Questo
capitolo è sia una conclusione alla storia che uno spiraglio
per un eventuale
seguito: non credo che lo scriverò, perché non ho
molta voglia di impelagarmi
nella Seconda Guerra e sostanzialmente riscriverla. Però
volevo dare
un’apertura all’immaginazione e soprattutto sentivo
il bisogno di un capitolo
più maturo a conclusione di quella che ho sempre dichiarato
essere una storia
senza pretese.
Se
volete adattarci un ulteriore finale, potete pensare alla one-shot
“Il
discorso… Quel discorso” (anche se forse qualche
particolare non collimerà).
Vi
ricordo che il sesto anno trascorso da Harry differisce del tutto da
quello
canonico (niente Horcrux, niente Silente morto, niente orribile anno di
Draco),
come pure il fatto che Lucius non sia stato incarcerato.
Musica
di accompagnamento:
https://www.youtube.com/watch?v=FykoPDeZd4k
Buona
lettura, Puffole Pigmee!
Harry
si girò nel letto sfatto della sua stanza a Grimmauld Place,
dove si era
trasferito il giorno stesso del suo diciassettesimo compleanno, appena
raggiunta la maggiore età secondo il Mondo Magico:
già da prima della fine
della scuola la famiglia Weasley gli aveva dato una mano a ripulirlo e
renderlo
più accogliente e meno tetro; rispetto
all’atmosfera del quinto anno era stato
molto più divertente, anche se altrettanto faticoso.
Dobby
si era stabilito lì in pianta stabile: nonostante oramai
fosse un elfo libero
aveva insistito per stare accanto a Harry Potter e la cosa si era
rivelata una
benedizione, soprattutto perché teneva d’occhio
Kreacher, il quale si era
piegato veramente controvoglia a servire Harry Potter. Dopo i tragici
fatti del
quinto anno Harry tentava di interagirci il meno possibile, ma non
poteva
liberarsene o la cosa avrebbe avuto risvolti davvero drammatici.
Dobby
era stato seguito a ruota da Winky, come se il ragazzo fosse una
calamita per
elfi domestici. A quel punto Harry, un ragazzo adolescente con ben tre
elfi al
suo servizio, di cui due liberi, aveva semplicemente deciso di
ammassare molti
dei cimeli della famiglia Black in una parte del sottotetto e aveva
dato a
Kreacher il permesso di vivere lì: lo aveva vincolato con
ordini tali che la
creatura a malapena poteva uscire dalla stanza; cosa che del resto non
avrebbe
neanche voluto fare, soprattutto da quando i tre elfi erano riusciti a
staccare
il ritratto di Walpurga Black e Kreacher se l’era portato nel
suo covo: passava
giornate a coltivare livore insieme al dipinto; anche se sembrava che
l’arrivo
di Winky lo avesse ammorbidito e spinto a una riottosa collaborazione:
Harry si
rifiutava di pensare alle ipotesi di intrallazzi romantici tra gli elfi
domestici, che Merlino gli risparmiasse certe immagini mentali!
Silente
aveva organizzato un modo per raggiungere l’abitazione
abbastanza sicuro: dato
che il Preside era ancora il Custode dell’Incanto Fidelius
posto a protezione
dell’avita dimora dei Black, solo in pochi potevano accedere
e nello specifico
aveva arrangiato un punto di Materializzazione sugli scalini esterni,
al riparo
da sguardi indiscreti di Babbani e altri maghi; da lì
però nessuno poteva
procedere oltre se non inviando un Patronus ad annunciare la propria
presenza e
dietro autorizzazione di Harry stesso: anche se Grimmauld Place era il
quartier
generale dell’Ordine della Fenice, Harry poteva dunque godere
di una sicurezza
e di una privacy e intimità che mai prima di quel momento
aveva sperimentato.
Inoltre nessun Mangiamorte poteva produrre un Patronus e questa era una
discriminante basilare per la sicurezza del giovane. Aveva fornito a
Dobby una
lista di Patronus sicuri e conosciuti grazie ai quali anche
l’elfo poteva
aprire la porta di casa.
Era
bello starsene da solo ed essere padrone di andare e venire a ogni
orario dalla
cucina per mangiare, girare in mutande per le stanze, indugiare a lungo
nella
vasca e utilizzare l’acqua calda a volontà senza
le violente reprimende di zio
Vernon e zia Petunia.
La
sera, con fare casuale ma non troppo, almeno uno dei membri
dell’Ordine della
Fenice si faceva vivo per un controllo: a volte Remus e Tonks si
fermavano a
cena; Silente, Kingsley o Moody passavano per un po’ di
allenamento (Harry
aveva imparato di più con loro tre in poco tempo su
Incantesimi e Difesa contro
le Arti Oscure che in anni di scuola, anche se dalle sessioni con Moody
usciva
di solito piuttosto acciaccato); i signori Weasley portavano qualcosa
da
mangiare che a Harry bastava per quattro o cinque giorni.
Ci
era voluto di più perché Piton si facesse vivo:
Harry ne avrebbe fatto
volentieri a meno, ma Silente aveva praticamente obbligato sia lui che
il
Pozionista a riprendere le lezioni di Occlumanzia a cadenza quasi
quotidiana,
con sommo scontento di entrambi; il ragazzo pensava che semplicemente
Piton non
volesse avere niente a che fare con lui e con quel posto, ma
l’imbarazzante e
penosa verità era venuta a galla all’appuntamento
per la seconda lezione. La
prima volta Harry era stato avvisato dell’arrivo dei due
dalla fenice di
Silente, ma la successiva il Preside era arrivato da solo in anticipo e
aveva
dichiarato che avrebbero atteso insieme l’arrivo del
Professor Piton: il
luccichio degli intensi occhi azzurri dietro alle lenti degli occhiali
avrebbe
dovuto essere un indizio per Harry.
Qualcuno
più tardi aveva bussato con forza: Harry e Silente,
avvertiti da Dobby, si
erano apprestati alla porta e avevano udito Piton chiedere che lo
facessero
entrare; il ragazzo era rimasto scosso dalla voce del Pozionista, che
suonava
esasperata e demoralizzata, per cui si era mosso per aprire la porta di
ingresso.
Ma Silente lo aveva bloccato: il suo viso era una maschera di
determinazione,
ma la frase che aveva pronunciato era dolce.
-Severus,
il tuo Patronus: dobbiamo essere sicuri che sia davvero tu-.
Al
di là del battente il silenzio si era protratto per un tempo
tanto lungo da
indurre Harry a pensare che l’uomo se ne fosse andato. Poi
una cerva argentata
di indicibile bellezza e grazia aveva trottato attraverso il corridoio
di
Grimmauld Place, voltandosi a guardarli: Harry aveva avvertito una
stretta al
cuore che lo aveva paralizzato in contemplazione, per cui era stato
Silente
stesso ad aprire la porta e i due uomini si erano guardati:
infinitamente
compassionevole il più anziano, furente il più
giovane.
-Oh,
Severus, dopo tutto questo…-
-Taci-,
lo aveva interrotto sibilando Piton e passando risentito oltre lui e
Harry.
-Vieni,
Harry-, aveva sollecitato il Preside, con una voce che improvvisamente
lasciava
trasparire tutta la sua età, roca e smorzata. -Seguiamo il
Professor Piton; immagino
che per questa sera l’Occlumanzia possa aspettare:
è tempo che voi due vi
chiariate-.
Avevano
ritrovato Piton nel salotto a versarsi, in totale autonomia e con
metodica
ostinazione, generose dosi di Whisky Incendiario; Harry era stravolto:
aveva visto
il suo professore così scosso e alterato solo quando aveva
inappropriatamente
spiato i suoi ricordi nel Pensatoio al quinto anno.
-Severus…-,
lo chiamò con dolcezza Silente. -Per favore…
È davvero necessario che Harry
capisca, non si può attendere oltre-. Fece una pausa, ma
Piton continuò a
tracannare il liquore senza dar segno di averlo udito. -Potrebbe
succedere di
tutto, nel prossimo futuro; e, qualora io dovessi morire, tu saresti la
guida
migliore per Harry, perché sei la persona meglio informata
sulle mie strategie:
quindi è di vitale importanza che lui si fidi di te come mi
fido io e sappia
perché sono sicuro che non ci tradirai mai e che sarai
sempre dalla sua parte,
nonostante tutto-.
