In questo
capitolo bonus, precedentemente, una ona shot a se stante che ho deciso
di accorpare qui, parla anche di cose
presenti in "(Not) the odyssey" ma conoscere quella fanfiction non
è altrettanto necessario a fini di comprensione :) buona
lettura!
Stranieri
Lord Megatron, uscito dall’alloggio di Soundwave,
iniziò a
riflettere sul fatto di trovarsi vicino ai propri obiettivi
più di quanto fosse
mai stato.
Optimus Prime era offline, il resto del suo team lo era a
sua volta, il nuovo Omega Lock era stato costruito, non mancava molto a
completare la formula dell’energon sintetico e finalmente
Megatron avrebbe
potuto rimediare a ciò che la guerra da lui iniziata aveva
causato: la rovina
di Cybertron, la morte della stessa patria che eoni addietro avrebbe
tanto
voluto salvare, purificandola da una nobiltà corrotta nella
sua quasi totalità.
“Erano tempi diversi”.
Pur con tutto il marcio che aveva avuto modo di vedere anche
nell’arena di Kaon, che non era poco, guardando indietro non
faticava a rendersi
conto di quanto all’epoca fosse stato disperatamente
idealista già solo
nell’aver pensato di essere diverso da quegli stessi nobili
che aveva fatto
massacrare. O meglio: forse “diverso” lo era stato,
almeno all’epoca, ma non lo
era più e lo sapeva benissimo da molto tempo, per quanto
avesse potuto cercare
di ammantare di filosofia tutte le atrocità commesse e
lasciate commettere dai
suoi sottoposti.
Il Megatronus di allora non avrebbe approvato che, con la
motivazione della genesi stessa del pianeta Terra, un’intera
razza perlopiù
inconsapevole della loro esistenza e presenza sul pianeta fosse
spazzata via,
né il Megatronus degli inizi, quando gli Autobot si erano
perlopiù dispersi,
avrebbe cercato di rivolgere contro le specie organiche la rabbia del
movimento
che aveva creato. Era logico che suddette specie avessero iniziato a
vedere i
cybertroniani come una minaccia, data la portata e
l’estensione della guerra
civile, era logico che il tutto si fosse inasprito quando lui aveva
deciso di
attaccare, attaccare e attaccare ancora spazzandone via di intere e
creando
colonie Decepticon al loro posto.
Lo sapeva, si rendeva conto di questo e di molte altre cose,
e decideva ogni giorno di persistere. Il concetto di
“muoversi per inerzia”, se
fatto persona, sarebbe potuto essere sintetizzato in
“Megatron”.
“Sì e no. Dopotutto in alcune cose credo
ancora” pensò.
Se il suo fosse un crederci o un voler
crederci era qualcosa che non sapeva e che forse non voleva
sapere affatto. C’era una reale differenza, poi? Lord
Megatron aveva iniziato a
pensare di no. Alla fine tutto quel che contava era proprio la
volontà e, per
quanto consunta dal peso di eoni ed eoni di vita e di orrore, la sua
era ancora
fatta del metallo più resistente che si potesse concepire.
Continuò a camminare nei corridoi bui della Nemesis e,
resosi
conto di non aver mangiato quella manciatina di chips di rame rubate
dal pacco
che aveva portato a Soundwave, si trovò a pensare a lui e al
suo recentissimo
divorzio. Era finita male ma, se non avesse capito che era tempo di
concludere,
tra lui e Spectra Specter sarebbe potuta finire molto peggio
-già solo perché
la ragazza in questione aveva legami pericolosi. Non era sicuro di
quale
etichetta avrebbe potuto dare a ciò che Tarn aveva mostrato
nei riguardi di
quella femme né sinceramente aveva la minima voglia di
rifletterci sopra,
tantomeno di chiederglielo. Se non altro sentiva di essere a posto con
la
coscienza: lui aveva fatto quel che poteva perché fosse
libera di scegliere, Spectra
aveva ricambiato avvisandolo di quel suo sogno potenzialmente profetico
e non
iniziando a detestarlo nello scoprire l’ingerenza nel suo
matrimonio, dunque
erano pari. Essere stata cresciuta da Spectrus l’aveva
abituata a sentirsi a
proprio agio con dei mostri, poteva essere emotiva, ingenua -meno di
quanto
sembrasse- e poteva avere un lato impulsivo ma non era
un’ingrata, non era
cattiva, non lo era mai stata e dubitava che potesse
diventarlo… finché avesse
continuato ad avere la volontà
di non
farlo.
