Hum hum... -///-
Eccomi - finalmente - con un nuovo capitolo di New Life!
Chiedo perdono per tutto il tempo in cui non ho postato... Non perdo
neanche tempo a scrivere scuse!
Be, ringrazio tutti voi che mi seguite e che avete commentato, grazie
per seguire questa storia!
E sono anche molto felice che sia fra le storie scelte! Quando l'ho
visto, beh, ero imbarazzato ma anche contento!! ^^
Nota: in questo capitolo
ci sono scene shonen ai.
Spero non infastidiscano nessuno.
Ok, buona lettura!
Capitolo
sei: Notte movimentata ( parte uno )
<< SOTA!
>> esclamò di nuovo Sango, mentre Miroku
assumeva un espressione ferita e spaventata.
Il ragazzo, dall'altra parte della strada, ancora confuso per la scena
che aveva davanti, dopo ancora qualche attimo si
riprese e, voltandosi verso il poliziotto che era stato tanto gentile
con lui, gli disse, con veemenza:
<< E' Sango! E' una delle ragazze che si trovavano
nell'abitazione durante l'incendio! >> e poi si
precipitò
verso di lei
senza lasciare neanche il tempo al poliziotto di afferrare le sue
parole.
Miroku, vedendo quello strano ragazzo - un po' inquietante -
avvicinarsi seguito poi da un paio di agenti, riprese a tirare Sango
con forza, che continuava a dimenarsi senza successo.
<< Lasciala >> sibilò una voce
fredda come poche,
che trapassò Miroku come mille lame taglienti, gelandolo sul
posto.
Voltandosi, vide quel ragazzino, dai capelli neri sparati da un lato,
la maglietta rovinata e bruciacchiata da un lato, un braccio
fasciato e l'altro che teneva un polso di Sango.
<< Sota, lascialo stare, andiamo a casa, per favore!
>>
sussurrò Sango, esausta, accasciandosi a terra a causa della
caviglia
dolorante che pulsava.
Miroku lasciò la ragazza e si dileguò in pochi
attimi quando i poliziotti avevano tentato di prenderlo.
Era scivolato come un anguilla in un vicolo, che gli agenti sapevano
era senza uscite, ma inseguendolo non l'avevano trovato,
cosa che aveva turbato un po' tutti, specie Sango, che sentiva come se
avesse tradito il ragazzo. Non poteva dimenticare lo
sguardo deluso che le aveva lanciato prima di scomparire.
<< Sango... Dov'è Kagome? >>
chiese Sota mentre la sorreggeva, una nota preoccupata nella voce atona.
Sango scosse il capo sgranando gli occhi.
<< Non... Non so... >> mormorò,
senza sapere che altro dire.
Poteva fingere di aver perduto in parte la memoria, anche se era
qualcosa di improbabile.
E Sota era anche intellingentissimo, infatti aveva compreso che non era
tutta la verità, ma lasciò perdere.
<< Per ora non interrogatela, è stanca.
Accompagnateci a
casa. Penso che abbia bisogno di riposare; domani potrete tornare
>>
disse con voce ferma il ragazzo, e il capo della polizia
annuì comprensivo.
Quando arrivarono alla villa, Sota aiutò Sango, e poi si
rese conto che tutti i membri della famiglia erano nel cortile, in
ansia.
Kohaku sgranò gli occhi alla vista della sorella e le corse
incontro, abbracciandola vigorosamente, sollevato.
Poi si voltò verso Sota e arrossì miseramente, e
Sango,
accigliata dal comportamento del fratellino, osservando Sota,
notò un piccolo sorriso ad increspargli le labbra e
un'espressione rilassata.
Bello.
Si disse.
Ma l'immagine di Sota fu sostituita da due occhi zaffiro, e il suo
cuore perse un battito, mentre tornava il senso di colpa.
Per che cosa,
poi?
Per essere scappata da delle persone che volevano tenerle prigioniere?
Anche se le avevano salvato la vita...
Scosse il capo e solo in quel momento si accorse di essere davanti una
camera, dove Sota la fece entrare.
<< La tua nuova stanza >>
annunciò semplicemente, incolore, gli occhi vacui.
Sango annuì, buttandosi sul letto.
<< Senti.. >> iniziò Sota,
chiudendosi la porta alle
spalle, incastrandola con le sue iridi nere << So che hai
mentito.
So che sai dov'è Kagome, come sei uscita da quell'inferno e
chi
era quel tipo. Be', quella è la cosa più
semplice,
sicuramente
è qualcuno che ti ha aiutata, ma forse non avrebbe dovuto.
>> disse il ragazzo, ancora senza alcuna emozione nella
voce o
sul volto, mentre Sango impallidiva << Adesso devi
riposarti, ma
poi non potrai sfuggirmi. >> terminò lui, per
poi uscire
dalla stanza.
Sango sbuffò, senza sapere che diamine avrebbe dovuto fare.
