-Ridicolo.
Uruha sfogliava una rivista patinata con aria assorta.
-Idiota.
Lo interessava soprattutto l'articolo dedicato al gel alla papaya.
-Odioso.
Chissà se si fosse dimostrato più valido di
quello al kiwi.
-Schifosissimi bimbetti!
Avrebbe dovuto pensarci bene...
-Si sente fino a qui, la loro puzza di latte!
Ecco, se solo...
-Non c'è più rispetto, ecco cosa! E adesso
nemmeno tu mi stai ad ascoltare!
Se solo Ruki avesse smesso di imprecare contro il monitor.
Uruha, primo chitarrista dei GazettE, sospirò. -Che
c'è, adesso? Che diamine hai, ancora, Ruki? La maschera
all'ananas l'hai fatta ieri sera, stamattina abbiamo fatto venire anche
l'hairstylist per la messa in piega e questo pomeriggio hai la
manicure. Ti manca soltanto una rifinitura al bulbo oculare, se vuoi
raggiungere la perfezione.
-Pensi che dovrei farla?
Uruha alzò le sopracciglia. -Dimmi piuttosto qual
è il problema, stavolta.- A malincuore, chiuse la rivista.
-Qual è il
problema?- ripeté un furioso Ruki. -Sai,
Urupon, qui si tratta della grande gioia e, insieme, la grande piaga
dell'umanità.- spiegò infervorato.
-Secondo me esageri. Non sei così insopportabile, su.
Ruki aprì la bocca, ma non ne uscì niente. Si
limitò a esprimere il suo immenso disprezzo per l'umorismo
dell'amico aggrottando pericolosamente le sopracciglia. Era incredibile
scoprire quanto poteva apparire minaccioso un ragazzo alto un metro e
sessantadue.
-Quello a cui mi riferisco,- sibilò Ruki. -E' questo.-
Indicò il computer.
-Cos'ha che non va?- Uruha aggrottò la fronte. -Non
funziona? Non è che si tratta del problema tecnico
dell'altra volta?
-Mi prendi per scemo? Stavolta l'ho attaccata, la spina! E comunque non
è questo di cui ti volevo parlare.
-Allora vorresti essere più preciso?
-Quella...- Ruki deglutì. -Quella roba, Urupon.- Gli
luccicarono gli occhi. -E' inguardabile. E io che pensavo avessimo
toccato il fondo quando Aoi si era messo quel kimono dorato!
-Attento a non farti sentire da lui.- lo avvertì Uruha,
intrecciando le dita. Sorrise, come un gatto pigro e sornione.
Ruki lo ignorò. -Tu proprio non capisci la
gravità di questo fatto, vero?
-Se me ne mettessi al corrente, forse capirei.- sospirò il
chitarrista.
-Guarda qui.- ringhiò il vocalist. -Guarda. Qui.-
Puntò l’indice verso lo schermo.
Uruha si alzò di malavoglia dal divano in pelle e si
avvicinò al laptop. Sullo schermo, in alto a sinistra,
campeggiava il logo di YouTube. I titoli dei video non erano poi
così diversi da quelli che di solito avevano per
protagonisti i GazettE, rifletté il biondo chitarrista:
c’era una profusione di “Hot Strify”,
“Strify’s Sexy”, “Strify Bad
Boy” e via dicendo, ma a parte il ripetersi di quel nome a
lui sconosciuto, non gli sembrava niente di eccezionale.
Deliri ormonali di fan, così li classificò
mentalmente Uruha.
-Dunque?- lo incalzò Ruki.
Uruha si voltò verso di lui. -Io non ci vedo niente di
speciale. Ne abbiamo visti a valanghe, di video come questi.
-Vedo che non hai afferrato.- sbottò Ruki impaziente. Si
precipitò sul mouse, e in due secondi aprì
un’altra pagina di YouTube, questa volta digitando
“Ruki”. -Ora guarda bene.- Si spostò una
ciocca di capelli dietro l’orecchio. Uruha lo
fissò con molta attenzione. A dispetto di quanto avesse
pensato, la faccenda doveva essere seria: il loro cantante era nervoso,
molto nervoso. -In cima alla pagina. Guarda. Dove
c’è scritto “risultati”. Io ne
ho circa 5560, e quella sottospecie di corista parrocchiale ne ha 4930.
