Eccomi!
Ringrazio infinitamente chi ha recensito il primo capitolo; vi informo
-malvagiamente xD- che il personaggio della corsa in auto non
è in realtà la "sorpresa" che figura tra i
personaggi di questa storia, o, almeno, non la maggiore ;)
Chiedo perdono in anticipo per eventuali ritardi di aggiornamento, dato
che in questo periodo ho diversi impegni a tenermi lontana dal pc, ma
cercherò di non farvi aspettare troppo.
Vi ringrazio anche per la fiducia che mi accordate: questa storia
è la prima "non leggera" che scrivo, e spero che possa piacervi fino alla sua conclusione.
Buona lettura!
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Capitolo II
San Mungo, 26 agosto
«E’ lei il signor Roger Dominic
Davies?»
Roger Dominic Davies rispose senza aprire gli occhi.
«No.»
Silenzio.
Poi la stessa voce disse: «Signor Davies, la prego di non
fare lo spiritoso. La sua situazione è già
abbastanza difficile senza che lei cerchi di aggravarla
ulteriormente.»
«Io non faccio lo spiritoso. Mi ha fatto una domanda e io le
ho risposto» osservò tranquillo Roger, gli occhi
ancora chiusi.
«Signor Davies, se lei nega la propria identità
davanti a un legale e a un inviato ministeriale non fa altro che
aggiungere alla già cospicua lista dei suoi reati anche
l’accusa di falsa testimonianza.»
Roger si decise finalmente ad aprire uno degli occhi, e quello che vide
non gli piacque. In piedi di fianco alla sua branda
d’ospedale c’erano due uomini, uno giovane e uno
più anziano.
Il primo, quello che gli stava parlando, aveva capelli color sabbia, un
viso largo e squadrato e un mento dalla linea decisa. Gli sembrava di
averlo già visto da qualche parte.
«Signor inviato del Ministero, se lei chiede la mia
identità conoscendo già la risposta non fa altro
che creare perplessità sulla sua già dubbia
intelligenza.»
L’uomo strinse le labbra ma si
controllò. «L’inviato del Ministero non
sono io, signore, ma il signor Cattermole.»
L’uomo più anziano, che Roger suppose fosse il
signor Cattermole, si fece avanti. «Sono qui per sincerarmi
della sua salute, signor Davies. E per concludere un accordo tra il
Ministero e il suo avvocato.» E fece un cenno verso
l’individuo più giovane.
Roger stavolta aprì tutt’e due gli occhi e si fece
attento. «Il mio avvocato? Sarebbe lei?»
L’uomo più giovane annuì. «Mi
chiamo Finnigan. Sono stato ingaggiato da sua madre.»
Roger si tirò su a sedere, irritato. «Mi sembra di
avere superato la maggiore età da abbastanza anni per
scegliermi un legale da solo.»
«Sì, signore» rispose Finnigan,
irreprensibile. «Ma il fatto che lei sia stato in coma per
circa una settimana e mezza ha spinto sua madre a prendere
l’iniziativa. Se non l’avesse fatto, ora lei
sarebbe immediatamente convocato davanti al Wizengamot Minore senza
difesa.»
Roger inarcò le sopracciglia. «Mi sta forse
dicendo che invece non sarà così?»
«Esattamente, signore» intervenne il signor
Cattermole. «Grazie all’intermediazione del qui
presente signor Finnigan siamo giunti a un compromesso. Io sono qui
proprio per sincerarmi del fatto che lo accetterete. Dopotutto in
questo periodo il Ministero ha già parecchio da fare senza
processi per reati minori.»
Roger guardò da uno all’altro, sospettoso.
«Mi credete davvero tanto sprovveduto da credervi
così, sulla parola?»
Finnigan parve trovarla un’argomentazione sensata,
perché lanciò un’occhiata al signor
Cattermole e gli fece un cenno cortese verso la porta.
L’altro annuì. «La lascio solo con il
suo legale, signor Davies. E le consiglio vivamente di ascoltarlo,
perché è indubbiamente uno dei migliori avvocati
che Londra abbia mai conosciuto.»
Uscì dalla stanza e si chiuse la porta alle spalle.
Roger tornò a squadrare Finnigan, diffidente. «Uno
dei migliori, eh? Però non so ancora se migliore per i
clienti o se per il Wizengamot.»
«Dicono per entrambi» affermò
compostamente Finnigan.
«E’ un doppiogiochista?»
«Sono un avvocato, signore, che cerca di conciliare al meglio
le due parti nel modo che mi suggerisce la coscienza.»
«Allora è un idealista»
replicò Roger con un sorriso sprezzante. «Strano
come negli ultimi anni gli idealisti siano volati in alto. Prima della
Seconda Guerra Magica pareva che non fossero destinati a una fine
così lieta.»
C’era da dire in onore di Finnigan che aveva una pazienza
incrollabile. Infatti, invece di reagire o ribattere seccamente, prese
una sedia e la avvicinò al letto di Roger.
«Le dispiace se mi siedo? E’ tutto il mattino che
corro senza sosta, e sono piuttosto stanco.»
Roger non si degnò di rispondere, anche perché
intuì che Finnigan si sarebbe seduto pure senza il suo
permesso. «Sto cercando di capire dove l’ho
già vista» rivelò, studiandolo con
attenzione. «Era a Hogwarts, per caso?»
L’altro annuì. «Sì.
