a friendly hand 3
A friendly hand:
Persona loquens
Hatake Kakashi era un uomo di poche parole e molta azione.
Tendeva ad essere più propenso a un attacco alle spalle che a
una bella chiaccherata cordiale, e la preferenza accordata a una certa
letteratura di svago quale le Tattiche della Pomiciata non lasciava
dubbi circa il suo approccio sentimentale. Ammesso che di approcci
sentimentali ne avesse mai tentati, quel vecchio orso.
Era raro che Hatake Kakashi prendesse una decisione che fosse per
sé, per sé e basta, e non per tutta Konoha, o per la sua
squadra in veste di capitano; qualora l’avesse presa, tuttavia,
era certo che l’avrebbe messa in atto con lo stesso metodo di
tutte le altre: con rapidità ed efficienza, e un ghigno
sbruffone nascosto dalla maschera.
Erano le tre, l’ora più insospettabile di un pomeriggio
insospettabile, quando si diresse a casa di Umino Iruka. Sulla carta,
aveva deciso di risolvere la situazione nel modo che gli era più
confacente. Solleticava con affetto programmi bislacchi come apparirgli
all’improvviso dalla tazza del gabinetto, o materializzarglisi
sotto le coperte, o calarglisi sulla scrivania dalla plafoniera.
Insomma, vaneggiava.
Hatake Kakashi era innamorato di Umino Iruka da dieci anni,
ventitrè minuti e quindici secondi: più o meno da quando
uno straordinario momento di serendipità gli aveva sbattuto in
faccia la tremenda verità e un ribollire poco consono delle
viscere, trascinato da un sorriso cauto del Chunin, allora maestro di
Naruto. Quanto all’affascinante, dolce maestro, non era chiaro se
una devozione di uguale portata ma infinitamente più timida o
una paura innata di danneggiare un suo superiore, famoso anche, lo
tenessero lontano dal concederglisi. O quantomeno, queste erano le
uniche due ragioni cui Hatake Kakashi attribuisse la ritrosia
dell’altro. Come in molte occasioni, tendeva semplicemente a non
considerare un’opzione che gli fosse sfavorevole.
Esibiva una baldanza senza precedenti, nel tragitto assolato. Le mani
in tasca,salutava bambini e cani, e aveva la testa ariosa e limpida e
vacua come quel pomeriggio di Maggio, nel cuore una fede bruciante,
perché cosa può succedere di male alle tre di un
pomeriggio di Maggio?
Arrivò al portone del palazzo verdastro incassato fra due
palazzi verdastri ugualmente malinconici, e suonò al citofono.
Avrebbe volentieri cantato a squarciagola: sentiva le campane nella
testa, e se avesse dovuto decidere una colonna sonora per il momento
avrebbe scelto qualcosa di allegro e un po’ sfacciato, un
motivetto allegro di jazz.
Il tempo che il maestro Iruka impiegava a rispondere era solo una
piacevole pausa ritmica, un apostrofo rosa fra le parole..
Com’è che era?
Premette nuovamente il bottone, e questa volta si riservò di
suonare a lungo, modulando quel gesto banale col ritmo trionfale di una
marcetta.
Fu al terzo tentativo disatteso che lo scat si trasformò in un
blues; al quarto era già una marcia funebre, con tanto di ottoni
e pennacchi neri; tutti nella testa di Hatake Kakashi, ovviamente.
Chiunque altro si sarebbe stretto nelle spalle, avrebbe mugugnato
qualcosa e sarebbe tornato sui suoi passi, il fagotto di una delusone
cocente pesante di piombo nel cuore.
Il jonin d’élite protagonista di questa storia,
però, non sarebbe stato quello che era, se fosse stato solito
arrendersi al primo ostacolo. E così, decise di rispolverare i
vecchi progetti di apparizioni da scarichi dei water, lampadari e
materassi, e questo coincise con un curioso movimento della musica
nella sua testa, che da un piano accelerò di botto a un allegro con brio mentre il direttore di quell’orchestra immaginaria si arrampicava su per la grondaia. Con brio anche lui.
Sapeva per certo –l’aveva controllato negli archivi di
Konoha con la complicità un po’ malintenzionata dello
Hokage- che l’affascinante maestro abitava al primo piano,
secondo appartamento. Così andò a colpo sicuro,
inerpicandosi gaiamente sul tubo di metallo.
Era del tutto impreparato a quello che vide. La musichetta che stava
fischiettando scemò di colpo, e un’espressione di terrore
confuso si tese con sempre maggiore nitidezza sui suoi lineamenti.
Improvvisamente non era più tanto sicuro che nei languidi pomeriggi di Maggio non potesse accadere nulla di brutto.
Il fatto è che-era come se un grosso ordigno fosse appena detonato nella stanza.
Biancheria e libri erano sparsi sul letto e sul tappeto, e sulla
scrivania troppo piccola e su un tavolo storto, fra i poveri resti di
un pranzo interrotto bruscamente. Un grammofono antiquato suonava
stonato, riproducendo un pezzo sempre identico di una canzone che non
riusciva a sentire da dietro lo spesso vetro. Infine, una nebbiolina di
vapore denso si era come insinuata nella camera, filtrando da una
fessura della prima porta a destra.
