[NdA]:
Questa volta le scrivo all’inizio, perché mi
sembra doveroso.
Perchè oggi non solo è Natale, è anche
il compleanno del nostro
scorbutico Capitano preferito!!
Quindi
tanti auguri a Levi, e tanti, TANTISSIMI auguri a tutte/i voi che mi
leggete sempre con affetto, che mi scrivete in privato e che avete
sempre una bella parola gentile per me. Mi sento una autrice
fortunata, grazie davvero di cuore.
Spero
che questa piccola one shot natalizia vi piaccia e vi strappi un
sorriso, esattamente come lo ha strappato a me mentre la scrivevo di
getto.
Buon
Natale, spero possiate passarlo con le persone a cui tenete.
Speed
Date
Ad
Erwin Smith era sembrata una buona idea quella di accompagnare il suo
amico Mike ad uno speed date la vigilia di Natale. Dopotutto
perché
no, era sempre troppo impegnato col proprio lavoro e non aveva mai
tempo per uscire e conoscere qualcuno di interessante.
Era
single da tempo, ormai, si era quasi arreso all’idea.
In
più non avendo più famiglia le feste erano sempre
un tasto
piuttosto dolente.
La
verità è che intorno a sé vedeva tanta
apparenza e poca sostanza,
ed una volta imparato a stare bene con se stessi, nella propria
solitudine, era difficile scendere a compromessi. Vedeva intorno a
sé
rapporti fugaci, effimeri, nati da una stupida app di incontri e che
nella stragrande maggioranza dei casi si consumavano nel giro di un
amplesso. E per quanto necessari, fisicamente parlando, a lui non
erano mai bastati.
Sembrava
che in tutta la città non fosse rimasto un solo, misero,
singolo
ragazzo serio e single. Che avesse voglia di conoscerlo, di andare
oltre i suoi occhi azzurri o i capelli biondi.
Ed
era così da anni.
“Essere
belli è una maledizione”, diceva qualcuno, ma la
realtà è che
Erwin pensava che lo fosse avere la testa sulle spalle e degli
obiettivi da raggiungere.
Aveva
il suo sogno, lo stava realizzando, le cose stavano andando bene per
lui.
Gli
mancava condividere questa felicità con qualcuno? A volte.
Quasi
lo stesso quantitativo di volte in cui era rimasto deluso da una
nuova conoscenza finita male, per i motivi più disparati.
Eppure
non si sarebbe fatto problemi: Niente pensieri tristi, niente film
strappalacrime in solitaria, no, niente del genere.
Semplicemente
credeva che, prima o poi, la persona giusta sarebbe arrivata.
E
mentre aspettava, l’idea di un semplice speed date durante le
feste
gli sembrava divertente, anche solo per conoscere persone nuove. Al
massimo ci avrebbe potuto guadagnare qualche conoscenza in
più.
Mike
invece non sembrava del solito avviso: si guardava intorno con la
determinazione di un segugio che fiuta la propria preda. Mike era
così, voleva divertirsi: la sola idea di una relazione gli
faceva
venire l’orticaria.
Lo
speed date gli era sembrata una buona idea perché era il
modo più
semplice e diretto per conoscere ragazzi single e potenzialmente soli
la vigilia di Natale; insomma, un dolce fine serata gli sembrava
piuttosto scontato.
Poi
ad organizzarlo era stata la sua amica Hanji nel suo locale, quindi
ancora meglio.
La
stessa Hanji che aveva preso a parlare al centro del locale,
spiegando le “regole del gioco”: ognuno di loro
avrebbe preso uno
dei cartellini adesivi disposti sul tavolo e dopo averci scritto il
proprio nome se lo sarebbe attaccato al petto. Ad ognuno inoltre
spettava una delle schede di valutazione, dove appuntare nome e
impressione sul date in corso.
Alla fine ognuno di loro
avrebbe dovuto scegliere uno e uno soltanto degli appuntamenti avuti,
e se ci fosse stato il match da entrambe le parti, il locale avrebbe
offerto una bevuta a scelta a ciascuno, oltre alla piacevole
compagnia.
“Bei
signori, dividetevi pure in due gruppi da dieci, grazie”
continua
la donna con voce squillante e l’espressione entusiasta,
battendo
le mani come per richiamarli all’ordine. “Gruppo
uno, sedetevi
per favore, avete tutti i tavoli a disposizione. Gruppo due, fate i
bravi, mi raccomando. Avete otto minuti di tempo per il vostro
appuntamento, poi suonerà la campanella e dovrete muovervi
al tavolo
accanto, in senso orario” spiega, per poi far ridere tutti
con un
“E per favore, per una volta pensate col cervello!”.