Le chips di rame finirono nella sua bocca e si trovò a
pensare che il concetto della volontà si poteva ritrovare in
tutto, anche in
Soundwave. Serviva volontà per cercare di riportare nei
giusti binari qualcosa
che era deragliato da tempo, ne serviva altrettanta per decidere di
mollare il
colpo senza continuare a intestardirsi facendo male solo a se stesso.
In certi casi serviva più volontà per mollare che
per
continuare.
“Chips di rame e
femmes, mi risulta che ne sappia qualcosa anche tu. Io perlomeno so
come si
chiama”.
Anche Soundwave non aveva iniziato a detestarlo ma questo
non significava che gli avesse risparmiato il sarcasmo. Lui, Megatron,
aveva
incassato il colpo: era meritato.
“Dopo
l’aiuto, non vuoi darmi anche la tua
designazione?”
“Assolutamente
no”.
“Senti
un po’-”
“Fuori”.
“Tempo
finito, l’hai sentito. Arrivederci o
addio, Straniero”.
“Tu
tornerai! La prossima volta e anche le
altre”.
La Straniera non era mai tornata.
I ricordi invasero il suo processore come uno tsunami, tanto
quelli dei rapporti consumati con lei nel suo alloggio di gladiatore
quanto quel
che era venuto dopo la scomparsa di quella femme dalla sua esistenza.
Aveva
creduto di essere superiore a certe amenità ma aveva
scoperto di sbagliarsi
ogni volta in cui, nell’arena, il suo sguardo era corso tra
gli spettatori con
la speranza inutile e maledetta di incrociare quel suo sguardo dorato;
inutile,
sì, perché quando lei c’era stata non
aveva mai avuto bisogno di cercarlo, lo
aveva sempre percepito chiaramente come avrebbe potuto percepire la
lama di un
pugnale infilata nel petto.
In quel periodo il giovane se stesso aveva pensato a tante
cose e ne aveva provate altrettante, dalla profonda amarezza
all’idea che lei
potesse aver deciso di troncare cercando qualcosa che reputasse
migliore -col
sottinteso che lui non fosse
all’altezza- alla rabbia, perché avrebbe potuto
almeno salutarlo un’ultima
volta, alla preoccupazione. “Se le avessero fatto del male?
Se fosse morta? Se
le avessero fatto tutto questo perché hanno, forse, trovato
le pagine che IO ho
scritto?”.
A un certo punto era stato costretto a venire a patti col
fatto di non poter mai sapere com’era andata davvero,
perché quella testarda
non aveva mai voluto rivelargli niente di sé, neppure la
designazione, dunque
non avrebbe saputo neanche da dove iniziare a cercare notizie.
“Troncare cosa,
poi?”, si era ripetuto centinaia e centinaia di volte. Non
c’era mai stato
nulla da “troncare”, all’atto pratico la
Straniera era stata una delle femmes
che avevano voluto delle connessioni con lui e nulla di più.
Per lui forse non era stato così ma alla realtà
non
importava mai alcunché dei sentimenti di chicchessia.
Il tempo e tutto
quel
che era accaduto l’avevano aiutato a smettere di pensarci.
C’erano stati tanti
altri luoghi, tanti altri danni, tante altre donne… ma
nessuna che avesse
tenuto vicina troppo a lungo -per un motivo o l’altro- e
nessuna alla quale
avrebbe chiesto in diretta televisiva di raggiungerlo, contrariamente a
quel
che aveva fatto in quel Chosen One Day di tanto tempo fa.
Procedette ancora, intenzionato ad andare nel laboratorio in
cui Shockwave, Knockout, il medico Autobot e Vos della DJD stavano
lavorando
all’energon sintetico. Capitava che ogni tanto al gruppo si
unisse anche
Tesarus. Cos’avesse a che fare un ex demolitore con quella
faccenda e perché
potesse essere interessato, solo il cielo lo sapeva e avrebbe
continuato a
saperlo. Era un’altra di quelle cose che non aveva la minima
intenzione di
domandare.
