La bicicletta lucida e la
cartella preparata la sera prima.
Il viso pulito, gli occhi limpidi e privi di ombre, i capelli ordinati
tagliati corti.
Gentile.
Ingenuo.
Terribilmente sempliciotto.
Con questo, il ritratto di Hojo era completo.
Non c’era null’altro da dire su questo studente
giapponese, se non “ottimo
ragazzo”, “studente
attento” e blah blah blah.
Lui era ben contento di rientrare nella fascia media
dell’adolescente medio e dalla vita non pretendeva
null’altro che mantenere la perfetta normalità che
già possedeva.
Anche ora, mentre pedalava verso scuola sulla sua bicicletta fiammante,
non poteva che dirsi soddisfatto della vita che aveva sempre condotto,
salvo qualche inevitabile neo che la oscurava di poco.
Il primo esempio di “neo” che gli sarebbe venuto in
mente se gliel’avessero chiesto, sarebbe stato questo: la
situazione disastrosa di salute della ragazza che gli piaceva, che le
impediva praticamente ogni volta di presentarsi agli appuntamenti che
lui le proponeva.
La ragazza in questione aveva un nome ed un cognome, rispettivamente
Kagome e Higurashi, che messi in fila suonavano parecchio musicali.
La ragazza in sé era graziosa e gentile e ad Hojo piaceva.
I rigorosi passi del corteggiamento dicevano che doveva essere il
ragazzo ad esporsi per primo a suo rischio e pericolo ed era ancora
meglio se lo faceva recando doni all’oggetto del suo
desiderio e così Hojo aveva fatto.
Higurashi pareva sempre imbarazzata di ricevere le sue attenzioni, cosa
che lo faceva sentire vagamente lusingato; Higurashi accettava spesso
le sue proposte salvo poi disdire all’ultimo, non per sua
volontà, ma appunto per la sua salute irrimediabilmente
cagionevole.
Questo certo non l’aveva fatto demordere, anzi aveva se
possibile aumentato il suo interesse per lei, non per la sfida,
piuttosto per la convinzione che lui e Higurashi avrebbero formato una
coppia affiatata, considerato il costante bisogno di cure di lei e
l’incessante devozione di lui.
Nella speranza che Higurashi si fosse fatta presto vedere a scuola,
Hojo portava ogni giorno con sé il prossimo oggetto che
voleva regalarle, oggi compreso.
“Questi
talismani per rafforzare l’aura la aiuteranno a stare
meglio”
Pensò soddisfatto, mentre smontava dalla bici.
“Appena
starà meglio uscirà con me”
Fu il pensiero successivo.
Camminò a testa alta verso l’edificio scolastico,
misurando i suoi passi perché le falcate non fossero
eccessive e rispondendo a chi incrociandolo lo salutava.
Non c’era nient’altro da dire o raccontare su Hojo:
lui non aveva segreti, non aveva vizi. Non si alzava in piena notte per
mangiare cioccolata, non nascondeva riviste compromettenti sotto il
letto, non saltava scuola per non essere interrogato.
Se ogni tanto si parlava di lui, era perché nella
sua normalità esasperata risultava essere un po’
strambo ma non era odiato né amato per questo.
I suoi compagni erano vagamente a conoscenza della sua cotta per Kagome
Higurashi, quella che si buscava sempre le malattie più
strane e i più concordavano che in effetti quei due
sembravano abbastanza ben assortiti.
Hojo arrossiva quando queste voci giungevano alle sue orecchie e si
impappinava nel tentativo di parlare, perché si immaginava
lui e Higurashi mano nella mano per le vie affollate di Tokyo e questo
bastava per confonderlo.
Raggiunse la file degli armadietti appena dentro la scuola, ripetendo
mentalmente la lezione del giorno prima.
Si dimenticava sempre una parte.
Quando focalizzò sconfitto di nuovo l’attenzione
sul corridoio che stava percorrendo, la sorpresa che attendeva gli si
presentò davanti come un regalo apposta per lui:
Higurashi stava a pochi metri da lui, circondata dalle sue tre amiche,
quelle simpatiche che lo informavano sempre riguardo alla nuova
malattia che lei stava affrontando.
“La fortuna
aiuta gli audaci!”
Pensò, sfoderando i talismani.
- Higurashi!
Chiamò, la voce leggermente più alta
per farsi sentire, controllata perché lei notasse la sua
sfumatura che si impegnava suonasse roca.
Higurashi si voltò verso di lui, colta di sorpresa:
alzò le sopracciglia nella sua direzione e una mano le
salì ai capelli spettinati, l’altra le
coprì la guancia, forse nel tentativo di mascherare il suo
aspetto di qualcuno che si è svegliato da poco.
La sua agitazione lo fece sentire importante, ma soprattutto intenerito.
