La cosa problematica di mangiare da soli in un ristorante era che si
finiva per osservare tutto, dalla impostazione del locale a chi lo
stava riempiendo in quel momento, come si ponevano i camerieri, se
c'era della musica, che musica era e le conversazioni, sintonizzare
l'orecchio su ciò che i commensali stavano dicendo poteva
essere utile. Tutto pur di non sentire la vocina nella sua testa quella
che gli ricordava che c'era sempre qualcosa che non andava, qualunque
cosa, che anche in un giorno perfetto trovava un difetto, che anche
nella felicità trovava un motivo di essere triste
perché "oggi la vita la ami, ma ricordi quella volta in
cui...". Hayato odiava tutto questo, non aveva mai imparato davvero a
volersi bene, non abbastanza da non volersi male di tanto in tanto, non
abbastanza da non tormentarsi con un passato che avrebbe dovuto essere
archiviato da tempo.
Ecco che era passata la fame, lo stomaco glielo avevano riempito le
emozioni, rabbia, ansia, tristezza, prevalentemente loro. Quella stessa
voce che lo aveva invitato a perdere l'appetito gli faceva ora presente
che non poteva di certo proseguire la giornata senza niente sotto i
denti e Hayato si domandava che cosa dovesse fare per liberarsi una
volta per tutte di se stesso.
Guardò il cosciotto di pollo rimasto a metà nel
piatto, la forchetta ancora inserita in un pezzetto finemente tagliato
e decretò che lo avrebbe lasciato così. Ripose la
forchetta gentilmente vicino al bordo del piatto e tamponò
le labbra con un fazzoletto. Fece una veloce ricapitolazione di tutto
ciò che aveva mangiato e decise che un intero piatto di
pasta con un sughetto ricco di sapori e un po' di pollo erano
abbastanza per sopravvivere fino alla fine del meeting.
Guardò il vino nel bicchiere, ve ne era ancora abbastanza
per accompagnare un altro pasto, ma decise che non si sarebbe sforzato
quando si sentiva già gonfio come un pallone e aveva paura
di bere anche solo un bicchiere d'acqua.
Un cameriere portò via il piatto dopo essersi sincerato che
un po' di attesa non avrebbe cambiato il risultato e un sospiro
profondo lasciò le labbra di Hayato. Era giunto il momento
di riprendere la giacca, infilarla e darsi un tono per portare avanti
un'importante negoziazione di cui era stato incaricato... oh e pagare,
certo, bisognava pagare per quello che aveva consumato o che almeno
aveva provato a consumare.
Stava per alzarsi da tavola quando improvvisamente gli venne sistemato
sul tavolo un dolce.
"Non l'ho chiesta io la torta" fece presente al cameriere, ricercando
tra i presenti qualcuno che potesse star festeggiando.
"È lei Hayato?" gli domandò il cameriere.
"Sì..." mormorò Gokudera in risposta conscio che
in quel ristorante in Italia era probabilmente l'unico Hayato nel
raggio di almeno dieci chilometri.
"Allora questa è proprio per lei" gli venne risposto.
Gokudera sospirò, guardò la torta davanti a
sé e sorrise inconsciamente leggermente spaesato. Gli ci
volle qualche istante per realizzare che c'era scritto il suo nome con
quella che aveva tutta l'aria di essere una ganache al cioccolato
fondente.
Non era mai troppo felice di vedere dolci e biscotti e il motivo era
nei meccanismi da stress post traumatico che aveva sviluppato a causa
della sua sorellastra. Bianchi infatti per anni si era occupata di
preparare la sua torta di compleanno il risultato era stato nel
disgusto totale di Hayato alla sola vista dei negozi di pasticceria.
Quel dolce però era diverso, era la prova che negli anni
qualcosa era cambiato e migliorato. Era una red veltet, quelli che
sembravano ciuffetti di panna erano in realtà crema di
formaggio e sulla sommità avevano delle fragolone tagliate a
metà. Era un dolce talmente specifico che non poteva che
essere stato pensato appositamente per lui.
Il suo primo anno a Nanimori Haru e Kyoko avevano la brutta abitudine
di portare con cadenza mensile se non settimanale torte a casa Sawada,
era un momento di convivialità e divertimento che per lui
era in realtà un vero inferno. All'inizio non era stato del
tutto se stesso con Tsunayoshi, cioè, non lo era stato quasi
per niente. Aveva cercato in tutti i modi di dipingersi come un essere
incredibilmente capace e praticamente perfetto senza difetti, senza
debolezze, per poi crollare nella realizzazione che Tsuna non era
così e non voleva che lui lo fosse. Era pronto ad accettarlo
per come era mostrandogli che quelle che per lui erano parti da
eliminare forse erano proprio quelle che lo rendevano così
unico e speciale.
Per anni aveva mangiato dolci solo per avere qualcosa in più
da condividere con il suo boss e la prima volta che gli avevano fatto
una torta di compleanno proprio non se l'era sentita di lasciarla
intatta causando dispiacere in chi l'aveva preparata. Col passare degli
anni l'iperintuito di Tsunayoshi si era sviluppato al punto tale che
era stato impossibile continuare a nascondergli il suo disagio. Lo
aveva notato e gli aveva comunicato che lo sapeva senza parole
semplicemente iniziando a mangiare dal suo piatto quella che doveva
essere la sua porzione.
Poi un giorno lo aveva affrontato si era fatto raccontare il
perché di questa avversione per i dolci e aveva giurato che
avrebbero trovato insieme una torta che solleticasse il suo palato.
