In
precedenza avevo detto che i capitoli sarebbero stati messi
in modo abbastanza casuale a livello cronologico; finora sono andata
abbastanza
in fila, mentre il capitolo che vi apprestate a leggere è
precisamente un
esempio di ordine cronologico random. L’episodio che narro
qui si svolge prima
di tutti quelli che avete già letto, precisamente poco prima
che i nani
andassero a convivere. Non aspettatevi particolare azione o
inquietudine, qui
si parla della famiglia d’origine di Nickel :) buona lettura!
Amicus
Omnibus, Amicus
Nemini
Se
il desiderio era quello di trovare nell’Universo qualcosa di
costante, il primo pensiero di Nickel correva sicuramente alle campagne
di
Prion.
Benché
nella colonia fossero presenti più aree urbanizzate che
rurali, non erano pochi i minicon che vivevano felicemente in queste
ultime tra
fiumi di olio, fauna che svariati dei minicon più
“cittadini” non avevano mai
visto e piante tecnorganiche che di solito erano tanto decorative
quanto delle
possibili fonti di cibo. I frutti non erano fatti dello stesso
materiale dei
frutti organici presenti su altri pianeti -frutti che loro in quanto
mecha non potevano
neanche assaggiare- ma lei era sicura che a livello di sapore fossero
migliori
degli altri, soprattutto quelli del
frutteto della sua famiglia, creato qualche generazione addietro e che
la
maggioranza dei suoi parenti contribuiva a mandare avanti; e proprio
suddetti
parenti erano il motivo per cui lei e Bustin stavano percorrendo le
strade
strette di quei luoghi.
Sebbene
Nickel si fosse trasferita in città da qualche tempo per
studiare medicina -con profitto: aveva sempre dato in tempo tutti gli
esami e le
restava solo un di livello per avere il titolo- riteneva ancora molto
importanti
i legami con la propria famiglia. Era stata cresciuta con valori
“tradizionali”
che si erano ben radicati nella sua personalità e allo
stesso tempo con la
consapevolezza di due cose: che sarebbe stata sempre libera di
scegliere la
propria e strada e che, qualunque essa fosse stata, aveva tutte le
capacità per
intraprenderla.
La
sua gratitudine per questo era infinita, perché venendo a
contatto con altre persone aveva scoperto che erano cose
tutt’altro che
scontate. Altre persone non potevano dare per scontato neanche il fatto
che la
propria famiglia desiderasse il meglio per loro.
“Il
che, in questo caso, significa mettere Bustin sotto esame”
pensò, poggiando la nuca contro il sedile.
Aveva
parlato presto di Bustin ai propri genitori che, sapendola
una persona di buonsenso e dunque senza la tendenza a frequentare
brutte
persone, erano stati felici per lei nel sentirla usare termini tanto
entusiastici nel corso del tempo.
Adesso
però si prospettava un inizio di convivenza
all’orizzonte, segno che le cose si stavano facendo
particolarmente serie,
quindi l’intera famiglia -composta da genitori, nonni, nonne,
undici zii in
tutto, sette prozii e i vari cugini che non si erano trasferiti altrove
su
Prion- desiderava conoscerlo, e Nickel si sentiva piuttosto in ansia.
«“Cause the eyes of a
ranger are upon youuuuu, any wrong you do he’s gonna seeee!”…»
Bustin
invece cantava a squarciagola la sigla di Wallop Prion
Ranger mentre era alla guida.
Probabilmente,
pensò Nickel, lei si stava sentendo in ansia
anche al posto suo. Sperava che andasse tutto bene, e da un lato
pensava
“Perché non dovrebbe?”, ma Bustin, pur
non essendo stato il suo primo partner,
era il primo presentato alla famiglia.
Aveva
già deciso che sarebbe rimasta con lui anche se i suoi
nonni per qualche ragione avessero iniziato a lanciargli contro la
frutta -sua
la vita, suo il compagno, sua la scelta- però avrebbe
preferito che tutti
piacessero a tutti.
«…-ntenta
di tornare a casa».
«Mh?
Non mi ero accorta che stessi parlando, scusami» disse la
minicon «Dicevi?»