Secondo te, cosa dovrei pensare?- sibilò tra i denti ancora
una volta.
-Ruki, è solo questo?- L’interessato lo
fulminò con un’occhiataccia. -Ascolta, capirei il
tuo complesso di inferiorità...
-Io non ho complessi di inferiorità!
-... La tua preoccupazione.- si corresse frettolosamente Uruha.
-Capirei la tua
preoccupazione magari se ci fossero più
risultati nella sua pagina che nella tua, ma arrabbiarsi per questo mi
pare francamente irragionevole, oltre che inutile. Di che cosa ha
colpa, questo Strify? E chi è, poi?
Ruki ghignò. Finalmente Uruha aveva centrato il punto focale.
-Sarei felice di spiegartelo. Sai, Urupon, questo demente con la testa
colorata...
-Anche tu ti tingi i capelli, Ruki. Tutti noi lo facciamo.-
obiettò un perplesso Uruha.
Stranamente, il cantante dei GazettE non replicò. Non diede
nemmeno segno di essersi irritato per l’interruzione. Anzi,
abbozzò un sorriso indulgente.
Uruha arrivò a pensare che magari i Maya potevano aver
ragione sull’imminente fine del mondo.
-Dicevo. Questo esemplare di macrocefalo di palude è anche
tedesco. Sai che significa?- chiese Ruki. -Che
“Strify” non è nemmeno il suo vero nome.
Lui si chiama Sebastian.
Sebastian!- ripeté, con voce stridula. -Come il
granchio di The Little Mermaid!
-Non mi sembra un reato, a quanto ne so.- ribatté
tranquillissimo Uruha. -E poi non mi sembra un capo d’accusa
così schiacciante: ti ricordo che tu ti chiami Takanori, in
realtà.
-Lo so benissimo.- replicò Ruki, sullo stesso tono. Se gli
avessero detto che quello davanti a lui era Takanori
“Ruki” Matsumoto, Uruha non ci avrebbe creduto. -Mi
permetti almeno di continuare, Urupon?- disse con un sorriso.
-Se ci tieni.- ribatté uno sbalordito chitarrista, incapace
di dire altro.
-Sai, questo Sebastian,-
Calcò la voce sul nome tedesco. -Si rende ulteriormente
ridicolo facendo dei fanservice al limite della decenza, durante i
live. Li fa con un certo Kristian
e con un certo Hannes,
a quanto mi risulta.- sentenziò disgustato, riferendosi a
Kiro e Yu. -Guarda. Guarda il primo video della lista,- E corse davanti
al Toshiba. -Si chiama “Strify & Kiro”.-
Ruki arricciò leggermente il naso in una smorfia di ribrezzo
puro.
-Io non ti capisco, davvero.- lo interruppe ancora una volta Uruha.
-Anche noi facciamo queste cose. Nello specifico, ti devo ricordare chi
dimenava il bacino come un ossesso durante un live di The Social Riot Machines?
E chi palpava Reita durante un photoshoot? Chi si è ficcato
una bottiglia d’acqua nelle mutande facendo impazzire la
folla? Chi...
-Io.- rispose soddisfatto Ruki. Sorrideva ancora. Sembrava che avesse
un’altra personalità, rispetto a pochi secondi
prima.
-Appunto.- disse Uruha, confuso. -Non ti pare un po’
infantile rinfacciare ad altri cose che tu stesso fai?
Ecco. Perfetto.
Kouyou Takashima aveva il dono di anticipare i processi mentali di
Ruki, volente o nolente. In questo caso, del tutto inconsapevole.
-Non è infantile neanche un po’, Urupon. Neanche.
Un. Pochetto.- puntualizzò Ruki, sputando veleno ad ogni
parola. -Loro fanno queste cose proprio perché le faccio io.
-Fammi capire, Ruki.- disse pensoso Uruha, passandosi distrattamente un
dito sulla tempia. -Tu vorresti dar fuoco a questo innocentissimo
gruppo tedesco soltanto perché questo Strify ti sta
raggiungendo in termini di risultati su YouTube, e perché
anche loro usano nomi d’arte, si tingono i capelli e fanno
fanservice?
