“Sotterranei” @ Criticombola di
Criticoni & “Portale rosso, portale blu”
(mannaggia a me e a
quando me lo sono autopromptato, sapevo a cosa andavo incontro!) @
Quel certo non-so-che di True Colors.
Pensiero circolare col buco
Chell si risvegliò anchilosata e
inebetita. Il primo dettaglio che mise a fuoco fu l'imbottitura
familiare della pistola che le ricopriva la mano destra. La
superficie liscia dell'apparecchiatura pesava invece sul suo gomito
sinistro.
Chell strizzò gli occhi. Gomito?
Perché sul gomito? Con estrema cautela, provò ad
aprirli. La
attendeva visione non entusiasmante di una solida superficie di
pannelli rossi striati di ruggine e colate oleose, a non più
di
dieci piedi di distanza. Doveva
essere legata alla parete opposta della stessa schifezza arrugginita:
le spalle tiravano
facendo un
male boia, i piedi scalciavano l'aria. Puzzo stantio di fogna. Voleva
vomitare.
Chell si complimentò con se stessa. In
tutta onestà, non aveva creduto che la sua vita potesse
prendere una
svolta per il peggio.
Non si finisce mai d'imparare.
Una particella arancione impazzita le
vorticò sotto il naso, tornando poi ad orbitare al di sopra
della
sua testa. Chell restò a guardarsi il naso, storcendo un
poco gli
occhi mentre le considerazioni di ordine autocompatit-architettonico
lasciavano educatamente posto alle reazioni pavloviane acquisite.
C'era un portale dove, come e soprattutto perché? Era troppo
in alto
perché riuscisse a vederlo, costretta com'era.
Tamburellò perplessa
sulla parete con la mano sinistra, che pareva incatenata all'altezza
del polso.
Un momento.
Se il palmo della sua mano toccava
naturalmente il pannello, ma lei era legata di schiena...
probabilmente aveva trovato il suo portale: il suo braccio lo stava
attraversando in quel momento, dedusse, legandola chissà
dove dal
gomito in su. Logico.
Tamburellò ancora, se non altro per
riprendere controllo sulle dita informicolite, e fece caso al rumore
che stava producendo. Lo sentì con le sue orecchie! Erano le
sue
orecchie quelle, non un'illusione data dal ronzio onnipresente di
macchinari che si riversava anche in quella stanza, riempiendola di
fastidio, un nervoso ovattato e distante. No, quello era il suo
tamburellare, ta-ta-ta-ta-tap, e veniva da un punto vicino, proprio
vicino, in alto a destra. Le buone notizie non vengono mai sole:
aveva trovato il secondo portale. O erano le cattive? Beh, se era
così, quelle erano sempre in ottima compagnia.
Tutto sotto controllo, Chell. Tutto
sotto controllo. Schematizziamolo e ne usciamo. Siamo arrivate fin
qui.
Visualizzò la stanza come aveva
imparato a fare, proiettandosela davanti in scala come se fosse
l'analisi tridimensionale di un computer. Era una stanza lunga e
stretta, piena di tutti quegli aggeggi che le camere asettiche dei
test nascondevano come polvere sotto al tappeto: dei tubi si
diramavano e gettavano sbuffi intermittenti di vapore, vecchie
lamiere erano lasciate a vista e una ventola smuoveva pigramente
l'aria fetida. E vicino a un angolo, a mezz'altezza, c'era lei a
penzoloni, incatenata a due portali come l'eroina di un romanzaccio
fantasy. Ma quelle di solito erano tenute ferme da delle catene vere,
si corresse, il che avrebbe reso i ragionamenti semplici, molto
più
semplici. Invece le sue braccia dovevano essere invertite dal gomito
in su prima di venir bloccate da del buon ferro, cosa che rendeva i
ragionamenti incasinati, dannatamente più incasinati. Chell
sospirò.
Era il suo mestiere. Ce la poteva fare. Sarebbero stati tutti fieri
di lei.
Che poi non è mica tutto giusto, si
disse, sempre tamburellando con la mano sinistra vicino all'orecchio
destro e innervosendosi da sola. Quella mano sì che era
incatenata,
ma l'altra no. L'altra teneva stretta la Portal gun come se ne
andasse della sua vita, cosa probabilmente vera, e non sembrava
costretta da altro. E allora che ci faceva bloccata lì? Si
sforzò
di far leva sull'altro braccio per provare a liberarsi, ma quella
restava incastrata. Il rigonfiamento era più grosso del
passaggio.
Il portale era così piccolo. O la
pistola così grande. Forse entrambe le
possibilità. E da quando
avevano iniziato a rimpicciolirsi i portali? Forse che scadevano dopo
un po'? Chell non ricordava questi portali piccoli da cui non c'era
scampo... Chell non ricordava. Ripensava alle camere dei test e
vedeva le uscite allontanarsi, più piccole, sempre
più piccole,
mentre l'apparecchiatura assicurata alla sua mano guadagnava
funzioni, parti, peso.