«Credevo
che fossi contenta di tornare a casa, però mi sembri
più che altro pensierosa. Lo sei stata per tutto il
viaggio» disse Bustin.
«Io
sono contenta infatti. È che prima d’ora non
avevano mai
voluto conoscere nessuno dei ragazzi con cui sono stata, te
l’ho detto» rispose
lei «D’altra parte con nessuno di loro è
mai durata tanto da voler andare a
convivere. A proposito, tu sei proprio sicuro-»
«Sarei
felice di dividere con te quella che diventerebbe la
nostra casa, te l’ho già detto più
volte. Se non fossi stato sicuro non ne
avrei nemmeno parlato» replicò lui, capendo dove
Nickel voleva andare a parare
«Piuttosto, non è che quella poco convinta sei
tu?» aggiunse poi, in tono divertito.
«Che?!
Io sono convinta eccome, altro che “poco”! Io voglio vivere con te!»
ribatté la
minicon «Mi chiedo solo se tu ti renda conto di quel che
vorrebbe dire dividere
ogni giorno il tuo spazio con un’altra persona, visto che
tu…»
“Quando
ho visto casa tua per la prima volta mi è sembrata
troppo grande, e tu mi sei sembrato troppo piccolo e troppo solo
lì dentro. A
me a volte sembra grande la mia stanzetta
all’università”.
«…
sembri amare l’idea di averne molto tutto per te»
concluse
Nickel.
«Questo
non lo nego, ma tu puoi stare tranquilla: sei una
fidanzata in formato compatto, non ingombri per niente».
«A
pensarci bene credo che continuare a stare nel dormitorio
andrà benissimo!» ribatté lei, senza
però togliere la mano che Bustin aveva poggiato
sulla sua gamba sinistra «… sul serio non hai
problemi all’idea?»
«Neanche
mezzo. La strada è quella a destra?» le
domandò il
minicon, indicando un sentiero un po’sterrato e un
po’in salita.
Nickel
annuì e, una volta imboccato il sentiero, impiegarono
solo un cinque minuti per giungere a destinazione.
Casa
non era cambiata di una virgola rispetto all’ultima volta
in cui Nickel c’era stata: al centro del frutteto era
visibile un agglomerato
di case in stile rustico -per quanto “rustico”
potesse essere qualcosa
costruito da dei transformers- che si ergevano attorno a un ampio
cortile
interno nel quale la famiglia soleva radunarsi durante qualche
occasione
particolare, o semplicemente quando si poteva, facendo abbuffate
generosamente
preparate da nonne, mamma, zie e prozie. Riusciva già a
immaginare imbandito il
lungo tavolo in cortile e a sentire l’odore del cibo.
Nonché
il caos di tutto il parentado: non sapeva cos’avesse
combinato il cugino Radio, ma sapeva che gli strilli di zia Pillage
erano
potenti proprio come quando era piccola.
«Un
range vocale impressionante» commentò Bustin una
volta che
furono entrambi scesi dall’auto, ebbe preso in mano il
vasetto di fiori
cristallini che aveva portato e, con l’abilità del
cameriere, ebbe poggiato
sullo stesso braccio il vassoio di paste.
«La
cosa non sarebbe dovuta iniziare così…»
sospirò Nickel.
«Non
so molto di famiglie numerose, ma mi risulta che se non
sono rumorose c’è qualcosa che non
va. Tranquilla, dunque» disse Bustin, accarezzandole il viso.
Lei
sorrise.
«Ma
che bella coppia che siete!» esclamò una voce
femminile a
poca distanza da loro.
Voltandosi
videro una coppia di minicon, maschio e femmina,
entrambi somiglianti a lei in più di qualche tratto; che
fossero sua madre e
suo padre si capiva subito, il padre per vari particolari fisici -come
i colori
e la forma della testa- la madre perché gli occhi, le
espressioni e il modo di
muovere il corpo lilla dalle curve accentuate erano identici a quelli
della
figlia, così come la voce era molto simile.
Nickel
li salutò con un abbraccio, passando poi al motivo per
cui si trovava lì. «Lui è Bustin, il
mio fidanzato. Bustin, loro sono Cesium e
Alumina, i miei genitori».