Cavolo, forse era meglio se restava con quei tre matti!
Scosse la testa scacciando ogno pensiero, lasciandosi cullare dal
tepore che le trasmetteva il letto, addormentandosi.
Sota e Kohaku dividevano la stessa camera. Per Kohaku non era mai stato
un problema, conosceva Sota da tanti anni,
era il suo migliore amico e la persona alla quale teneva di
più assieme a sua sorella.
Anche se Sota era un ragazzo... strano...
a lui era piaciuto subito, gli sembrava una persona normalissima.
Era semplicemente un bambino solo ed incompreso.
Nessuno, nella loro classe, alle elementari, voleva farselo amico,
visto che anche le maestre lo guardavano con occhi
critici e i compagni lo evitavano a causa del suo comportamento chiuso
e la sua aura cupa.
Inoltre non parlava con nessuno, neanche se stimolato.
Kohaku un giorno, giocando con i suoi amichetti durante la ricreazione,
lo aveva visto seduto in un angolo del cortile,
lo sguardo perso all'orizzonte.
Era da un po' che voleva avvicinarlo, allora ne approfittò,
lasciò gli altri bambini e si diresse verso Sota che, Kohaku
ne era
certo, si era reso conto che gli stava venendo incontro, ma ostentava
indifferenza.
Non era come tutti gli altri bambini, Sota aveva sempre un espressione
apatica, sembrava non fosse in grado di provare
emozioni, ma per Kohaku non era così: bastava studiare con
attenzione il suo volto per scorgere i cambiamenti, anche
se minimi.
Quando gli si era seduto accanto, fissandolo, aveva scorto nei suoi
occhi scuri la sorpresa, celata dietro un velo di
indifferenza, come se per lui non fosse importante niente, e inoltre si
era appena irrigidito.
Continuò a studiarlo in silenzio, avvicinandosi un po' di
più a Sota, che sembrava infastidito ad avere lo sguardo
dell'altro su di se, ma continuava a guardare dritto davanti a se.
<< Sono Kohaku, ciao! >> disse finalmente
e, Sota, battè un paio di volte le palpebre, confuso.
Si voltò verso il suo interlocutore, analizzandolo coi suoi
penetranti occhi neri.
Rimase sconvolto dal sorriso solare di Kohaku, perchè lui
era abituato a ricevere smorfie e occhiatacce.
Indicò il cartellino attaccato al suo grembiulino blu notte,
dove vi era scritto il suo nome e cognome, la classe,
l'indirizzo e il numero di telefono, nel caso in cui si fosse perso.
Kohaku, perplesso, aveva ridotto gli occhi a due fessure per cercare di
leggere. In fondo, stava appena iniziando a imparare.
Sota roteò gli occhi, dimenticava sempre che per lui era una
bazzeccola col suo cervello iper sviluppato - come lo psicologo
gli aveva detto -, ma gli altri bimbi non ne erano in grado.
<< Sota >> annunciò atono,
continuando a guardare l'altro bambino, con occhi indecifrabili.
<< Eh? >> chiese Kohaku, distogliendo lo
sguardo dal cartellino.
<< Il mio nome è Sota. >>
ripetè con freddezza.
<< Ah! >> esclamò Kohaku, con un
piccolo sorriso, ignorato da Sota, che riportò gli occhi
sull'orizzonte << Vuoi giocare
con me? >> chiese dopo qualche secondo, al che Sota
mostrò tutta la confusione che provava, riportando le sue
iridi sul bambino che si era alzato e gli porgeva una mano, sempre
sorridente.
Scosse la testa in segno di diniego, continuando a guardarlo con gli
occhi spalancati, come se fosse scemo.
<< Perchè? >> domandò
un po' deluso Kohaku, abbassando la mano che temeva l'altro non avrebbe
stretto.
Sota si alzò, scuotendo ancora la testa, stavolta con occhi
neutri.
Si limitò a voltargli le spalle e ad allontanarsi, lasciando
Kohaku gelato sul posto, ferito.
Ma Kohaku decise di riprovarci, di non arrendersi: ogni giorno si
sedeva accanto a Sota in quell'angolino del giardino,
e gli parlava, anche se non riceveva ne' risposta, ne' uno sguardo.
Continuò così per un paio di mesi, ormai a Kohaku
non importava di tutti gli altri bambini, ma loro invece, vedendolo
sempre con quello deviato
mentalmente, a detta di qualche maestra, pensavano che
anche Kohaku fosse strano.
Un giorno, mentre Kohaku si stava dirigendo al solito posto per vedere
Sota, fu fermato da un gruppo di bambini,
che lo trascinarono all'interno della scuola, nell'ala inutilizzata.
Nel mentre lo spintonavano e lo prendevano in giro, fino a quando non
arrivarono davanti ai bagni rotti e non utilizzabili.
