La
luce pallida della luna inondava di argentei riflessi le tombe.
Un
leggero vento spirava, inondando di lontani profumi marini il
cimitero.
Killer
Bee, accucciato dinanzi ad una di esse, si dondolava dolcemente,
quasi seguendo il ritmo di una melodia immaginaria.
-
Mamma... Dove sei? - pigolò fissando il ritratto che
fronteggiava la lapide.
Nella
pellicola erano impresse le fattezze di una donna di circa ventotto
anni.
I
lineamenti del viso, armonici, seppur non del tutto regolari, erano
circondati da una selva di riccioli castani, che si accordavano con
le iridi azzurre, che parevano due topazi azzurri.
Una
lacrima stillò sulle labbra del bambino, che si strinse le
spalle con le braccia.
-
Mi hanno detto che ora hai finito di soffrire. Eppure, se stai in un
posto tanto bello, perché non posso raggiungerti? Non mi vuoi
più bene? Sono stato un bambino cattivo? Io voglio stare con
te. Sempre. - mormorò.
Killer
A e il Terzo Raikage, nascosti dietro un platano, fissavano la
figurina del bambino.
-
É andato ancora dinanzi alla tomba di Ayaka. Da solo. Non
vuole farci vedere quanto gli manca la sua mamma. - mormorò
l'uomo e il suo sguardo s'adombrò.
Il
giovane, per qualche istante, non rispose.
-
Pensa di essere un peso. Non vuole che noi ci preoccupiamo per lui. -
osservò poi tristemente. La forza di quel bambino, adottato
come fratello, era paragonabile alla sua generosità... Il suo
piccolo cuore si era sobbarcato di un peso immenso e voleva onorare
quello che lui considerava un impegno...
Non
vi darò alcuna preoccupazione.
Sarò
forte.
L'uomo
annuì e mormorò:- Anche mia cugina era così. Non
ha mai voluto darci nessuna preoccupazione, neanche quando stava
molto male. Ti prego, portalo a casa. -
Qualche
istante dopo, si allontanò.
Killer
A, perplesso, fissò la gigantesca figura del padre
allontanarsi. In quel momento, era come se un enorme peso opprimesse
le sue pur ampie spalle... Anche lui era rimasto sconvolto dalla
morte della sua più cara cugina...
Ayaka
Yotsuki era per lui una sorella minore, malgrado il loro legame fosse
esile.
Era
solo una sua cugina di secondo grado, ma le era affezionato.
Ma
non voleva mostrare le sue debolezze.
Eppure,
il suo occhio di figlio aveva saputo individuare le sue emozioni,
oltre la sua maschera brusca.
-
Forse tu e Killer Bee non siete così diversi. - mormorò
e si voltò a osservare il bambino, che non si era ancora
allontanato dalla tomba.
-
Mamma... Io... io voglio saperlo... Perché tutti mi dicono che
stai bene? Hai forse rivisto anche papà? E perché non
mi vieni a prendere? Io... io voglio saperlo! In cosa ho sbagliato? -
gridò con voce spezzata dal pianto, troppo a lungo trattenuto.
Troppi perché c'erano nella sua mente... Perché la
mamma non era venuta a prenderlo?
Perché
gli avevano detto che stava bene?
Aveva
sbagliato?
La
mamma non lo amava più?
-
Tu non hai sbagliato in nulla Killer Bee. - intervenne ad un tratto
la voce di Killer A. Il vento gli aveva portato la eco di quelle
tristi domande e il suo cuore si era stretto in una morsa...
No!
Killer Bee non meritava tale sofferenza!
Il
bambino, sentendo le sue parole, si voltò verso il giovane.
Cercò
di sorridere, ma le sue labbra si torsero in una smorfia grottesca.
Non voleva che suo fratello si preoccupasse...
Non
avrebbe dato nessuna preoccupazione..
Sarebbe
stato forte.
Ma
perché non ci riusciva?
Perché
il dolore lo distruggeva?
Il
giovane jonin sorrise bonariamente e si chinò, posando le
ampie mani sulle spalle minute di Killer Bee.
-
Fratellino, non c'è bisogno che tu finga con me o con papà.
Ricordati solo questo. - mormorò.
Bee,
sentendo quelle parole, reclinò la testa, come imbarazzato.
Non gli piaceva mostrarsi debole...
Eppure,
suo fratello e suo padre riuscivano a vedere oltre la sua maschera.
Lo
conoscevano molto bene.
L'altro,
dolcemente, gli prese il mento con le dita e lo fissò,
cercando di guardare oltre gli occhiali scuri indossati dal bambino.
-
Bee... Non è necessario fingere. Né con me, né
con papà. A volte, anche mostrare le proprie lacrime è
segno di forza. - dichiarò e sorrise.
Il
bambino, sentendo quelle parole, scoppiò nuovamente a piangere
e si gettò tra le braccia del fratello, che lo strinse contro
di sé.
-
Perché? Perché la mamma non mi vuole? Sono stato un
bambino cattivo perché lei se ne è andata in un posto
bellissimo senza di me? - chiese e strinse le piccole mani attorno
alla maglia di Killer A.
L'altro,
sentendo le parole del bambino, serrò la mascella.
-
No, Bee. Tu, come ho detto prima, non hai sbagliato niente. E proprio
perché sei un bravo bambino che la tua mamma ha voluto che tu
vivessi. È vero, il posto dove è andata è
bellissimo, ma questa vita, per quanto dolorosa, è molto più
bella. - sussurrò massaggiandogli le spalle con le mani.
Il
bambino sollevò il viso e fissò il jonin.
-
Lo credi davvero, fratellone? - domandò con un leggero
mugolio.
Killer
A sorrise apertamente.
-
Certo, Bee. E ora andiamo a casa. Papà ti sta aspettando. -
mormorò sollevandolo tra le braccia e allontanandosi dal
cimitero.
Killer
Bee, sentendo quelle parole, sorrise e si accoccolò ancor di
più contro il torace ampio del giovane jonin.
Non
era solo.
La
mamma non c'era più, ma il Raikage e suo figlio gli volevano
bene.
Per
loro sarebbe stato un figlio e un fratello.
Lo
amavano, anche se non faceva parte della loro famiglia.
-
Grazie, fratellone. Grazie papà. - affermò e si
addormentò.
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