Parte Quinta
-Quando il tempo ti cambia-
.
Non hostium virtute sed amicorum perfidia decidit.
Io caddi non per la virtù dei nemici, ma
per la perfidia degli amici
.
Il regolare e breve andamento dei giorni di novembre
travolge la precarietà degli umori, la svogliatezza nelle menti degli studenti,
irrita chi non trova altro di meglio che insegnare.
O chi utilizza questo mezzo per
continuare a vivere in maniera apparentemente normale.
E cosa mi resta, quindi, se non torturare i Grifondoro,
essere il solito professore dispotico e apatico, scorretto ed inviso dai più?
Collega spesso scomodo ed inquietante, vittima di un
passato donato alla seduzione del sibilo di un serpente?
Ed ora ascolto il muto ronzio delle
voci degli studenti, chiusi con il corpo in questo raggelante sotterraneo, ma
con la mente libera, che galoppa chilometri lungi dalla mia voce.
Non sono riuscito neanche ad essere astioso con Potter ed i
suoi amici in questa mattina, come se fossi soffocato
da un impalpabile uggia incolore, penetrante però ed anche pungente, figlia di
una quotidianità bramosa di dissolutezza, ricercata nelle buie notti lontane
dal castello, accoccolato fra corpi sconosciuti e sì tanto intimi, pelli
cedevoli e labbra turgide, occhi vacui che non dicono nulla.
Anch’io, che tanto tengo all’attenzione, sono distratto e
distante. Penso a tutto ciò che un professore non dovrebbe pensare trovandosi
in classe.
Ma, in questa lezione con gli alunni del
settimo anno, non credo di stare perdendomi in immagini sconosciute ai loro occhi.
Anzi, forse fin troppo note
La lezione finisce, con mio grande stupore. Non m’ero
accorto che il tempo volasse così lesto.
Gli alunni scompaiono tanto velocemente dalla classe che, se
non fossi sicuro dell’impossibilità della cosa, direi
che si sono smaterializzati.
Anche l’ultima lezione della
giornata è andata. Un altro giorno
costretto a tramontare, perso per sempre e forse dimenticato, accatastato sugli altri, fino a
confondersi con essi.
La stanza è vuota. Le candele, con le loro esili fiammelle
traballano, le gocce di cera bionda scivolano, fino a
rassodarsi nuovamente, in pochi secondi di freddo.
Cado in una lettura poco concentrata ed interessante,
attendendo l’ora di cena. Ed il tempo d’attendere è tanto, mezzo pomeriggio da
avvolgere e durante il quale distrarsi non è poco.
Non mi viene difficile, quindi, percepire un’ombra sgusciare
dalla porta alle mie spalle, percorrere a passo vellutato la stanza e fermarsi
ad un metro o due dietro la mia schiena.
Stringo fastidiosamente le labbra sul mio libro, tentando di non dire
qualcosa che possa attaccare briga, benché la tentazione è forte.
-Che cosa vuoi?- ringhio
all’uomo alto e magro alle mie spalle. –Che diavolo ci fai
qui? Dovresti essere chiuso nella tua roccaforte a fare la calza…-
-È un bel modo di
dire buonasera- la sua voce sarcastica mi irrita –
degno di te.-
Con poche mosse calcolate si porta proprio di fronte a me, che chiudo con
un veemente sguardo il libro e lo fisso urtato.
-Non conosci le buone maniere, Sirius
Black?- sussurro – si bussa alla porta prima di entrare.-
Un sorriso crudele incava il volto magro ed ispido di barba
scura del mio ex nemico. I capelli arruffati e gli abiti trasandati gli danno
un aspetto ben peggiore di quanto non lo fosse di
solito.
-Conosco le buone maniere e le uso solo quando è necessario.-
Devo far leva su tutta la mia buona volontà per non
replicare a denti stretti. Ciò, fino a poco tempo prima,
non l’avrei neanche sognato e se non fosse perché l’ho promesso a Silente non
lo farei tutt’ora, cercherei il primo pretesto per
gettare in aria questa spiacevole collaborazione.
- Se non sbaglio non dovresti
muoverti da casa e proteggere la tua inutile vita! Cosa succederebbe se la cara
Umbridge sapesse della tua visita di cortesia?- gli domando con ferocia.
