Parte V -
Magnolia//Loveless
C'erano
giorni durante i quali Rufus ShinRa non la degnava di un solo sguardo
dalla mattina alla sera. Tifa si sentiva sollevata e delusa al tempo
stesso, infastidita da quanto contrastanti fossero quei suoi sentimenti
e da quanto fosse assurdo ed insensato il suo bisogno continuo di
trovarsi un attenuante.
Lo
odi, Tifa. Tu lo odi.
Lo
odiava quando era costretta ad indossare quegli abiti da nobildonna o
stare chiusa in quella stanza enorme per tutte e ventiquattro le
maledette ore, le mani in mano ed assolutamente nulla da fare.
Lo
odiava quando guardava le manette chiuse intorno ai polsi o quando si
chiedeva il motivo per cui l'avesse tirata fuori da quella cella dove -
le capitava spesso di pensarci - si era trovata molto più a
suo agio.
Lo
odiava profondamente quando appariva dal nulla
per tenerle compagnia. Per giocare con lei.
Però
c'erano altre occasioni in cui doveva fare in modo che la sua parte
razionale frenasse quella opposta. Non piegarti, Tifa. Tu
vivi per combattere la ShinRa. Sei qui perché volevi
distruggerla. Era sempre più indispensabile
ricordarselo. C'erano dei momenti in cui veramente, rischiava di non
farci più caso.
«
Ti sta bene questo vestito, sai? Il bianco ti dona.» decise
d'un tratto Rufus, seduto in fondo alla stanza. Affondava in poltrona
con una gamba sull'altra ed un gomito sul bracciolo, mentre girava
svogliatamente le pagine di un libro che sembrava leggere senza troppa
attenzione.
Tifa
si limitò a lanciargli un'occhiata del tutto inespressiva,
voltandosi appena.
«...grazie.»
disse infine, senza trasporto. Spostò nuovamente
l'attenzione verso l'enorme finestra che si apriva davanti a lei,
lasciando che gli occhi vagassero sui profili disuguali dei palazzi di
Midgar. La luce del mattino le investiva il volto, poteva vedere il
proprio riflesso nel vetro circondarsi degli arcobaleni dei suoi
orecchini.
Purtroppo
a Midgar non era più capitata una giornata di cielo terso da
moltissimi anni: guardare quella città dall'alto del palazzo
della ShinRa le infondeva una sensazione di malinconia ancora
più profonda di quella che la bruciava quando alzava lo
sguardo verso le piattaforme dei settori, affacciata alla finestra del
suo bar nei bassifondi.
Anche
in quel momento, dal piano più alto di quella costruzione,
non poteva fare nulla per salvare quella città.
Sfiorò
con le dita ed un gesto impacciato la superficie liscia del vetro, non
ancora del tutto abituata alle unghie smaltate e limate già
molto più lunghe del solito. Con le unghie ridotte in quel
modo non avrebbe più potuto dare i pugni che voleva.
Cercò
con gli occhi la piattaforma del settore 7, individuandola
immediatamente, ma i bassifondi erano del tutto nascosti dalle
abitazioni dei piani alti.
Cosa
stavano facendo i suoi compagni in quel momento? Erano ancora vivi?
Spero
solo che siano vivi e liberi continuava a ripetersi,
tormentando gli anelli di metallo delle sue manette. Il fatto che non
fossero andati a prenderla non significava che fossero morti. E
comunque, perché tentare di salvarla? Ormai era ammanettata
e rinchiusa in una cella più sicura di quella nelle prigioni
di Midgar. E c'era il principe della ShinRa in persona a farle da
guardia, quando non aveva altri impegni più urgenti.
Sentì
il frusciare sommesso degli abiti di Rufus alle proprie spalle, poi i
suoi passi tranquilli rintoccare sul pavimento come le lancette di un
pigro orologio.
Tac.
