«Tu puoi cambiare la
forma del corpo a piacimento.»
Teddy non ha mai avuto bisogno
di troppe parole per rispondere a Victoire e annuisce soltanto.
«Puoi diventare anche più
magro?»
Percezioni per esistere
Teddy non vede che i piatti sulla tavola diventano
ogni giorno più puliti: una piccola patata a fette per i colori della loro
Casa, tre larghe foglie di insalata per Serpeverde, un pomodoro solitario per
Grifondoro e i mirtilli di un blu più vivace dello stemma di Corvonero. Il
buffet sulla tovaglia è sempre più ricco e il posto di Victoire sempre più
vuoto. Nemmeno la magia può far apparire cibo nello stomaco.
Lui non ha occhi che per il biondo morbido
nei lunghi capelli della fidanzata, gli occhi azzurri che sono specchio per la
sua mutevole forma fisica, le labbra piene che pronunciano amore e celano
disagi. Vede le sottili onde di Villa Conchiglia tra le sue ciocche, e i suoi
polpastrelli sono la riva contro cui si infrangono – lei come al solito lo
rimprovera, perché le ostacola i movimenti se le sta così addosso. Gli piace
guardarla, è la sua costante quando lui cambia la forma del naso e tutto. Lei
lo distrae persino durante i pasti semplicemente esistendo.
Teddy
non vede, ma Victoire sta smettendo di esistere.
Teddy non sente le scuse a mezza voce nel
bagno del dormitorio femminile di Tassorosso e le promesse di andare in
infermeria al più presto per quel fastidioso disturbo intestinale. Nella stanza
in cui lui non può entrare, Victoire produce i rumori segreti del male – e
invece, per le sue orecchie, solo sussurri d’amore.
Lui s’incanta ad ascoltarli,
cristallizzati nella voce che sa essere tagliente da spezzare ogni morbidezza e
dolce da ammansire ogni ruvidità. Gli piace ascoltarla, è la sua costante
quando persino il suo tono è mutato da un anno all’altro nel timbro di un uomo.
Lei lo ammalia persino nelle mezze sillabe semplicemente esistendo.
Teddy
non sente, ma Victoire sta smettendo di esistere.
Teddy non odora i conati che le imbrattano
la divisa scolastica, perché gli incantesimi di pulizia sono più rapidi delle
sue attenzioni. Per Victoire ogni rigurgito ha l’odore lontano del sangue,
quello di primogenita, di Veela, di Weasley: il carico autoimposto delle
aspettative, il monito della fama che pretende perfezione. La anela e la
rigetta perché non può averla, e quella mancanza la distrugge, l’assenza la
annienta.
Lui vive l’estasi dell’odore imperioso
della sua pelle, che gli toglie il fiato per rimpiazzarlo di sentimenti come unico
ossigeno. Gli piace possederne il profumo, tra i capelli, nell’incavo della
clavicola e fino in fondo. La propria natura non gli permette di mutare finanche
la struttura interna dei polmoni, e quelli sanno di cosa necessitano, riconoscono
una costante di aria eterea tra nubi invisibili. Lei lo affascina persino negli
odori semplicemente esistendo.
Teddy
non odora, ma Victoire sta smettendo di esistere.
Teddy non tocca la fila di granelli
sporgenti della colonna vertebrale, le protuberanze delle coste, i fianchi
ossuti. Lei sguscia via dalla sua presa, inarcandosi e tendendosi per offrirgli
altro di sé, nel buio delle tende del baldacchino. Così Teddy ha una mano a
carezzare un seno, ancora morbido per lui, e l’altra al centro delle cosce – lo
stringono in una presa che trae forza solo dai sentimenti, non ve n’è più nei
muscoli affamati.
Lui insegue il piacere sul suo corpo, mai
avido e mai reticente: se potesse la toccherebbe ovunque in ogni momento, fin
dentro l’anima, che non sa essere divenuta sfilacciosa al tatto. Gli piace
sfiorare, tastare, premere e venire ricambiato, nella congiunzione più intima
che esiste, in cui Victoire si diverte a riconoscerlo tra le pieghe
dell’anatomia incostante.
Ma lei non è più costante, palmi veneranti
sanno che il corpo è cambiato.
Teddy
tocca con mano che Victoire sta smettendo di esistere.
Victoire non gusta.
E
Teddy non può più non vedere, sentire, odorare, toccare.
«Fammi vedere come puoi
diventare più magro.»
Teddy avrebbe bisogno di
tutte le parole che non ha per parlare a Victoire: scuote la testa. «Io vedo la
mia magia in uno specchio, ma li coprirei tutti per impedire a te di guardarti.»
«Non basterebbe.» Lei gli
prende una mano e se la porta sul cuore, l’unica parte del corpo che conta per
entrambi. «Io percepisco come sono.» Glielo mostra
con un sorriso triste. «E non mi va bene.»
«Perché hai iniziato a
farti del male?»
«Volevo solo essere
perfetta.»
Note:
È la prima volta che scrivo
su questi personaggi, ma avevo quest’immagine in mente e ho provato a tradurla
in parole, nonostante la Nuova Generazione non sia il contesto su cui leggo o
scrivo di più. Grazie per aver letto questa breve one-shot, spero vogliate
farmi sapere cosa ne pensate, qui oppure potete trovarmi anche su Instagram.
Alla prossima!