La teoria era che Umino Iruka fosse stato gasato dopo una colluttazione
e rapito, o affogato nel bagno non dovette frullargli in testa per
più di tre secondi; la possibilità che gli fosse stato
portato via in un pomeriggio assolato di Maggio era sufficiente a
ottenebrargli la ragione.
Fu così che fece ciò che ogni jonin sensato avrebbe
fatto: allungò il pugno chiuso contro il vetro, che si
frantumò all’istante in scintille taglienti. Poi accadde
tutto molto velocemente: la sua irruzione nel monolocale, appiattirsi
contro il muro, preparare una tecnica, una qualsiasi, perché
c’era qualcuno in casa, e non preoccuparsi del sangue, e-
La prima porta a destra scricchiolò, poi si aprì.
- Maestro Kakashi?
La visione di un Umino Iruka terrorizzato e vestito esclusivamente di
un asciugamano bianco fu sufficiente a renderlo consapevole
dell’errore di calcolo appena commesso.
- Maestro Kakashi, vorrei sapere cosa è successo alla mia finestra, se non ti dispiace. La tua mano sta sanguinando?
Oh, beh.
L’espressione arrendevole e un po’ smarrita del giovane
insegnante, e un tocco leggero, quasi un tentativo, sulla spalla,
fecero il resto.
Hatake Kakashi pensò che al diavolo, andava bene anche
così, permettergli di medicarlo e limitarsi a fissarlo, e
dimenticare tutto e fare finta che non fosse successo niente.
Fu sufficiente una fitta di orgogliosa sincerità a ricordargli
che doveva delle scuse a Iruka, e che era quello il motivo della sua
irruzione.
Gli ci volle comunque del tempo prima di riuscire ad articolare un
suono compiuto, perché Iruka gli aveva preso la mano fra le sue,
e aveva l’aria attenta e calma mentre gliela puliva dal sangue, e
cominciava a fasciargli il polso con movimenti innecessariamente
delicati, e comunque non erano mai stati così vicini, e quella
cicatrice non era tanto male,vista da vicino, e le dita di Iruka
scorrevano piano sulla sua pelle, ed era pronto a giurare che lo
facesse apposta, per farlo impazzire.
- C’è un mio amico… -Esordì, e la voce gli
uscì involontariamente strozzata, con una sfumatura incredula.
In effetti non c’era dubbio che fosse incredulo; stava per
sganciare la bomba, e
La vista di Iruka che si distoglieva dal bendaggio e lo fissava con
tanto d’occhi non lo aiutava ad assumere un atteggiamento
più decoroso.. Sembrava dirgli, con tutta la tensione del suo
corpo, e le sopracciglia appena aggrottate, sembrava chiedergli cosa
gli importasse del suo amico.
Sembrava deluso.
- C’è un mio amico… -Gli ci volle tutta la sua
forza per continuare, gli occhi bassi su Iruka accovacciato su uno
sgabello. -..C’è un mio amico che è innamorato di
una ragazza.
- Una ragazza. –L’altro lo invitò a proseguire.
Probabilmente non poteva controllarla, ma aveva l’aria scocciata.
- Una ragazza tostissima; con le palle,
non so se mi spiego.. –Si affrettò a continuare, prima che
la voce gli morisse in gola. –Questa ragazza… Lui la ama
da moltissimo tempo, davvero. Credo mi abbia detto che sono passati
dieci anni, quaranta minuti e-e non sono sicuro dei secondi, ma giuro
che dieci anni sono un’eternità, e lei non gli ha mai, mai
permesso di avvicinarsi, e allora lui non sa come fare, perché
la ama e non capisce perché lei non debba amarlo a sua volta.
Lui è un uomo affascinante, un jonin d’élite, e
sarebbero-sarebbero davvero una bella coppia.
Prese fiato che era cianotico, dallo sforzo e dalla preoccupazione.
- Forse… -Se Iruka sperava di potersi intrufolare in quel
monologo sfruttando la fisiologia di Kakashi, la partita era persa in
partenza.
- Aspetta. Aspetta, c’è dell’altro.
Annuì e sospirò, ed era bello e rassegnato, il che costrinse Kakashi ad un’altra pausa, a fiato mozzo.
- C’è che questa ragazza, un giorno, è quasi morta.
Lui credeva di impazzire; pensò che-non pensò a niente,
in realtà. Oh, è una storia a lieto fine, nel caso te lo
stessi chiedendo. La salvò. All’ultimo minuto. Un atto
molto eroico, per inciso.
C’era la possibilità remota che Iruka stesse cominciando a
capire, o quantomeno a nutrire dei sospetti, sull’identità
della fanciulla misteriosa che aveva rapito il cuore all’aitante
jonin; glielo si leggeva in faccia, un sospetto beneducato e inespresso.
- Mi duole aggiungere che la cosa lo fece andare fuori di testa.
Insomma, c’era quel nukenin, e lei-e lei stava lì a parlargli!
