Una piccola commedia

di Cladzky
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CANTO XVIII - Ove l’autore è fatto uscire dall’aula da Teresa, esperta in martiri.


“Che s’affabula, lassù, abbarbicanti?

S’ignora me, voi prava novizia,

Cui lezioni son cagion di pensier santi?


Oh, tu fosti, mariuolo de la mia letizia”

Sfuria il retore, rimbomba la sua eco,

“Che devo far di chi la classe mi vizia?


Alemanno, son trecent’anni che teco

Porti negligenza a chi ne ha già troppa!

Menati avanti, che a menarti mi reco!”


Ed io già vedea, gettando li occhi a poppa,

Le gote avvampare e li bulbi bagnarsi.

“Retore, accheta l’ira che galoppa”


M’alzo a gridare sui miei metatarsi

“Manco pigliasti chi primo mancò:

Io fui” Dissi coi miei timori scomparsi.


Allor, protervo m’ergevo e però

Il dottor de la chiesa s’avvanzava

Salendo li ripidi gradini di mo’


Che non crederesti come me la cava.

Ordinò dunque la mia scatenazione

E de portarmi, pena la clava,


Fuori dall’aula di magistrale lezione.

Teresa conducettemi in oscura cella

Alla soffusa luce d’un cupo cerone


E lì mostrosse, la demone in gonnella,

I ceppi d’una medievalesca gogna

Non dissimile dai tempi di ella.


“Qui subiresti l’umiliante vergogna.”

Afferma ella ed io a di rimando

“Condizionale fu o fors’io lo sogna?”


“Subiresti lo taglio, così ho comando,

De la lingua intera, dalla radice in gola,

Ma il mio giudizio è assai più blando


Poiché mostrasti coraggio e t’immola

Volontario offerto per l’anima a te cara.

Con questa attenuante, scelgo io sola,


De condonarti la purga più amara.”

Oh che tripudio de vita fra i morti

Sentii a sentire quell’anima preclara


Che mio smarrimento non serve ti porti

Quando legossomi comunque a lo legno.

“Ohè, che ti pija, come ti comporti?


Una cosa giuri e ad altra fai impegno?”

Le grido ma quella s’aggira a me dietro

Sembrante voler giocare al tirassegno


Ov’io non la scorgo e tutto m’impetro

Non potendo sfilare lo collo e li polsi

E pur li calcagni dai blocchi di cetro.


“Emendar dal mutismo, sai, ti volsi,

Ma voi ricercaste con sete il martiro

E assai graverebbe farvene bolsi.”


Così trasse arretro e fece un giro

La mano funesta che tornò sinistra

Pur fosse destra pel male sì diro.


La vita è invero una dura ministra!





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