Impronunciabile

di Lady A
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Cosa vuoi davvero,
tu che vivi in questo guscio di pallida carne e ossa rotte?
 
La maschera che indossi è logora.
Ne scorgo le crepe.
Cederà.
 
La ripari a sorsi, giorno dopo giorno,
ma è ormai debole, stanca e spaccata.
Ti lascia tagli e ustioni.
Pizzica, brucia, morde e sanguina.
E tu stringi i denti e fingi, ancora e ancora.
 
Dove sei?
Dove accidenti sei?
 
Non riesci più a trovarti.
 
Dove accidenti sei finita, mare spensierato d’estate?
Cavalletta che amava sporcarsi gli occhi d’azzurro e giochi d’acqua,
e sorsate infinite di fantasia?
 
 
Alla fine il Mondo ti ha lasciato indietro, come fossi un giocattolo;
un oggetto vecchio e inanimato.
 
Ed eccoti bambola spezzata,
messa da parte come quando si è ormai adulti, e non si ha più tempo e voglia da dedicarle.
E lei – povera creatura!, ti osserva fissa:
gli occhi vitrei,
incapace di muoversi e respirare.
Vorrebbe urlare e correre e fermarti
e tirarti a lei.
 
Ma la sua piccola bocca rossa non respira.
Il suo irreale corpo di bambola, non è che un involucro di materia,
privo di sangue, ossa,
cuore e dolore.
 
Resterà ferma,
quieta e silenziosa a subire la mutilazione di quell’abbandono.
Non ci saranno lacrime, grida o battiti a scavarle il petto.
Soltanto uno sguardo fisso e vuoto su Egli – Mondo suo crudele, che più non c’è!
E una solitudine impronunciabile.
 




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