N.B.
Scusate per i disagi incontrati fino ad adesso con la visualizzazione
del capitolo, ma come molti di voi sapranno, sono una vera schiappa con
il pc … stamattina ho corretto l'ultima svista. Fatemi
sapere se ci sono altri problemi.
Kiss
M.Luisa
CAP2
BELLA
«Non
potevamo prendere la Volvo?» La mia voce è un
tantino stridula nonostante i miei sforzi per farla risultare pacata.
Guardo le
occhiate di ammirazione dei ragazzi che affollano il parcheggio del
Dartmouth College e noto le gomitate che alcune ragazze si danno le une
alle altre mentre usciamo dall’auto.
Lo sapevo.
Edward
mi guarda con un’espressione disgustata. Pare che voglia
gridare “Sacrilegio!”.
«Amore
non prendertela, ma questa è una fuoriserie, un cavallo di
razza, non un ronzino storpio. C’è una bella
differenza.» dice serio accarezzando la portiera
dell’Aston e richiudendola dolcemente.
Se
c’è una cosa che Edward adora sopra ogni altra
cosa sono le auto veloci. E della sua Aston è
particolarmente orgoglioso.
E’
vero, io non ne capisco un tubo di auto, a me basta che non mi
abbandonino in mezzo alla strada, ma il suo commento mi graffia i
poveri nervi ormai già troppo tesi.
«Non
sto paragonando la Volvo con questa, ho detto solo che avrei preferito
prendere l’altra, tutto qui.» dico acida.
Edward mi osserva
pensoso per un attimo. Sfuggo al suo sguardo fingendo di sistemarmi i
lacci delle Converse che ho portato con me all’ultimo
momento, temendo di fratturarmi il femore se avessi tenuto i trampoli
che Alice mi aveva obbligato a calzare. Mi guardo in giro nervosa.
Alice e Jasper non sono ancora arrivati. Se ci sbrighiamo, forse riesco
ad evitare la sua ramanzina per le scarpe.
Una ragazza dai
lunghi capelli biondi mi passa accanto e mi squadra da capo a piedi
senza ritegno lanciando uno sguardo alle mie scarpe. Poi passa ad
Edward soffermandosi con malcelato compiacimento. Cerca di catturarne
lo sguardo.
Mi sento
avvampare. Ma come osa questa sfacciata? Ribollo dalla rabbia e con il
rosso del vestito mi sembra di essere diventata una torcia. Una torcia
umana. Osservo Edward che ha lo sguardo ancora posato su di me. Non
riesco a trattenermi e gli faccio una linguaccia, voltandomi subito
dopo e camminando a grandi passi verso il portone principale.
Mi compiaccio
della falcata sostenuta che mantengo. Grazie signor Converse!!
Naturalmente
Edward è già al mio fianco in un batter
d’occhio. Sento la sua mano gelida che scivola sotto il mio
braccio e mi trattiene dolcemente: «Mi vuoi dire cosa ti
prende? Perché sei così tesa? E’
successo qualcosa?» Non rispondo.
Mi spinge allora
con fermezza in un angolo dell’androne, lontano da occhi
indiscreti.
Scrollarmi
è inutile, dunque non ci provo neppure.
Mi volto verso di
lui e, a braccia conserte, con tono sarcastico gli dico:
«Perché non me lo dici tu? Sei tu che sai leggere
nel pensiero, giusto?»
«Scusami?»
mi dice perplesso. I suoi occhi sono chiari, limpidi, di un oro liquido
e caldo. Capisco che la gelosia mi sta divorando, ma non riesco a
fermarmi. Essere alla mercè di un sentimento così
abbietto non mi piace, e rendermene conto mi infastidisce ancora di
più. Esplodo senza neanche accorgermene.
«Non
dirmi che non li senti i pensieri di chi ti sta intorno? Ci stanno
guardando tutti, TI stanno guardando tutti…!» gli
dico risentita.
«E
allora?» mi risponde serafico.