-Rifletti su ciò che hai appena detto.- ribatté
Ruki, più serio che mai.
-Io credo soltanto che questi ragazzi amino il visual kei e che
vogliano imitarlo.- disse calmo Uruha. -Lo consideri un crimine? Sai
quanti gruppi esistono, qui in Giappone, che fanno le stesse identiche
cose che abbiamo elencato?
Ruki abbozzò un sorriso.
-Ora che ci penso,- iniziò, con voce vellutata, dirigendosi
a passi lenti verso il pc. -Volevo mostrarti una cosa interessante.
-E’ stato Gackt a contagiarti con questa mania di YouTube,
non è vero?- sbottò Uruha, assottigliando gli
occhi.
-E lo devo soltanto ringraziare.- Ruki aveva digitato
“Uruha” e “Yu - Cinema Bizarre”
sulle due pagine che aveva aperto in precedenza. -Guarda, Urupon,
guarda i risultati dei video.- Il malefico lead singer non stava
più nella pelle, glielo si sentiva nella voce.
Uruha, rassegnato, si chinò sul monitor con aria per niente
interessata. Quando però si rese conto che i suoi video
erano circa 2700 contro i 3810 di Yu, dilatò i suoi occhi da
gatto e strinse i denti fino a farsi male.
Ruki vide con che forza si aggrappava ai bordi del tavolo, tanto che le
nocche erano diventate bianche.
Il primo chitarrista dei GazettE era bello, compiaciuto del suo
aspetto, fiero delle sue gambe, tranquillo nella vita di tutti i
giorni, un concentrato di sensualità sul palco... e anche
tremendamente orgoglioso.
-Ruki.- disse, quasi come un comando. -Sono tedeschi, giusto?- Fissava
sempre il computer.
-Sì.
Uruha si voltò di scatto verso l’amico. -Andiamo
in Germania.- decretò il chitarrista.
-No.
-Andiamo, Kai, è solo per poco.
-Ho detto di no, ragazzi.- ripeté il batterista dei GazettE,
pacato.
Stava studiando gli impegni che avrebbero avuto il mese prossimo.
Secondo lui, musicista pacifico ma leader pignolo, l’intera
band avrebbe dovuto riposarsi almeno un po’ per far fronte ai
vari tour de force che li attendevano.
-Kai, dolcezza mia,- Ruki sbatté le mani sul tavolo dove
erano sparse le tabelle di marcia, preparate dallo stesso batterista.
-L’hai detto tu stesso che abbiamo una settimana libera.
E’ più di quanto potessimo immaginare, in termini
di tempo. Ti promettiamo che non passeremo in Germania più
di due o tre giorni. Promettiglielo, Uruha.- si rivolse al chitarrista,
rifilandogli una gomitata.
-Te lo promettiamo, Kai.
Il batterista alzò lo sguardo e guardò Uruha. Gli
sembrava serio e determinato, quasi come se fosse una questione di vita
o di morte. Non poteva trattarsi di un lavaggio del cervello da parte
di Ruki.
Quasi deluso dal realizzarlo, Kai unì le mani e
sospirò. Perché i suoi bandmates dovevano sempre
cacciarsi in qualche guaio? Quei due scapestrati se ne volevano andare
in Germania di punto in bianco per rovinare in un secondo una brillante
e longeva carriera? Non esisteva.
Perché nella mente razionale di Kai, piombare in Europa con
nessun altro obiettivo che muovere un’altra guerra a un
gruppo in ascesa significava affossare la popolarità dei
GazettE in Germania. No, Kai la giudicava una pessima idea.
Ma d’altronde, se veniva da Ruki, non c’era da
stupirsi.
-Non posso farvelo fare, cercate di capirmi.
-E tu non cerchi di capire noi?- Ruki alzò la voce. -Ma dove
pensi che siamo, in una dittatura? Non hai mai deciso da solo per la
band, Kai. Hai sempre ascoltato le nostre opinioni, e - Dio santo - te
le stiamo dando!
-Secondo te sono opinioni sensate, Ruki?- Kai si alzò in
piedi. Benché il batterista non avesse gridato né
si proponesse di apparire minaccioso, il lead singer dei GazettE
sembrò farsi ancora più piccolo.