L'avevano trovata in effetti, anni e anni dopo, in un piccolo negozio
abbandonato alla periferia di Roma, era il loro segreto.
Sorrise in quei ricordi, così caldi e avvolgenti da
sciogliere il nodo che si era creato all'altezza dello stomaco.
Alzò gli occhi sulla torta e notò le due
candeline che svettavano formando il numero 28.
Gli ci volle un istante per rendersi conto che anche quell'anno aveva
dimenticato il suo compleanno, ormai era prassi, meccanismo della
cancellazione per non sentirsi ancora quel cucciolo smarrito e
abbandonato dalla mamma come il 9 settembre del 1996. O ancora quel
sacco di spazzatura buttato brutalmente tra i rifiuti, con ancora le
ferite alla testa che sanguivano, ma troppo stanco per continuare a
lottare contro chi lo aveva aggredito, 9 settembre 2008. In quel
momento gli era venuto in mente Tsunayoshi, quel sorriso capace di
illuminare l'universo e alleviare ogni dolore. Qualche giorno prima
erano stati in un parco e Kyoko e Haru avevano fatto delle ghirlande di
fiori. Haru nello specifico ne aveva fatto una per Tsuna e gliela aveva
poggiata sul capo mentre lui e Tsuna stavano parlando di tutto e di
niente guardando verso il fiume e godendo della brezza estiva. Gli
stava così bene e Hayato ricordava perfettamente di
avergliela sistemata tra i capelli guardando le sue guance farsi
più rosee. Quel semplice pensiero lo aveva portato a
sorridere anche in un momento devastante come quello che stava vivendo,
in cui la testa doleva e rimbombava come se stesse per scoppiare e il
corpo si era ormai arreso alla sua debolezza. Questi e altri erano i
ricordi che lo assalivano ogni volta che pensava "ho superato un altro
anno" e non importava quanti amici e quanto amore adesso lo
circondassero, non importava quanti regali ricevesse né
quanti traguardi avesse raggiunto, il 9 settembre di ogni anno si
sentiva sempre quello strano fagotto capultato controvoglia in un mondo
pronto a farlo a pezzi.
Di colpo le candele si accesero, delle piccole fiamme le illuminarono.
Sorpreso e spaesato alzò lo sguardo ancora un po' e
trovò colui che era in grado di trasformare ogni squarcio in
una carezza con un accendino in mano.
Gli occhi gli si riempirono di lacrime per la commozione, ma anche per
la meraviglia perché visti i loro rispettivi e in alcun modo
coinciliabili impegni mai avrebbe pensato di condividere quel momento
con lui, a quell'ora doveva essere a Namimori.
"C-Che ci fai qui?" domandò incredulo, riuscendo a stento a
tenere un tono stabile.
"Pensavi davvero che ti avrei lasciato da solo in un giorno simile?"
gli rispose Tsuna sorridendo anche di più se possibile e
prendendo posto di fronte a lui.
"C-Come facevi a sapere dove fossi?" gli chiese nuovamente Hayato,
sembrava un bambino al quale i genitori hanno presentato un mago che
continua a interrogarsi su come riesca a fare i suoi trucchi.
Tsuna ridacchiò e gli prese una mano facendo intrecciare le
loro dita. "Mi hai mandato la posizione letteralmente mezz'ora fa
dicendomi che avevi trovato un ristorante che sembrava buono e dove mi
volevi portare, ma anche se non lo avessi fatto non sei l'unico ad
avere il radar per trovare le persone" disse.
Hayato si asciugò una lacrima con la mano libera e sorrise
ridacchiando a propria volta. Era felice, così felice che
non riusciva neanche a descriverlo.
"Che aspetti? Spegni le candeline ed esprimi un desiderio" gli disse
Tsuna guardandolo dolcemente negli occhi.
"Lo farei, ma si è appena realizzato quindi non ho
più niente da esprimere" rispose Hayato.
Tsuna sorrise, gli fece una carezza lungo il braccio di cui
già stava tenendo la mano e annuì. "Esprimine un
altro, uno di quelli che non riesci a dire neanche a bassa voce" disse.
Gokudera ci pensò per un istante e poi realizzò
che anche se la presenza di Tsuna cancellava ogni preoccupazione
bastava che si allontanasse perché si trovasse nuovamente
assalito, realizzò di voler mettere una fine al potere che
il passato aveva su di lui e premere sul tasto muto per quella voce che
lo tormentava.
"Voglio imparare ad amarmi almeno la metà di quanto amo te"
pensò, strizzò gli occhi e strinse forte la mano
di Tsuna prima di soffiare.
Tsunayoshi gli fece un applauso e tagliò una fettina del
dolce mettendola in un piattino a parte che si fece portare. "Buon
compleanno, amore mio" disse portando un boccone alle labbra di Hayato.
Gokudera aprì la bocca come se fosse un bambino e accolse la
porzione staccandola gentilmente dalla forchettina, masticò
lentamente lasciandosi pervadere dal sapore e sentì che lo
stomaco si era completamente aperto.
Prese la forchettina dalla mano di Tsuna e fece la stessa cosa,
trattenendo a stento le lacrime.
Tsuna sospirò sollevato, a parte che la torta era
effettivamente buonissima, ma il suo regalo aveva funzionato. "Questo
anno non sapevo proprio che fare... suppongo sia questo il contro di
stare insieme da così tanto tempo, finiscono le idee"
confessò.
Hayato sorrise, gli fece una carezza delicata su una guancia e scosse
la testa. "Eppure ogni anno trovi il modo di sorprendermi e farmi
pensare che è il miglior regalo della mia vita."
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