il paradiso nell'inferno
Il cielo era coperto di una spessa coltre scura di nubi, che
prometteva pioggia.
Il sole non riusciva a fare capolino e tutto era avvolto da
un silenzio innaturale quel mattino.
Neppure gli uccelli cantavano. Anzi, a dire il vero neppure
volavano nel cielo.
La classica quiete prima della tempesta.
Poi iniziò.
Come, esattamente, nessuno fu in grado di dirlo.
Il vento si levò d’improvviso, soffiando con un impeto mai
visto.
I tre clown che si stavano esibendo a Piccadilly Circus
furono costretti ad interrompere il loro spettacolo per strada, rassegnati a un
altro pranzo fatto a base di latte ormai scaduto da diversi giorni e gallette
di riso.
Un bambino di circa cinque anni scoppiò a piangere quando il
suo orsetto di pezza, che teneva in mano, evidentemente non con una presa
abbastanza salda, venne portato via dalla potente raffica di tramontana.
L’aria gelida colse alla sprovvista anche i camerieri di Covent Garden, che
videro volare via i conti dai loro vassoi, e si trovarono a correre dietro le
banconote da dieci e venti sterline che turbinavano in aria, mentre lasciavano
cadere sonoramente i vassoi a terra e monete da 50 pence e 1 sterlina si
sparpagliavano a terra.
Le ladies che uscivano dai grandi magazzini di Regent Street
videro sconsolate volare via i loro acquisti e rientravano di fretta nei negozi
con carte di credito alle mani sperando di trovare ancora una taglia adatta,
incuranti dei soldi appena spesi in compere che volavano ormai nel cielo grigio
e nero.
Un gruppo di turisti a Trafalgar Square , usciti dalla
National Gallery, si era riunita sotto l’obelisco di Horatio Nelson, e pregava
l’eroe nazionale di proteggerli da quell’assurdo vento.
E la statua di Nelson continuava a guardare imperterrita
avanti a se, tenendo la mano destra sul petto e stringendo nella sinistra la
sua spada, incurante della tempesta che si stava abbattendo sulla sua patria,
come voler ricordare a tutti che lui ne aveva viste di peggio in vita sua.
Incurante del forte vento che non lo smuoveva e non gli
rubava il cappello come faceva con i malcapitati che avevano avuto la pessima
idea di uscire dai luoghi chiusi e di stare allo scoperto con quel tempo da
lupi, così come non si era curato delle
dicerie che erano nate dopo che lui aveva pronunciato le sue ultime parole, appena
prima di spirare, rivolte al suo capitano di bandiera Thomas Masterman Hardy
(alcuni storici interpretano tali parole come: «Kismet, Hardy» "È
il destino, Hardy", oppure «Kiss me Hardy» "Baciami
Hardy").
I metereologi impazzivano nel chiedersi come potevano aver
sbagliato.
Di nuovo.
Per quel 31 luglio era previsto sole.
Non una tempesta.
Eppure la nebbiolina che da mesi copriva tutto e tutti
sembrava destinata a sparire, e tutti lo speravano con tutto il cuore.
Nonostante tutti credessero che gli abitanti della Gran
Bretagna fossero avvezzi alla nebbia, all’umidità, alle nubi basse portatrici
di pioggia e al vento, non sapevano che questi erano sprofondati in una morsa
di gelo e tristezza, a causa di quelli che altre persone, simili a loro ma al
contempo diversissime, chiamavano “Dementors”.
Persone come James e Lily Potter.
A Oxford Street un uomo ebbe la brutta idea di uscire dal
bar nel quale aveva appena gustato una cioccolata calda al peperoncino ed se
non ci fosse stato un altro uomo a prenderlo al volo, sarebbe sicuramente
andato a sbattere contro l’albero che si trovava davanti all’ingresso del
locale.
-sarebbe decisamente più sicuro per un babbano come lei
stare al sicuro in un luogo chiuso e accogliente-
Disse l’uomo che aveva appena salvato l’altro da una sicura
e spiacevole visita all’ospedale, spingendolo nuovamente verso la porta chiusa.
Questo l’aprì ed entrò e quando si girò per ringraziare, nonostante fosse ancora sotto
shock, notò che era scomparso.
-avrà avuto fretta- disse tra sé e sé. –“babbano”- ripetè
poi pensieroso –chissà che vuol dire. Di sicuro non è un’offesa. Se avesse
voluto offendermi non si sarebbe neppure preso la briga e il disturbo di
salvarmi. Forse è un modo di dire “idiota” o “sciocco”. O forse “sconsiderato”-
e si rivolse a un ragazzo che stava per uscire dalla porta rischiando di
andare, come sarebbe successo sicuramente a lui se quell’uomo dal linguaggio
tanto strambo quanto i suoi vestiti non l’avesse preso all’improvviso e
salvato, conto l’albero –hei tu, non fare il bebbamo, e rientra
immediatamente!-
E l’altro obbedì sorridendo sotto i baffi –“bebbamo”, questa
è bella…questi babbani ci vogliono imitare proprio a tutti i costi! Appena vedo
Arthur gliela racconto! “bebbamo”…- e continuò a ridacchiare.
Lontano, mentre ancora il vento sferzava gli alberi e
scoperchiava i tetti, la pioggia colpiva i vetri di una modesta villetta a
Godric’s Hollow, ma non riusciva a sovrastare il pianto di un bambino appena
nato, con occhi verde smeraldo, capelli nerissimi e una voce da far paura.
Harry Potter.
Lily e James sorrisero felici.
Era nato loro figlio. Harry.
E mentre fuori si scatenava l’inferno loro si sorrisero e si
abbracciarono, mentre il piccolo si abbandonava a un sonno ristoratore,
sfinito, dopo aver gridato tanto.
Un uomo canuto sia di barba che di capelli uscì dalla
villetta, certo che i due innamorati non avrebbero sentito la sua mancanza,
indaffarati come sarebbero stati di lì a poco con quel bambino.
Il Prescelto.
E fuori, nel bel mezzo dell’inferno, Albus Silente si guardò
indietro, nella villetta dei Potter, e sorrise.
Fuori c’era l’inferno, ma loro tre erano nel loro paradiso.
Insieme.
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