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In
Silence, with Patience.
Lo
squalo si aggira intorno alla preda silente, smuovendo appena le acque. Intorno
al suo nuotare sinuoso le acque si smuovono, diventano torbide e rumorose all’esterno.
Qualunque
cosa possa catalizzargli l’attenzione non servirà a distoglierlo da quello che
ormai è divenuto il suo unico obiettivo.
D’altra
parte, aspetta anche solo un battito di ciglia, un sospiro appena più
percettibile attraverso la fessura delle labbra saldissime.
La
vittima è inerme e aspetta che lo squalo perda interesse. Sa che accadrà, perché
in passato si è ritrovato ad affrontarlo e aveva fatto sempre fede a tutta la
pazienza di cui era disposto.
Ma
ogni volta è come se fosse la prima; ogni volta prova compassione per se
stesso, si chiede perché a lui sia toccata una sorte simile ad una punizione.
Si chiede perché debba combattere – scappare! – da un essere che
dovrebbe apparire delfino invece di un predatore decisamente più aggressivo.
Poi,
come se un qualche Dio avesse accolto le sue preghiere, lo squalo digrigna i
denti aguzzi e gli da le spalle, nuotando nelle sue acque e lasciandosi dietro
una scia di bolle bianche prodotte dalla sua rabbia schiumosa.
La
preda, finalmente si permette un respiro più profondo. I muscoli del viso si
rilassano, il peso e la paura nel petto si alleggeriscono.
E,
di nuovo, torna a riva non senza guardarsi ancora le spalle, impaurito da una
mossa improvvisa. ancora una volta stanco di provare quasi ogni
giorno la stessa sensazione di sconforto, timore, disagio e dolore. Dolore per
non essere amato come avrebbe dovuto essere fin dal principio, dolore nel dover
camminare sempre in punta di piedi per non catalizzare l’attenzione in base all’umore
del predatore. Dolore per dover dosare ogni parola senza che anche una semplice
battuta possa innescare il meccanismo che possa far scattare il suo assalitore
sull’attenti in un atteggiamento dispotico. Dolore anche solo per aver elargito
un sorriso di troppo.
Così
decide di poggiare i piedi sulla sabbia umida. La terraferma è vasta, ma ha
ancora timore nell’immaginarsi con la sabbia asciutta tra le dita dei piedi.
Ma
ce la farà, sa che il giorno in cui potrà vivere lontano dalle ansie e
dalle paure, in cui non avrà più le catene ai piedi arriverà.
Piccola
shot scritta di getto per sfogarmi dedicata a figli di genitori
narcisisti/borderline. Abbiamo la fortuna di avere dei genitori, ma la sfortuna
di non essere amati come meriteremmo. Che la vita possa sorriderci, un giorno.
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