-Ascolta,- Ruki abbassò la voce e si mise le mani sui
fianchi. -Non intendo provocare uno scisma all’interno della
band, e lo sai. Ma qui si tratta di furto
d’identità, di stupida parodia, di successo
acquisito con il loro pseudo-visual, in definitiva di farsi conoscere
con un’etichetta che appartiene a noi, Kai, a noi.- Il
cantante rafforzò queste ultime due parole premendosi una
mano aperta sul petto. -E non venirmi a dire che ci sono migliaia di
band visual kei in Giappone, come ha fatto Urupon, perché lo
so bene. Ma loro sono giapponesi, fanno parte di un movimento che
affonda le sue radici qui, nel nostro Paese.
-Se non ti conoscessi bene, Ruki, direi che stai diventando razzista.-
lo interruppe Kai, approfittando di una sua pausa.
Sembrava triste, Kai, come se non riuscisse a capire il motivo di tutto
quell’astio. E se ne dispiaceva terribilmente,
perché in cuor suo era convinto che i GazettE fossero unici
e insostituibili, e se riuscivano a essere una tra le più
famose band visual con moltissimi concorrenti connazionali a dar loro
filo da torcere, allora per il batterista dei GazettE non esisteva
gruppo occidentale che potesse scalzarli dall’empireo.
Su questo era d’accordo con Ruki: il visual kei era
giapponese. Ma chi erano, loro, per impedire a cinque tedeschi
entusiasti di formare un gruppo che rendesse omaggio allo stesso
visual? A dirla tutta, Kai pensava che il successo dei Cinema Bizarre
garantisse alle numerose band visual giapponesi ancora più
visibilità.
-Io non sono razzista.- sbottò Ruki, arrossendo
impercettibilmente. -Non sono neanche l’unico che la pensa
così a proposito di quei cinque mangiapatate.
-Non è che questo ti autorizzi a pensare di essere nel
giusto, sai.- sorrise timidamente Kai.
-Posso parlare io, adesso?- intervenne Uruha, che nel frattempo era
rimasto con il capo basso e le braccia conserte.
-Certamente.- lo incoraggiò Kai.
-Ecco, credo che Ruki si sia espresso male.- cominciò il
chitarrista, alzando la testa. -Ciò che vogliamo
è un confronto amichevole, anche se il suo temperamento
porta a conseguenze facilmente immaginabili.- sorrise, ignorando le
occhiatacce del vocalist. -Non ci sarebbe niente di male se ci
scambiassimo opinioni in modo civile, giusto? E per fare questo non
occorrono chissà quanti giorni. Sii ragionevole, Kai.
-Volete davvero questo “confronto amichevole”?- Kai
passò lo sguardo da Uruha a Ruki. Si sentiva messo con le
spalle al muro.
-Sì.- risposero quelli all’unisono.
Proprio in quel momento entrò Aoi, i capelli sciolti sulle
spalle che gli svolazzavano a destra e sinistra, tanto era
l’impeto con cui si era precipitato nella stanza.
-Ehi, chi si vede!- esclamò Ruki. -Vuoi unirti alla nostra
crociat.. alla nostra gita fuori porta?- si corresse, dopo aver
incrociato gli occhi di Uruha.
-Parlavate dei Cinema Bizarre, mi pare.- Il suo sguardo accigliato si
spostò su Ruki. -Posso venire con voi in Germania?
-Splendido!- esclamò giulivo il vocalist. -Visto, Kai?
Abbiamo anche Aoi dalla nostra parte, e secondo me sarebbe una grande
idea se lui...- Kai aveva il capo basso e la mano chiusa a pugno. Non
sembrava veramente arrabbiato, ma era meglio non rischiare stuzzicando
le acque chete. -... Dicevo che non puoi assolutamente venire, Aoi,
ecco, no.- Ruki fissò il soffitto, massaggiandosi
distrattamente il collo.
-Va bene.- disse alla fine Kai.
-Possiamo andare in Germania?- azzardò Ruki, immobile in
quella che sembrava una posa plastica.
-Sì, ma...