Erwin
sorride, perché la verità è che lui
forse pensa troppo.
Troppo
velocemente, troppo a fondo, per troppo tempo.
Semplicemente
troppo, e forse è proprio questo il problema: trovare
qualcuno
capace di stare al passo.
Mike
gli da una gomitata goliardica mentre gli passa davanti e si siede
nel primo posto che trova libero, mentre lui si ritrova a pensare che
si, inizialmente gli era sembrata una buona idea questo speed date,
ma adesso non ne era più tanto sicuro.
“Io-ehm…
s-scusami, sono-sono molto timido” dice il ragazzo biondo di
fronte
a lui, a cui non darebbe indicativamente più di
vent’anni.
E
allora perché mai sei in un posto del genere?
Gli verrebbe
da chiedergli, ma Erwin si morde la lingua e stira le labbra in un
sorriso rassicurante, come ha imparato a fare sul campo,
a
scuola durante le lezioni. Si, questo ragazzino gli ricorda proprio
uno dei suoi alunni.
“Non
ti preoccupare, è normale in questo frangente” si
limita a dire,
il tono rassicurante. “Il tuo nome?”
“Armin”
“Piacere,
sono Erwin”
“T-tanto
piacere” risponde il ragazzo con espressione trasognante,
mentre si
stringono la mano. Ed è proprio in questo momento che Erwin
Smith si
chiede per quale strano scherzo del destino abbia deciso di dare
retta a Mike proprio oggi, proprio per questa cosa.
Il
secondo tavolo non si rivela migliore del primo, seppur più
interessante: un ragazzone biondo di nome Reiner con evidenti
problemi di insicurezza, ma che perlomeno sapeva parlare e reggere un
discorso per otto minuti filati. Otto minuti di incertezze personali,
ma questa era un’altra storia.
Il
terzo speed date si chiama Berthold, e sembra essere un caro amico
dell’insicuro del tavolo due. Per i minuti a disposizione non
fa
altro che ripetere quanto gli piacciano le esperienze estreme legate
all’altezza, tipo buttarsi col paracadute da un aereo o
bungee
jumping.
L’esperienza
più estrema di Erwin con l’altezza è
stato salire sulle montagne
russe più alte e veloci di un noto parco divertimenti fuori
città,
all’età di diciotto anni; Esperienza finita con
lui che rimette
l’hamburger precedentemente mangiato con la testa nel cestino
più
vicino.
Decisamente
hanno pochi argomenti, non può funzionare, per quanto
comunque
capelli e occhi scuri siano più nel suo canone estetico.
Al
quarto tavolo c’è Nile, che ha effettivamente
tutto ciò che
potrebbe interessargli: sembra calmo, gentile, e tra le prime
domande gli ha chiesto quale fosse il suo libro preferito, cosa che
gli ha fatto guadagnare molti punti.
Un
tipo tranquillo, amante della lettura.
Ha
baffi e pizzetto corti ma curati, e in più è moro
con gli occhi
scuri.
Attira
la sua attenzione, quindi Erwin annota un veloce OK piuttosto grande
accanto al suo nome, telegrafico, per non farsi vedere.
Nile
gli racconta di essere un impiegato comunale, di essere appena stato
assunto tramite un concorso.
“Ti
capisco bene, io sono insegnante”
“Sul
serio? Di cosa?”
“Insegno
storia e filosofia”
“Bello
e pure intelligente, sei una specie in via di estinzione” gli
dice
Nile, e lui si lascia andare ad un sorriso imbarazzato.
I
complimenti lo mettono in imbarazzo.
No,
i complimenti sul suo aspetto lo mettono in imbarazzo. Non
può farci
niente.
“Grazie”
prova a dire, per liberarsi dalla situazione scomoda, ma
l’altro
rincara con un “E’ la verità”.
E
poi arriva il trillo della campanella che scandisce la fine di quegli
otto minuti, sicuramente fino ad ora i più interessanti.
“Allora
ciao, è stato un piacere” gli porge una mano, e
l’altro la
stringe di nuovo, come prima, mantenendo il contatto visivo.
“Anche
per me, Erwin.”