«Allora
… non lo sopporto!!» faccio per girarmi, sento che
sto per avere una crisi di nervi. Edward stringe un po’ la
presa sul braccio per impedirmi di voltarmi e di finire lì
la discussione. Da un po’ di tempo è diventata
un’abitudine. Sgancio delle bombe ad orologeria iniziando
delle discussioni di portata apocalittica, ma poi mi ritiro quando lui
mi invita a ragionare.
«Che
significa che non lo sopporti? Bella cerca di ragionare, io non le
sento neppure le voci nella mia testa, ormai è diventata
un’abitudine. Sono solo un rumore di fondo. Se dovessi
ascoltarle non potrei muovere un passo da casa insieme a te, altrimenti
rischierei di … beh …
lasciamo perdere.» e si passa una mano tra i capelli,
lanciando uno sguardo nervoso alle sue spalle.
«Di…?»
faccio io invitandolo per una volta a continuare.
Mi guarda. I suoi
occhi si scuriscono d’un tratto, la mascella gli si
irrigidisce. «Leggere nella mente altrui spesso non
è il gran vantaggio che tutti si immaginano, Bella. Pensi
che mi faccia piacere sapere cosa passa per la testa
all’ottanta per cento dei ragazzi che abbiamo incrociato fino
ad ora?» mi strattona leggermente verso di lui. Si avvicina
con il suo viso ad una spanna dal mio e sussurra con voce tremante di
rabbia repressa: «Credi che l’immagine di tua
moglie nuda tra le loro braccia sia un bello spettacolo!? I loro
pensieri sono di una volgarità tale da sfiorare
l’indecenza. Se vuoi saperlo, molti non si limitano a questo
…»
«Basta!»
gli dico chiudendo gli occhi di scatto e portandomi le mani alle
orecchie. Sento l’aria muoversi al lato del mio viso. I
capelli ondeggiano leggermente. Un tonfo sordo proviene dal muro alla
mia destra. Apro gli occhi e mi volto automaticamente.
Il palmo della
mano di Edward è ancora lì, sulla parete. Dei
frammenti di calce sono caduti a terra.
Copro la sua mano
con la mia.
«Basta
Edward. Calmati, ti prego.» Cerco i suoi occhi con i miei.
Sta tremando dalla rabbia. Stupida, stupida, stupida. Ecco cosa sono.
Con la mano
libera gli sfioro la guancia. Lo sento respirare velocemente. Chiude
gli occhi un attimo e si raddrizza subito. Mi prende per la mano e mi
spinge verso il corridoio.
«Vieni.
Alice e Jazz ci stanno aspettando» dice guardando fisso
davanti a sé.
Lo spio di
sottecchi.
La gelosia mi sta
accecando.
Non ho mai
riflettuto dal suo punto di vista. In effetti non ha tutti i torti. La
sua capacità può decisamente essere considerata
scomoda quando NON vuoi conoscere i pensieri di chi ti circonda.
Continuo a
camminare al suo fianco con gli occhi puntati a terra. Qualcosa mi
sfugge, ma non riesco a capire cosa.
A volte le sue
reazioni mi spaventano. Non per la mia incolumità, sia ben
inteso. Il suo autocontrollo ed il suo istinto di protezione nei miei
confronti sono aumentati in maniera inversamente proporzionale al
controllo di se stesso verso gli altri. E’ praticamente
terrorizzato dall’eventualità che mi possa
accadere qualcosa, dalla mia fragilità di umana.
Ciò si traduce in una specie di sorveglianza 24 ore al
giorno da parte di ogni componente della famiglia che ha il compito di
proteggermi da me stessa e dai pericoli esterni quando lui non lo
può fare.
Sono
impossibilitata ad uscire sola. Rischio di imbattermi in un maniaco.
Non ho
l’ultima parola sul mio abbigliamento. Rischio di prendere un
raffreddore.
Non posso andare
in moto. Rischio l’osso del collo.
Non posso
cucinare i miei pasti. Rischio di non nutrirmi adeguatamente.
Insomma non posso
gestirmi in maniera autonoma!
Questo continuo
controllo è stato determinante per la mia autostima. E con
il diminuire di questa è aumentata la gelosia nei confronti
di mio marito.
Rischio
di perderlo. Non sono abbastanza attraente, non sfioro neppure il
livello della sua intelligenza, né della sua cultura. Ho una
miriade di difetti e lui neppure uno.