«Sono
lieto di conoscervi» disse il minicon, stringendo la mano
prima alla madre di Nickel e poi al padre, come l’etichetta
su Prion richiedeva
«Nickel mi ha parlato molto di voi e di quanto fosse bello
questo luogo. Aveva
ragione come suo solito» aggiunse poi, con un sorriso
«Ho portato un pensiero».
La
madre di Nickel prese i fiori e il vassoio di paste. «Molto
gentile da parte tua, ma non c’era ragione di
disturbarsi…»
Nickel
notò sia lo sguardo di sua madre, sia che Bustin lo aveva
notato a sua volta.
«Due
metri e tre centimetri» disse infatti.
«Prego?
Oh! Ehm» tossicchiò Alumina «Ti chiedo
scusa, non
intendevo… è solo che per essere un minicon sei
così alto!...»
“Dopo
questo mi chiamerà Nanetta fino alla fine dei tempi, e
anche voi” pensò Nickel, alzando brevemente gli
occhi al cielo.
«Immagino
che sia normale amministrazione, vero?» domandò il
padre di Nickel, con l’aria da “ne so qualcosa,
amico, credimi” «Per me quando
ero più giovane era lo stesso, anche se non arrivavo a
tanto… uno come te
avrebbe fatto comodo prima, quando farlo a mano era il modo migliore
per
raccogliere la frutta. In parte lo facciamo ancora, è che
serve delicatezza».
«Dei
raccoglitori automatizzati di ultima generazione però si
sentono dire buone cose» osservò Bustin
«Il modello F25 con braccia estensibili
della società Atlach-Nacha, per
esempio…»
“E
lui che ne sa delle
macchine per raccogliere la frutta?!” si stupì
Nickel.
Se
anche avesse voluto dire qualcosa a Bustin non avrebbe
potuto: Cesium, entuasiasta di poter parlare
dell’attività di famiglia con
qualcuno diverso dalle solite persone, aveva iniziato un fitto discorso
-più un
monologo- con Bustin e se lo stava portando via.
«…
e da quella parte ci sono gli alberi che preferisco in tutto
il frutteto, ti faccio vedere-»
«I
ragazzi sono reduci da un viaggio abbastanza a lungo, non
sarebbe il caso di lasciarli riposare?! Tu e il frutteto,
Cesium!...» sbuffò la
madre di Nickel.
«Forse
hai ragione» ammise il minicon, un po’imbarazzato
«Mi
sono lasciato trascinare, scusate… e poi non ci sarebbe
neanche stato tempo,
tra mezz’ora si cena…»
«In
effetti si sente un ottimo profumo, signor-»
«Niente
“signor”, solo Cesium andrà
benissimo… almeno il cortile
interno glielo posso far vedere?» chiese alla moglie.
«Lo
avrebbe visto a cena, ma se ci tieni… andati»
commentò
Alumina «Povero Bustin, spero che tuo padre non lo metta
troppo a disagio».
«Ci
vuole ben altro per riuscirci» disse Nickel
«Lavorando anche
a contatto col pubblico ne vede e ne sente di ogni».
Effettivamente,
si rese conto, la sua ansia non era stata dovuta
al fatto che Bustin potesse non piacere alla sua famiglia -e
soprattutto ai
suoi genitori-: in realtà era esattamente il contrario e a
impensierirla era
l’idea che fossero loro a non piacergli e che, con la
consapevolezza che quella
non sarebbe stata l’ultima volta in cui avrebbe dovuto avere
a che fare con
loro nel caso in cui fossero rimasti insieme, decidesse di concludere
la
relazione.
A
livello razionale però sapeva che Bustin non
l’amava così poco
da fare una cosa del genere e che non era lui il colpevole delle sue
ansie,
cercava sempre di farla stare tranquilla. Era a sua volta sempre
così
tranquillo, così carino e premuroso con lei!
Ed
era così cordiale e/o scherzoso con tutti gli altri, proprio
com’era stato con i suoi genitori, e con i frequentatori
più assidui del
Crawling Mist -il locale dove lavorava part time- si comportava sempre
in modo
molto amichevole. Era piuttosto sicura che se altri avessero dovuto
parlare di
lui l’avrebbero definito un “amico di
tutti”, solo che, a ben pensarci, lei non
l’aveva mai sentito riferirsi ad alcuno con una definizione
diversa da
“conoscente”.
