Ethbday
A Ethan,
il fuoco che brucia dentro il mio cuore,
colui che mi ha insegnato a non mollare mai
perché è la parte più coraggiosa di me.
Grazie per esistere, anche se solo nella mia vita,
e per permettermi di amarti incondizionatamente.
Buon compleanno ♥
Le prime due cose che attirarono l’attenzione di Ethan
non appena mise piede nella nuova casa, a Los Angeles, furono la chitarra
abbandonata in un angolo del soggiorno e il mappamondo che stazionava in una
delle camere da letto. Non sapeva chi avesse lasciato lì quegli oggetti – forse
qualcuno che aveva abitato lì prima di loro – ma non gli importava poi tanto.
Non l’avrebbe mai ammesso ad alta voce, ma si sentiva un
po’ perso e spaventato in quel luogo tutto nuovo, in cui parlavano una lingua
diversa dalla sua. Qualche volta gli capitava di uscire, disubbidendo ai
fratelli maggiori che volevano imporgli di stare a casa, ma non si sentiva
ancora tanto sicuro.
In casa non sapeva bene che fare. A volte chiedeva a sua
sorella Olivia di insegnargli a leggere, così da poter imparare più velocemente
l’inglese e scoprire tutte quelle cose che erano racchiuse nelle pagine dei
libri; altre volte imbracciava la vecchia chitarra ammaccata e provava a
imitare i musicisti che vedeva sulle copertine dei vinili di Davi e Arthur. Gli
piaceva un sacco il suono che quelle sei corde producevano, poteva rimanere a
pizzicarle per ore senza accorgersi del tempo che passava.
Ogni tanto pensava al Brasile, a tutte le cose che erano
rimaste lì. Pensava alle strade sudicie che però erano sempre in festa, pensava
a Lília che era troppo piccola per poter
partire con loro, pensava a sua madre che nascondeva i lividi sotto i vestiti
spiegazzati, pensava a Thiago che era stato contento di vederli andare via,
pensava a suo padre e al suo alito che puzzava sempre di alcol.
A volte ci pensava talmente tanto
che, quando nessuno era nei paraggi, si intrufolava in camera di Arthur – la
stanza del mappamondo –, si sedeva davanti a quella sfera colorata e si
chiedeva se il suo sguardo concentrato potesse arrivare fin laggiù.
Non sapeva ancora leggere bene,
non sapeva trovare il Brasile e nemmeno Los Angeles, perciò si limitava a far
ruotare in punta di dita quella Terra in miniatura. Si divertiva un sacco a far
girare il mondo come piaceva a lui, lo faceva sentire come se la sua casa non
fosse poi così lontana.
Aveva imparato che l’azzurro era
il colore dell’oceano. Lui il mare l’aveva conosciuto e attraversato quella
stessa estate; era stato un viaggio così lungo e stancante che Ethan si chiedeva
se lui e i suoi fratelli avessero percorso tutto il celeste del mappamondo.
Aveva imparato che quelle righe
irregolari che si estendevano sulla terraferma erano i confini, mentre quelle
piccole scritte erano i nomi delle città.
Ormai Ethan aveva imparato a
leggere la maggior parte delle lettere, così qualche volta provava a cercare il
nome della sua città, Bahia. Ma era una fatica immensa, soprattutto perché non
sapeva nemmeno da dove cominciare.
Quel pomeriggio si era intrufolato
nella camera di Arthur e aveva iniziato a far ruotare quella sfera blu e verde,
immaginando di essere un vagabondo in giro per il pianeta. Non gli piaceva
molto vivere nei sogni, aveva imparato che era meglio tenere gli occhi ben
aperti nella realtà, ma aveva solo cinque anni ed era ancora in cerca di tante
risposte. Prima tra tutti: a quale luogo apparteneva?
“Ehi.”
Ethan sobbalzò e si voltò di
scatto, ritraendo le dita dalla plastica liscia. “Me ne vado subito!”
Non si era accorto che Arthur
fosse rientrato a casa. Non si era mai fatto scoprire in camera sua, era sempre
stato attento.
Il fratello maggiore gli sorrise.
“Resta, non fa niente. Ti piace il mappamondo?” Si accostò alla finestra
socchiusa, la spalancò e accese una sigaretta.
Ethan scrutò per un attimo il
viso dai tratti marcati del ragazzo, poi tornò a guardare l’oggetto di fronte a
sé e lo fece ruotare appena. Arthur era molto più grande di lui, sicuramente
conosceva molto meglio la geografia.
Trascorsero diversi minuti di silenzio,
riempito soltanto dalle voci e i rumori provenienti dall’esterno, in cui ognuno
rimase immerso nella sua attività e nei suoi pensieri.
“Arthur?”
“Dimmi.”
“Dov’è il Brasile?”
Un sorriso si dipinse sul viso
simpatico del ragazzo; spense la sigaretta, lasciò il mozzicone sul davanzale e
affiancò il bambino, posando le dita sul mappamondo. Dopo alcuni secondi,
indicò un punto ben preciso con la mano destra. “Eccolo qua!”
Ethan vi avvicinò il volto,
scrutando con attenzione quel frammento di mondo. “E Bahia?”
“Non c’è. Non ci sono i nomi di
tutte le città, solo di quelle più importanti.”
Il bimbo si esibì in una smorfia.
“Non mi piace più questo mappamondo.”
Arthur ridacchiò.