Svoltato l’angolo vide il Decepticon in questione fuori
dalla porta del laboratorio, apparentemente impegnato in una
videochiamata.
«… fermoposta, come sempre. Anche Helex non vede
l’ora di
averle e-…» vedendolo arrivare si interruppe e si
mise sull’attenti «Lord
Megatron».
Il leader dei Decepticon rispose con un breve cenno, pronto
a entrare in laboratorio…
– Ciao, Straniero.
–
Salvo bloccarsi dopo quella che doveva essere stata
un’allucinazione uditiva o forse no,
dal momento che Tesarus era effettivamente al telefono con qualcuno.
“Possibile che quel qualcuno sia PROPRIO-”
I millisecondi passati immobile erano anche troppi per i
gusti di Megatron e il suo stesso ruolo prevedeva che in una situazione
simile
agisse e si togliesse il dubbio, invece di restare fermo come un
idiota.
«Datapad» disse dunque a Tesarus «E resta
dove sei».
Il boia della DJD lo accontentò senza esitazione alcuna,
com’era giusto che fosse, e dopo poche falcate Megatron
raggiunse una stanza
vuota nella quale si chiuse.
«Sei ancora lì?» domandò
prima di sollevare il datapad.
– Salutare e chiudere
subito non avrebbe avuto troppo senso. –
Era davvero lei, avrebbe riconosciuto la sua voce tra
milioni.
Quale assurdo scherzo del destino, al livello di “parli di
un demone e spunta la coda”.
I sentimenti provati riguardo il tutto erano altamente
contrastanti ma, di nuovo, decise di restare nel personaggio e agire,
posando
le ottiche su una persona che aveva “accantonato”
ma non dimenticato… e
restando, almeno internamente, pietrificato da quel che vide. I milioni
di anni
trascorsi potevano essere stati inclementi con lui sotto certi aspetti
ma
vedere le condizioni di quella femme gli causò una
sgradevolissima stretta allo
stomaco dovuta a del genuino dispiacere, sebbene lui nel tempo avesse
ridotto
molto peggio tante altre persone. Le altre persone però non
erano qualcuno cui
un tempo aveva pensato, ripensato e ripensato ancora.
La sua ex amante non aveva più un braccio, sembrava non
avere più né metà della parte
superiore del corpo né le gambe -per
quel che riusciva a vedere- e neppure la maggioranza del volto, tutto
sostituito da parti che la facevano somigliare a un ibrido tra una
femme e
un’inquietante bambola capace di parlare.
– Sono un po’ in
ritardo per gli scontri nell’arena di Kaon
– disse la femme – Come
vedi ho avuto qualche cybergatta da
pelare, anche se forse è il caso di dire che le cybergatte
in questione hanno
pelato me. Letteralmente. C’è di buono che ho
perso peso senza sforzo! –
I “capelli” che si erano avvolti attorno ai suoi
polsi e
alla sua gola però erano ancora lì, la sua
linguaccia maledetta era ancora lì
-e poté avvertire le proprie labbra tendersi in un sogghigno
per le parole che
aveva sentito- e anche il suo sguardo, sebbene le fosse rimasto un
singolo
sensore ottico, era ancora quello, dorato e fiero, senza alcun problema
a
sostenere il suo nonostante tutta l’acqua passata sotto i
ponti e qualsiasi
cosa, di certo orrenda e dolorosa a livelli inimmaginabili, le fosse
successa.
Era ancora la sua Straniera, anche se “sua” mai
stata
-almeno non a livello ufficiale.
«Mi hai mollato per una dieta e adesso rispunti
così, donna?
Milioni di anni e non ti sei sprecata neppure a fare un saluto, e
sì che ero
bene in vista».
– Mi risulta che oltre
a essere bene in vista fossi anche molto impegnato.
–
«Ci puoi giurare. Però sono un mech che sa gestire
bene il
proprio tempo» replicò Megatron «Avrei
potuto trovarne anche per quello».
– Non è andata
così,
dunque non c’è granché da aggiungere.