Harry
guardava stralunato i due, che adesso si fronteggiavano: il Preside
impietosito
e il Pozionista rabbioso e quasi allarmato, come una bestia messa
all’angolo;
tuttavia Silente doveva aver scorso qualcosa sul viso
dell’altro durante quel
confronto di sguardi, perché aveva addolcito la propria
espressione e si era
ritirato lasciandoli soli e chiudendosi la porta alle spalle.
Erano
seguite due ore di penosa, stentata conversazione e di sconvolgenti
riluttanti
confessioni, al termine delle quali Harry era emerso dal salone con gli
occhi
gonfi di pianto, intontito dalla verità, le proprie certezze
azzerate e la
sensazione di essere davvero un piccolo pesce in un grande mare di
eventi.
Il
crudele professore di Pozioni innamorato per tutto quel tempo di sua
madre
aveva cambiato fazione per rimediare ai propri peccati accettando di
fare la
spia per i buoni e proteggendolo dal peggio?
Il
cielo di sicuro sarebbe crollato.
Il
giovane non aveva salutato nessuno dei due uomini e si era diretto
incespicando
verso il suo letto, sul quale si era lasciato cadere continuando a
piangere
fino ad addormentarsi.
Al
suo risveglio, ore dopo, né silente né Piton
erano presenti in casa.
Aveva
rivisto il Pozionista il giorno seguente, con grande imbarazzo e tesa
circospezione
da entrambe le parti.
Non
molto era cambiato nei loro rapporti: Harry era comunque insofferente e
Piton
comunque astioso.
Ma
adesso Harry si fidava dell’insegnante e con il procedere
degli incontri Piton
appariva comunque lievemente più collaborativo e meno
vendicativo nei confronti
del ragazzo, il quale era fermamente intenzionato a dimostrare di non
essere
Sirius o il proprio padre: Silente gli aveva ricordato che Piton poteva
essere
un ottimo alleato e Harry era intenzionato a ricavarne il meglio
possibile, a
prescindere da quanto lo trovasse sgradevole e odioso, dal momento che
aveva
appreso la lezione “stare dalla parte dei buoni non vuol dire
essere buono”.
Forse
fu per questo spiraglio di apertura che Piton a un certo punto si
offrì di
aiutarlo anche con l’attività di duellante e Harry
scoprì definizioni del tutto
nuove di “impegno” e
“assiduità”: le lezioni con Piton,
quotidiane e a sera
inoltrata, avevano sostituito gli incontri con Moody e Kingsley: lo
lasciavano
stremato e frustrato perché sembrava che non fosse mai
abbastanza bravo per gli
standard del Pozionista; tuttavia stava imparando ad applicare
l’Occlumanzia
anche mentre duellava e il vantaggio della cosa era di non poco conto.
Non
sarebbe mai stato un buon Occlumante, ma aumentava la sua
concentrazione e di
conseguenza i suoi riflessi.
Era
reduce da una lezione di tale tipo proprio quella sera del trentuno di
agosto:
Piton aveva voluto un ultimo allenamento prima che si tornasse a
Hogwarts, perché
negli ultimi giorni gli aveva insegnato alcuni incantesimi che forse
Silente
non avrebbe del tutto approvato, per cui era stato meglio apprenderli
al di
fuori del suolo scolastico.
Il
giorno dopo Harry sarebbe montato sul treno diretto a Hogwarts con la
sua
indipendenza economica e giuridica, con una nuova sicurezza nelle sue
capacità
magiche, con nuovi alleati e nuovi amici, con vecchi alleati e vecchi
amici
ancora più fidati; protetto dagli adulti ma anche parte del
mondo degli adulti.
Insomma,
considerando che ci si avviava verso una guerra che sarebbe potuta
scoppiare in
qualsiasi momento e che lo avrebbe visto in prima linea a rischiare la
pelle,
stava andando tutto bene: se lo ripeté con convinzione
continuando a girarsi
nel letto.
Cioè,
stava andando quasi tutto bene.
Non
sentiva Draco da un mese; il biondo gli aveva scritto per il compleanno
di
Harry, inviandogli addirittura un regalo: un globo di vetro in cui
volavano due
figurine sulle scope. A ben guardare, le figurine erano loro due e il
paesaggio
circostante era quello in cui avevano volato nella tenuta di Blaise. Il
biglietto di accompagnamento era scherzosamente formale, ma erano state
le
ultime parole a far trattenere il respiro di Harry: “a
presto”. Il pacchetto
era arrivato a Privet Drive appena scattata la mezzanotte, prima che
lui si
trasferisse: il Grifondoro si era commosso in maniera quasi ridicola
che i
primi auguri ricevuti fossero quelli di Draco.
Nonostante
quella rassicurazione, dalla fine di luglio Harry non aveva avuto
più notizie
di Draco: le lettere che si era arrischiato a inviargli tramite Edvige
erano
tornate indietro con Edvige stessa; cosa molto strana, visto che la sua
civetta
riusciva sempre a trovare il destinatario. L’unica notizia
che aveva ricavato
dall’ultima missiva era che Draco avrebbe raggiunto i suoi
genitori per una
breve vacanza: non sapeva dove né quando e lo ignoravano
pure Blaise e Pansy;
nessuno di loro aveva più ricevuto niente e le ipotesi si
erano sprecate senza alcuna
conferma di alcun tipo.
Voldemort,
insieme al suo corteo di fedelissimi, era ancora il grande assente
dalla scena
e non si poteva sapere se la famiglia Malfoy fosse con lui, di propria
volontà
o meno.
Piton,
dietro un’accorata supplica di Harry, si era recato al Malfoy
Manor e aveva
dichiarato che risultava impenetrabile e apparentemente disabitato.
Inizialmente
Harry era stato triste, perché pensava di essere stato
scaricato prima ancora
che tra loro due potesse esserci qualcosa di concreto; poi si era
arrabbiato e
adesso era semplicemente preoccupato da morire. E insieme alla
preoccupazione
si era reso conto che voleva Draco accanto a sé in maniera
stabile e duratura:
forse non sarebbe stato un per sempre, ma voleva provarci. Sentiva di
meritarselo,
percepiva che in una qualche oscura maniera avrebbe fatto la
differenza. Avrebbero
litigato e si sarebbero scontrati su un sacco di cose… Ma
per Merlino, lo
voleva con sé, se ne era conto quando si era sorpreso a
sentire la mancanza dei
lati più terribili del carattere di
quell’aristocratico principino.
Ricordava
ancora come si erano salutati al rientro di quel fine settimana a casa
di
Blaise, dopo una notte di tenerezze e passione in cui aveva scorto uno
scampolo
di quel che sarebbe potuto essere: Draco lo aveva trascinato in un
angolo buio
del Paiolo Magico, dove tutti si erano fermati per un ultimo pranzo
insieme, e
lo aveva baciato a lungo con una foga quasi disperata, graffiandolo con
i denti
nel tentativo di avere più accesso possibile alla bocca di
Harry; quando si
erano separati, con il fiato corto e le labbra tumefatte, Draco aveva
appoggiato la propria fronte contro quella di Harry e aveva chiuso gli
occhi,
come sopraffatto da qualcosa.
-Promettimi
di darmi…-, aveva cominciato a dire, ma poi era corso senza
aggiungere niente
fuori dal locale.
Harry
aveva ondeggiato, destabilizzato dall’improvvisa mancanza del
ragazzo tra le
sue braccia e lo aveva inseguito sulla strada di Diagon Alley, ma il
biondo era
sparito dalla vista.
Ricordava
anche di aver mormorato la risposta.
-Quello
che vuoi, Draco, ti darei tutto quello che vuoi, lo prometto-.
Si
era rifiutato di pensare che fosse finita lì.
Ma
adesso, dopo un mese, cominciava a credere di essersi sbagliato.
Si
svegliò di soprassalto, il che voleva dire che alla fine era
riuscito a prender
sonno, mentre qualcuno bussava alla porta della camera. Non appena
disse
“avanti”, Dobby si precipitò in stanza
trafelato.
-Harry
Potter, signore, c’è di sotto un Patronus che
Dobby non ha mai visto, signore!-,
esclamo vivace l’elfo domestico. -No, no, Dobby è
sicuro di non aver mai visto
questo Patronus, così non ha aperto e non ha fatto entrare
nessuno!-
Dobby
prendeva davvero molto sul serio il suo ruolo di guardiano di Grimmauld
Place e
Harry confidava che la magia della creatura potesse tenerlo al sicuro
tanto
quanto quella di un Auror.
