capitolo 9
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Under the Rain
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La pioggia non era che un'illusione del cielo
per gli stolti che ne avevano paura.
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Lei non temeva la pioggia, né i fulmini.
Conosceva le forze mistiche che creavano le tempeste, erano queste che
l'avevano generata. Alseide era nata centinaia di anni prima, in una notte
come quella. Era un demone delle tempeste. Le controllava, era in grado di
evocarle o di richiamarle, se voleva.
- Ora, anche dal folto della foresta poteva udire le urla degli
umani, colti alla sprovvista da quel temporale estivo. Tentavano di mettersi
al riparo, convinti che quella fosse la vera minaccia.
- Stupidi. Non capivano. Mai nessun umano era stato in grado di
comprendere la natura intorno a sé, per quanto si sforzasse. Pensò ai patetici
tentativi di descrivere il mondo da parte dei bardi. Chi mai era riuscito a
catturare la vera essenza di una goccia di rugiada posata su di una foglia, di
una cascata al centro di una foresta, del canto melodioso di un passero su di
un ramo? Chi di loro, elogiandone la bellezza, era riuscito ad evocarne
l'immagine viva e pulsante nelle menti di chi stava ad ascoltare?
- Lei odiava gli umani. Erano limitati, schiavi dei loro
istinti, deboli. Erano anche meschini. Per un attimo, avvertì un moto di pietà
per Hyoutsuki-sama.
- Quell'umana lo aveva soggiogato, ridotto all'ombra di
qualcuno che gli somigliava soltanto, a qualcosa che non sarebbe mai dovuto
essere. Lei entrava nel loro mondo di soppiatto, rubando ciò che le appariva
più attraente, e poi modellava la loro vita a suo piacimento. Lo faceva per
infimi scopi: successo, soldi, potere.
- Tuttavia non considerava quella donna peggiore di altri: era
semplicemente umana, e quindi incapace di valutare quello che faceva. Ne aveva
visti tanti, a migliaia. Sorrise, scoprendo i canini affilati. Sarebbe finita
presto.
- La mente di quella donna era fragile. Lo aveva capito anni
fa, quando aveva cominciato ad osservarla. Aveva compreso il suo modo di
essere, alla fine, e ne era rimasta sorpresa.
- C'era una barriera attorno alle sue emozioni umane, un limite
che la stava distruggendo, lentamente ma in maniera inesorabile. Quella donna
stava cercando di fare ciò che altri umani, prima di lei, avevano sperimentato
senza successo: stava cercando di mutare la sua vera natura. Tentava,
disperatamente, di sopperire alla mancanza di relazioni con gli altri esseri
umani godendo dei suoi successi. Pensava forse che la prima fosse la
conseguenza dell'altro? O forse cercava di convincersene, ricordando come
aveva perso le redini della sua vita nel momento in cui aveva cominciato il
suo lavoro? Non era così, lei lo sapeva bene. Poteva guardare dentro chiunque.
- Era semplice indagare negli umani, erano così banali e
monocorde. Non vi era profondità in essi, nemmeno nella Sensei. L'aveva capita
dopo qualche attimo. Era una donna arida, in caduta libera verso
l'oblio.
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- Ivy rigirava la matita azzurra tra le dita, come fosse stata
la bacchetta di un batterista.
- L'aveva visto fare da un tizio, nella sua classe. Un tipo
strano, con i capelli rasati a zero, sempre vestito di nero, con un collare
pieno di borchie. Suonava in una band heavy metal e non studiava praticamente
mai. Teneva sempre una coppia di bacchette nella tasca posteriore dei jeans e
ci giocava sempre, in classe.
- Lei l'aveva osservato rigirarsi quel sottile bastoncino di
legno tra le dita con l'abilità di un prestigiatore. Era un'illusione: un
movimento particolare del polso, delle dita, e sembrava che la bacchetta
girasse su se stessa. Aveva impiegato qualche tempo per imitarlo alla
perfezione, rigirando tra le dita tutto ciò che aveva a portata di mano:
pennelli, matite, addirittura lo spazzolino da denti. Lo faceva sempre più
spesso ora, mentre navigava in internet, o anche quando studiava. Era
diventato una sorta di riflesso incondizionato.