Forse
era amico di tutti e amico di nessuno, e lei al momento
era il suo legame più significativo, se non
l’unico che fosse davvero
definibile tale. Forse era così
da quando era rimasto senza famiglia.
Il
pensiero che Bustin fosse molto solo -a parte lei- divenne
ancora più concreto nel suo processore, così come
la sua determinazione a far
sì che questo cambiasse. Si sarebbe impegnata
perché lui potesse iniziare a
considerare anche la sua famiglia come persone care, e in un futuro
prossimo ne
avrebbero creata anche una tutta loro.
Senza
sforzarsi troppo, Nickel riusciva già a immaginarsi
moglie, madre e medico in carriera. Le politiche della colonia di Prion
permettevano a tutti i minicon di non dover scegliere tra lavoro e
famiglia,
coppie con tre o quattro figli erano la normalità -senza che
questo rendesse la
colonia inabitabile per mancanza di spazio o di risorse- e quelle
fantasie
sarebbero diventate la realtà anche per lei e Bustin.
«Nickel?
Prion chiama Nickel, rispondi!»
«Cos…
hai detto qualcosa, mamma?»
«Pensavi
al tuo fidanzato, giusto? Sei così presa da lui…
se me
l’avessero detto, difficilmente avrei creduto di poterti
vedere così».
«Perché?
Non sono anaffettiva» disse Nickel, un po’perplessa
«E
non è il mio primo ragazzo».
«No,
ma sei sempre stata una persona con le gomme ben piantate a
terra. Perlomeno i tuoi sogni riguardano un minicon che sembra essere
beneducato… e che fa i compiti, direi»
osservò Alumina «Un tecnico e bartender
che conosce i macchinari per raccogliere la frutta non si vede tutti i
giorni.
È questo che ho detto mentre non ascoltavi. Non che a
cercare di fare una buona
impressione ci sia qualcosa di male, naturalmente».
«Può
essere che sia andata così ma non sarebbe la prima volta
che lo sento parlare di cose molto al di fuori del suo campo, e non da
ignorante» disse Nickel «Gli interessano tante
cose, si può parlare con lui di
tante cose, è anche per questo che ci sto insieme».
«Messa
così è senz’altro
interessante» riconobbe l’altra minicon
«Avremo tutti modo di conoscerlo meglio durante la cena,
immagino. Chissà che
ci sorprenda anche lì!»
***
«…
Micronus ti maledica te do un sciafon che te impituro su pal
muro, to mare putana-»
«È
anca to mare-»
«Che
te copo, Micronus can’! L’asso di bastoni dovevi
calare, Coglioneeee!»
Nickel,
con la mano sul volto e la voglia di andare a
sotterrarsi da qualche parte, allargò leggermente le dita
per occhieggiare
l’ovvia conclusione della partita a carte tra i suoi due
nonni, tre dei suoi
prozii e Bustin: insulti alla madre, minacce di morte -“Te
copo”- e maledizioni.
Ora suo nonno paterno e uno dei prozii avevano afferrato le sedie.
“Io
l’avevo detto, a mio padre, che dovevamo tenerli lontani
dalle carte” pensò Nickel.
La
cosa era degenerata piuttosto in fretta, quindi altri tre
giocatori si erano alzati ed erano tornati a bere energon extra forte,
come
stavano facendo anche la maggioranza degli zii e i cugini
più grandi -come se
durante la cena non avessero bevuto abbastanza- e Bustin, dal canto
suo,
sembrava decisamente incuriosito dallo spettacolo che stava osservando
dopo
essersi messo a distanza di sicurezza.
«Questa
era una delle cose che non dovevano succedere» disse
Nickel dopo essersi avvicinata a lui.
«Perché?»
replicò Bustin, con tono decisamente divertito
«È
bellissimo».
Il
nonno di Nickel, dopo essere salito sul tavolo, saltò
addosso
al proprio fratello con un urlo di guerra che avrebbe fatto invidia a
un
gladiatore di Kaon.
«EHI!» strillò
Nickel,
che ne aveva avuto abbastanza, andando perfino a infilarsi tra i due
litiganti
«Piantatela, voi due! Avete già dato abbastanza
spettacolo».