Tac. Ancora un altro secondo, un altro passo, e lui avrebbe
varcato il confine invisibile entro il quale Tifa iniziava a perdere il
controllo.
La
prigioniera premette con maggiore forza le dita sulla finestra,
tendendosi. Un qualsiasi contatto fisico, anche solo sentire per un
attimo la propria mano toccare la sua per sbaglio, l'avrebbe fatta
impazzire. Con quelle unghie poteva graffiare a fondo, almeno.
Ci
fu ancora qualche istante di silenzio, poi Tifa vide il suo riflesso
opaco nel vetro: lo guardò sfogliare una pagina del libro
che teneva aperto in una mano, il capo chino su di esso. Si sfiorava il
mento e la bocca in gesti inconsapevoli, assorto, continuando ad
avanzare verso di lei a passi lenti.
«
‘...ed i suoi petali di neve cercarono
disperatamente il sole, con immenso dolore ed una profonda impazienza.
Era troppo bello, troppo brillante, ed i suoi raggi non erano mai stati
così pieni di vita, di luce e di calore. Lei si protese,
bruciando per quel suo amore devoto e impossibile, e non vedeva niente
oltre il suo Sole. E non si curava della rugiada che discendeva il suo
stelo, tintinnando come ghiaccio'»
La
voce di Rufus si spense in un soffio e Tifa lo scorse con la coda
dell'occhio mentre le si fermava al fianco. I suoi occhi spaziavano nel
vuoto, leggermente assenti, mentre l'eco delle sue stesse parole faceva
turbinare le screziature delle sue iridi in una danza misteriosa.
Tifa
lo studiò per un attimo, ripensando a ciò che
aveva appena detto con quella sua voce cadenzata e dal bell'accento: il
suo tono era stato stranamente dolce, quasi malinconico.
«
Che cos'era?» chiese infine, con un sussurro, cedendo alla
curiosità.
Rufus
ShinRa batté appena le palpebre:
«
Una favola.» spiegò, facendo scivolare il
segnalibro di stoffa fra le dita prima di adagiarlo con calma sulle
pagine bianche.
«
Di cosa parla?»
Lui
la guardò, voltandosi lentamente nella sua direzione. Chiuse
il libro con calma, carezzando la rilegatura di pelle blu:
«
Una storia di amore e morte.» continuò «
La storia di una magnolia bianca perdutamente innamorata del
sole.»
Tifa
dischiuse appena le labbra. Le era sembrato di voler dire qualcosa, ma
le parole le si erano fermante a metà strada, lungo la gola.
«
Cosa le capita?»
Rufus
non rispose subito. Per qualche momento rimase in silenzio, con gli
occhi che si erano nuovamente spostati al panorama uggioso di quella
Midgar sfruttata e sofferente.
«
Cerca di raggiungerlo aprendogli i suoi petali, offrendogli tutta la
sua grazia e la sua vita, donandogli tutto ciò che possiede.
Ma non si accorge che i raggi che tanto ama la stanno lentamente
consumando, seccando le sue foglie e bruciando la sua
bellezza.»
Le
labbra di Tifa si inaridirono improvvisamente.
La
luce fioca giocava con le ombre sul volto di Rufus ShinRa. Delineava il
profilo nobile del suo naso dritto e perfetto, si soffermava sul
sottile labbro superiore, sulla curva volitiva del mento e su quella
più morbida delle guance.
«...povera
magnolia...» le parole di Tifa scivolarono via lentamente, un
po' incerte, soffocate. Non riuscivano ad esprimere il sentimento di
profonda tristezza - un'inspiegabile autocommiserazione - che era
sbocciato nel suo petto nei confronti di quel fiore così
fragile, schiacciato dalla sua bellezza, dalla sua stessa perfezione,
dal suo sogno irrealizzabile. Non le riuscì di dire
nient'altro. Le si era improvvisamente aperto un buco nello stomaco.