Harry
fu incuriosito e anche un pochino allarmato: conosceva le forme di
tutti i
Patronus dell’Ordine e di alcuni Auror che sapevano come
raggiungere Grimmauld
Place 12, per cui si trattava di un estraneo. Come aveva fatto a
scoprire
l’ubicazione della casa? Non ne erano al corrente neanche
Blaise e Pansy, di
cui oramai si fidava… Certo, non si poteva trattare di un
Mangiamorte, ma non
voleva dire che non potesse essere qualcuno con cattive intenzioni.
Quindi
Harry scese rapidamente le scale e si diresse verso la porta di
ingresso, la
bacchetta pronta in mano e tutti i sensi all’erta; Dobby lo
guidò in cucina,
dove il ragazzo poté vedere con i propri occhi un grande e
maestoso airone
argentato che volava pigramente in cerchio, sbattendo le ali con grazia.
No,
era certo di non aver mai visto in vita sua quel Patronus: stava per
dire a
Dobby di ignorare la chiamata, quando…
-Potter,
sbrigati ad aprirmi, piove e mi si stanno infradiciando le palle qui
fuori!-,
sbottò una voce perentoria e strascicata fuori dal bel
Patronus elegante.
Harry
avrebbe riconosciuto quella voce tra miliardi e si precipitò
a spalancare la
porta di entrata, dimentico di ogni sorta di prudenza.
Per
fortuna non era una trappola e sugli scalini c’era solo
Draco: bagnato come un
pulcino, con i capelli lievemente scuriti dalla pioggia appiccicati ai
lati del
viso e un’espressione scontenta sul viso che gli imbronciava
deliziosamente le
labbra.
Harry
non riuscì a spiccicare parola e non aspettò che
l’altro profferisse verbo: lo
trascinò dentro casa e se lo tirò addosso, troppo
felice e rincuorato di
vederlo sano e salvo, anche se inzuppato e infreddolito. Lo
abbracciò stretto
perché la presenza di Draco diventasse reale contro la sua
pelle e nella sua
testa e si decise a lasciarlo andare solo quando Draco
parlò, lievemente
imbarazzato e irrigidito nella stretta.
-Ti
stai bagnando tutto anche tu…-, mormorò
timidamente.
Non
era esattamente la frase che Harry si era aspettato, ma non importava.
Harry
lo scostò, per guardarlo negli occhi, facendogli un sorriso
che lasciava
trapelare tutto il suo sollievo e il suo affetto. Avrebbe voluto
gridare ai
quattro venti quanto fosse felice di averlo lì, quanto gli
era mancato e quanto
lo aveva pensato, quanto era stato in pensiero e come tutto si fosse
ridicolmente ridimensionato di fronte ai suoi occhi grigi che lo
guardavano
incerti. Avrebbe voluto chiedergli dove era stato e cosa aveva fatto e
come mai
era tornato e come aveva trovato quel posto. Avrebbe anche voluto
chiedergli
come mai era proprio lì da Harry.
Ma
nessuna di queste frasi uscì fuori, bloccate nella gola di
Harry
dall’atteggiamento distante dell’altro.
Era
passato poco più di un mese da quando si erano salutati con
un vaghissimo e
indefinito proponimento di portare avanti il loro rapporto in una
qualche forma
non meglio specificata, eppure all’improvviso appariva
difficile riallacciare i
fili, riprendere la trama da dove si era interrotta.
Proprio
quando Harry desiderava stringere quei fili e quella trama come mai
prima
d’ora.
Draco
era davanti a lui, incerto e remoto.
-Vieni-,
fu l’unico commento ad alta voce, pieno di premura e
tenerezza. -Facciamo
qualcosa per i tuoi capelli e per il tuo vestito-.
Lo
scortò personalmente fino al bagno degli ospiti, lo fece
sedere su una piccola
panca e cominciò a far scorrere l’acqua calda per
riempire la vasca; arrivò
Dobby portando alcuni asciugamani, alzando in sfida il mento fiero di
fronte al
rampollo Malfoy, ma Draco si limitò a fargli un cenno di
ringraziamento senza
ulteriori commenti; dopodiché il Serpeverde se ne stette
appollaiato sulla
panca in silenzio e lievemente a disagio, guardandosi intorno: sembrava
spaesato e incerto sul restare lì o meno.
Quando
tutto fu pronto Harry accennò a ritirarsi per una sorta di
strano pudore
indotto dal comportamento dell’altro, ma Draco gli chiese di
rimanere lì: prese
a spogliarsi senza malizia e con un po’ di impaccio, mentre
Harry divorava
avidamente con gli occhi ogni nuova porzione di pelle lasciata allo
scoperto
senza però muovere un muscolo, inchiodato dalla palese
reticenza di Draco, il
quale si immerse nell’acqua calda, appoggiò la
nuca contro la ceramica della vasca
e chiuse gli occhi.
-Cielo,
dopo tutto il giorno che cammino per le strade di Londra starsene qui a
mollo
equivale alla beatitudine. Potter, non hai niente da dirmi?-,
domandò il biondo
aprendo un occhio per guardare l’altro in tralice.
Harry
avrebbe voluto dirgli molto, e ancora di più avrebbe voluto
fargli: ma
avvertiva una sorta di distanza fra loro due, un qualcosa che poteva
essere
risolto o saltando nella vasca e baciandolo di forza o recuperando il
tempo
perduto in un’altra maniera.
Durante
la lunga assenza di Draco si era ripromesso che avrebbe fatto le cose
in modo
diverso se lo avesse riavuto accanto: che avrebbe fatto sul serio, che
avrebbe
dimostrato all’altro che ne valeva la pena e che non era solo
una cotta o un
mero impeto ormonale: perché ci aveva riflettuto su a lungo
e si era
assolutamente convinto di voler accanto Draco per qualcosa di
più di una
storiella. Era così tanto tipico di lui, gettarsi nelle
situazioni a capofitto
credendoci fino in fondo. Ma non sapeva ancora come la pensasse Draco a
riguardo e preferiva evitare la domanda diretta fino a che
l’altro appariva
così teso e guardingo.
Quindi
si avvicinò alla vasca e, presa una bottiglia di shampoo, ne
versò una buona
dose sui capelli bagnati di Draco, iniziando a massaggiare in silenzio:
aveva
agito senza pensare ma fu ripagato da un sospiro di approvazione e
dalla
tensione che si allentava un minimo nella postura del biondo. Era
comunque un
piccolo passo per diminuire la distanza, andava bene.
Continuò per un
considerevole lasso di tempo, fino a che le mani furono piene di
schiuma
soffice e vaporosa e Draco apparve più rilassato.
-Come
mai hai girovagato per Londra sotto la pioggia?-, chiese in maniera
casuale.
Entrambi
sapevano che l’uso della magia evitata certi inconvenienti
come bagnarsi per
via del maltempo o muoversi a piedi: Draco Malfoy che non ricorreva
alla magia
era quanto meno inusuale.
-Non
sapevo se ero seguito e non volevo rischiare che l’uso di
incantesimi mi
facesse identificare e li portasse fino a te-, spiegò senza
la necessità di
chiarire quel “li”.
Harry
ne fu oltremodo incuriosito, ma aspettò pazientemente che
l’altro continuasse
di propria volontà.
Draco,
dopo un paio di profondi sospiri riprese a parlare e decise finalmente
di
partire da capo con la storia.
-La
lettera che mi ho ricevuto mentre ci trovavamo da Blaise era da parte
di mia
madre: ha reputato saggio che lei e mio padre rivedessero le loro
posizioni
riguardo ai rischi di seguire l’Oscuro Signore. Non conosco i
dettagli di come
lo abbia convinto che non sarebbe stato giudizioso rispondere alla
chiamata per
prendere parte al prossimo conflitto; del resto, non sarebbe neanche
stato
possibile porre un rifiuto senza patirne le… Ehm…
Conseguenze-.
Harry
reputò che “conseguenze” fosse un
termine alquanto edulcorato e pure che il
padre di Draco si fosse già abbastanza lasciato coinvolgere
in atti turpi, ma
non commentò ad alta voce e lo lasciò proseguire
nel racconto: non sapeva di
cosa Draco fosse a conoscenza su Lucius Malfoy.