- Tornò a concentrarsi sul ritratto di Hyoutsuki che stava
facendo: bello, glaciale. Come sempre.
- Eppure, pensò, mentre l'aveva disegnato aveva aggiunto
qualcosa di diverso. In effetti, non era come lo vedeva nei poster appesi
nella sua stanza, o nelle tavole del manga che teneva nella libreria. Senza
volerlo aveva tracciato la bocca contratta in una smorfia, il viso indurito
dalla rabbia. Era straordinariamente bello e altrettanto furioso.
- Diede gli ultimi ritocchi di azzurro allo sfondo.
- Lo aveva disegnato immerso in una foschia che sarebbe potuta
appartenere ad un alba invernale. Ritto in piedi, composto e in attesa. Forse
di una vendetta, si disse.
- Era questa la cosa fantastica, quando disegnava Hyoutsuki:
lasciava vagare le mani, le matite. Improvvisamente non controllava più in
modo razionale ciò che appariva sul foglio: apparivano, semplicemente. Si
sentiva come una sorta di intermediario tra un mondo e un altro, uno strumento
utilizzato da una forza misteriosa che le dettava cosa disegnare per
raccontare. Era contenta che, ora che il manga era terminato, avesse ancora i
suoi disegni per rivedere Hyoutsuki. La Sensei era stata veramente folle a
lasciarlo morire. Aveva completamente perso la testa, si disse.
- Poco male. C'erano ancora migliaia di disegni che poteva
fare, milioni di fanfiction che poteva leggere. Le idee di una vecchia pazza
non l'avrebbero certo fermata.
- Quando ebbe terminato il suo disegno si mise a guardare fuori
dalla finestra.
- La pioggia continuava a scendere copiosamente da quella
mattina senza dare cenni di voler smettere. Ivy si stiracchiò.
- Non le era mai piaciuta la pioggia. Era noioso rimanere
tappata in casa per ore, a fissare fuori con un lontano sentore di mal di
testa in arrivo, senza un'idea precisa per ingannare il tempo in qualche modo.
Erano momenti di buio, di oblio totale. Sospirò e andò a sdraiarsi sul letto.
- Sentiva lo stress di una settimana piuttosto pesante e voleva
proprio rilassarsi, anche solo per un paio d'ore.
- Chiuse gli occhi, le dita ancora strette a quella matita
azzurra, e scivolò velocemente in un sonno profondo.
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- Alseide si abbandonò a terra, sbattendo forte contro il
terreno.
- Il pesante mantello scuro la ricopriva interamente: i capelli
sciolti le oscuravano il volto e la vista.
- Hyoutsuki
.
- Era stata lei.
- Lo aveva ingannato.
- Non poteva essere.
- Sentiva le membra rapite da un tremito incontrollabile. Non
poteva essere. Non doveva finire così.
- Era nata insieme a Hyoutsuki, nella stessa era. Lo aveva
visto nascere, maturare, diventare quello che era stato fino a poco tempo
prima. Poi lo aveva visto schiavo di quella donna crudele. E
ora...
- Ora l'aveva visto morire a causa sua. Non doveva finire
così!
- Si rialzò e capì cosa fare nello stesso momento in cui vide
un'immagine balenare nella sua mente.
- La ragazzina. Era lei, tutto il destino di Hyoutsuki era
racchiuso nelle sue mani.
- Alseide lasciò che i suoi sensi vagassero nella foresta che
la circondava. Possibile che fosse già lì?
- Un forte odore le aggredì le narici. Era proprio così, non
era lontana.
- Si lasciò guidare dalla forza della disperazione.
- Eccola!
- Le si gettò addosso senza darle il tempo di
reagire.
- -Tu!- Urlò, abbandonando la compostezza regale che le era
solita.
- -Tu, umana! Tu mi aiuterai, e subito!- Le ordinò,
afferrandola per il collo. Era così morbida e fragile. Avrebbe potuto
stringere solo poco più gli artigli su quella pelle candida e ucciderla in un
attimo. Ma non poteva. Non doveva riversare tutta la sua rabbia su di lei, le
serviva.