–Ha spie perfino dentro le mutande della gente, questo lo
sai?-
Lui, senza essere neanche lontanamente invitato a farlo, prende una sedia e
crolla scompostamente su questa, con un sospiro corto e sconsolato, come di chi
preferirebbe di gran lunga essere altrove e fare ben altro.
-Avevo qualcosa d’importante da dire a Silente. Non potevo
restare a casa. Riguarda Harry. - borbotta distrattamente. –Non credo siano
affari tuoi.-
-La verità è che ti brucia stare con le mani nelle mani mentre tutti fanno qualcosa di utile.- lo pungolo
ironicamente guardandolo fissamente negli occhi grigi –Hai sempre sofferto di
manie di protagonismo come il tuo migliore amico. Finirai peggio di lui,
lasciatelo dire Black.-
-Meglio che finire come te, Mocciosus-
mi mordo la lingua per non reagire alla provocazione –So badare a me stesso.
Sono sfuggito ai dissennatori sull’isola di Azkaban, sono tre anni che ho
il ministero alle calcagna eppure sono qui. Ed ho pure un aspetto più sano di
te.- Lancia un sorriso seducente e strafottente – Non sarà una passeggiata ad Hogwarts sotto la diretta protezione di Silente a
mettermi in pericolo.-
-Scommetto che tu sia stato così
stupido da andare a salutare il tuo adorato figlioccio…- commento a mezza voce.
-No.- la sua negazione è assoluta.
-No?-
-Non deve sapere che sono stato qui – conclude
categorico.
L’osservo due o tre secondi. –Cosa vuoi
da me?- domando infine innervosito dalla sua presenza
-Mi ha mandato Silente- borbotta
distrattamente
-Questo l’avevo capito- asserisco
freddamente – non saresti venuto qui di tua spontanea volontà per nulla al
mondo.-
-Ciò ti stupisce?- grugnisce
seccatamene.
-Affatto- lo invito a continuare
con il mio silenzio.
-Sono venuto per parlarti. – vorrei
commentare la sua frase in maniera ironica, ma preferisco tacere, interessato
da ciò che deve riferirmi. – C’è stato un assalto di mangiamorte in un centro babbano
stamattina.- la sua voce è mutata d’un tratto, così come il suo sguardo
e la curva delle sue labbra.
-Accidenti!- commento sconcertato – in pieno giorno!-
-Già. Remus e qualcun altro
dell’Ordine altri sono arrivati sul posto troppi tardi…- il suo tono s’incrina ancora di più.
-Quanti…. Quante vittime?- domando
accantonando ogni forma di rancore nei confronti di Black.
-Tante. Troppe. – mormora – non si ha ancora il numero
preciso. - conclude scuotendo la testa.
-Quando sono arrivati c’erano
ancora dei mangiamorte?- m’informo con enfasi.
-No. Dileguati. Solo
il marchio nero, enorme, che squarciava le più fitte nubi nel cielo. Il
ministero ci metterà un bel po’ per mettere tutto a tacere
e far finta di nulla…-
-Capisco-
sospiro triste mentre nella mia testa s’agita la più cupa e
crudele confusione.
-Silente ha mandato me ad avvertirti… forse perché è ancora
convinto che noi dobbiamo allacciare un amichevole rapporto di collaborazione-
mi spiega riprendendo il
tono disgustato che è solito rivolgermi. Ogni forma di lontana
simpatia nei suoi confronti sparisce.
-Magari vorresti che ti ringraziassi per avermi fatto da
informatore…- mugugno.
Black sorride sardonico, ritorna ad essere il solito uomo
irritante ed idiota.
- Non sarebbe male, tanto quanto non sarebbe da te.- butta
lì. Poi torna serio. – Silente dice che devi tenerti
pronto.-
Il mio cuore fa un balzo, i battiti accelerano furiosamente.
Ma sul mio volto non appare alcuna forma di inquietudine.
Assoluta falsa e molesta indifferenza.
S’erge un muro di fitto silenzio. Credo che dovrebbe anche andarsene. Ha finito
la relazione, cosa ci fa qui?
-Quando tutto questo finirà tornerà
tutto come prima. Potremmo essere liberi di odiarci e
dimostrarlo- dice cauto.
-Spero che saremo vivi quando tutto
questo finirà- gli rispondo gelido.
Annuisce. Si alza e dà una fastidiosa occhiata intorno.
-Questo laboratorio- borbotta – è
come vent’anni fa. Freddo, umido, inabitabile.-
Le sue affermazioni, fuori luogo e stupide mi urtano
selvaggiamente.