E’
mentre si appunta il nome di Hannes nella quinta riga, registrando
d’istinto i due bicchieri da cocktail vuoti sul tavolo e uno
ammezzato tra le sue mani, insieme alla sua voce appena strascicata,
che Erwin decide di tornare su quell’OK accanto al nome di
Nile,
sottolineandolo con decisione.
Il
tavolo sei si rivela essere una piacevole sorpresa: Jean sembra un
ragazzo sveglio, dall’ironia spiccata.
C’è un bel botta e
risposta, ma non c’è la curiosità di
conoscere altro. Sembra un
bravo ragazzo, probabilmente una birra ce la prenderebbe, ma la
conversazione si mantiene superficiale. Divertente, ma superficiale.
Il
settimo ragazzo è un vero e proprio disastro.
Si
chiama Nick e per tutti gli otto minuti a loro disposizione fa un
monologo sull’importanza della religione nella sua vita, su
come la
sua fede lo abbia salvato dall’oblio di una vita vuota e
dettata
solo dai piaceri materiali.
Un
sermone, in pratica.
Ed
Erwin, che nel mentre è riuscito a malapena a presentarsi,
ateo fino
al midollo, si ritrova ad annuire a qualsiasi cosa, guardando
l’orologio fino a quando non suona, finalmente, la campanella
del
prossimo tavolo.
Tavolo
otto.
Sta
iniziando ad essere stanco, soprattutto perché tranne
qualche rara
eccezione Nile è l’unico ad aver attirato la sua
attenzione.
Eppure…
Si,
manca qualcosa, è vero, però Erwin dà
la colpa allo scarso tempo
della conversazione.
“Bella
prova col pretucolo qua accanto” sente dire dalla voce bassa
ma
apparentemente svogliata del ragazzo che ha di fronte, ed è
quindi
costretto a metterlo a fuoco, lasciando andare tutti gli altri
pensieri.
È
un ragazzo moro, occhi chiari affilati, indossa una maglia grigia a
maniche lunghe tirate su fino ai gomiti. È minuto, Erwin
vede subito
la differenza facendo vagare lo sguardo da lui al pretucolo
e poi di nuovo a lui.
No,
non minuto.
È
bassino, sicuramente.
“Grazie”
dice semplicemente mettendosi a sedere, “Stavi
origliando?”
chiede poi, incuriosito.
“Mi
annoiavo”
“Speed
date mediocre?” butta lì Erwin, cercando un
dialogo.
“Se
vuoi fargli un complimento, si” è la risposta
pungente del
ragazzo, che lo costringe ad un sorriso divertito.
“Sono
Erwin” si presenta, porgendogli la mano.
“Levi”
La
stretta di Levi è decisa, ma non invadente. Salda, ma non di
quelle
che sembrano volerti stritolare la mano per dimostrare
chissà cosa.
Erwin
apprezza una buona stretta di mano, lo ha sempre fatto, pensa che sia
un ottimo biglietto da visita.
“Allora,
cosa ci fa uno come te qui?” la domanda arriva a bruciapelo,
sempre
con quel tono pungente ma monocorde. L’espressione del
professore
deve essere eloquente perché la spiegazione non tarda ad
arrivare.
“Sembri normale. Aspetto curato, nessuna turba o
comportamento
inquietante evidente. ”
“Ad
esempio?”
“Un
tipo prima si è seduto e ancora prima di presentarsi mi ha
detto
quanto trovasse invitante il mio profumo”
“Mike?”
chiede il biondo trattenendo il fiato, per poi lasciarsi andare ad
una risata piena ed improvvisa non appena vede annuire il ragazzo di
fronte a lui, palesemente stupito. “E’ il mio
amico, siamo qui
insieme” spiega poi, ancora tra una risata e
l’altra.
“Il
tuo amico è fottutamente inquietante”
“Tu
cosa gli hai risposto?”
“Che
ho visto troppi documentari true crime per essere impressionato
positivamente”
Ride
ancora, Erwin, mentre il moro lo guarda con espressione neutra.
Lo
sta studiando?
Non
sa dirlo.
“Seguendo
lo stesso ragionamento, tu perché sei qui, Levi?”
“Costrizione”
dice semplicemente, bevendo un sorso dalla tazza che ha davanti, che
sembra contenere del tè. Di riflesso lui prende un sorso del
suo
vino rosso. “Quella sclerata della proprietaria mi ha
costretto, le
mancava una persona. Ma io mi sto vendicando.”
“Cioè?”
Sembra
che a Levi le parole vadano tolte di bocca con le pinze, e anche con
una certa subdola prepotenza.