Eppure
… eppure per chissà quale oscura ragione lui ha
scelto me, ha scelto di sposarmi.
Ma in occasioni
come queste lo dimentico. Quando sono costretta a confrontarmi con gli
altri, la mia insicurezza emerge nella sua interezza. Non mi piace
sentirmi in competizione, non ci sono tagliata io per lo sfoggio di
bellezza e grandezza … E non posso ignorare la portata che
ha avuto su di me il suo abbandono passato. Molte ferite non si sono
ancora rimarginate del tutto e le cicatrici poi … quelle non
andranno mai via.
Mi riscuoto dai
miei pensieri quando Edward si blocca improvvisamente ed io vado a
sbattere contro la sua spalla.
«Eccovi
finalmente!» la voce di Alice è allegra, ma i suoi
occhi dicono tutt’altro. Fissa suo fratello intensamente e lo
stesso fa Jasper. Devono aver capito che qualcosa è
successo. Guardo Alice implorante, sperando che si giri verso di me e
che capisca che è meglio lasciare correre.
Anche Edward li
osserva, mandando lampi dagli occhi.
Finalmente Alice
mi guarda. I suoi occhi scendono irrimediabilmente sulle mie scarpe.
Chiudo gli occhi
infossando le spalle, e quasi mi aspetto che un urlo mi piombi addosso.
Niente.
Il folletto
comincia a saltellare sul posto: «Allora Bella, cosa hai alla
prima ora?»
Ah sì,
il mio orario.
«Dunque
… si … mi pare …» mi sforzo
di fare mente locale, ma nella mia testa solo il vuoto.
«Fondamenti
di economia e statistica» risponde piatto Edward per me,
mantenendo gli occhi su Alice.
Giusto, il mio
orario è questo.
Ho deciso di
seguire l’Mba
della Business School Tuck, lo stesso corso che
un tempo ha frequentato anche Alice. La scelta in realtà non
è stata difficile. Dartmouth è rinomata proprio
per questo indirizzo oltre alla scuola in medicina. Ovviamente
quest’ultima era da escludere a priori per due ottimi motivi:
Primo: la mia
sensibilità al sangue.
Secondo: in casa
Cullen c’erano già troppe lauree in medicina.
Non che pensassi
di arrivare mai alla laurea – in fondo questa era solo una
proroga di un semestre alla mia trasformazione – ma se dovevo
andare all’università, beh tanto valeva
andarci in grande stile frequentando il top.
Osservo i visi
che mi circondano e percepisco un’aurea di
tranquillità scendere su di noi.
Ringrazio
mentalmente Jasper.
Sospiro e, con
molta poca convinzione, dopo un attimo di esitazione ci avviamo tutti
verso le rispettive aule.
EDWARD
Aula magna.
Procedo a passo
spedito per i corridoi, ma senza affrettarmi per non mettere in
difficoltà Bella. Non ho alcun problema a ricordare la
posizione delle aule. Tutto è rimasto come quaranta anni fa,
qualche lavoro di ristrutturazione e di adeguamento non ha alterato la
magnifica atmosfera che si respira in questo posto.
Giovani menti
talentuose, piccoli geni o semplicemente ragazzi volenterosi si avviano
frettolosamente verso i loro destini. Il vociare è enorme,
rumoroso ma piacevole. Mi aiuta a soffocare le voci mentali che nella
mia testa si confondono con quelle reali. E’ più
facile così ignorarle.
Mano nella mano
con Bella, arrivo di fronte alla sua aula.
E’
quasi tutta piena, e lei sbircia tra le ampie porte per farsi
un’idea di cosa l’attende.
Ha
l’aria preoccupata e un po’ spaesata. Ma
è anche emozionata.
Bene. Non
rimpiango la sua decisione di frequentare un semestre di college.
E’ un’esperienza unica, che non si scorda mai. Un
ricordo che rimarrà impresso nella sua memoria. Uno degli
ultimi che le rimarrà della sua vita da umana, prima che
giunga il momento della sua trasformazione.
Già la
sua trasformazione.