-Di
sicuro mia madre ha pianificato da lungo tempo la nostra fuga,
perché nella
lettera erano contenute istruzioni precise. Loro erano partiti giorni
prima con
la scusa di una sorta di nuovo viaggio di nozze: la cosa non era
insolita e non
avrebbe destato nessun tipo di sospetto nella comunità
magica. Mi ha comunicato
che la mattina del trentuno di luglio li avrei raggiunti. Non me lo
stava né
chiedendo né domandando: semplicemente me ne metteva al
corrente come un dato
di fatto. Quell’ultimo pomeriggio che abbiamo trascorso da
Blaise, ho
riflettuto su molte cose, compreso il fatto che se i miei genitori
avevano
abbandonato la loro posizione, forse non era una posizione che meritava
di
essere mantenuta. Prima di allora avevo avuto fiducia nel fatto che
loro
credessero fermamente nella loro ideologia, ma…
Cioè, li capisco: rischiare la
vita per consegnare il potere a Tu-Sai-Chi non è la loro
priorità; allora mi è
capitato di dubitare che dovesse essere la mia. Forse ti piace
immaginare che fossi
pronto a dirle che in quanto maggiorenne potevo decidere della mia vita
come
meglio ritenessi, ma avevo comunque paura di farlo: ci sono abitudini
dure a
cambiare e essere il figlio di Lucius e Narcissa Malfoy è
una di quelle. Così
ho seguito le istruzioni di mia madre e sono partito con il pretesto di
raggiungerli. Abbiamo iniziato a girovagare per far perdere le nostre
tracce, tagliando
i ponti con tutti e smettendo di avere contatti i conoscenti: non
stavamo mai
molto in un luogo, con la copertura ancora del viaggio di piacere a
tappe. A
parte una vita sociale formale non abbiamo parenti che si preoccupino
per la
nostra assenza immotivata. Mi sarebbe piaciuto avvertire Blaise e
Pansy, ma non
mi è stato permesso-.
Harry
notò che lui non era stato nominato, ma si sforzò
di non farci caso.
-Fino
a che dopo pochi giorni siamo arrivati molto lontano, dove mia madre
conosceva
una comunità di maghi che ci ha definitivamente nascosto,
addirittura cambiando
le nostre identità. Ho vissuto lì con loro solo
qualche giorno prima di
rendermi conto che non ero soddisfatto di quella situazione.
Inizialmente mi
era sembrata un’ottima soluzione, ma vivendola ho capito che
non poteva durare,
almeno non per me. Così per la prima volta sono uscito dal
sentiero che i miei
genitori avevano tracciato per me; mia madre non è stata
molto contenta e si è
preoccupata tantissimo, ma mio padre mi ha inaspettatamente
incoraggiato:
suppongo lo abbia fatto perché pensa che in questa maniera
potrà tornare sui
propri passi cambiando le carte in tavola a giochi conclusi, usandomi
come
appiglio. Ma per la prima volta, ho agito senza pensare al bene della
famiglia,
sono tornato indietro, perché voglio essere Draco Malfoy e
nessun altro:
Purosangue residente in Inghilterra, con tutto quel che ne consegue. E
posso
esserlo solo in un modo: stando dalla parte del vincitore di questa
guerra. E-,
a quel punto Draco strinse per un breve momento le labbra, prima di
buttare
fuori di colpo la frase successiva, -sono convinto che questa guerra la
vincerai tu. Non è una questione di sentimentalismo e
fiducia nel trionfo del
bene: ne sono convinto a livello strategico-.
Draco
a quel punto aprì le palpebre guardando in su, verso Harry:
nei suoi occhi
grigi aleggiava una domanda: “vincerai tu, vero?”
Si
poteva rispondere una sola cosa.
-Certo
che vincerò io-, confermò con tutta la forza
della sua testardaggine e della
sua nuova sicurezza: si rese conto, mentre lo diceva, che ne era certo
sul
serio e fino in fondo. Avrebbe vinto e sarebbe tornato da vincitore tra
le
braccia di Draco e lì, finalmente, avrebbe piegato il capo
sulla sua spalla e
si sarebbe concesso la normalità.
Draco
annuì di rimando.
-Così
sono ho fatto ritorno. Ho contattato una persona che ha abilitato una
Passaporta che mi ha trasportato alle Isole Ebridi, tutto imbacuccato
per
essere il meno riconoscibile possibile; da lì ho volato con
una scopa presa a
noleggio e il noleggiatore ha lanciato su di me un Incantesimo di
Disillusione,
compreso nel prezzo. Sono atterrato fuori Londra. Le mie intenzioni
erano di
muovermi con i mezzi babbani, per quanto la cosa mi disturbasse:
nessuno
avrebbe mai sospettato che Draco Malfoy utilizzasse metodi di
spostamento non
magici. Ma non sono riuscito a capire come funzionano; allora ho
chiamato il
Nottetempo, perché per quello basta estrarre la bacchetta
senza lanciare
incantesimi: ho dato un nome falso e mi sono fatto portare in zone
diverse di
Londra babbana a più riprese e quando oggi sono stato sicuro
che nessuno mi
seguisse ho camminato fino a qui. Soltanto quando sono arrivato sugli
scalini
di casa tua mi sono arrischiato a lanciare l’Incanto
Patronus. Non usare la
magia è tremendo, ma non potevo rischiare che qualcuno mi
scoprisse: per quanto
ne so, potrebbero avermi messo addosso una sorta di Traccia Magica: non
voglio lanciare
incantesimi fino a che qualcuno di competente non mi avrà
controllato. Suppongo
che non stiano cercando proprio me per farmi del male, ma forse
vogliono
trovarmi per sapere che fine hanno fatto i miei genitori, quindi avrei
potuto
condurli a te indirettamente-, congetturò il ragazzo. Poi
abbandonò quel tono
pratico e narrativo per assumere una sfumatura di voce molto
più lamentosa. -Potter,
fare il Babbano è la cosa peggiore che io abbia fatto fino a
ora. E per di più
un Babbano povero. Non avevo neanche i soldi per comprarmi un ombrello.
Non
essere me fa schifo-.
Harry
era del parere che quello che Draco aveva fatto in quegli ultimi giorni
fosse
la cosa più coraggiosa della sua intera vita, considerato
quanto poco incline
fosse a non essere un capriccioso ragazzino, uscendo dai propri schemi
come mai
prima, tuttavia un altro pensiero lo distrasse.
-Ma
come facevi a sapere l’indirizzo? Come hai fatto a trovare la
porta e come
sapevi che dovevi evocare il tuo Patronus? Quando hai imparato a
evocare un
Patronus? E come facevi a sapere che la magia gettata sulla casa ti
avrebbe
coperto? E come hai fatto ad architettare tutto questo?-
Draco
si accigliò un momento, poi si sporse per aprire
l’acqua e iniziò a sciacquarsi
la testa, piegandola all’indietro. In un altro momento Harry
avrebbe dedicato
tutta la propria attenzione alla gola tesa, luccicante di goccioline di
acqua e
sapone, ma non era francamente il frangente adatto.
-La
sera prima del tuo compleanno ho ricevuto a palazzo una visita da parte
di una
persona che mai mi sarei aspettata di vedere nella mia stanza: sapevi
che le
fenici possono Materializzarsi anche dove la Materializzazione
è proibita?-
Harry
ricordò la fuga di Silente dal suo ufficio durante il quinto
anno: ma certo,
Silente.
-Il
Preside è venuto da te?-
Draco
annuì.
-Proprio
lui: abbiamo preso un tè insieme in camera mia, fatto
abbastanza insolito e
inquietante, dato che non pensavo di essere nei suoi pensieri e nei
suoi piani.
Si è scusato per essersi presentato senza aver avvertito, ma
supponeva di aver
dovuto accelerare un po’ i suoi programmi. Pareva sapere che
stessi partendo
per non tornare. Mi ha fatto un lungo discorso su cose…
Be’, non è importante
adesso. Mi ha posto alcune domande che per me non avevano molto senso.
Solo
alla fine mi ha chiesto se ero disposto a sottopormi al Veritaserum per
rispondere all’ultima questione, dopo di che mi avrebbe
fornito una scappatoia
se fossi voluto tornare indietro. Ha spiegato che gli dispiaceva usare
mezzi
tanto rudi, ma purtroppo scarseggiava il tempo per cui doveva
accelerare il
legame di fiducia nei miei confronti. Che avevo da perdere? Era chiaro
che non
voleva nuocermi in nessun modo, anzi, cercava di aiutarmi. In quel
momento non immaginavo
che avrei avuto dei ripensamenti, ma meglio lasciarsi una porta aperta.