Eppure
Erwin è incuriosito, perché il ragazzo non gli
sembra normale per
niente, ma nel modo più giusto del termine.
“Non
credo negli speed date, sono solo una farsa. Alla gente non interessa
quello che dici, vogliono solo portarti a letto. Sono come un Grindr
in carne ed ossa, importa solo l’aspetto”
“Non
sono d’accordo, ho avuto delle buone conversazioni”
“Ciò
non implica che non volessero solo portarti a letto” risponde
pungente, incrociando le braccia al petto e poggiandosi allo
schienale della poltroncina. “Ho mentito a tutti: mi sono
inventato una storia diversa per ogni ragazzo, alcune davvero
pessime, devo dire, eppure si arriva sempre lì” si
inumidisce le
labbra mentre parla, e di riflesso Erwin si fa più avanti,
poggia i
gomiti sul tavolo mentre beve un altro sorso di vino.
“Hai
la mia attenzione, te lo concedo” ammette annuendo,
spronandolo ad
andare avanti con un “Fammi qualche esempio.”
“Date
n.2: Zeke. È quel biondo barbuto con gli occhiali
laggiù. Gli ho
detto che sono un istruttore di yoga e che sono appena stato lasciato
dal mio storico ragazzo perchè non riuscivo proprio a non
tradirlo.
A causa del trauma dell’abbandono di mio padre, a detta della
mia
finta psicologa”
“Un
bell’elenco di cose da evitare, insomma” inarca un
sopracciglio,
incuriosito dalla storia.
“ESATTO!”
Levi sembra smuoversi per la prima volta dalla sua apatia solo per
dargli ragione, per poi tornare serio per continuare la sua storia
con un “Vuoi sapere qual’è stata
l’unica cosa che mi ha detto
il caro Zeke dopo quasi otto minuti di balle e red flag
giganti?”.
Erwin annuisce. Questa cosa lo stuzzica, lo deve ammettere. Lo
intriga. E la risposta lo spiazza, facendolo scoppiare a ridere.
Di
nuovo.
“Istruttore
di yoga… quindi sei molto
flessibile.”
Levi
fa una pausa in cui sembra ripensarci, perché ridacchia
divertito a
sua volta. E ha un bel sorriso, inaspettatamente. “Cazzo, ci
sono
rimasto basito” ammette poi, scuotendo la testa.
“Poi?”
“Cosa?”
“Altre
cose divertenti?”
Alza
appena le spalle, Levi, quasi controvoglia, poi continua
“Quel
ragazzino col codino, lì in fondo, mi ha chiesto cosa ne
pensavo
dell’essere schiavo.”
“Intendi
in ambito…?”
“Sessuale,
si”
“Ok.
Wow.”
“Già.
Non sapevo cosa rispondere quindi gli ho detto che preferivo stare
dall’altro lato”
“Quale
altro lato?” chiede Erwin perplesso, e la risatina di Levi
non
tarda ad arrivare.
“Non
lo so, cazzo, non sapevo cosa dire”
Ridono
insieme.
“E
lui?
“Ha
annuito. Poi mi ha guardato e mi ha chiesto se dopo volevo andare a
casa sua per legarlo e prenderlo a calci”
“Non
è vero”
“Giuro!
Sono stato salvato da quella stupida campanella, ma era troppo
inquietante”
“Cosa
fai nella vita reale, il detective?” ironizza Erwin con un
sorriso,
bevendo un altro sorso.
Si
sente a suo agio, parlare con questo ragazzo gli sembra facile,
naturale. Si sta rilassando, se ne rende conto.
Levi
si ferma per un secondo, lo guarda, indecifrabile.
Poi
stira appena l’angolo della bocca, solo per un attimo, in un
ghigno
furbo.
“Sei
bravo. Non credevo.” decreta inarcando un sopracciglio, per
poi
rispondere. “Lavoro per un quotidiano, mi occupo della pagina
web,
social, tutta la parte digitale, insomma. Tu invece?”
Erwin
sorride.
Sorride
perché quel “Tu invece?”
non se lo aspettava, perché
fino ad ora le domande erano state quasi tutte a senso unico.
Non
si chiede neanche se quello che gli ha detto sia la verità.
“Sono
insegnante”
“Oh
no.”
“Di
storia e filosofia”
“Può
andare peggio?”