Nessuno di noi ha
avuto la possibilità di realizzare le esperienze umane
più importanti prima della trasformazione e la decisione di
Bella un po’ riscatta anche tutte le nostre
“perdite”. E’ come se attraverso di lei
potessimo vivere ancora un po’ della nostra vita passata.
Da quando abbiamo
fissato” le scadenze”, però, sono
diventato ancor più ansioso. Temo che le possa capitare
qualcosa e non la lascio mai sola, se non strettamente necessario. Il
corpo degli umani è così fragile! E quello di
Bella, poi, è così delicato …
Allora ti muovi?!
Tra i tanti, i pensieri di Alice mi raggiungono infastidendomi.
«Tesoro,
tutto ok?» dico, invece, a Bella.
Volta i suoi
occhi verso di me. Non c’è traccia del nervosismo
che li attraversava poco fa, durante il nostro piccolo diverbio, ma
sento che c’è ancora qualcosa che la turba.
A volte Bella ha
delle reazioni incomprensibili, forse un po’ esagerate, ma
probabilmente tipiche della sua natura umana. Non poterle leggere la
mente continua a frustarmi ogni giorno di più, soprattutto
nell’ultimo periodo, con il nostro trasferimento in Virginia.
Ci siamo
trasferiti tutti, ma solo noi quattro abbiamo scelto di frequentare
Dartmouth. Rosalie è stata contattata da una nota agenzia di
moda ed Emmet ha deciso di seguirla nei suoi spostamenti. La loro base
rimane la nostra casa, ma sono come delle meteore: solo un rapido
affacciarsi per poi scomparire altrettanto rapidamente. In questo
momento erano di ritorno.
Mi avvicino al
mio amore e le appoggio le mani sulle spalle attirandola a me.
Scrolla un
po’ il capo «Sì, sono solo un
po’ agitata. Mi farebbe comodo avere una briciola del tuo
potere ora…» dice sovrappensiero allacciando le
braccia alla mia vita.
Mi concentro un
attimo.
«Tranquilla,
credo che siano quasi tutti nelle tue stesse condizioni.» le
poso un bacio leggero sulle labbra morbide e le regalo un sorriso
sicuro.
«Mmmm
… Edward, posso chiederti un favore?» mi guarda un
po’ esitante, inclinando il capo di lato.
«Certo!»
mi sconcerta ancora che lei creda che potrei negarle qualcosa.
«Vorrei
… vorrei una promessa da te.» I suoi occhi grandi
e limpidi mi scrutano cercando una traccia di fastidio nel mio volto.
Annuisco, non c’è nulla che non farei per lei.
«Promettimi
che non lascerai che le voci che senti prendano il sopravvento, che non
ti soffermerai sui pensieri che mi riguarderanno o che riguarderanno
te. Promettimelo!» C’è urgenza nelle sue
parole. Capisco che Bella è davvero preoccupata, che parte
della sua ansia deriva da quello che io potrei ascoltare, ma che
sarebbe precluso a lei.
«Te lo
prometto, Bella. Non temere non accadrà nulla.» Ci
perdiamo l’uno negli occhi dell’altra. Un ragazzo
ci passa trafelato vicino, urtandola leggermente e interrompendo il
nostro contatto visivo.
«Allora
ci vediamo fra un’ora» dico all’apparenza
tranquillo e rilassato. La sua presa aumenta leggermente alle mie
parole e con un mezzo sorriso si avvia all’interno
dell’aula.
La guardo
allontanarsi con un groppo alla gola. Maledetta Alice e le sue grandi
idee!!
Devo venire a prenderti con la
forza? I pensieri di mia sorella sono imperiosi.
La ignoro
cordialmente e mi appoggio con le spalle alla parete esterna
dell’aula chiudendo gli occhi. Cerco di focalizzare
l’immagine di Bella nei pensieri delle persone che incrocia
mentre sta salendo la lunga gradinata. So di aver promesso, ma mi dico
che darò solo una piccola sbirciatina.
Odio farlo,
perché insieme alle immagini mi arrivano chiaramente anche i
pensieri, alcuni dei quali non sono proprio casti, ma non riesco a
trattenermi.
L’idea
che Bella frequenti questo corso da sola è stata di Alice.