«Nipote,
una partita di valtti che non finisce a sediate non è
una vera partita di valtti! Giovine!» esclamò poi
il nonno di Nickel, rivolto a
Bustin «Prendi una sedia!»
«NO non prenderla! Non
ci provare» lo bloccò Nickel, vedendolo
avvicinarsi a una di esse «Torniamo
da-»
«Aiuuuuuutooooo!»
esclamò uno dei cugini di Nickel da sopra uno dei tetti del
complesso. Come
fosse finito lì era un mistero, dato che non era di tipo
volante, ma l’energon
extra forte poteva causare quello e altro.
Una
cugina di Nickel si avvicinò a Bustin. «Scusa, non
è che tu
che voli potresti tirare giù quello scemo? Ha la mania di
finire sui tetti
ogni volta che beve… e qui nessuno sa
dov’è finita la scala».
«Non
c’è problema. Non è la prima volta che
mi chiedono aiuto
per cose del genere» rispose il minicon «Al
Crawling Mist a volte succedono
cose molto più strane».
«Di
sicuro non ti capita spesso di annoiarti…»
«Non
corro proprio il rischio!» confermò Bustin,
volando
tranquillamente sul tetto.
«È
alto, è carino, vola…»
cominciò a elencare la cugina di
Nickel, guardando Bustin recuperare l’ubriaco di turno con un
po’troppa
attenzione.
«Ed
è mio» la interruppe seccamente Nickel
«E tuo marito è qui
da qualche parte».
«Quanto
te la prendi!» sbuffò l’altra
«Se non volevi che la
gente guardasse il tuo ragazzo potevi prenderne uno un
po’meno interessante.
Rispetto ai minicon che conosco ha visto così tanto...
lui sì che ha argomenti interessanti di cui
parlare a
cena!»
Nickel
su quel punto non poteva dare torto alla cugina. Era
indubbio che Bustin rispetto alla media dei minicon avesse visto varie
città
non solo di Prion, ma anche di Cybertron, comprese
città-Stato satelliti quali
Nova Chronum e Praxus, ovviamente per lavoro e da prima di conoscere
lei
durante gli studi in facoltà.
Aveva
raccontato parecchie storie interessanti, alcune delle
quali conosciute, altre inedite anche a lei, e per tutto il tempo era
riuscito
sia a sostenere la conversazione -il fuoco
incrociato- e la curiosità di nonne, zie e prozie,
sia a guidarla, almeno a
tratti. Nickel aveva sperato che ne fosse in grado, perché
oltre che curiose le
donne della sua famiglia erano anche testarde, ma Bustin, quando lei
l’aveva
avvertito riguardo i soggetti che avrebbe incontrato, l’aveva
rassicurata
dicendole di avere sufficiente esperienza con quel tipo di persone -
“E con le
folle in genere”, aveva aggiunto, di certo riferendosi a
quelle nel locale.
«Dovresti
portarlo qui più spesso, Nicole!» si intromise zia
Pillage.
“Nickel.
N- i- c- k- e- l. Possibile che si sbagli ancora?!”
pensò la minicon.
«Finalmente
qualcuno che fa davvero onore alla tavola: l’ultima
volta che ho visto qualcuno mangiare così è stato
quando tuo nonno aveva sul
groppone vari vorn in meno» continuò la zia
«Sono queste le persone
per le quali fa piacere cucinare!»
“La
notte scorsa era di turno nel locale, quando è
così spesso il
giorno dopo mangia cinque volte più del solito. E anche
normalmente non è che
mangi come un lilleth” rifletté Nickel.
«E
a me fa piacere mangiare! Ecco qua» disse Bustin, posando a
terra il cugino del tetto.
«Radio!
Ovvio che eri tu, e chi altri?!» sbuffò zia
Pillage
«Grazie» disse, andandosene via trascinando con
sé Radio e seguita a ruota dall’altra
cugina.
Stavolta
ad avvicinarsi con passo un po’incerto fu il padre di
Nickel. «Allora, stavamo dicendo, quegli alberi del
frus… del frupp… del
frutteto, ecco, quegli alberi del-»
«Babbo,
vai in casa e mettiti a dormire, sei un po’troppo
brillo» sbuffò Nickel «Forse qualcuno
dovrebbe riportarti dentro…»
«Se
serve vai pure, io ti aspetto qui» le disse Bustin, e lei si
allontanò assieme al padre.