“Al
liceo”
“Mio
dio, sei masochista o cosa?” dice il moro portandosi una mano
alla
fronte, quasi come se avesse ricevuto una pessima, pessima notizia. E
Erwin ride di gusto, si fa beffa della sua espressione,
perché
questa sua reazione è oro colato sulla sua vigilia di
Natale.
“E
ti dirò di più…” sta
perfettamente al gioco, preparando la
trappola.
“C’è
qualcosa di peggio di mocciosi arroganti ed indisciplinati?”
“Sono
anche figlio di un insegnante”
“Ma
porca p-” il moro si ferma, quasi mordendosi la lingua,
perché non
sa se può osare così con un estraneo. E per un
qualche strano
motivo, gli interessa di non infastidire questo professore conosciuto
da meno di otto minuti. “MISERIA!” termina quindi
in modo più
pacato.
Esattamente
sul suono irritante di quella campanella che segna la fine del loro
appuntamento.
Erwin
sembra deluso mentre guarda il ragazzo del tavolo accanto schizzare
in piedi, ansioso di fuggire da Nick, pronto a prendere il suo posto.
“E’
stato un piacere, Erwin” la voce di Levi lo porta alla
realtà,
mentre si porta la tazza alle labbra per nascondere un sorrisetto
furbo che però traspare dallo sguardo.
“Anche
per me”
No.
Non
ci riesce.
E’
seduto da un solo minuto e mezzo, eppure non riesce già
più a
sopportare la supponenza con cui il ragazzo di
fronte a lui
parla di se stesso, quasi pavoneggiandosi, tronfio nei suoi vestiti
firmati.
Butta
li una domanda semplice “Cosa ti piace fare nel tempo
libero?”,
ma non presta attenzione alla risposta neanche per un secondo.
Si
ritrova invece ad origliare la conversazione del tavolo accanto, con
Levi palesemente indispettito dallo squallido scambio di battute:
“Sei
molto carino”
“Grazie”
“Perchè
sei single?”
Erwin
sospira divertito mentre il moro inarca un sopracciglio e sposta il
peso della testa da un lato all’altro.
E
poi succede.
Erwin
si mette in mezzo, poggiando una mano sul tavolo accanto per attirare
l’attenzione di Levi.
“Senti,
so che non ci conosciamo, ma so per certo che sei la persona
più
interessante con cui ho parlato stasera e che otto minuti non mi
bastano” dice, notando la sua reazione trattenuta, quegli
occhi
sottili che per un attimo si allargano per la sorpresa. Il moro
sembra sorpreso ma lui continua imperterrito, incurante delle animate
proteste del ragazzo alla sua destra, che gli dice senza mezzi
termini di rispettare il suo cazzo di turno. “E
so
che non mi interessa ascoltare quello che…” esita
mentre muove la
mano libera verso il suo attuale appuntamento, lasciandosi poi andare
ad una smorfia quando “Non ricordo neanche
come si chiama, ha
da dire. Come a te, Levi, non interessano affatto i suoi
discorsi.”
Questa
volta il ragazzo non si limita ad alzare la voce ma fa per prenderlo
per il maglione, venendo però fermato da un autoritario
“Cosa sta
succedendo qui?”.
Alzano
tutti lo sguardo su Hanji, la padrona del locale, seria nel suo
maglione natalizio mentre ghigna un divertito “Oh,
sapevo
che c’eri di mezzo tu” in direzione di Levi, che in
tutta
risposta alza le spalle e poi torna a concentrarsi sul suo
tè.
“E’
colpa mia” ammette Erwin, attirando l’attenzione
della donna. “E’
che ho trovato il tuo amico così dannatamente
interessante e
diverso dagli altri che vorrei continuare a parlargli.”
“Ma
questo, tesoro, è contro le regole dello speed
date”
“Lo
so.”
Lei
ride.
In
maniera inaspettata ed esplosiva, scoppia letteralmente a ridere in
mezzo al locale.
“Aaaaah,
tu mi piaci biondino” ammette senza vergogna, per poi girarsi
per
guardare Levi.
È
un attimo in cui lei lo scruta assottigliando lo sguardo e lui
semplicemente continua a bere il suo tè, reggendo il
contatto visivo
come se niente fosse.
Poi
lei sorride. Un sorriso largo e vagamente inquietante mentre decreta
ad alta voce “QUESTO TAVOLO E’ FUORI DAI
DATE.”
Lo
perde di vista solo per un secondo in mezzo al gruppo alla fine dello
speed date, ma questo basta perché non riesca più
a vederlo da
nessuna parte. Si alza persino sulle punte dei piedi, guarda prima a
destra e poi a sinistra, ma niente.
