorno, sempre di proprietà dei miei.
Resta comunque il fatto che tutti vorrebbero catalogarmi come
Alex il fabbro, Alex l’ortolano, oppure Alex il bidello, o Alex il dottore, che
è addirittura meglio… invece sono semplicemente Alex.
Ah, ho anche un cognome, un’interiorità e un’anima, se
qualcuno lo ricorda. Oppure è meglio continuare a pensare al mestiere e al
capitale, sì, che è coerente.
Oggi l’Alex nullafacente cammina per strada con addosso
questa camicia militare tedesca, e lo fa a testa alta, nonostante ciò che gli
piove addosso e le vocine che bisbigliano dietro le finestre dai vetri
sigillati.
Odio tutto quello che riguarda l’amore. Non sopporto le
persone che si baciano in strada o sulla spiaggia, mi trasmettono un senso di
insospettabile eppur fastidioso melenso, inutile.
Non credo nell’amore, ma non so se ciò finora si è capito.
Eppure dentro di me ho un pozzo profondissimo, e in profondità gorgoglia
qualcosa di indefinito. Una persona ben preparata, sia magari uno psicologo o uno
psicoanalista, o che cosa ne so, guardandoci dentro potrebbe tuttavia vederci
tantissimo altro. Bisogna che sia esperta del mestiere, altrimenti se ne
rifuggirebbe senza rimorsi.
La maggior parte delle persone comuni, guardando dentro al
pozzo, dopo una rapida occhiata si ritira e sparisce dalla mia vita.
Ah, quasi dimenticavo di precisare che la mia esistenza è una
stazione dove i treni partono e tornano in continuazione. Su queste panchine,
alla fine, resto seduto solo io. Da solo. Una chiacchierata con Tizio Caio e
un’altra con Sempronio, e poi via, ciascuno per la sua strada.
Tranne me, che resto sempre qui seduto, immobile nello
scorrere del tempo e nel ritmo implacabile delle stagioni.
Può quindi esistere l’amore per una persona che non conosce
la costanza dei rapporti umani? In realtà non so nemmeno se esista un legame
eterno. Tutti coloro che mi hanno detto per sempre sono spariti in fretta e
furia, dopo un po’, magari anche ferendomi gratuitamente.
Ci sono poi state persone che ho amato, una in particolare.
G.
Ma G è tutta un’altra storia, in fondo.
G ormai è già parte di un passato che comunque si evolve,
diciamo che lui è stato uno dei pochi ad aver preso un treno dalla mia
stazione, e poi a tornarci. È tornato ma se n’è andato di nuovo.
Poi è tornato ancora.
E se n’è andato di nuovo.
G, tu non sei l’amore, bensì la mia maledizione.
Queste sono le linee guida della mia esistenza. Da qui parte
tutto, e da qui tutto è finito.
Sono ancora seduto sulla panchina della mia stazione, nell’attesa
di un treno che porterà un solo passeggero che resterà per sempre, nel bene e
nel male. Che mi donerà la costanza che finora mi è mancata.
Questo è come dovrei pensare, lasciando quindi spazio alla
speranza. Sono giovane, no? Me lo dicono in tanti, però alla mia età sono tutti
impegnati e molti hanno già figli e una famiglia sulle spalle. Non che sia
geloso, non saprei che farmene di altre beghe, ma… questo mi fa tristemente
capire che in me qualcosa non va.
E lo capisce anche chi mi guarda, le persone più adulte e
pettegole che mi tengono d’occhio quando cammino per strada con addosso la mia
camicia vintage.
Girano voci su Alex, il figlio di quelli che raccolgono la
roba vecchia; quello sfigato che, poverino, deve mancargli un giovedì. Fa
l’orticello e aiuta a vendere le verdure che produce, così come farebbe il più
umile dei pezzenti. Non fa un cazzo però nel capannone di famiglia, è
maleducato e sprezzante verso i genitori.
Si vede da come si veste e da quanto è solo. Nessuna ragazza
l’ha mai voluto. Nessun amico ha mai varcato la soglia di quel portone di casa.
Sono quindi un marchiato, agli occhi degli altri. Un
emarginato.
L’unica mia fortuna è che so scrivere, e in questo trovo
consolazione e rifugio.
Le mie lacrime, all’improvviso, diventano un’opportunità.
Dalla fine può forse generarsi un nuovo inizio?
Chissà.
NOTA DELL’AUTORE
Ehm xD so che non ci avete capito niente. Ebbene, pure io.
Però, sapete… non si giudica un testo dall’apparenza, spero che abbiate la
pazienza di addentrarvi assieme a me in questo racconto. Che per carità, non
merita nulla né è un best seller. Però… affronterà un’infinità di tematiche,
questo ve lo posso garantire.
Alex è il solito Alex, lo ritroviamo giovane, un po’ più
tranquillo per ora. Ma… non posso rispondere per il futuro narrativo xD
Ringrazio chiunque ha letto e chiunque darà fiducia e
sceglierà di proseguire la lettura. I capitoli sono tutti abbastanza brevi,
spero non annoino.
Assolutamente devo specificare che Il Limbo dei Bugiardi è un
titolo e un racconto che sono partiti oltre un anno e mezzo fa da uno spunto di
idea gettato da Soul_Shine, che mi ha intrigato molto. Con il suo consenso, ho
elaborato e scritto questo testo, dopo sette mesi di battitura. Soul, so che è
diversissimo da come lo immaginavi, so che non c’entra quasi niente con quello
di cui parlammo… ma spero solo che… ecco, qualcosa possa intrattenerti e
chissà, magari colpirti con curiosità. Credo possa essere una sorpresa anche
per te e… niente, te lo dedico xD
Grazie a tutti, carissimi e carissime amiche!
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