Notando
Bustin da solo, Alumina lo raggiunse con un cicchetto di
energon extra forte per uno. «Vuoi?»
«Volentieri,
grazie» sorrise il minicon «È proprio
una bella
serata, mi sto divertendo molto. Purtroppo Nickel mi ha impedito di
unirmi alla
battaglia con le sedie, sarà per un’altra
volta».
«Alcuni
dei mech di questa famiglia prendono il valtti molto sul
serio. Allora, Nickel mi ha detto che avete accettato
l’invito a passare qui la
notte».
«È
così. Il viaggio da qui alla città è
piuttosto lungo, credo
che per lei potrebbe essere stancante. Siete molto gentili a
ospitarci… o forse
è meglio dire ospitarmi: per Nickel questa è e
sempre sarà casa sua. E a breve
anche casa mia diventerà “nostra”. Sono
stato felice quando gliel’ho chiesto e
mi ha detto di sì».
«Immagino,
immagino!» sorrise Alumina «Credo che sia molto
emozionata, anche perché per lei è la prima
volta».
«Anche
per me lo è, sarà una bella avventura per tutti e
due».
«Sai
che invece per qualche motivo davo per scontato che tu ci fossi
già passato? Sarà che hai avuto una vita
piuttosto piena di esperienze, più di
quante ne abbiano avute minicon con vari vorn in più. A dir
la verità mi stupisce
che qualcuno che ha concluso gli studi col massimo del punteggio, a
dire di
Nickel, e che ha fatto lavori su altri pianeti, sia ancora qui a
Prion» disse
la minicon «La stragrande maggioranza di noi minicon non ha
la minima
intenzione di espatriare, ma alcuni venderebbero l’anima
all’Unicron pur di
avere possibilità del genere, e da qualcuno che ha
già viaggiato così tanto mi
sarei aspettata una cosa simile».
Bustin
sorrise. «Mi preferivi altrove? E io che credevo di
esserti piaciuto!»
«Cos-»
«Sto
scherzando. Capisco il discorso e ammetto che prima avevo
in mente di andarmene, avevo già deciso la destinazione e
tutto il resto» disse
Bustin «Solo che poi ho cambiato i miei progetti e ho deciso
di restare qui, per
Nickel, naturalmente. Sono abbastanza fortunato da poter scegliere, e
tra lei e
il miglior lavoro ad Iacon sceglierei Nickel senza
esitazione».
«Ehi!
Tu che sei alto, riesci a tirare giù quelli?»
gridò da una
certa distanza uno dei cugini, indicando un grosso contenitore di
dolcetti
finito chissà come sul ramo di un albero. Meglio non farsi
domande.
«Credo
che mi reclamino! Se posso…»
«Certo,
Bustin, vai pure».
Lasciò
che si allontanasse, continuando però a osservarlo. Non
aveva
critiche da muovere a quel minicon, sembrava proprio una brava persona,
la
voglia di lavorare non gli mancava, economicamente non pareva avere
problemi e
da come parlava di Nickel, da come parlava a
Nickel e dai gesti che gli aveva visto fare nei riguardi di
quest’ultima era
intuibile che tenesse a lei; ciononostante, quel vago alone di mistero
che
Alumina vedeva addosso al fidanzato di sua figlia non si era dissipato
minimamente, ed era ridicolo dato che aveva conversato con chiunque per
tutto
il tempo.
“Forse
è solo una mia impressione. Sappiamo chi è,
sappiamo dove
ha studiato, sappiamo che lavoro fa, ho scoperto che la fanfiction su
Wallop
che ho messo nei preferiti è sua, di che altro avrebbe
dovuto parlare? Della maschera?
Chi, quando conosce i genitori della fidanzata, si mette mai a parlare
di
argomenti spiacevoli?” pensò, memore del fatto che
Nickel le avesse accennato
di un incidente o qualcosa di simile “Sono semplicemente
paranoica perché la
mia unica figlia ha deciso di andare a convivere, ma devo smetterla di
fare l’idiota
ed essere contenta che si sia innamorata di un minicon per bene. Questo
è
quanto”.