Sostiene che è giusto così, che le devo dare
spazio. Lei è una di quelli del comitato pro
“Bella’s freedom”. L’altro
componente è Jasper. La congiura prevede che Bella sia
libera di fare amicizie, studiare da sola, frequentare altre persone
oltre ai membri della famiglia.
Per questo oggi
ho i nervi a fior di pelle.
Per questo sono
scattato come una molla tesa prima.
Bella si sta
sedendo in una poltroncina libera tra una ragazza bruna e un tipo
dall’aria timida che la guarda di sfuggita da sotto gli
occhiali.
Speriamo sia una ragazza
simpatica, non conosco nessuno! Stà pensando
lei.
Carina, ma porta la fede. Mmm,
off-limits … Stà pensando lui.
Innocui.
Abbozzo un
sorrisetto. Tipico da Bella scegliere quelli come vicini di banco.
Altre
voci si affollano nella mia testa. Tanti commenti, pensieri, desideri,
paure. Non riesco con precisione ad isolare quelli che riguardano
Bella. Ci sono troppe voci che si confondono. Alcune non mi piacciono.
Sono volgari, lussuriose…
Corrugo un
po’ la fronte sforzandomi di riconoscere in alcune
l’oggetto della loro bramosia.
Ma come speri che viva le sue
esperienze umane se le stai appiccicato come un maniaco?Basta, adesso
vengo a prenderti io Edward Cullen! Alice.
Edward, non credo che
riuscirò a trattenerla ancora per molto. Adesso
è Jasper.
Sospiro e cerco
di rilassare i muscoli del viso, allontanando tutte le voci che mi sono
concentrato prima a sentire. I brusii vanno man mano affievolendosi, si
fanno sempre più indistinti, più confusi. Le
parole si accavallano, mentre comincio a dirigermi verso
l’aula 12.
L’eco
di alcuni pensieri mi accompagna ancora per qualche metro.
…
Guarda che gambe la bionda…
…
Ma che diavolo si è messa quella addosso?
…
Mmm che coincidenza, siamo allo stesso corso …
…
Merda, ho bisogno di una canna …
In fine, resta
solo un rumore di sottofondo.
Nei pressi
dell’aula 12 trovo Alice. Sola. E’ a braccia
conserte e tamburella con la punta del piede sul pavimento.
Finalmente! Credevo che avessi
deciso di spiare nella testa di ognuno di loro! Tranquillo, non le
accadrà nulla … Mi afferra per un
braccio e mi trascina all’interno dell’aula che
ospiterà me e lei per il prossimo
semestre.
Registro
distrattamente le reazioni dei presenti al nostro ingresso. La maggior
parte si è ammutolita e ci segue con lo sguardo. Cerco di
evitare di lasciarmi sommergere dai loro pensieri.
Alzo gli occhi al
cielo e mi domando perché non ho scelto di seguire lo stesso
corso di Jasper: Storia antica e contemporanea. A Dartmouth non
l’aveva mai frequentato.
Forse sono ancora
in tempo …
Alice si ferma
davanti alle nostre poltroncine e si gira verso di me. Si alza sulle
punte dei piedi e mi schiocca un sonoro bacio al centro della guancia
dicendo: «Non lo farai. In fondo lo sai anche tu che sono la
tua sorella preferita!»
NOTA
DELL’AUTRICE: In questo capitolo ho cercato di rievocare
l’atmosfera del mio primo giorno
all’università. Vi confermo che è vero:
la prima volta non si scorda mai…
Questo
è il Dartmouth college.
Per
chi fosse interessato, l’Mba
della Business School Tuck a Dartmouth
è un corso che esiste davvero. Ed è davvero uno
dei top tra i college americani. Non saprei dirvi se gli altri corsi
che ho citato esistano sul serio, probabilmente no, su internet non ne
ho rinvenuto traccia.
Abbiate
ancora un po’ di pazienza perché stiamo per
entrare nel vivo del racconto. Cercherò di essere quanto
più celere è possibile negli aggiornamenti.
Grazie.
Grazie davvero a tutti per il sostegno. Siete carinissimi.
Bye
M.Luisa
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