-Fantastico!- esplose il cantante. -Allora, Aoi, ti dico subito che
dovrai portare una valigia piccola perché la maggior parte
dei bagagli saranno miei e non possiamo occupare tanto spaz...- si
interruppe, vedendo una mano alzata di Kai volta a zittirlo. -Anzi, non
preparare nessuna valigia, mi sa che non ci vieni.- Esasperato, si
mordicchiò le unghie.
-Pongo soltanto una condizione: in Germania andremo solo Ruki e io.
-Come? Non è giusto.- Uruha si accigliò.
-Mi associo.- gli fece eco Aoi. -Io vorrei proprio farci due
chiacchiere, con quel narciso che si diverte a risvegliare ormoni
muovendo il bacino davanti a uno specchio.
-Vedi, Aoi, il punto è proprio questo.- cercò di
convincerlo Kai. -Da quello che ho potuto capire, il più
coinvolto in questa faccenda è Ruki, ma voialtri, mi
dispiace dirlo, lo seguite a ruota. Serve qualcuno che lo tenga a bada,
qualcuno a cui non importi niente di questa storia. E che sappia
frenarlo dal fare pazzie.
-A me sta bene.- intervenne Ruki, passando un braccio attorno alle
spalle di Kai. -Quando si parte?
Uruha osservò attentamente il lead singer. Gli sembrava
troppo accondiscendente, troppo disponibile, troppo poco se stesso.
Pensò che avesse qualcosa in mente, e qualsiasi cosa fosse,
sospettò che non dovesse essere granché positiva
per Kai, se in tutti quegli anni aveva imparato a conoscere quel genio
del terrorismo psicologico che era Takanori Matsumoto.
Era sollevato, Uruha: Kai si era offerto di accompagnare il loro
vulcanico vocalist credendo di riuscire a calmare i suoi bollenti
spiriti, ma se Ruki non ne era preoccupato, allora i Cinema Bizarre
avrebbero dovuto cominciare a tremare di paura.
Sorrise, pensando alla bella giornata che gli si prospettava: avrebbe
ponderato se utilizzare il gel alla papaya senza Ruki tra i piedi.
Anzi, il lead singer avrebbe perfino pensato a ridimensionare quel suo
piccolo problema tedesco, mentre si sarebbe trovato al di là
del continente.
Che bella, la vita.
-Lo ripeto un’ultima volta: il computer non si spegne
togliendo semplicemente la spina, ma cliccando prima su Start e poi su
Spegni Computer; le piante si bagnano tutte le sere, soprattutto il
basilico: sapete che Reita lo mette dappertutto, e se non ce
l’ha Dio solo sa cosa potrebbe succedere; e le piante si
bagnano solo e soltanto con l’acqua, non con qualsiasi cosa
allo stato liquido che avete sottomano; avete tutte le mie tabelle,
tutti i miei appunti e tutti i miei schemi: fate in modo di mantenere
questa casa esattamente com’è adesso, è
una richiesta da amico.
-Non siamo bambini, ce la caveremo perfettamente.- Aoi, appoggiato
pigramente allo stipite della porta, interruppe la valanga di
raccomandazioni di Kai. -Vero, Urupon?
-Nessun problema. Puoi partire tranquillo, Kai. Anche se con Ruki
nessuno lo è veramente.- sorrise il chitarrista.
-Ragazzi, è normale che la lavatrice si muova per la
stanza?- gridò Reita dal bagno.
-Come...?- si allarmò Kai.
-Insomma, staremo tutti bene. Divertitevi.- tagliò corto
Aoi, chiudendo la porta in faccia a Ruki e Kai.
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... No, non ero morta xD
Ordunque, nuova long fic, con un appunto: non ci saranno squilibri di
aggiornamento (Ogni riferimento ad altre long fic sui Gaze è
CASUALE *cough*), visto che praticamente l'ho già finita.
Altra precisazione: questa storia NON è anti-Cinema Bizarre,
NE' anti-GazettE e NEMMENO anti-Tokio Hotel. E' soltanto quello che
immagino io, e ricordo che i personaggi, i loro pensieri eccetera
appartengono a loro stessi e non alle mie perfide mani.
L'intera fanfiction è dedicata alla mia spuccy Emma, senza
la quale non sarei entrata nel pazzo mondo dei Cinema Bizarre <3
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