Ho
bevuto il Veritaserum, ho risposto alla domanda. A quel punto mi ha
fornito le
istruzioni per prendere contatto con chi mi avrebbe fornito la
Passaporta e la
scopa, mi ha fornito l’indirizzo a cui ti avrei trovato e
come fare per essere
ricevuto, mi ha suggerito di esercitarmi con l’Incanto
Patronus. Mi ha
raccomandato di tornare solo se fossi stato veramente convinto e mentre
mi
salutava mi ha dato una piuma di Fanny spiegandomi come utilizzarla per
prendere accordi con il contatto per la Passaporta. Peccato che non mi
abbia
spiegato anche che senza l’uso della magia sarebbe stato
tutto complicato e
disgustoso e scomodo-.
-E
quale era la domanda?-, chiese Harry, in un’eco del dialogo
che avevano avuto a
casa di Blaise in Galles.
Draco
abbassò lo sguardo e si tese: pareva non voler rispondere.
-Andiamo-,
insistette il Grifondoro, -non può essere più
imbarazzante di quella che ti ho
fatto io poco tempo fa-.
-Invece
lo è-, ribatté Draco asciutto, strappando un
sospiro esasperato a Harry.
Draco
era lì dopo aver passato delle peripezie assolutamente fuori
dai suoi standard
di mago cresciuto nella bambagia, Silente si era fidato abbastanza di lui da rivelargli
l’ubicazione del luogo
dove Harry abitava… Cosa poteva contare se non gli
confessava una semplice domanda?
-Non
importa-, ammise il moro. -L’importante è che stai
bene-. “E che sei qui, anche
se non sembra che tu mi abbia pensato un gran che in questo
periodo”, aggiunse
tra sé. Avrebbe desiderato abbracciarlo e baciarlo, ma Draco
sembrava voler
mantenere le distanze e Harry non sapeva come comportarsi con quel
nuovo e
insolito Draco serio e per niente sprezzante, educato e
sottotono… Come aveva
fatto a cambiare così tanto in così poco tempo? E
cos’era quell’ombra che gli
aleggiava sul viso?
-Draco…
Per caso hai paura?-
Draco
sbuffò tirandosi a sedere nella vasca e occhieggiandolo con
risentimento.
-Potter,
mi sembra ovvio che io me la stia facendo sotto: sono lontano dalla mia
famiglia, non ho dove andare, al momento non ho uno status sociale, ho
con me
solo quei pochi soldi e vestiti che sono riuscito a infilare in valigia
prima
di ridurla, non ho certezze per il futuro, mi aspetta la partecipazione
in una
guerra in cui rischierò il culo e dipendo da te per la mia
protezione e per un
tetto sopra la testa! Inoltre domani dobbiamo andare a Hogwarts e io
non ho
libri e uniforme e attrezzature, perché non ho neanche
ricevuto la fottutissima
lettera! Anzi, in fin dei conti non so neanche se potrò
tornare a scuola!-,
buttò fuori tutto d’un fiato, la voce che
diventava sempre più stizzosa e
altera, ma anche tesa. -Non ho neanche pensato a cosa dire alla
comunità magica
per giustificare che non sono con i miei genitori e trovare un pretesto
plausibile per sostenere che non so dove siano! Inoltre non
è che io sia
tornato proprio per spirito altruistico, per rettitudine o per il Bene
Superiore! Potrò anche aver deciso di non stare dalla parte
di V… Di Vol… Di
lui, ma non è che io sia improvvisamente diventato amico dei
Babbani! Non so
come mi comporterò in questa nuova situazione e ho il
sospetto che fallirò alla
grande! Merlino, odio fallire! Pensavo di averci riflettuto sopra
abbastanza,
ma forse non ho davvero considerato tutto! Certo che ho paura! E non
voglio
essere considerato un vigliacco! Sei stupido o cosa, a farmi certe
domande?-
-Questo
è il Draco che conosco!-, sorrise di rimando Harry,
stranamente confortato
dalla vulnerabilità che strisciava sotto la pelle di Draco e
dalla sua reazione
spontanea: ricordò a sé stesso che stare dalla
parte dei buoni non significava
essere buono: ma era già qualcosa. -Avere paura è
normale, non vuol dire essere
un vigliacco: una volta Silente mi disse che il coraggio è
una dote che si
esercita (*). Dai, finisci di lavarti e poi ti
porto in cucina a
mangiare qualcosa, al resto penseremo dopo-, aggiunse con leggerezza,
tentando
di nascondere la felicità che si faceva strada nel suo
cuore, nell’aver
intravisto quel barlume del Draco a cui era abituato e forse anche un
barlume
di un altro Draco che sarebbe potuto essere.
Così
Draco si lavò e si asciugò e dai suoi abiti
fradici tirò fuori una valigia che
Harry riportò alle dimensioni normali: il biondo
tirò fuori un morbido completo
da camera con tanto di vestaglia.
Per
tutto il tempo Harry rimase in bilico tra il desiderio per
l’altro e il
riserbo: Draco non si vergognava a farsi vedere nudo, non era cosa a
cui si
faceva troppo caso se si era abituati ai dormitori di Hogwarts e agli
spogliatoi del Quidditch; ma dal suo atteggiamento emanava una sorta di
messaggio che dichiarava quanto il pensiero del sesso fosse lontano
dalla sua
mente.
Non
c’era imbarazzo tra di loro, ma neanche vera e propria
confidenza. Era un
frangente strano, per cui Harry non era preparato: si era augurato che
il corpo
di Draco avrebbe reagito alla sua presenza, lo aveva quasi dato per
scontato; però
evidentemente non era così.
Scesero
in silenzio le scale e stavano entrando in cucina quando il Patronus di
Silente
si fece vivo, con la voce dinamica e brillante che tanto bene
rispondeva al
carattere vivace del mago.
-Ah,
Draco mi fa piacere che tu sia qui! Mi sono permesso di procurarti il
necessario per il tuo ultimo anno scolastico, lo troverai al tuo arrivo
a
Hogwarts: purtroppo non potevamo rischiare che la tua lettera venisse
recapitata svelando la posizione attuale o quella in cui ti trovavi con
i tuoi
genitori, così ho provveduto personalmente alla lista di
attrezzature, libri e
uniformi. Domani mattina alle undici gli Auror Kingsley e Tonks, con
l’aggiunta
di Remus Lupin, verranno a prendervi per scortarvi direttamente al
castello:
abbiamo giudicato che sia meglio che non viaggiate con il treno. Vi
Materializzerete congiuntamente con loro direttamente entro i confini
del
castello in un luogo in cui avrò sospeso il divieto di
Materializzazione.
Harry, mio caro, Arthur avvertirà i tuoi amici. Arriverete
prima degli altri
studenti, così avremo tempo e modo di discutere di come
annunciare la presenza
di Draco a scuola senza mettere in pericolo i suoi genitori e di come
permettergli di non essere malvisto all’interno della scuola,
conservando la
sua autonomia economica e decisionale. Ho già qualcosa in
mente a riguardo. Vi
auguro una serena notte, ragazzi-, concluse soavemente il Patronus
prima di
scomparire.
-Ma
come diamine fa a sapere…-, cominciò Draco
perplesso.
-Lascia
perdere, fidati-, replicò Harry che aveva rinunciato a
scoprire il limite dei
poteri del Preside.
Draco
mangiò in silenzio e, nonostante i suoi modi educati, si
notava da lontano
quanta fame avesse. Quando alla fine fu sazio, la stanchezza
piombò su di lui
come una tonnellata di mattoni: già dagli ultimi bocconi di
dolce le palpebre
presero ad abbassarsi pesantemente.
Harry
avrebbe voluto godere ancora della sua compagnia sperando di poter
ridurre le
distanze tra loro due, ma non ebbe cuore di insistere e
pregò Winky di
scortarlo in una delle camere per gli ospiti: oramai era notte fonda e
avevano
davanti solo qualche ora di sonno ristoratore prima che la mattina
giungesse.
Il biondo seguì l’elfa quasi catatonico senza
neanche augurare la buona notte e
Harry solo allora si rese conto che avrebbe passato le prossime ore in
solitudine quando a pochi metri da lui c’era la persona che
bramava anima e
corpo sopra ogni altra. Intuiva di dover dare a Draco il tempo di
adattarsi a
quella nuova situazione, ma gli sembrava lo stesso di sprecare ogni
momento che
non gli stava accanto, adesso che lo aveva sotto il suo stesso tetto.
“Essere
un fottuto eroe che fa la cosa giusta non è per niente
divertente”, si disse
sdraiandosi sul letto.
Era
passata sì e no un’ora quando Harry, ancora
sveglio al buio, percepì un fruscio
sulla soglia e accese la lampada sul comodino.