Povera Higurashi, pretendeva di essere perfettamente in ordine,
nonostante le continue preoccupazioni con le quali il suo fisico
inadatto alle troppe malattie la tormentava.
In realtà non pareva malata o stanca, ma poco importava: con
gli amuleti che le aveva portato sarebbe stata ancora meglio.
- Allora, sei guarita? -
domandò cordialmente, mentre le tre amiche di Higurashi
prontamente si disperdevano -
ti è passata … cos’era?-
si deluse per non essere riuscito a ricordare qual’era
l’ultimo virus che la ragazza aveva contratto.
- Oh, sì-
rispose lei, senza preoccuparsi di specificare il nome della sua
malattia più recente.
- Ti ho portata questi-
attaccò subito lui, mettendo in mostra i talismani - dovrebbero rafforzare la tua
energia spirituale.
- Oh! -
Higurashi fece ancora, agitandosi sul posto a disagio; Hojo
pensò che fosse preoccupata di non essere ancora totalmente
guarita.
- Allora, se stai meglio
potremmo andare al cinema sabato, ti andrebbe?
- Oh.
Higurashi fissò un punto imprecisato sulla fronte di Hojo ma
prima che potesse rispondere, le sue amiche le furono addosso come
rapaci, trascinandola via con la promessa di riportarla al
più presto.
Hojo rimase fermo dove si trovava, controllando distrattamente di stare
mantenendo la schiena bene eretta e le braccia dritte lungo i fianchi.
C’era da dire anche che la ragazza che gli piaceva era molto
timida e che per trovare il coraggio di accettare un appuntamento con
lui, aveva bisogno fino all’ultimo
dell’incoraggiamento delle sue amiche.
Quando la vide ritornare raddrizzò inutilmente le spalle
già dritte e le tese i talismani colorati perché
lei li prendesse.
- Mi dispiace, Hojo
- si scusò - ma
ancora non mi sento molto bene.
- Nessun problema. La salute prima di tutto. Riguardati, mi raccomando!
Con questo, naturalmente, la conversazione poteva dirsi
conclusa.
Con un sorriso gentile, che coinvolse anche gli occhi e persino la
fronte, lasciò Higurashi là dov’era,
perché potesse andare in aula in compagnia delle sue amiche,
che parevano deluse del suo rifiuto.
Per un attimo, meno di un battito di ciglia, le parve di vedere un
lampo di sollievo negli occhi della ragazza, ma poi lei
sparì dal suo campo visivo e lui fu certo di esserselo solo
immaginato.
Povera Higurashi, così malata.
Aveva problemi a mantenersi in pari con lo studio, per colpa del suo
fisico debole.
(Non vedi, Hojo?)
Ma presto sarebbe stata abbastanza bene da uscire con lui.
(Non vedi che
Kagome nemmeno ti
guarda?)
E sarebbe stata contenta di accettare il suo invito.
(Non vedi che i suoi
occhi non hanno interesse nell’incontrare i tuoi?)
E lui le avrebbe pagato il biglietto del cinema e i pop
corn.
(Non ti accorgi che il
suo imbarazzo e solo dettato dal fatto che vuole andare presto via da
te?)
E poi forse avrebbe appoggiato il braccio sullo schienale
del suo sedile.
(Non ti rendi conto che
lei non è per te?)
E, se avesse avuto il coraggio, nel buio della sala del cinema,
l’avrebbe baciata.
(Non lo sai che lei
è tutta di qualcun altro?)
Si allontanò così, sereno,
soddisfatto del rumore cadenzato che le sue suole provocavano a
contatto col pavimento ad ogni suo passo; si sistemò meglio
la tracolla perché non gli segasse la spalla e sorrise.
Ripensò quasi senza volerlo alla conversazione perfettamente
riuscita appena sostenuta con Higurashi; lasciò che il
ricordo vecchio di un minuto scorresse sul viso delizioso e rosato di
lei.
Rallentando di poco il proprio passo pensò che quello non
era proprio il colorito di qualcuno che si è appena ripreso
da una malattia seria.
Per forse un secondo, l’idea assurda che lei gli avesse
mentito per non dover uscire con lui gli attraversò la mente.
Ma fu solo un attimo.
No, Higurashi sarebbe stata felice di uscire con lui.
Non appena si fosse sentita meglio.
Alloooooora! Ho
scritto questa roba ancora in settembre, durante una miracolosa ora
buca a scuola. Non è nulla di utile, ma mi sono divertita a
scriverla. Il povero Hojo è così tonto da far
pena, santo cielo, è stato spassoso scrivere su di lui,
dovreste provare!XD
C'è bisogno che lo ripeta? XD Spero in recensioni!
Baci,
Beverly Rose
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