Decine
di fiocchi di neve, leggeri, cadevano dal cielo, avvolto da nubi
candide, e rivestivano la città d’un sudario bianco, sempre più
spesso.
Rare
auto percorrevano le strade e le persone, intabarrate nei loro
cappotti, si avviavano verso le loro abitazioni.
Lo
sguardo di Genzo, attento, spaziava sul paesaggio. Avrebbe voluto
uscire, ma una forte polmonite lo aveva bloccato nella sua
abitazione.
La
pioggia, sopravvenuta durante una partita, lo aveva indebolito.
Tossì,
si massaggiò le tempie, poi strinse il pugno, frustrato. Lui non era
abituato all’inattività.
E
gli dispiaceva non avere potuto fare un dono al suo compagno tedesco.
Ma
il freddo avrebbe avuto gravi effetti sul suo fisico già debilitato.
Però,
non poteva non fare qualcosa per dare un senso a una simile festa.
Un
mezzo sorriso sollevò le sue labbra. In quella giornata, due anni
prima, lui e Karl erano riusciti a dichiararsi i reciproci
sentimenti.
Sentiva
ancora bene il tocco delle labbra dell’amico sulle sue.
Forse,
qualcosa posso fare., pensò.
Certo, non poteva uscire, ma la scomparsa della febbre gli dava un
po’ di forza.
Un
regalo, per quanto insolito, non era impossibile.
Diversi
minuti dopo, sul tavolo, era posata una tovaglia rossa, su cui erano
disposti piatti di ceramica, bicchieri e posate.
Al
centro, erano posate due bottiglie di Eierpunsh.
Le
decorazioni natalizie, che erano state appese alle pareti,
illuminavano l’ambiente di verde e rosso.
Il
giovane asiatico sorrise, compiaciuto. Ne era sicuro, a Karl sarebbe
piaciuto.
Ma
ancora non era sufficiente.
Il
suono del campanello si espandé nell’appartamento, come il
rintocco di un gong.
Genzo
si avviò verso la porta e la aprì.
Karl
era sulla soglia, le mani ingombre di borse e il mantello bianco di
neve.
─ Posso
entrare? Non vorrei prendermi una bronchite. ─
dichiarò.
Il
portiere, a stento, trattenne una risata.
─ Basto
io come malato. ─ dichiarò
e si spostò.
Karl,
senza parlare, entrò nell’ingresso e appese il mantello
all’attaccapanni.
─ Come
stai? Ti è tornata la febbre? ─ domandò
il calciatore teutonico, premuroso. Amava quello scorbutico
nipponico, ma la sua frustrazione, dovuta alla forzata inattività,
era pesante.
Genzo
non amava essere dipendente da qualcuno, seppur per poco tempo.
─ Mi
sento stanco, ma non ho febbre. Tuttavia, non sono rimasto inattivo.
Ho voluto farti un regalo, nei limiti delle mie possibilità. ─
rispose
l’asiatico.
Karl
sollevò le labbra in un sorriso e i suoi occhi cerulei si
specchiarono nelle iridi dell’altro. Forse, aveva capito che cosa
aveva fatto Genzo.
Tanta
sollecitudine, malgrado le non ottime condizioni di salute,
commuoveva il suo cuore.
Prese
i regali e seguì il suo compagno in cucina.
Per
alcuni istanti, il giovane teutonico rimase sulla soglia, sorpreso.
La cucina, inghirlandata di decorazioni, aveva un aspetto suggestivo,
quasi fiabesco.
Gli
sembrava, in quel momento, di essere tornato bambino.
Si
sedette e, per alcuni istanti, attese.
Genzo
accennò ad un sorriso. Aveva visto sul viso dell’amato un
piacevole stupore e ne era felice.
Ma
non aveva ancora concluso.
Con
l’abilità di un consumato cameriere, Genzo prese il piatto del
compagno e lo riempì di una porzione di spaztel all’erba
cipollina, dai quali si spandeva un forte aroma.
─ Grazie…
Non dovevi… ─ mormorò il tedesco. Il suo fidanzato gli aveva
fatto un dono magnifico.
Nonostante
le sue non ottimali condizioni di salute, aveva deciso di preparare
la cena e non aveva dimenticato il suo piatto preferito.
I
suoi regali potevano uguagliare un tale regalo?
─ Perché?
Non posso uscire, ma non sono moribondo. Non preoccuparti. ─
rispose il nipponico. Quella premura confermava la bontà della sua
scelta.
Karl,
come lui, aveva un carattere schivo e, a volte, selvatico, ma sapeva
ben esprimere nobiltà.
─ Allora
mangia con me. Non sono venuto qui per pranzare da solo. ─ gli
ingiunse.
Genzo
acconsentì, si servì e cominciò a pranzare col compagno.
─ Era
squisito. Grazie per il regalo, Genzo. ─ si complimentò il
giocatore tedesco. La bravura culinaria del suo fidanzato si era
confermata.
─ Non
ho ancora finito di servire il pranzo. Non avere fretta. ─ replicò
l’altro.
─ Potrei
dire la stessa cosa di te. Abbiamo tempo. E tu non hai ancora visto i
miei regali. ─ ribatté Karl e la sua mano, leggera, si strinse
attorno a quella dell’altro.
Un
fremito godurioso, come una scossa elettrica, percorse il braccio di
Genzo e si irradiò lungo il suo corpo. Quel contatto innocente gli
donava sensazioni meravigliose.
In
quel gesto affettuoso avvertiva l’affezione profonda del campione
tedesco.
Quasi
esitando, Karl separò la sua mano da quella dell’altro e prese i
pacchi.
Genzo,
senza alcuna parola, iniziò ad aprirli e liberò alcuni
volumi di Robert Ervin Howard,
un CD di Chopin, uno dei Pink Floyd e una collana d’argento,
terminante in un pendente tondo bianco, adorno di ghirigori azzurri,
nei quali era inscritto il simbolo del tao..
Per
alcuni istanti, si rigirò il monile tra le mani, gli occhi lucidi di
commozione e il cuore palpitante di gioia. Non avrebbe potuto
chiedere regali migliori.
Karl,
come sempre, era stato attento ai suoi gusti.
Poggiò
i regali sul tavolo, si avvicinò all’altro e appoggiò la mano
sulla sua spalla.
─ Grazie.
Grazie di tutto, Kaiser. ─
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