-Certo
che per essere un Grifondoro manchi in maniera spettacolare
di
intraprendenza-, interloquì una voce, delusa. -Mi aspettavo
da te la famosa passione
focosa della Casa di Godric, sono rimasto ad attenderti in camera per
tutto
questo tempo e tu…-, Draco gesticolò nella sua
direzione, indicandolo come se
lo avesse sorpreso a compiere qualche atto deprecabile.
Harry
chiuse gli occhi e contò mentalmente fino a dieci per essere
sicuro di non
urlare contro a quel ragazzo incomprensibile. Riaprì le
palpebre.
-Draco-,
cominciò e si rese subito conto che quasi gli veniva da
ridere nello scorgere
il broncio dell’altro, -Vuoi per favore spiegarmi cosa mi
avrebbe potuto far
supporre che tu aspettassi una mia visita nel tuo
letto dopo che
da quando hai varcato la soglia di casa il tuo atteggiamento ha
praticamente
gridato “stammi lontano”?-
Draco
attraversò la stanza, si sedette sul bordo del letto e lo
guardò con sdegno e
sufficienza.
-Mi
pare chiaro, Potter-.
-Oh,
Dio, no, davvero, non è proprio per niente chiaro, razza di
folle lunatico!-
-Non
volevo che tu pensassi che stessi tentando di comprarmi la tua
protezione e le
tue risorse economiche con il sesso. Per Merlino, chiunque lo avrebbe
capito!-
Oh.
-Posso
assicurarti di no-, ribatté incredulo il moro, scuotendo il
capo allibito.
Draco
si rassettò il bordo della casacca del pigiama e assunse un
tono leggero e discorsivo.
-Comunque,
adesso le parole di Silente hanno risolto tutto. Mio padre si
è sempre
sbagliato su quel vecchietto allampanato: la sa davvero lunga. Silente
mi ha
garantito il ritorno a scuola, il mio benessere economico e protezione.
Non ti
devo più niente, quindi ora non ho nessun motivo di
rifiutare le tue avances
sessuali-.
Harry
perse il filo dei propri pensieri ed evidentemente ci mise troppo a
rispondere,
perché il viso del Serpeverde si offuscò.
-Avevi
promesso-, recriminò flebilmente. -Avevi promesso di darmi
un’opportunità, se
fossi tornato indietro-.
Oh,
di nuovo.
-Draco…
Ma tu… Tu… Ti rendi conto di essere scappato via
dal Paiolo Magico prima di
completare la frase?-
-Certo.
Sarebbe stato troppo umiliante da dire ad alta voce: mi pareva
implicito
nell’aver bussato alla tua porta. Ma devo essermi sbagliato-,
terminò secco
alzandosi dal letto e incamminandosi verso l’uscita della
stanza.
Harry
scattò fuori dal letto e lo bloccò parandoglisi
di fronte, esasperato ma
speranzoso.
-E
come avrei mai dovuto fare a capire tutto questo? Sei contorto, lo sai?-
Draco
si strinse nelle spalle.
-Quello
che ti pare, Harry, basta che adesso mi baci: penso
alla tua bocca da
più di un mese-, concluse con una nonchalance che
cancellò ogni riluttanza dal
cervello di Harry: lo afferrò per un polso e se lo
tirò addosso, possessivo e
del tutto intenzionato a fare in modo che continuasse a pensare alla
sua bocca
ancora per molto, moltissimo tempo ancora.
Hermione
gli aveva sempre detto che lui agiva prima di riflettere e che nei
rapporti di
coppia bisognava lasciar spazio alle parole: giusto, corretto,
cristallino.
Ma,
per la miseria, aveva diciassette anni e Draco gli aveva appena leccato
il
collo.
Avrebbero
parlato.
Dopo.
Draco
cacciò un risolino estasiato quando Harry gli percorse con i
polpastrelli
l’interno di una coscia: il Grifondoro trovava eccezionale
come l’altro
riuscisse a dismettere ogni alterigia e ad abbandonarsi al piacere;
nessuno dei
due era un consumato amante, ma Draco sembrava nato senza reticenza,
senza
capacità di scandalizzarsi e in compenso con una naturale
inclinazione per la
sensualità e, di quando in quando, quel pizzico di riserbo
che rendeva il tutto
solo più piccante.
Harry
si conosceva abbastanza per sapere di essere irruento e passionale, ma
Draco
era per lui ogni declinazione di come il sesso avrebbe dovuto essere.
Era
risultato difficile spogliarlo, perché le mani di Harry
continuavano a tremare
di aspettativa: non aveva poi tutta questa esperienza e il pensiero di
trovarsi
lì, con lui, che lui era tornato indietro… Draco
era solido tra le sue braccia,
una presenza concreta dopo tutte le fantasticherie del mese passato:
fantasticherie che non reggevano per niente il passo con le sensazioni
reali;
in quel preciso istante il biondo stava spingendo in avanti la bocca
nel bacio,
con l’evidente tentativo di cancellargli la
razionalità e l’autocontrollo a
colpi di lingua.
Erano
in piedi uno davanti all’altro, il pigiama di Draco un
mucchio sul pavimento:
l’unico tentativo di Harry di andarci piano era stato
mantenere i boxer di
entrambi al loro posto, il che rendeva le cose sia più
frustranti che più elettrizzanti,
come se l’attesa amplificasse le sensazioni. Girò
intorno al corpo di Draco,
circondandogli lo sterno con le braccia e trovandosi la nuca platinata
a
portata di bocca: azzardò un morso, leggero, e fu ripagato
da un lungo brivido
di Draco, che gli si schiacciò contro.
Harry
avvertì una scossa che gli partiva dall’inguine e
sembrava irradiarsi in tutto
il ventre.
-Più
forte-, ordinò il ragazzo, e quello sembrò essere
il segnale che il Grifondoro
attendeva. Morse un po’ più a fondo, mantenendo
una mano sullo sterno di Draco
per stringerselo contro e abbassando l’altra fino ad
accarezzarlo da sopra la
stoffa dei boxer: voleva che Draco implorasse per avere di
più, che chiamasse
il suo nome con quei toni sommessi che lo avevano eccitato da morire la
volta
passata; voleva che lo desiderasse abbastanza da non allontanarsi di
nuovo,
voleva…
“Mio”,
pensò truce e primitivo, graffiando il collo di Draco con i
denti,
artigliandogli il petto e appesantendo la frizione con
l’altra mano.
Quando
prima Draco si era concesso perché aveva dichiarato di non
dover più dipendere
da Harry, lui si era sentito… Deluso. Se
Draco fosse dipeso da lui per
protezione e sostentamento, Harry avrebbe provato maggior sicurezza sul
fatto
che non sarebbe andato via in futuro. Non si
sentiva per niente una
bella persona a pensare di intrappolare Draco, e la parte migliore di
lui era stata
sollevata di aver perso quell’arma. Ma… Harry si
strusciò contro quel corpo
candido: la parte peggiore di lui gli stava suggerendo di legarlo a
sé in tutti
i modi possibili; lo girò improvvisamente e lo spinse sul
letto, confuso da
quei pensieri animaleschi e gretti: lo avrebbe irretito, conquistato,
lo
avrebbe indotto a restare con lui, questo pensò agganciando
i pollici
all’elastico dei boxer di Draco e iniziando a sfilarglieli.
Non
aveva molta esperienza, Harry, e se si fosse fermato anche un solo
secondo
sarebbe forse caduto nell’incertezza: ma Draco
sollevò il bacino per essere
spogliato meglio e venne naturale posargli un bacio dove la luce della
lampada
gettava ombre, lì dove la pelle si incavava lievemente
appena accanto alla
sporgenza del bacino. Draco espirò in un soffio secco e
tronco, che rastrellò
fuori dalla sua gola un mugolio basso.
Harry
decise di voler ascoltare ancora e ancora quel suono e
continuò la sua
esplorazione con le labbra e la lingua, l’orecchio teso a
cogliere ogni variazione
del respiro di Draco. Seppe di essere sulla strada giusta quando Draco,
con il
fiato mozzo e spezzato, gemette balbettando il suo nome:
continuò a muoversi,
continuò a incatenare Draco con la propria bocca fino che
lui si tese e vibrò
per un lungo istante, prima di rilassarsi, appagato e ansante. Harry
aveva la
vista resa lucida da qualche lacrima e un gusto amaro in bocca, ma era
esaltato
come non mai e avvertiva una sorta di trionfo dentro al petto, una
sensazione
per lui difficilissima da spiegare e tuttavia non meno euforizzante. Si
lasciò
cadere accanto al corpo di Draco che recuperava l’aria a
pieni polmoni e che
iniziò ad accarezzarlo indolente su un fianco.