“E invece noi dove siamo?” chiese
ancora il più piccolo.
Suo fratello fece scorrere lo
sguardo verso l’alto, lesse un paio di nomi e infine puntò l’indice della mano
sinistra su un lembo di terra. “Questa è la California, qui c’è Los Angeles.”
Ethan sgranò gli occhioni scuri,
percorrendo con lo sguardo la distanza tra la sua vecchia casa e la nuova.
Sembravano così vicine su quel planisfero panciuto.
“Abbiamo fatto tutta quella
strada?” si sorprese.
Arthur annuì, un ricciolino scuro
gli piovve sulla fronte. “Abbiamo fatto esattamente questo tragitto” spiegò,
per poi spostare il dito della mano destra in alto, verso sinistra. “Abbiamo
attraversato la Colombia, poi qui abbiamo preso la nave.” Superò un pezzetto di
mare e si fermò su un’altra costa.
“E il posto dove è arrivata la
nave come si chiama?”
“Quello è il Messico. L’abbiamo
attraversato tutto fino ad arrivare qui.” Arthur spostò ancora il polpastrello
verso l’alto, varcando un altro confine e giungendo fino al punto indicato
dalla mano sinistra.
Ethan il Messico se lo ricordava
bene: avevano viaggiato sul retro di un furgone senza poter vedere la luce del
sole, e aveva fatto talmente tanto caldo che lui si era sentito male. Non era
stato per niente bello.
Ethan ripercorse con lo sguardo
il tragitto che Arthur gli aveva appena fatto vedere. Era davvero affascinato:
aveva solo cinque anni, eppure gli sembrava di essere un viaggiatore esperto
che aveva già attraversato mezzo mondo.
Sorrise, afferrò un pennarello
abbandonato sulla scrivania e tracciò un piccolo puntino laddove – ormai lo
sapeva – c’era il Brasile, poi fece la stessa cosa dov’era dislocata Los
Angeles. “Voglio segnare tutti i posti in cui vado.”
Il maggiore annuì e un sorriso
insolito, quasi malinconico, gli increspò le labbra.
“E un giorno questo mappamondo
sarà pieno di puntini, perché voglio andare dappertutto. Voglio conoscere tutti
questi posti, anche quelli più lontani… però un giorno tornerò in Brasile,
perché quella è la mia vera casa.”
“Casa tua, Ethan, si trova
ovunque andrai. Il mondo è tutto tuo, sei ancora in tempo per prendertelo.”
Ethan non era sicuro di aver ben
capito cosa suo fratello intendesse, non riuscì nemmeno a cogliere l’ombra di
disillusione che gli riempiva lo sguardo.
A lui bastò far ruotare
nuovamente quella Terra in miniatura per riaccendere i sogni nella sua testa.
E sì, un giorno quel mondo se lo
sarebbe preso tutto.
🎈
🎈
🎈
AUGURI ETHAAAAAAAAAAAAN!!!!!!!!!!
*_______________*
Il mio bimbo bellissimo
T________T in fondo anche lui è soltanto un cucciolo da coccolare e sempre lo
sarà, anche da adulto, anche quando farà il duro e fingerà di non aver bisogno
di nessuno! Piccolo mio, amore della mamma *__________________* (vi giuro che
adesso ci do un taglio AHAHAHAH)
Non sono per niente contenta di
quello che ho scritto, vorrei soltanto sotterrarmi e chiedere scusa a Ethan per
il resto dei miei giorni perché meritava MOLTO di più, ma al solito i momenti
di down per quanto riguarda la scrittura arrivano SEMPRE in corrispondenza
delle occasioni più importanti T.T in questi ultimi giorni ho cambiato talmente
tante idee che non so nemmeno io cosa ho scritto alla fine AHAHAHAHAH!
Però ammetto di essere
soddisfatta del banner *_________* per cui devo ringraziare di cuore la mia
adorata Sabriel, che mi ha aiutato a trovare un’immagine/prestavolto per il
mini Ethan – non esattamente fedele a come lo immagino (il mio bimbo ha dei
lineamenti un po’ meno delicati) ma devo dire che ci si avvicina parecchio *-*
Ho deciso di scrivere del famoso
mappamondo, protagonista anche della piccola flash per il compleanno di Ives
dell’anno scorso, proprio per creare una sorta di “filo conduttore” e
contemporaneamente parlare del viaggio dei fratelli AraÚjo – che, come i
seguaci affezionati della serie già sanno, è stata una fuga clandestina che
Davi, Arthur, Olivia e Ethan hanno attuato per sfuggire alle condizioni di
disagio di Bahia e della loro famiglia.
E vi ho parlato anche del povero
Arthur, il fratello un po’ più fragile e meno coraggioso, che le ha prese più
di tutti dal padre e che non se l’è sentita di continuare per le strade dello
spaccio e dell’illegalità insieme a Davi. Infatti, come racconto nella shot Ink
memories, Arthur se n’è andato dopo circa un anno dalla loro permanenza a
Los Angeles e la sua camera da letto – la stanza del mappamondo – è poi
diventata la camera di Ethan.
Ma ora la smetto di sproloquiare
XD
Mi scuso ancora per questo
scritto mediocre e poco ispirato e faccio TANTISSIMI AUGURI al mio amatissimo
Ethan, il più bizzarro e inaspettato e meraviglioso dono che io abbia mai
ricevuto! Grazie per avermi rubato il cuore e avermi donato il tuo ♥
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