***
«Quindi…
sei sicuro di essere stato bene?»
«Certo,
Nicky. Mi sono divertito, mi piace la tua famiglia».
La
cuccetta a una piazza e mezzo nella vecchia stanza di Nickel
era sufficiente a ospitare entrambi per quella notte. Ogni tanto essere
una
minicon “compatta” -in realtà per modo
di dire, perché non era una minicon
bassa- tornava utile. In quella camera da letto c’erano
ancora tutti i suoi
peluches e varie delle sue cose di quando era bambina o ragazzina ma,
oltre a
piacerle ancora, non se ne vergognava nemmeno un po’. Non con
lui.
«Voglio
essere onesta con te, avevo paura che tra tutti fossero
un po’… troppi.
E troppo. Non mi
fraintendere, io adoro i miei parenti anche quando si ubriacano, si
prendono a
sediate e ballano sul tavolo, però tu non sei abituato a
queste cose. Nel
senso, magari le vedi con certi clienti, però non le vedi
in, ecco-»
«Famiglia?»
Nickel
annuì. «È diverso rispetto al solito,
credo».
«Se
ho a che fare con i miei conoscenti più o meno stretti
è
sempre per questo o quel motivo, qui invece il motivo ero proprio io.
È stato
diverso rispetto al solito ma l’ho apprezzato molto, mi sono
sentito parte del
gruppo».
«Se
ti è piaciuto potremmo costituire anche noi un gruppo un
po’più
piccolo» disse Nickel.
«È
quel che faremo, stiamo per andare a convivere. Non vedo
l’ora!»
«Anche,
ma non intendevo solo quello. Te l’ho accennato
più
volte, sai che vorrei mettere su una famiglia anche
io…»
«Con
chi?»
«Ma
come “con chi”? CON TE, scemo!»
sbuffò la minicon.
«Io
però non credo di essere molto tagliato per fare il
padre»
disse Bustin «O di volere dei figli, soprattutto adesso
che-»
«Adesso
magari no, prima voglio finire di studiare e arrivare ad
avere il lavoro che sogno da sempre, però poi vorrei avere
dei figli. Lo desidero
tantissimo, se fossi stata una persona un po’meno
“pratica” o semplicemente più
grande ne avrei voluti da te già dopo due mesi».
«Vedendo
dove e come sei cresciuta lo capisco, però non tutte le
famiglie sono fortunate come questa, certe hanno davanti un destino che
alcuni
o molti troverebbero abbastanza spiacevole per vari motivi. Dovresti
pensarci
su».
Bustin
per il momento non appoggiava la sua idea di avere figli,
anche in precedenza non si era mai mostrato molto convinto,
però Nickel non si
sentiva arrabbiata per questo. L’unico sentimento che provava
era dispiacere, e
non per il mancato appoggio, ma per lui.
Non sapeva cosa fosse successo di preciso a lui e ai suoi famigliari ma
doveva
essere stato un grande trauma, in caso contrario avrebbe parlato
diversamente.
Si
strinse di più a lui e lo abbracciò.
«Comunque ora non è il
momento, e in futuro magari si può sempre cambiare idea. Le
cose non devono
andare male per forza».
«La
vedo un po’difficile».
“Sono
solo il trauma e la paura che parlano. In futuro si
convincerà che anche con una famiglia le cose possono andare
bene” pensò
Nickel.
«E
comunque potresti decidere di lasciarmi dopo la prima
settimana di convivenza, per quanto ne sappiamo» aggiunse
Bustin «Magari ti
stuferai per il tempo che passo in bagno a prepararmi!»
«Di
bagni in casa ne avremo più d’uno, non
dovrò mai andare a
farla nei cespugli» replicò Nickel.
«Vero.
Ora direi di dormire, domani mattina dovremo alzarci
abbastanza presto. Buonanotte, Nanetta».
«Buonanotte».
E
poco dopo questo Nickel scivolò in ricarica, sognando un
futuro che per più di una ragione non ci sarebbe mai stato.
Questo
è venuto più lungo degli altri, sì.
I
parenti di Nickel sono dei veneti, sì :’D
Grazie
a chi sta avendo la pazienza di leggere e alla prossima
:)
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