-NO!- strillai io -prendi me, ma lui non ha fatto niente, lascialo
vivere!-
la mia fine stava per arrivare, avevo vissuto fin troppo quindi decisi
di sacrificare me stessa pur di salvare quel bambino.
la mia vita ormai non aveva senso, la sua invece si.
-non farlo!- continuai a supplicarlo io -tu vuoi me, tu mi hai creata e
tu mi distruggerai ma non ti prenderai la sua di vita, io non voglio
più uccidere e non lo farai neanche tu, almeno
finchè io sarò ancora su questo mondo-
lui era lì, in disparte, impaurito, stava piangendo, per la
prima volta dopo millenni sentii il mio cuore battere, una sensazione
che da molto non avvertivo, una cosa piacevole ma che ben presto
sarebbe finita insieme a me.
da un'albero strappai un ramo e me lo puntai dritto al cuore che ormai
non viveva più come me.
tutto cominciò molto tempo prima.
-Sam! avanti dobbiamo andare!- mi disse mio fratello appena mi
affacciai alla finestra del primo piano, dove si trovava la mia stanza.
feci un salto e arrivai davanti a lui.
-bene, sono pronta, dove andremo?-
-per adesso andremo a Riverside poi ci sposteremo più in
là-
-va bene-
la macchina incominciò a correre in mezzo alla strada, la
città passò davanti a miei occhi molto
velocemente, non mi sarebbe mancata, ero abituata a cambiare vita,
quelli come noi non potevano restare in un posto troppo a lungo
altrimenti gli umani si sarebbero accorti che siamo diversi da loro.
appoggiai la testa al finestrino, il vetro era appannato e il mio fiato
non lo appannava ancora di più come avrebbe dovuto anzi,
faceva il contrario.
-cosa hai?- mi chiese Jonathan, mio fratello maggiore.
-niente-
-va bene, bevi questo- mi porse una bottiglietta nera e rossa e io la
presi.
la appoggiai alle labbra e la nausea mi percorse tutta.
-che diavolo è?- chiesi a mio fratello con il vomito in gola.
mi pulii le labbra e del rosso rimase sulle miei dita, lo annusai,
l'odore era proprio quello.
-sangue?- chiesi io.
-sangue sintentico, dovremo berlo tutti, in tutti gli stati stanno
proibendo la caccia sia umana che animale-
-va bene, lo berrò ma non ora- rididiedi la bottiglia a
Jonathan e lui in sorso la finì.
mi girai dalla'altra parte, alla notte oscura si era affiancata la
pioggia che picchiettava sul finestrino.
nel giro di poco vidi sovrapporsi al vecchio un nuovo paesaggio.
dovevamo sbrigarci ad arrivare prima che sorgesse il sole.
poi l'auto si fermò.
-siamo arrivati- disse Logan, l'altro mio fratello.
-appena in tempo, dobbiamo entrare subito in casa- aggiunse Jason.
-ci vediamo domani notte- dissi io e corsi nella mia nuova stanza.
le pareti erano di un celeste scuro, i mobili erano bianco panna e il
letto da una piazza e mezza.
tolsi la mia maglietta e i miei pantaloni e chiusi gli occhi
sdraiandomi sul letto.
il primo pensiero che ebbi appena sveglia era quello di nutrirmi ma
all'idea di bere quell'intruglio la mia gola si chiuse.
in cucina trovai Jonathan seduto al tavolo che stava bevendo quella
roba che a me non piaceva.
appena mi vide mi lanciò una bottiglietta e fui costretta a
berla anche se la seconda volta sembrò più buona.
la notte era scura, più del solito.
non vidi passare molte macchine davanti alla finestra; il mio silenzio
fu interrotto da Logan.
-perchè non vai a fare un giro della città?-
domandò lui senza guardarmi.
-veramente non mi va granchè...- risposi io senza
distogliere lo sguardo dal vetro.
-avanti, esci un pò! sei pur sempre una diciassettenne!-
-ti sbagli, io sono una centenaria che ha l'aspetto di una
diciassettenne... è un pò diverso-
-non conta quanti anni si hanno ma quanti se ne sentono, comunque esci
un pò, per favore-
-va bene, uscirò-
senza altri indugi presi il mio cappotto - anche se non ne avevo
bisogno - e mi diressi verso la città.
la nostra casa era parecchio distaccata dalla città per
renderci tutto più facile.
non amavo uscire spesso perchè avevo paura, avevo paura di
me stessa, di quello che potevo fare stando da sola in mezzo agli umani
ma i miei fratelli insistevano dicendo che mi sarei dovuta ambientare
anche perchè non potevo andare a scuola quindi legare per me
sarebbe stato ancora più difficile.
ma io non volevo qualcuno accanto a me, insomma, cambiavo casa
continuamente e l'ultima cosa che volevo era affezzionarmi a qualcuno
cosa che io mi ero ripromessa di non fare dal giorno in cui riuscii ad
essere libera.
mentre camminavo per strada mi accorsi immediatamente dei ragazzi che
passando mi guardavano curiosi e io senza aspettare gli riposi con
degli sguardi per niente carini.
io ero vissuta in un'altra epoca, dove cose così, di questi
tempi, erano considerate oltraggio, soprattutto fissare qualcuno per
strada.
ma poi mi si piazzò un ragazzo davanti, dalla pelle bianca
come la mia, come il marmo e in quel momento persi la pazienza.
-lasciami passare- riuscii a dire tra i denti.