Poi
l'attenzione del giovane ShinRa tornò su di lei, le sorrise
appena, scoprendo giusto la porzione di denti necessaria a farle
bollire il sangue nelle vene.
«
E' una storia che mi piace molto. E' molto triste, ma trovo sia la
più bella di tutte. Molto...malinconica.» le
sventolò il libro davanti al volto «Loveless.»
Tifa
battè le palpebre qualche volta prima di allungare le mani
verso la copertina su cui brillavano lucenti caratteri dorati. Rilesse
distrattamente il titolo un paio di volte, comprendendolo appena.
«
E' una raccolta di poesie. Sono sicuro che ti piaceranno.»
gli occhi di Rufus brillarono per un attimo fra quelle sue ciglia
lunghe « E' un regalo. Per passare il tempo.»
«...g
- grazie.» era la seconda volta che diceva quella parola
così assurda. Due volte nel giro di pochi minuti.
No,
Tifa.
Strinse
il volume fra le mani, sfiorando con un dito il segnalibro morbido che
spuntava fra le pagine. Non aveva avuto niente da fare per troppi
giorni perché riuscisse a rifiutare quel genere di regalo.
Anche se era Rufus a farglielo.
«
Leggerò.» gli assicurò, evitando di
restituirgli lo sguardo per più tempo del necessario. Non
era più sicura di quanto fossero aggressive le sue occhiate.
Ormai era troppo stanca e rassegnata per farci caso.
«
Bene.» l'altro annuì con aria tranquilla
« Poi se ti fa piacere mi parlerai delle tue storie
preferite. E io potrei dirti delle mie.» lo aggiunse alla
fine, poco prima di andarsene senza dire una sola parola.
Ma
lui era così, entrava ed usciva come se niente fosse, le
teneva compagnia, la sorvegliava per il tempo
che riteneva necessario, poi fuggiva senza preavviso non appena
ricordava di essere ancora - dopotutto - il vicepresidente di un'enorme
azienda.
Tifa
sfogliò le prime pagine del libro facendo attenzione a non
rovinare la carta, girando i fogli lentamente.
La
mente le si era affollata di tante immagini confuse e distratte, gli
occhi volavano sui caratteri neri di quel volume stampato con
attenzione.
Non
era sicura di cosa esattamente stesse pensando in quel momento, e nelle
ore che seguirono, mentre si immergeva in quel mondo fiabesco di
leggende, poesie, fate che morivano al sorgere del primo sole, immobili
nel ghiaccio di una notte invernale, punite ingiustamente per il loro
essere troppo buone.
Rufus
che leggeva, la magnolia che appassiva - bruciata d'amore - Rufus che
guardava oltre il vetro spesso della finestra, i chiaroscuri disegnati
sul suo volto come su quello di una scultura. Rufus che di colpo la
guardava, Rufus che accennava uno dei suoi sorrisi assassini e
bellissimi.
Povera
magnolia.
[***]
Lo
guardò senza capire mentre girava la piccola chiave nella
minuscola fessura, faceva fremere le catene e gli anelli metallici ed
infine sfilandole le manette ormai aperte.
Si
sforzò di mantenere la bocca chiusa, anche se il mento
sembrava essere diventato di colpo più pesante.
Seguì i suoi gesti tranquilli e del tutto consapevoli con in
volto stampato un cipiglio che gli domandava silenziosamente se per
caso fosse impazzito.
«
Cosa stai...?»
«
Dovrò farti portare uno scialle. Avrai freddo con queste
spalle scoperte.» la ignorò del tutto, facendo
sparire le manette negli ampi pantaloni bianchi. Allontano le mani da
quelle di Tifa senza neppure sfiorarle e si rivolse immediatamente alla
donna che le aveva appena intrecciato i capelli.
Tifa
attese che Rufus le riconcedesse la sua attenzione, osservandosi quasi
incredula i polsi liberi leggermente segnati dalla pressione del
metallo.