Mi dicono che ci siano buone notizie per
questo pianeta? Non sono scesi nei dettagli. -
«Sei a Cybertron?! Sapevo di comunità di persone
ostinate
che non hanno voluto lasciare alcune zone di quel pianeta morto. Avrei
dovuto
immaginarlo. Dove altro saresti potuta essere se no, testarda come
sei?» disse
il leader dei Decepticon. «Confermo le buone notizie. A breve
non sarà più
morto».
– Molto bene. –
«… tra le altre cose mi chiedo come e
perché tu sia venuta
in contatto con la Decepticon Justice Division» aggiunse
Megatron, dopo aver
riflettuto su chi fosse il proprietario del datapad che stava
utilizzando.
– Conosco il loro capo
da molto prima di tutti loro e di te, Straniero. Se te lo stai
chiedendo, sì,
quando mi ha conosciuta ero già dimagrita da un bel
po’... e lui non aveva
ancora avuto il piacere di incontrare il Senato.
–
Avrebbe potuto ricevere notizie di quella femme eoni
addietro se solo avesse indagato più a fondo nella vita
pre-empurata del suo
inquisitore fanatico. Non aveva neppure pensato di farlo, in primis
perché in
realtà Tarn in ogni sua incarnazione era una delle tante
cose di cui non gli
era mai importato davvero, contrariamente a quanto credeva Tarn stesso,
e ne
aveva pagato il prezzo senza saperlo.
“Le cose avrebbero potuto essere
diverse…”
Le cose e anche la Straniera. Se era stato quel che era
successo al suo corpo a tenerla lontana, se non era stato per
disinteresse o
perché aveva trovato (un) altro che aveva smesso di venire a
Kaon, allora
avrebbe potuto fare qualcosa. Avrebbe potuto tenderle la mano e farle
riavere
la sua, insieme al resto del corpo e a un badge da Decepticon.
Ricordando le
loro connessioni era piuttosto certo che nessuno avrebbe avuto da
ridire se
avesse deciso di tenere con sé una simile macchina da
battaglia.
«Capisco. Avrai modo di darmi altri dettagli in
futuro»
disse, perfino.
Prima aveva riflettuto su quanto fosse cambiato rispetto
alla sua versione giovane, idealista e con dei sogni, ma forse quel
Megatron non
era morto del tutto se nel suo processore ronzavano ancora simili
pensieri
riguardo qualcuno che l’aveva colpito profondamente in
gioventù -il tutto senza
chiedersi se lei, allora come adesso, l’avrebbe pensata allo
stesso modo.
La parte più cinica di lui era molto chiara nel suggerirgli
che il divorzio di Soundwave avrebbe dovuto fungere da promemoria, che
stesse
solo inseguendo un sogno finito prima di iniziare, magari nel tentativo
di
portare ulteriore linfa vitale a quel momento di
“stanca” dove il troppo
rimuginare smorzava addirittura l’entusiasmo dovuto alla
prospettiva di
utilizzare l’Omega Lock, ma un’altra parte diceva
“Perché no? Perché
no? Raggiunti i tuoi obiettivi
principali, perché non provare a raggiungere anche questo?
Perché non
concederti di provare a riprendere quel che è stato
interrotto?”.
C’erano sogni peggiori da inseguire… e quelli dai
quali
invece era inseguito, poi, erano a tutt’altro livello di
“peggiore”.
«Credo che ormai sia questione di giorni prima che io torni
a mia volta su Cybertron» proseguì
«Sogni “profetici” mortiferi
permettendo» si
trovò ad aggiungere, quasi tra sé e
sé.
– Prego? –
«Sul pianeta in cui mi trovo ora ho avuto modo di fare
alcuni incontri piuttosto peculiari, inclusa una femme che fa sogni
pericolosi.
Dubito che mi riunirò all’Allspark tanto presto,
specie dopo essere stato
avvertito» minimizzò l’ex gladiatore,
forse per convincere se stesso in primis
«Non hai di che allarmarti, Straniera. A proposito, vuoi
dirmi o no il tuo
nome? Credo di aver aspettato abbastanza».
La femme, senza rispondere, continuò a guardarlo per qualche
breve istante.
– Scylla –
disse –
Il mio nome è Scylla e abito nella
città
di Tarn, dove ho sempre vissuto. Fabbrico bambole.