-Bene- gli sibilo furioso – nessuno
ti dice di restare, anzi credo proprio
che ormai, a lavoro compiuto, dovresti andare via!-
Non sembra minimamente scosso dalla mia rabbia. Continua ad
osservare i sotterranei.
-Non dirmi che ti piace stare qui?-
chiede fintamente stupito.
- Non tutti- rispondo secco – hanno
abbastanza intelligenza per capire ed amare l’arte delle pozioni.-
-Non tutti- ribatte lui – sono talmente abulici da chiudersi
da quattordici anni in un sotterraneo.-
-Nessuno ha chiesto il tuo parere, Black- m’infurio
aggredendolo con tono offeso – ora potresti anche togliere il disturbo.-
-Scommetto che le donne neanche le vedi-
aggiunge invece malizioso.
Il suo commento mi manda totalmente su tutte le furie.
-La mia vita privata- ribatto – non
t’interessa.-
Black ride e la sua risata invade
il buio sotterraneo, facendo tremare le fiammelle delle candele.
Non c’è gioia nella sua sghignazzata, o forse è talmente intrisa
di malinconia e tristezza che non riesce a trasparire. Ma
chiaramente ha un suono derisorio.
-Come se non ti conoscessi Severus Piton!- sbotta – untuoso,
freddo, scostante…ma non ancora capace di reclinare i buoni piaceri
del sesso. Chissà quante amichette hai in un bordello
di Hogsmeade!-
Resto in silenzio, l’evaso di prigione ha colpito nel segno.
-Anche se fosse?- concludo
tranquillamente – almeno loro non mi temono perché sono un assassino o ritenuto
tale.-
Black continua a ridere.
-Devo ammettere che non posso non invidiarti.- continua con
voce compiaciuta - Sei
stato libero di scopare tutta la vita, mentre io ho dovuto passare dodici anni
rinchiuso ad Azkaban. Ma
appena sono uscito…-
-Scusa chi andrebbe con un killer
psicopatico, appena evaso e ricercato per terra e per mare?- gli chiedo
stupito.
-Solo chi non mi conosce.- sorride cattivo
– e comunque tutte quelle che sei
disposto a pagare. La mia camera alla Gringott non è
vuota.- scuote la testa – direi che sono caduto in
basso. Sono stato nella tua stessa condizione. Costretto a pagare una donna pur
di farci sesso! Ed ora come ora non posso neanche
mettere il naso fuori di casa! Che tristezza!-
-Sei sempre il solito Sirius
Black- brontolo
– superficiale ed amante de piaceri della vita. Azkaban
non ti ha affatto cambiato.-
-No- acconsente – Un Black resta sempre un Black.-
-Per quanto questo possa essere
possibile.- riprendo io cadendo come
sempre dentro di me e perdendomi in una miriade di sensazioni estranee e dolorose. – certe esperienze
però, una parte di te la cambiano per forza. Che tu la
voglia o no.-
Sento gli occhi grigi di Black
fissi sul mio profilo duro. Penetranti e duri, come devono essere quelli di
chi ha passato anni continui d’orrore e grandi sofferenze. Gli occhi di chi è cresciuto senza la possibilità di vivere la parte più
bella della sua vita.
Si alza piano,
accennando un segno del capo come saluto. Poi sguscia come un’ombra fuori dal mio sotterraneo.
Anche io sono cambiato, quando ho capito che, per quanto possano avere un sibilo attraente, i serpenti sono bestie
velenose.
Ed il loro istinto è quello di
morderti.
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Scusate!
Scusatemi tutti, non sono morta, il mio povero computer mi
ha (letteralmente) abbandonata per passare a vita migliore! Sto inviando questo
capitolo dal PC di un mio amico nella speranza che il mio decida di
resuscitare! Mando le mie scuse ed un grazie enorme a tutti i commentatori,
grazie!
Questo capitolo è l’unico della storia che, dopo l’uscita
del quinto libro, non poteva più andare bene.- Purtroppo il confronto fra
Severus e Sirius mi piaceva troppo perché io lo
cancellassi, così ho deciso di salvare il salvabile, modificandolo un po’. La
spiegazione della visita di Black è un po’
stiracchiata, ma voi… chiudete un occhio e datemi la licenza!
Un bacione immenso, spero, a presto!