Grifondoro, stessa classe di Harry Potter.» Nessuno aveva
bisogno di altre spiegazioni.
Roger piegò la bocca in un ghigno. «Dovevo
immaginarlo.»
«Bene. E ora, signor Davies, possiamo finalmente venire al
dunque? Vorrei portare a termine il lavoro per cui sono qui.»
Roger appoggiò la schiena ai cuscini, rilassato.
«Prego, sono tutt’orecchi.»
Finnigan sospirò. «Lei è sospettato di
gravi infrazioni alle Leggi sull’Uso Improprio di Manufatti
Babbani e di partecipazione ad attività clandestine quali
corse su auto volanti, scommesse e gioco d’azzardo. Tuttavia
gli Auror non l’hanno mai arrestata per mancanza di prove,
fino alla notte del quindici agosto quando è stato colto in
flagranza di reato.»
Roger gli fece cenno di continuare.
«Tuttavia non ci sono prove né testimoni per tutti
gli altri sospetti su di lei. Il Ministero a questo punto sarebbe
costretto ad aprire un’indagine approfondita ma, come ha
detto Cattermole, hanno un bel da fare in questo periodo.
Perciò mi sono incaricato di fare una sorta di…
accordo.»
«Ha patteggiato con il Wizengamot?» chiese Roger,
divertito.
«Non è propriamente corretto. Diciamo che il
Ministero è disposto a lasciar cadere i sospetti e non
indagare oltre, accontentandosi di farle scontare solo la pena minore
per la corsa clandestina in cui è stato coinvolto il
quindici agosto.»
«E di cosa si tratterebbe? Un soggiorno mensile ad
Azkaban?»
«No. Sbatterla ad Azkaban richiederebbe un gran mucchio di
scartoffie che per essere compilate hanno bisogno di aprire
un’indagine, ed è proprio quello che vogliamo
evitare. Perciò per lei si è scelta
una… una sana attività di recupero.»
Roger staccò la schiena dai cuscini e si
raddrizzò, il sogghigno scomparso tutto d’un
colpo. «Che cosa?!»
Finnigan sorrise. «Attività di recupero. O
volontariato, se preferisce.»
Roger fece una smorfia. «Volontariato?
Signor Finnigan, le assicuro che non farei mai volontariamente niente
che…»
«Forse non mi sono spiegato bene» lo interruppe
pacatamente Finnigan. «Signor Davies, lei non deve fare nulla
volontariamente. Lei deve
farlo e basta. E’ l’unica
possibilità che ha se non vuole finire dritto per sei mesi
ad Azkaban, perché, glielo assicuro, se
costringerà il Ministero ad aprire un’indagine,
andranno fino in fondo. Non so di preciso cosa abbia fatto lei durante
la Seconda Guerra Magica, ma se dovessero scoprire anche solo qualcosa
di quel periodo, non saranno indulgenti. E’ una ferita ancora
troppo recente perché le venga perdonato tutto
così facilmente.»
Roger guardò negli occhi l’uomo che aveva davanti.
«Che cosa sa del mio passato?» chiese, atono.
Finnigan sostenne severamente il suo sguardo. «Sono il suo
avvocato, signore. Sapere è il mio mestiere. Dia retta a me:
accetti.»
Roger strinse i denti e rimase in silenzio per un lungo istante. Poi,
alla fine, con uno sforzo enorme annuì.
Finnigan parve sollevato. «Molto bene. Allora vado a chiamare
il signor Cattermole; è lui che deve informarvi sulla vostra
attività socialmente utile per i prossimi…
diciamo otto mesi.»
«Otto mesi?!»
Finnigan sorrise, per la verità con un’ombra di
sadismo nel volto, e gli diede le spalle per andare a riaprire la porta.
«Finnigan» lo bloccò Roger.
«Sì?»
«Lei era dell’ES, non è vero?
L’esercito clandestino di minorenni a Hogwarts.»
L’uomo annuì. «Sì, e con
questo?»
Roger fece un sorriso amareggiato. «E’ fortunato.
Era già dalla parte giusta: non ha avuto la
possibilità di sbagliare.»
L’altro inarcò un sopracciglio. «Lei
sì, invece?»
Lui ricambiò lo sguardo, serio. «Se non
l’avessi avuta, crede che sarei ridotto
così?»
Finnigan lo guardò.
Roger aveva gli stessi lineamenti attraenti che facevano andare in
estasi le ragazzine ai tempi di Hogwarts, ma la loro espressione era
molto diversa dalla serena compiacenza di quegli anni. Aveva lo stesso
corpo atletico e aitante, ma sotto il ginocchio destro non
c’era più una gamba di carne, ma una di acciaio e
ferro, saldata con la magia dieci giorni prima, dopo
l’incidente in cui l’aveva persa. Aveva gli stessi
occhi di quel grigio scuro tempestoso di una volta, ma la loro
vitalità sembrava solo un ricordo lontano.
«No, forse no.»
Roger fece un sorriso che non aveva nulla di divertito.
«Già. E ora è troppo tardi per
chiederne una seconda, vero?»
Finnigan non rispose, ma sapevano entrambi che la risposta era
affermativa.
Era troppo tardi, ora. O troppo presto. Forse un giorno il tempo
avrebbe cancellato le ferite di quella guerra.
Ma per il momento nessuno lo poteva ancora dire con certezza.
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