Manette
che non le erano mai state tolte neppure per
fare il bagno o per dormire.
Non
appena l'uomo si voltò ancora verso di lei, lo
aggredì - con le parole - senza neanche prendere fiato:
«
Cosa sta succedendo?» un'idea le balenò in mente e
le riempì la voce di un'eccitata speranza « Tuo
padre è finalmente riuscito a venire?» aveva
aspettato, sopportato in attesa di quel momento...sembrava
impossibile...
Rufus
le rivolse un'occhiata priva d'espressione:
«
No, non ancora.» ...difatti lo era.
La
sorpresa e lo sconcerto ebbero il sopravvento sulla delusione.
«
Ti porto a fare una passeggiata.» annunciò il
principe, con tono più allegro del solito « Sei
stata rinchiusa qui dentro troppo a lungo...non mi sembra giusto
lasciare che le tue belle guance perdano più colore di
così.» questo bastò a farle ricolorare
almeno un minimo.
Sei
una stupida, Tifa. Controllati. Controllati, accidenti!
Lo
lasciò fare mentre si sporgeva per posarle lo scialle color
panna sulle spalle e le girava attorno per sistemarle la lunga treccia
- non le era mai piaciuto tenere i capelli legati a quel modo, ma non
poteva far nulla se era lui a volerli
così - su di una spalla. Le ricadde sul seno non appena lui
si allontanò e d'impulso lei si strinse nella stoffa
sfrangiata. Quando lui era così vicino, anche se non le
sfiorava neppure un centimetro di pelle, iniziava davvero a fare molto
freddo.
«...ma
allora non mi stai liberando?» si accertò, con un
bisbiglio.
Rufus
parve trattenere una risata, guardandola con le labbra premute fra
loro; poi fu incredibilmente bravo a sostituire quel cipiglio sospetto
con qualcosa che gli si addicesse maggiormente. Lo sguardo di uomo che
non doveva mai chiedere nulla.
«
Per il momento accontentati di questo. » non aveva risposto
alla domanda, ma la eluse con maestria invidiabile.
Tifa
si ritrovò a seguirlo ciecamente lungo i corridoi del
palazzo ShinRa, quasi in preda all'ipnosi. Pensava che non avere
più le manette la potesse aiutare a sentirsi più
libera, che le potesse dare la sensazione di poter fuggire
più facilmente, ma senza nulla a fermarle le mani si sentiva
ancora più inspiegabilmente costretta, rinchiusa, impotente.
Sapeva
che anche volendo non sarebbe mai riuscita a scappare, che non sarebbe
stata in grado di sottrarsi a lui, al suo
personale burattinaio. Quello che tendeva ed allentava i suoi fili con
la forza di una semplice occhiata.
Respirò
a pieni polmoni quando, raggiunta la terrazza dell'ultimo piano,
sentì il vento schiaffeggiarle il volto. Lasciò
che le sferzasse la schiena, mentre ciocche sfuggite all'intricato
gioco di intrecci le lambivano le guance congestionate.
«
Soffri di vertigini?» le domandò di colpo Rufus;
si voltò verso di lui di scatto, si era quasi - stranamente-
dimenticata della sua presenza. Se ne stava lì immobile nel
vento, gli abiti bianchi che gli si gonfiavano intorno alle braccia e
le gambe, le mani in tasca ed i capelli appena più
disordinati del solito.
«
No.» Tifa rispose semplicemente, senza degnare di uno sguardo
il baratro di sessanta piani che le si apriva davanti, un enorme canyon
di ferro e luci, di persone, miseria e nuvole.
Rufus
non disse nulla, o forse Tifa si rifiutò semplicemente di
ascoltarlo.
Il
vento la depurava. Forse poteva illudersi di dimenticare tutto e
levarsi dalla mente lui e la sua paradossale
prigionia per almeno i cinque minuti che sarebbero seguiti
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