Magici Draghi Hippie

di Sotorei
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Prologo


«Incredibile» commentò la Valchiria. Le ali piumate le tremavano un po’. L’impassibile poker face le era scomparsa dal viso e la tiara era cascata all’altezza degli occhi. Se la sistemò con noncuranza. «Nessun umano mi ha mai sbaragliata così.»

Rei, il monaco sbrilluccicante, sedeva dall’altra parte e guardava le carte con aria trasognata, una sigaretta di marijuana in bocca. «Sì, be’, credo di essermi superato.» Indietreggiò un po’ con la sedia, alzò le gambe e le posò sul tavolo. Aspirò un paio di volte perché la canna non si spegnesse, poi fece un tiro e se la tolse di bocca. «Adesso ce l’ho, il permesso di rinascere?»

«Cazzo, se sì» rispose la Valchiria. «Non c’è manco da consultarmi col vecchio.» Sospirò, posò a terra la lancia dorata e allungò la mano. «Fa’ fare un tiro.»

«Non pensavo che le Divinità Minori fumassero.»

«Non lo penseresti nemmeno di quelle maggiori, ma vedessi Odino quanto spippa.» Fece un cenno impaziente con la mano tesa. «Molla l’osso, su.»

Il monaco eseguì. La Valchiria fece un lungo tiro e disse: «Oi, non dirlo a nessuno, però.»

«Perderò la memoria, no? Tanto vale.»

«La perderai solo fino a che non sarai Campione. Allora, be’, ti tornerà e con quella la mia bella faccia che aspira. Non dirlo a nessuno, c’è un’etichetta.»

Il monaco fece segno di chiudersi la bocca con una zip.

Rendendo la canna, la Valchiria disse: «Ma dimmi, perché vuoi rinascere?»

«Che domande. Si diventa più forti e tutto il resto.»

«Non me la tirare con queste stronzate. Ce ne saranno giusto un paio che raggiunto un livello simile se ne escono col diventare più forti. Insomma, rifarsi il culo tre volte per bicipiti più grossi… Non ne vale la pena. Parere personale.»

Rei annuì. «Devo sparire per un po’.»

«Ci sono metodi migliori.»

«È che sono pure abbastanza attratto dall’idea di rifarmi una vita. I miei amici l’hanno fatto tutti. Quasi. E poi, cazzo, guardami. Sono un lampione ambulante. Non è bello andare in giro brillando come vampiri scarsi al sole.»

«I vampiri non brillano.»

«Dicevo quelli scarsi.»

La donna aggrottò la fronte, il che fu difficile da notificare vista la frangia.

«E converrai che avere una lucetta vorticosa sotto al culo non è il massimo, se vuoi passare inosservato» disse il monaco.

«Che vuoi farci» replicò la Divinità Minore. «Hai raggiunto il massimo, per un umano. È giusto che te la tiri. L’aura serve a quello.»

«Il cazzo. Saranno giorni che non dormo. Io dico, prima che ve ne usciste con questa storia del puoi rinascere e levarti l’aura di torno, come faceva la gente? È per questo che non c’è più nessuno disposto a toccare il limite umano, perché dopo ti togli tutte le ore di sonno.» Fece un tiro. «Prima infatti non ci avrei mai pensato.»

«Va be’, hai le idee chiare.» La Valchiria si alzò. «Pronto?»

Il monaco sorrise. «Come funziona?»

«Cosa?»

«Il rinascere, dico.»

«Puoi scegliere. Ti do una bella botta in testa e ti svegli tra le braccia della tua nuova madre, che toccherà a me scegliere e seviziare per bene, altrimenti ti do una pozione delle mie, la bevi, insemini una donna ed et voilà! Il tuo vecchio corpo crepa, se vogliono lo seppelliscono o lo buttano ai Coboldi, e il bambino che nascerà sarai te.»

«Interessante. Direi la seconda. Quella cosa, là» e indicò l’enorme lancia dorata a tre punte che giaceva a terra, «deve far male. Non credo mi piacerebbe se mi colpisse. E chi toglie il piacere dell’ultima scopata?»

«Potrei colpirti con qualcos’altro.»

«Passo.»

La Valchiria sorrise. «Bene.» Si portò una mano alla scollatura del seno, nascosta dall’armatura, e ne estrasse una piccola fiala chiusa da un tappo di sughero. Gliela porse. Il monaco fece per accettarla, ma la Divinità Minore la ritrasse all’ultimo e disse: «Prima l’ultimo tiro.» 





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