-Mi…
Serve un attimo…-
Harry
sorrise, passandogli un braccio sotto il collo e tirandoselo contro:
Draco era
morbido e caldo, e gli aderiva contro come se fosse liquido, sia nelle
curve
che sugli spigoli del corpo.
-Tutto
il tempo che vuoi-, gli disse teneramente.
Ed
era proprio quello che intendeva, nel suo significato più a
lungo termine.
Probabilmente
si erano entrambi
assopiti, perché dopo
un tempo indefinito Harry aprì gli occhi, svegliato da un
movimento sul
materasso, il suo corpo oramai non più in stato di
eccitazione. Ebbe un momento
di panico irrazionale al pensiero che Draco stesse tornando nella
propria
camera, ma il ragazzo gli si era invece rannicchiato di fianco, come un
felino
pronto a balzare sulla vittima: aveva assottigliato gli occhi in uno
sguardo
intento e predatorio.
Tuttavia,
quando parlò lo fece con un tono quasi dolce.
-Stai
bene senza occhiali-.
Sarebbe
stato impossibile che non se ne fosse accorto, ma Harry fu grato per
quel
complimento, anche se tardivo. Prima che però potesse
rispondere, Draco
continuò: e questa volta c’era una risonanza
diversa nella sua voce.
-Sono
contento che tu non ne abbia bisogno per guardarmi negli occhi mentre
faccio
questo-, aggiunse accarezzandogli una guancia con il dorso della mano,
tenendogli gli occhi imprigionati con quelle iridi glaciali. -O
questo-,
aggiunse portandosi una mano di Harry alla bocca e succhiandogli
l’indice.
Il
vellutato calore della lingua di Draco che gli spingeva
l’indice contro il
palato mentre succhiava mandò Harry letteralmente fuori di
testa: inghiottì
l’aria quasi in un sibilo e la trattenne un momento, mentre
Draco facendo perno
sulle ginocchia, gli si posizionava a cavallo delle cosce,
imprigionandogli le
gambe solo di un po’ aperte; Harry provò a tirarsi
su per dare e ricevere un
bacio, ma l’altro lo spinse contro il materasso con fermezza.
-Mio
il turno, mie le regole: resta sdraiato e continua a guardarmi. Negli
occhi-,
aggiunse malizioso quando lo sguardo di Harry virò verso il
pube biondo,
inaridendogli la bocca.
Le
mani di Draco erano agili e irrequiete mentre si intrufolavano sotto la
biancheria intima di Harry e sarebbe anche potuto sembrare un gioco se
non
fosse stato per quegli occhi tempestosi e seri che lo scrutavano: i
boxer
sparirono così in fretta da indurre Harry a pensare di
averli fatti evanescere
con uno scoppio di magia incontrollata. Avvertì
l’eccitazione tornare, una
serie di scariche che partivano da tutto il corpo per concentrarsi
sotto le
dita di Draco, che iniziò a toccarlo e fu da subito chiaro
che non sarebbe
stata una cosa veloce, ma sospirata e… Oddio, cosa aveva
appena fatto con la
punta del pollice?
-Non
chiudere gli occhi, non distoglierli, guarda solo me-.
Avrebbe
voluto dirgli che non avrebbe mai guardato nessun altro, che si era
sbagliato,
oh, quanto si era sbagliato! Era lui, Harry, quello incatenato e
irretito… Qualunque
cosa, purché
amplificasse il
contatto di quelle dita erratiche che solleticavano e si ritraevano:
Harry
provò a spingere con il bacino per avere un po’ di
soddisfazione, ma il peso di
Draco sulle cosce era un controllo ferreo per i suoi movimenti.
Tuttavia il
Serpeverde gli concesse tutto il palmo della sua affusolata mano destra
che lo
circondò, mentre l’altra raccolse a coppa i
testicoli, come cullandoli.
Continuò
a guardarlo fisso negli occhi, mentre la sinistra compiva una lenta
rotazione,
così che quando la aprì le dita si distesero
verso le natiche di Harry, che
senza un attimo di esitazione spalancò le gambe.
Un
angolo della bocca di Draco si arricciò in un ghigno di
compiacimento, mentre
inclinava la testa per studiare meglio il suo amante. Lasciò
lì la sinistra, lieve,
una promessa sospesa per il futuro, mentre la destra
cominciò a muoversi
inesorabile: ora lenta, ora veloce; ora delicata, ora decisa. Mai
uguale, mai
ferma. Sembrò dovesse durare per sempre.
Harry
sentiva le palpebre abbassarsi in
una
risposta naturale al piacere, ma Draco sapeva riportarlo alla
realtà,
catturandogli di nuovo lo sguardo mentre gli spappolava il cervello con
i suoi
tocchi.
E
proprio quando Harry iniziava a pensare che sarebbe impazzito, Draco si
chinò in
avanti su di lui, gli occhi ancora spalancati e piantati nei suoi, la
bocca a
poca distanza dalla sua, il fiato bollente.
-Guardami
e di’ il mio nome-, ordinò piano, aumentando il
ritmo e la portata degli
affondi della mano.
Il
verde delle iridi di Harry parve incendiarsi.
-D…
Dra… A… Ah… AHAAAA-, urlò,
mentre perdeva totalmente il controllo, sussultando
violentemente per via di quell’orgasmo agognato e molto a
lungo procrastinato.
-Qualcuno
avrebbe dovuto dirmelo prima che il sesso sarebbe stato così
bello-, rantolò
quando riuscì a riprendere fiato e le luci dietro le sue
palpebre smisero di
danzare.
Draco
gli posò un bacio morbido e vagamente umido su una tempia.
-Vorrai
dire che il sesso con me è
così bello-, lo corresse, compiaciuto.
-Oh,
il sesso in generale è bello-, scherzò Harry, per
poi aggiungere in fretta, -ma
quello con te è straordinario-, quando Draco gli diede un
buffetto sulla testa.
Erano
stesi nel letto, le gambe intrecciate, le teste vicine; Harry
circondava Draco
con un braccio tenendoselo vicino, Draco aveva appoggiato una mano
pigra sul
petto di Harry. Sembrava che lo avessero fatto da…
Be’, da sempre.
L’unico
momento in cui Harry si allontanò fu per allungarsi a
prendere la bacchetta e
ripulire i corpi di entrambi.
-E
pensa, siamo solo all’inizio-, considerò Draco.
Harry
richiamò involontariamente il ricordo delle dita che
scendevano lievemente tra
le sue natiche e quasi quasi… Ma, anche se il suo corpo di
diciassettenne era
pronto a ricominciare, voleva godersi quel momento di
intimità e rilassatezza.
Sentiva
di averne bisogno a un livello viscerale.
Si
era ripromesso che avrebbero parlato, e molto probabilmente era meglio
farlo
prima del ritorno a Hogwarts.
-Sono
stato in pensiero per te-, bisbigliò cauto, sperando che non
suonasse come un
rimprovero. -Ho temuto che tu… Che ti fosse capitato
qualcosa… Che… Non saresti
tornato-, concluse, sperando che la sua incertezza non echeggiasse
nelle ultime
parole. -All’inizio ero arrabbiato, ma poi… Poi
ero solo preoccupato. Avresti
dovuto avvertirmi-.
E
adesso il rimprovero era palese.
Draco
si alzò su un gomito per guardarlo, ma la sua espressione
non si scompose,
anche se appariva tremendamente serio.
-Harry,
non voglio certo litigare, tanto meno ora. Ma devi capire che non mi
sono
svincolato dalle decisioni della mia famiglia per cadere nella
ragnatela delle
tue. Domani torneremo a scuola e a prescindere dalla situazione tra noi
due io
continuerò a essere me stesso. Come ti ho detto prima, non
volevo fare sesso
con te per guadagnare una qualche posizione; non diventerò
quello che tu speri
di avere al tuo fianco, e molte delle mie idee non cambieranno-.
-Io
non spero…-, cominciò Harry, accalorandosi.
-Sì,
tu speri che io arrivi a vedere le cose come le vedi tu. Ma
è altamente probabile
che questo non accada mai; posso arrivare a pensare che Hermione sia in
gamba e
posso tollerare Weasel perché altrimenti Pansy mi
evirerebbe, ma continuo a
disprezzare i Babbani e penso che ci siano inferiori, come penso che i
maghi
dovrebbero distinguersi da loro e non cercare di imitarli. Anche se
trovo
eccessivo ucciderli e schiavizzarli, in effetti. Non avvertirti e non
darti mie
notizie faceva parte del piano, perché non dovevi sapere
dove mi trovassi, nel
caso non fossi tornato-.