Il mio amico è una persona comprensiva. Però-vedi,
pensò che lei era disposta a morire pur di risparmiare la vita
di quel traditore, che aveva tanto amore per tutti, tranne che per lui.
Pensò che chi ama tutti in effetti non ama nessuno, e-suppongo
che l’abbia disprezzata, per una frazione infinitesimale di
tempo. Insomma, pare che l’abbia ferita, o che abbia cercato di
ferirla, che poi fa lo stesso e anzi è un po’ peggio. Ma
io sono sicuro che se l’ha fatto adesso si è pentito,
pentito da morire. Perché non vorrebbe che lei soffrisse, per
nessun motivo. Solo che si chiede se lei lo lascerebbe fare. Se
lui…
Un dito sottile premuto contro la maschera, al livello delle labbra, lo zittì in modo abbastanza perentorio.
- Penso che il tuo amico dovrebbe dirgliele, queste cose. Faccia a faccia.
- C-Credi?
- Penso che lei non aspettasse altro. Da dieci anni, cinquanta minuti e
sedici secondi. E non credo che lui sia stato chiaro come dice. Magari
lei credeva di non avere speranze. Sai, per la posizione che lui occupa
nel villaggio.
- La posizione. –Kakashi pensò che fosse molto difficile
mantenere un’aria seria e rassicurante e responsabile con le dita
di Iruka che scivolavano fra le sue e una mano che gli abbassava la
maschera.
- ..E’ un peccato che al tuo amico piacciano i maschi.
Kakashi avrebbe voluto ritrarsi scandalizzato, e difendere
l’onore del suo amico. Avrebbe voluto fare molte cose, dire molte
cose; avrebbe voluto dichiarare il suo amore per Iruka faccia a faccia,
per quanto gli piacesse l’idea che quello fosse un loro gioco
privato.
Non ne ebbe il tempo, e quanto alla voglia, fu spazzata via ben presto.
Pensò che le labbra di Iruka erano morbide come quelle di una donna, ma questo non gliel’avrebbe mai detto.
- Ricordami di ringraziare Sasuke.
Poi smise di pensare.
- Etchù!
- Sai, teme? Dicono che solo gli idioti si prendono il raffreddore.
Lo Hokage si beccò una gomitata fra le costole, e poi rise di
una risata argentina, che risuonò nel pomeriggio assolato di
Maggio come un’eco di infanzia.
- Qualcuno sta parlando di me, dobe.
Naruto vide distintamente un sorriso farsi largo sui lineamenti di
Sasuke. Ma non glielo fece notare, e si limitò a sorridergli di
rimando.
FANTASTICHE NOTE DI FINE CAPITOLO:
Lo so, lo so, lo so.
Sono in ritardo spaventoso, e non mi sorprenderei se nessuna di voi leggesse questo capitolo, perchè insomma...
Posso scusarmi dicendo che ho avuto un calo di ispirazione?
Mille e mille cose da fare? Un temibilissimo esame?
Torme di insetti?
Comunque sia; se siete arrivate fin qui vuol dire che probabilmente
avete letto tutto, e allora non posso fare a meno di ringraziarvi.
Siete state stupende, mi avete supportata e resa orgogliosa di me
stessa. E non è poco.
Grazie a chi ha seguito e a chi ha preferito, e grazie al quadrato a chi ha recensito!
Amrilde: Lo spero anch'io,
francamente! In effetti c'è poco SasuNaru in questa fanfiction,
e in effetti ci sono pochissime pomiciate, e non so come scusarmi.
Va bene se ti prometto che nella prossima dovremmo vedere in azione
entrambe le coppie?
Capitatapercaso: Sinceramente,
io amo le tue recensioni. Lo so che potrebbe sembrare strampalato, ma
amo la precisione dei tuoi commenti, mi rendono davvero felice!
Acidità a parte, spero di non averti delusa. Vedrò di
farmi venire un'indigestione al più presto, così magari
la prossima fanfiction sarà partorita più celermente...
Tu pensa a mandarmi un po' di alka seltzer! E' bello che tu non abbia
trovato i personaggi troppo OOC; era una cosa che temevo, soprattutto
perchè tendo molto a divagare, specie nello scrivere i dialoghi.
E-e... Ooooh, sono contenta che ti sia piaciuto il dialogo! xD
Alla prossima!
Lan: Oh, triste per Iruka?
ç__ç Ti capisco; io scrivendo quella scena mi detestavo,
soffrivo per lui, poverino. Mi sa che l'ho massacrato un po' troppo,
ma-suvvia. Direi che in questo capitolo ha la sua rivincita: Kakashi
è un povero allocco u__u
Ti ringrazio per il contributo musicale! E quanto alle telecamere...
°ç° Non è che poi mi passi il filmino, vero?
Giusto per ispirarmi, eh!
Cecily: Waaah, davvero la trovi
scorrevole? °O° Avevo paura che fosse illeggibile! E'
fantastico, mi hai rassicurata un sacco: grazie!
Fuyu: Direi che ci siamo viste anche troppo, per ora xD
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