-tu sei... no, non è possibile-
-io sono una persona che vuole passare- continuai.
cercai di sviare ma lui mi prese per il braccio e sentii la sua pelle:
fredda, dura, non poteva essere anche lui... no!
strattonai il braccio e corsi via.
arrivai subito a casa e chiusi la porta dietro di me.
Logan mi fu subito vicino.
-esistono altri di noi qui? che tu sappia?- chiesi velocemente a mio
fratello.
-non lo so, penso di sì, ne esistono tanti...
perchè?- concluse lui chiedondomi.
-niente...- non gli diedi il tempo di aggiungere altro che chiusi la
porta della mia stanza.
come ogni notte prima del sorgere del sole mi sdraiai sul letto e
chiusi gli occhi.
mi svegliai di soprassalto e scesi dalla finestra fino in strada.
poco più giù della nostra nuova casa trovai un
bosco e vi entrai.
ogni volta era lo stesso, i ricordi si insediavano nella mia mente e i
rimorsi arrivavano a fiotti.
sentii le lacrime scendere sulle mie guance e ringraziai del fatto he
ero sola; istintivamente vi passai una mano sopra e subito me ne pentii.
sulle mie mani rimasero delle macchie rosse che si iniettarono nella
mia pelle.
odiavo piangere, quando ero umana potevo piangere quanto volevo
perchè le mie lacrime erano trasparenti ma adesso le mie
erano lacrime di sangue.
-stai bene?- mi chiese una voce estranea dietro di me.
eppure non avevo sentito alcun movimento; senza accorgermene mi girai
velocemente ma lui non si meravigliò.
era lo stesso ragazzo che avevo incontrato in strada, quel ragazzo che
sembrava tanto identico a me ma impossibile.
-ehm, si sto bene- eppure il suo cuore non lo sentivo battere.
subito arrivò vicino a me.
non respirai più, rimasi immobile, con lui a cinque
centimetri dalla faccia.
-una lacrima è rimasta qui- disse lui poggiandomi la sua
mano sulla mia guancia -è la prima volta che incontro una
ragazza come me che non mi voglia uccidere- continuò lui.
-che ne sai che non ti voglia uccidere- lo provocai io.
-no, tu non mi vuoi fare del male, io sono come te, possiamo
aiutarci...-
-tu non puoi aiutare me, addio-
con un solo passo fui davanti alla mia casa, appena in tempo.
mi sdraiai sul letto e cercai contro la mia voglia di chiudere gli
occhi.
per lo meno una cosa mi confortava, quel ragazzo non poteva cercarmi in
casa mia, non se non era invitato da me.
poi però ripensandoci... lui poteva entrare, non c'era
nessun umano in casa e quindi non doveva essere invitato.
il primo pensiero che ebbi appena aperti gli occhi era che dovevo
nutrirmi.
in cucina vidi i miei tre fratelli seduti al tavolo tondo.
io li ignorai e aprii il frigorifero.
-allora, si può sapere a cosa è dovuta la tua
sgarbatezza nei nostri confronti?-
-io mi comporto come mi va...- risposi io senza tirare la faccia fuori
dal frigo.
-tu ci devi portare rispetto-
-io non porto rispetto a nessuno...- continuai io.
-mamma e papà sarebbero molto addolorati del tuo
comportamento-
sentendo il loro nome il flashback della loro uccisione mi
tornò alla mente.
le lacrime incominciarono a sgorgare dai miei occhi; mi girai verso i
miei fratelli.
loro si meravigliarono alla vista delle lacrime color rosso scuro che
rigavano le mie guance.
-ah si? sarebbero addolorati come quelli che li hanno uccisi e che
hanno condannato noi? non ti azzardare mai più a dire il
loro nome, loro devono riposare in pace-
uscii dalla casa più veloce che mai ma i miei fratelli mi
seguirono.
-che diavolo volete?- chiesi arrabbiata io fermandomi.
-puoi scusarci per ciò che abbiamo detto?-
-no, voi dovete scusare me, sono un'idiota... dopo centinaiai di anni
mi mancano ancora...-
-non se un'idiota... anche a me mancano e credo di parlare per
tutti...- disse Logan guardando Jonathan e Jason.
-ci faremo perdonare- mi disse Jonathan.
-non serve...- risposi io quasi arrossendo.
-invece si- continuò Jason.
annuii con la testa e me ne tornai da sola a casa.
non riuscii ad entrare perchè quel ragazzo della foresta si
era appostato davanti alla porta della casa.
-cosa diavolo vuoi?- chiesi io per niente felice.
-noi siamo uguali, non mi puoi ignorare a vita- mi spiegò
lui avvicinandosi pericolosamente.
-stammi lontano, non so cosa tu sia ma io non sono chi credi; io sono
solo una ragzzina...-
-non definirei una ragazzina una centenaria o chissà quanti
anni tu abbia...- continuò lui afferrandomi la mano.
io istintivamente le ritrassi velocemente.
-sei fredda come me, bianca come me, il tuo cuore non batte: sei un
vampiro e lo sai, proprio come me-
smisi di respirare per una decina di minuti poi gli risposi.
-non so di che stai parlando- negai io.
-si che lo sai, guarda non sai nemmeno fingere, non respiri...-
ormai lo aveva capito ma io non lo avrei mai ammesso, non riuscivo
nemmeno a pensare a ciò che ero, figuriamoci a dirlo.
-vattene- ringhiai, anche se poi me ne andai io velocemente sparendo
dal davanti della casa.
|