Di
Levi non c’è più traccia.
Si
sta ancora guardando intorno quando lo affianca Hanji, la sua
apparente alleata che gli ha fatto l’enorme favore di
eliminarli
dallo speed date per permettergli di parlare per ben altri quindici
minuti.
“Guarda
che è appena uscito, fossi in te mi muoverei a
seguirlo”
Erwin
non ricorda di aver mai indossato il suo cappotto così
velocemente,
nel giro di qualche secondo sta già varcando la soglia del
locale,
guardandosi intorno con impazienza mentre si lega la sciarpa chiara
al collo.
Ed
eccolo lì, Levi, che cammina con le mani ficcate nelle
tasche del
giacchetto corto, un cappello nero con pon pon in testa per ripararsi
dal freddo. Ha la testa alta, guarda le vetrine addobbate a festa e
le luci colorate che lo circondano mentre gli mancano pochi passi per
ritrovarsi nella piazza col mercatino di natale cittadino.
Al
biondo basta accelerare il passo per raggiungerlo, prendendolo di
sorpresa.
“Che
fai, mi segui?”chiede il moro con espressione contrita, ormai
tra
la bancarella degli addobbi natalizi e quella della cioccolata calda.
“Si”
ammette Erwin senza vergogna, rendendosi conto subito dopo di quanto
in realtà suonasse male la sua affermazione.
“Cioè, sei andato
via all’improvviso e…” esita appena, poi
annuisce mentre dice
“Mi ha fatto davvero piacere conoscerti quindi mi chiedevo se
volessi darmi il tuo numero.”
“Il
mio numero?” ripete Levi, quasi stupito. Il suo respiro una
nuvoletta di vapore.
“Si”
annuisce ancora lui, “Sai, magari per sentirci, vederci di
nuovo.”
“Non
verrò a letto con te” è la risposta
brutale e inaspettata, che fa
appena accigliare Erwin.
“Non
te l’ho chiesto” risponde semplicemente, alzando le
spalle “Hai
attirato la mia attenzione. Mi incuriosisci, vorrei
conoscerti.”
Erwin
deve insistere ancora un po’, deve prendere le risposte
secche di
Levi e renderle meno spigolose con la propria razionalità,
ma alla
fine di questo loro strano battibecco il numero di cellulare arriva.
Subito
prima che quel ragazzo interessante se ne vada, ma arriva.
E
a qual punto la tentazione è irresistibile: il biondo preme
su quel
“Levi Speed Date” salvato in rubrica e si porta il
telefono
all’orecchio, mentre intorno a loro ci sono tutte queste
persone
intente a comprare gli ultimi regali, a tenersi per mano, a
sorridersi mentre si augurano Buon Natale. Mentre il buio della sera
viene illuminato dalle decorazioni, dalle luci che sembrano voler
scaldare il cuore e lenire la mancanza di una famiglia con cui
festeggiare questo periodo dell’anno.
Levi
si ferma ad una ventina di metri da lui, prendendo il cellulare di
tasca e voltandosi per guardarlo dopo aver visto il suo nome sul
display. Perfino da quella distanza il biondo vede
l’occhiataccia
che gli rivolge, ma è risoluto nel volere che risponda.
E
Levi lo fa.
“Si?”
chiede seccato, con un sospiro, mentre mantiene il contatto visivo
nonostante siano in mezzo alla gente.
Sembrano
due punti fissi in un universo in continuo movimento.
“Cosa
fai domani sera?”
“Domani
è il venticinque” risponde l’altro, come
a volersi assicurare
che l’insegnante non si stia sbagliando.
“Lo
so, si”
“Ho
un compleanno”
“Chi
è che festeggia il compleanno la sera di Natale?”
si lascia
sfuggire Erwin con un sorriso, vedendolo poi battere un paio di
volte il piede a terra prima di spostare il peso da una gamba
all’altra. È convinto che non avrà una
risposta, quindi continua
“Riesci a ritagliarti un’ora prima del compleanno?
Mi piacerebbe
parlare davanti ad un buon bicchiere di vino.”
“Ok”
“Ti
scrivo domani, va bene?” non riesce a trattenere un sorriso,
che si
allarga ancora di più alla sua risposta, a quel suo
“Spero tu lo
faccia, si”.
Ed
è qui che Erwin si ritrova a pensare che questo, forse,
sarà
davvero un Buon Natale.
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