Lo spinsero brutalmente in una delle cabine e lo chiusero dentro,
dicendogli malignamente:
<< Oggi è il tuo turno, ma presto anche quel
tuo amichetto malato riceverà lo stesso trattamento!
>>
Lo lasciaro li, da solo, ma li poteva sentire ridere quando lui li
implorava di farlo uscire, perchè aveva paura
del buio.
Finchè non sentì più nulla, e pensava
che se ne fossero andati.
Poi un tonfo, e un altro, rumori di botte e strilla.
<< Non provateci mai più! >>
sentì dire da una voce tagliente, che lo fece rabbrividire.
La porta si aprì, infine, svelando la figura di Sota, e
Kohaku, sollevato, gli si buttò addosso, piangendo.
Non lo sentì ricambiare, ne una sola parola di conforto, era
come essere stretti ad un pezzo di legno tanto era
rigido, e Kohaku, credendo di essere un fastidio, si stava per
staccare, quando una mano delicata gli carezzò i capelli e
un'altra ricambiò leggermente la stretta.
Kohaku allora rimase attaccato a lui e pianse tutte le sue paure. Se
avesse sollevato il volto avrebbe potuto scorgere
le labbra di Sota incurvarsi verso l'alto e le guance rosate.
La loro amicizia aveva continuato a crescere, erano inseparabili, con
Kohaku Sota riusciva ad essere un po' più aperto,
anche se continuava a non parlare e a non mostrare sentimenti. Sota si
esprimeva a piccoli gesti quasi invisibili, che
però bastavano.
Ma adesso era diverso. Per entrambi. Kohaku non capiva più
cosa provava per il suo amico, era confuso, un misto
di emozioni vorticavano in lui, stordendolo, il cuore batteva
all'impazzata non appena incrociava quegli occhi enigmatici.
Sota invece sapeva. Da qualche anno.
Se ne era accorto, ma l'aveva sempre nascosto, certo che avrebbe potuto
rompere per sempre l'unico legame che aveva
creato in tutta la sua inutile esistenza.
Però... Si era reso conto, recentemente, che anche Kohaku
stava iniziando a considerarlo... diversamente.
Cosa che lui aveva sempre reputato fosse impossibile, stava
avverandosi.
Lo aveva compreso, vedendo Kohaku sempre più imbarazzato
assieme a lui, vedendo che tentava di nascondere il suo
corpo quando si cambiava, cosa che non aveva mai fatto prima, e poi
dagli sguardi intensi che gli rivolgeva.
Erano l'uno attratto dall'altro. Non una semplice cotta - almeno non
per Sota -, non solo attrazione fisica... Di più.
E quella sera Sota decise di agire.
Kohaku tentava di dormire, ma era inutile, sentiva le iridi di Sota
penetrargli la schiena, nonostante le coperte.
Chiuse gli occhi cercando di rilassarsi.
Poi, avvertì due braccia avvolgerlo e un nuovo peso sul
materasso.
Rabbrividì, conscio di chi fosse il proprietario di quegli
arti.
Sota si sdraiò alle sue spalle e, con delicatezza lo
voltò. Quando i loro occhi, a distanza così
ravvicinata, si persero
l'uno nell'altro, una scossa elettrica li avvolse. Sota, senza battere
ciglio, prese il volto dell'amico con la mano sana,
carezzandogli la guancia.
Kohaku, troppo sorpreso dalla dolcezza del suo amico, si accorse tardi
che Sota aveva ridotto ancora di più la distanza fra loro.
I loro respiri si mescolavano, un solo centimetro e le loro labbra si
sarebbero unite.
Kohaku fu percorso da un tremito a quel pensiero e alla voglia di
farlo, di baciare Sota.
Ma rimase fermo, paralizzato.
Finchè Sota si accostò a lui e azzerò
completamente la distanza fra loro.
Il bacio fu casto, uno sfiorarsi di labbra, gli occhi erano aperti,
confusi, felici, emozionati.
Fu di nuovo Sota ad agire, chiudendo i suoi e approfondendo il bacio,
con cautela, come se avesse timore di rompere l'alchimia
che si era creata fra loro.
Kohaku era perso, non sapeva che fare, pensava che forse non fosse
giusto, perchè erano due maschi, non potevano...
Ma percepì i sentimenti di Sota attraverso quell'unione, e
allora il suo petto fu pervaso da un grande calore e si disse
che era sempre giusto amare e seguire il proprio cuore. Si
lasciò andare nelle braccia di Sota con un sospiro,
stringendogli i capelli e sentendolo rilassarsi.
Ma quel momento venne interrotto dal violento aprirsi della porta,
seguito dall'urlo di Akiko.
Ok ragazzi, mi dispiace interrompere il capitolo, all'inizio era uno,
ma l'ho diviso perchè era un po' lungo e per
mancanza di tempo.
Non so come è venuto fuori, è scritto di getto
sotto improvvisa ispirazione e non sono riuscito a ricontrollarlo.
Be, fatemi sapere allora!
Ciao a tutti!
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