–
«Scylla» ripeté Megatron «Ora
so dove venirti a cercare e lo
farò».
Era soddisfatto di conoscere la designazione di quella femme
testarda come un mulocon, finalmente. Forse lei stessa a quel punto
desiderava
di essere trovata, motivo per cui aveva desistito dal continuare a
nascondergli
il tutto.
“Fabbricante di bambole… un mestiere
peculiare” pensò “Ma
d’altra parte è peculiare lei stessa”.
– No, Megatron –
disse
Scylla – Non lo farai.
–
«Non credi alla mia parola?» ribattè
lui, sottilmente
inquietato dal modo e dal tono in cui lei aveva risposto.
– Posso credere che tu
sia convinto di quel che dici – replicò lei
– Ma ormai è irrilevante. In ogni
caso non mi pento di aver sfruttato l’occasione per una
passeggiata sul viale
dei ricordi... – sollevò
l’unica mano rimastale in un cenno di saluto – Addio, Straniero. –
«Scylla-»
La femme terminò la videochiamata, e l’unica
immagine che
gli restituì lo schermo del datapad fu la sua.
Rimase qualche istante solo, in silenzio, a rimuginare sulle
ultime frasi che Scylla gli aveva rivolto, per poi uscire dalla stanza,
restituire il datapad a Tesarus ed entrare nel laboratorio come aveva
previsto
di fare.
Scervellarsi sulle parole di quella testarda era inutile,
dimostrarle il contrario con le proprie azioni non lo sarebbe stato e,
una
volta giunto il momento, era esattamente ciò che avrebbe
fatto.
***
«… nient’altro. Non so cosa si siano
detti, Lord Megatron è
andato a parlare da un’altra parte»
riferì Tesarus a Tarn «E Scylla non era
più
in linea quando mi ha restituito il datapad. Non solo, oltre a questo
non ha
risposto quando ho provato a richiamarla. La sola fortuna è
che avessimo
sistemato i nostri affari prima».
“Nulla di tutto questo promette bene”
pensò Tarn.
«Hai fatto bene a riferirmelo, Tesarus».
«Non avevo idea che lei e Lord Megatron si
conoscessero…»
«Io neppure».
Tesarus assunse un’aria pensierosa. «Che si
conoscano per le
stesse ragioni per cui io e Helex…»
Silenzio.
Tesarus aveva avuto almeno il buonsenso di non completare il
pensiero riguardo il fatto che Lord Megatron potesse conoscere Scylla
per
questioni triviali come le bambole erotiche, perché
sicuramente era ciò cui si
riferiva -Tarn era al corrente di quel dettaglio? Sì.
Avrebbe fatto volentieri
a meno? Sì! - dunque,
concedendogli
che il suo stato confusionale potesse essere derivato dalla stranezza
dell’accaduto,
lasciò che se Tesarus ne andasse rapidamente dopo che questi
ebbe borbottato la
prima scusa che gli era venuta in mente.
Megatron non era il solo a essersi sentito inquietato a
causa di quella telefonata: Tarn, pur non essendone consapevole, ora
gli faceva
compagnia. Non sapeva se fosse più perché Lord
Megatron aveva parlato con
Scylla, per il fatto che i due sembrassero conoscersi per qualche
ragione -“E
in tutto questo tempo mai che lei abbia detto una parola a
riguardo!”- o per il
silenzio di Scylla, tutt’altro che normale. Se e quando lui e
la sua squadra
sarebbero passati in città, chiederle alcune spiegazioni
sarebbe stata la prima
cosa che avrebbe fatto.
“Posso veramente cercare di indagare su dettagli personali
di Lord Megatron? È andato a conversare con lei altrove,
dunque qualsiasi cosa
sia vuole che resti privata” rifletté poi,
fortemente indeciso “Però, se
chiedessi a Scylla del suo punto di vista riguardo la questione, starei
indagando su di lei… non direttamente su di Lui”.
Concluse che quella linea d’azione potesse andar bene e,
ancor meno sereno di quanto non si
sentisse da quando era venuto a conoscenza del sogno di Spectra, diede
un’occhiata
all’ora e decise che passare in infermeria non era una brutta
idea.
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