-Però
hai detto che ti dispiaceva di non aver contattato Blaise e Pansy-,
recriminò
il moro.
-Loro
sono miei amici fidati da moltissimo tempo. Tu segui l’orlo
delle mie mutande
da qualche mese-.
-Questo
è offensivo-, brontolò il Grifondoro.
Draco
lo guardò senza astio.
-No,
è razionale. Loro mi conoscono, mi prendono per come sono e
non rischio che mi
girino le spalle se me ne esco con una frase infelice-,
spiegò con tutta la
forza della logica inoppugnabile. -Io di loro posso essere certo, di te
no. Non
lancerò il cuore oltre l’ostacolo a occhi chiusi,
quando fino a pochissimo
tempo fa la nostra unica interazione era sputarci contro insulti,
prenderci a
cazzotti e lanciarci incantesimi-.
Quindi
era di questo che si trattava: era un giro di prova. Ah, sì?
Vaffanculo, Harry si
disse che lo avrebbe superato.
-Hai
l’aria di averci riflettuto parecchio-.
-È
quello che di solito fanno le persone, sai? Riflettono. A parte te e il
tuo
amico pel di carota. Pensi che Silente sia venuto da me per mera
bontà d’animo?
Forse in parte; ma sa che se mi avrete dalla mia parte, con i miei
genitori
lontani, l’Oscuro Signore perderà dei potenti
seguaci e appoggi finanziari. Sa
che potrei tentare di convincere gli altri Serpeverde: questo potrebbe
portare
nuove leve nello schieramento, se non intere famiglie. Per esempio,
Pansy crede
che i suoi genitori la ripudieranno, ma io sono abbastanza incline a
supporre
che almeno suo padre tentennerà: è un uomo buono,
dopo tutto. Silente di sicuro
ha tentato di darmi una possibilità alternativa, ma
quell’uomo… Merlino, mi
chiedo come abbia fatto a finire a Grifondoro invece che a Serpeverde!
Quell’uomo
è uno stratega, in praticamente tutti i frangenti. Io non
sono un pezzo
importante in questa guerra, ma potrei in parte diventarlo: ci ho
ragionato e sfrutterò
le carte che ho in mano. Solo che probabilmente quelle che
butterò sul tavolo
da gioco a volte non ti piaceranno. Come il fatto di non averti
avvertito. Non
ti farò promesse perché non so se
potrò rispettarle. Fondamentalmente non sono
cambiato, mi sto solo comportando in maniera diversa per una serie di
calcoli-.
Harry
si sentì avvizzire per una tristezza improvvisa: come poteva
tenerlo con sé e
sperare di vincere ogni ostacolo se Draco stesso tentennava e non si
sbilanciava? Gli girò le spalle e si rannicchiò
su un fianco.
Il
silenzio si protrasse a lungo, fino a che Draco non tirò un
lungo sospiro che
pareva strappato dal centro del suo stesso essere.
-Non
ti basta vero? Volevi che fosse come sotto Amortentia: passione senza
freni, cuori
palpitanti, perfetto affiatamento. Cielo, sei così
Grifondoro!-
-Ho
sperato che fossi tornato indietro per me-, confessò
l’altro suo malgrado. -Che
c’è di male ad averlo desiderato? Che
c’è di male a pensare che quel Draco che
ho intravisto quella sera a Hogsmeade fosse quello vero?-
-Il
punto è che non puoi saperlo, come non lo so neanche io. Il
massimo che possiamo
aspettarci ora è una probabilità-.
-Quindi
mi stai dicendo: “ehi, non ti impegnare, tanto
andrà come deve andare”?-
Hermione
si sbagliava: lasciar spazio alle parole faceva schifo.
-Cazzo,
Harry, non stai facendo neanche lo sforzo di ascoltare! Ti sto dicendo
che ti
starò accanto liberamente, e non perché mi stai
mantenendo o stai salvando il
mio culo! Questo è impegnarsi, razza di
idiota! Il minimo che mi aspetto
da parte tua è che tu capisca!-
E
meno male che non voleva litigare.
-Certo!
Perché non ho mica passato tutto il mese scorso ad aspettare
che tu tornassi da
me! E non mi sono mica detto che ti voglio al mio fianco anche con il
tuo
carattere di merda! Dio-, disse esasperato, tirandosi seduto e
passandosi una
mano tra i capelli, -Mi ero ripromesso che mi sarei comportato
diversamente e
invece… Invece… Senti, lo capisco, quello che
vuoi dire: ha un senso, davvero.
Solo, non fa per me. Non posso ragionare in termini di
probabilità e possibilità.
Io… Guarda, lascia perdere, neanche te lo so spiegare!-,
concluse frustrato
gettandosi all’indietro sul materasso.
Draco
lo guardò, un sopracciglio inarcato ad arte e una smorfia
beffarda sulla bocca.
-La
tua proprietà di linguaggio non cessa mai di stupirmi.
Dimmi, per caso ti
riuscirebbe meglio esprimerti utilizzando delle figure o dei
pupazzetti?-
Harry
rispose con uno sbuffo, e non avrebbe mai lontanamente ammesso che
conteneva un
sottotono divertito.
Il
viso di Draco però trascolorò rapidamente in una
sfumatura più calda e aperta.
-La
risposta alla domanda di Silente era
“sì”-, annunciò enigmatico,
forse a
disagio, catturando tutta l’attenzione di Harry.
-E
la domanda?-, chiese trepidante, improvvisamente convinto che fosse
molto
importante.
Draco
lo soppesò con lo sguardo abbastanza a lungo prima di
rispondere, come se
stesse prendendo una decisione di vitale importanza: quando
parlò lo fece precipitosamente,
come a volersi liberare in fretta di un peso.
-Il
vecchio bislacco mi ha fatto un discorso lunghissimo sulla guerra e sul
fatto
che saresti dovuto essere tu a porvi la parola fine. Mi ha spiegato
come tu
fossi coraggioso e buono e pronto a batterti per la salvezza di tutti-.
Draco assunse
un’aria benevola e sapiente, imitando la posa e la voce di
Silente. -“Signor Malfoy,
quello che serve agli eroi per vincere una guerra è una
giusta causa; ma quello
che serve agli eroi per far ritorno dalla guerra è una buona
motivazione. Di
solito la buona motivazione è quella di tornare da qualcuno,
qualcuno di
realmente importante. Lei sarebbe disposto a essere quel
qualcuno?”-.
Draco
fece una pausa, portandosi una mano davanti agli occhi per mascherare
l’imbarazzo.
-Cazzo,
guarda cosa mi hai fatto dire, stupido ammasso di grifondoraggine. Di
questo
passo domani mi indurrai ad accarezzare la testa qualche Tassorosso del
primo
anno-, commentò sbigottito e melodrammatico.
Forse
avrebbe continuato a lamentarsi, ma Harry gli si gettò sopra
soffocandolo di
baci e le proteste presto si spensero tra le risate.
La
mattina sarebbe arrivata presto, decisioni sarebbero state prese, passi
importanti sarebbero stati compiuti: Harry sentiva di aver guadagnato
molto in
quegli ultimi minuti… A dispetto di tutti i discorsi
razionali e le manovre
evasive delle sue parole e le incertezze interiori valutate con cura,
Draco gli
aveva appena offerto un posto dove tornare: accanto a lui.
Tutto
sarebbe andato bene, benissimo.
(*)
In
realtà, la citazione viene da Ruth Gordon:
“il
coraggio è molto importante. Come un muscolo, si rinforza
con l’uso”.
E
quindi è finita.
Questo
figlio minore, spesso trascurato… È comunque
malinconico salutarlo.
Non
sono pienamente soddisfatta del finale, perché secondo me
l’arco narrativo
dello sviluppo dei personaggi è stato troppo accelerato.
Avrei potuto
procrastinare il ritorno di Draco di un anno per dare a entrambi il
tempo di
maturare, ma nella mia testa era molto importante il rientro a
Hogwarts, così
ho un po’ forzato la mano al suo cambio di fazione e ai loro
sentimenti.
Probabilmente
non è del tutto credibile, ma mi pare di aver fatto comunque
un lavoro
accettabile.
Giudicate
voi e fatemi sapere: mi piacerebbe avere qualche commento di commiato a
questa
storia.
Ci
vediamo prossimamente tra le righe de “L’Ottavo
Anno”.
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