- La ragazza emise un suono strozzato,
terrorizzata.
- Alseide la lasciò subito andare.
- -Cosa vuoi da me?- Chiese in un sussurro l'umana. C'era un
che di reverenziale nei suoi modi, pensò Alseide. Era impaurita, ma allo
stesso tempo affascinata da lei. Capì che avvertiva la grandiosità del suo
potere.
- -Hyoutsuki-sama è morto ingiustamente. Aiutami. Aiutalo a
tornare.- Disse. Si rese conto che la sua richiesta somigliava troppo ad una
supplica.
- -Te lo ordino. Altrimenti puoi ritenerti già morta. Hai
capito, ningen?!- La ragazzina non si mosse.
- Alseide le si avvicinò, sfiorandole la guancia con uno degli
artigli. Un rivolo di sangue sgorgò immediatamente dalla sua pelle sottile.
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Voleva vederne ancora. Voleva vedere fiumi di
sangue imbrattarle le vesti.
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-La tua...- affondò uno degli artigli ancora
un po', lacerando altri tessuti.
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Voleva uccidere, distruggere, provocare
dolore.
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-...stupida mente umana...- La ragazzina urlò
di dolore.
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Avrebbe ucciso anche la piccola
umana.
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-...non può nemmeno...- Si fermò.
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Doveva sfogare la sua
frustrazione.
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-...concepire il mio dolore...- Si allontanò,
cercando di dominarsi. Strinse forte i pugni immacolati, digrignando i
denti.
- -Dovrai farlo perché sono io che te lo ordino, hai capito?-
Sibilò. Avvertiva quasi una vena di follia nella sua voce. La sua disperazione
la stava portando a somigliare sempre più a quella stolta, fragile umana che
aveva ucciso Hyoutsuki. Finalmente la ragazza annuì.
- -Lo... lo farò.- Rispose, tremante. Alseide inspirò
profondamente, poi si voltò e corse via.
- Sarebbe tornato. Lo sentiva.
- Non sbagliava mai una predizione.
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- Il professore aveva l'influenza, le dissero.
- Quel supplente le appariva come uno dei tanti che aveva
incontrato nella sua vita prima d'ora: bassino, i capelli brizzolati e il
volto segnato dal tempo. Era insignificante ai suoi occhi.
- -Disegno libero.- Annunciò l'uomo. Ivy sospirò. Cosa avrebbe
fatto?
- Era già da qualche giorno che non riusciva a mettere insieme
due linee di matita.
- Si accarezzò piano il cerotto sulla guancia. Non riusciva
proprio a ricordare come se lo fosse fatto.
- Due giorni prima si era appoggiata sul letto per riposare un
po', e poi si era risvegliata appena in tempo per la cena. Con il cuscino
insanguinato e il viso segnato da un profondo taglio.
- Non ricordava nulla del sogno che aveva fatto, ammesso che ne
avesse fatto uno.
- Decise di lasciare che le matite vagassero da sole. Un viso,
una cascata di capelli argentei.
- Ma si, Hyoutsuki. Dopotutto, era sempre stata brava a
disegnarlo. E poi, come si era già detta, la storia non finiva così come la
Sensei voleva darla a bere ai suoi fans.
- C'era qualcos'altro. Doveva esserci.
- Avvertiva che sarebbe potuta andare in un altro modo, che
qualcosa fosse ancora in sospeso. Non era tutto finito. Non
ancora.
- Ma... Poteva permettersi di decidere lei, per tutti loro? Ma
si. Le storie, si dice, sono di tutti.
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Editor
Ben lontana dall'essere un lavoro discreto, questa mia semplice One Shot è una sorta di aggiunta al lavoro della Manni. Se in un certo senso non vuole modificarne nessun particolare (il finale, dunque, resta quello) dall'altro lato impone una differenza fondamentale nella storia: Hyoutsuki, per quanto estraneo ad ogni tipo di emozione, è stato lui stesso oggetto di un amore. Ricalcando un po' gli elementi classici del filone fantastico in cui l'amore vince su tutto, quindi, ecco spiegata, dal mio punto di vista, l'azione di Ivy intenta a scrivere un finale alternativo per La leggenda di Moeru.
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