Nell'analisi tridimensionale del
computer che era la sua testa, pianificava acrobazie che come un
gioco di prestigio sciogliessero il nodo del suo corpo, con una
capriola finale, oplà. C'erano dei giochini metallici,
là fuori,
con cerchi e asticelle inscindibili se non tramite una serie ben
precisa di movimenti. Quelli li ricordava, era bravina a farli. Gambe
e braccia però, e pistola e schiena, non erano tarati
così al
millimetro e rifiutavano di combaciare in una soluzione. E non
riusciva a staccarsi dal pensiero di fondo che ci fosse uno spazio
fra l'arancione e il blu: un vuoto bianco e ovattato dietro il muro
cui era incatenata, che poteva percepire solo per degli attimi, al
tatto, ma abbastanza per formare la certezza che un portale non
conduce all'altro senza una via di mezzo.
Sapeva che c'era qualcuno che la
aspettava, lì, una sagoma scura col cuore aperto.
Ogni volta doveva farsi forza per
tornare coi pensieri al di qua del muro.
Magari si sarebbe liberata in grande
stile. Spazamm! Il portale di sinistra sparato sul muro di fronte! La
pistola puntata addosso... mirare un po' più a destra, un
po' più
in alto, mica semplice vedendo il tutto al contrario e wwwwzamm! Un
portale sulla manetta! Clonk. Senza un sostegno quella sarebbe caduta
per terra, come lo scherzo che aveva fatto talvolta alle telecamere
di sicurezza.
Ma c'erano due braccia che entravano
nel portale di sinistra: uno finiva con una pistola, ma l'altro con
una spalla, attaccata a un busto, attaccato a un'altra spalla con un
altro braccio con un dannato polso imprigionato. Si sarebbe
squartata.
Stava per lasciarla andare, quella
maledetta pistola. Ci si aggrappava solo per testardaggine. Chell si
aggrappava a molte cose, per testardaggine – alle idee, per
esempio. Se qualcosa non funziona, prova ancora. Se ancora non
funziona, prova ancora. Se proprio non funziona, cuoci una torta.
O cambia prospettiva.
Tese allo spasmo i muscoli dolenti per
tornare a togliere peso dal braccio destro e poterlo muovere. Non per
uscire, stavolta: per mirare. Al muro alla sua sinistra, appena oltre
l'angolo. Quando sparò, si sentì ribaltata come
un calzino e
stirata come lo stesso (ma si stirano, i calzini?), mentre parti di
entrambe le sue braccia venivano spostate da un istante all'altro
qualche piede più lontano, qualche grado più in
fuori, e non tutto
il resto del suo corpo poteva seguirle.
Urlò. Non aveva anticipato di rompersi
un polso cambiando angolazione rispetto al muro. Si impara. Sempre.
Qualcosa. Di nuovo. Strinse i denti, quella mano in fondo era
inutile. Seguì finalmente con lo sguardo la traiettoria
della
pistola – era gonfia, ora che la vedeva, e di un bianco
malato –
e mirò alle manette. Avrebbe giurato di poter contare gli
strappi
muscolari e avrebbe anche imprecato per ognuno, ma non poteva
permetterselo. Un solo tentativo, Chell. Non resterai lucida ancora
per molto. Ora!
Bzzzzpwhumpclonk.
Meno coreografico del progetto
originario, forse, ma meno suicida. Si lasciò andare.
Ruzzolò per terra, raccolse la pistola
e restò sola e libera in una stanza chiusa.
***
Chell si risvegliò anchilosata e
inebetita. Aveva dormito chissà quanto rannicchiata sotto
quello
schifoso calendario di donnine e il suo rifugio, immerso nella luce
rossastra dei macchinari, iniziava a darle i brividi.
Stava bene, stava bene, stava benissimo
mai stata meglio. Era tutto a posto, checché ne dicesse il
suo
inconscio. Qualunque destino l'attendesse, giurò a se stessa
che non
avrebbe finito i suoi giorni plagiando poesie vittoriane su un muro.
Raccolse una lattina scaduta da poco, la sua dignità, la
sanità
mentale, aprì un portale e uscì.
Il Companion Cube la attendeva
festante.
Note:
zomg è un sogno le meccaniche non
devono funzionare alla perfezione, 'k? Volevo scrivere qualcosa con
una dinamica di portali, ma all'interno delle regole standard ha
già
fatto tutto il gioco e non credo che sia qualcosa che si possa veramente
scrivere in fanfiction.
A dir la verità, se sposti un portale
mentre sei in mezzo al portale il gioco ti fa avanzare di quel
passettino necessario a non farti essere in mezzo al portale. In
teoria dovrebbe troncarti a metà e game over, penso.
Micro-portali e
macro-pistola mi sembrano invece cambiamenti sensati nel contesto
'sogno', assegnando agli uni il simbolo di 'uscita' (lontana) e
all'altra quello di 'compito' (pesante).
Dato per buono questo, il resto
dovrebbe funzionare. Credo. Due pomeriggi andati a fare simulazioni
con un peluche di Goemon in veste di novella cavia... lasciamo stare
XD
Ah sì, la mia Chell Ha Dei Problemi ™.
E la amo anche per questo.
@ prompt della Criticombola: tutto il
complesso di Aperture Science è un sotterraneo...
l'incatenamento è
una situazione da dungeon trucido, come nota anche Chell, e
m'è
venuta grazie al prompt... e quella stanza inventata in particolare
voleva essere molto sotterraneosa. Spero basti. Volevo farla proprio
di muri di pietra ma poi m'è venuto in mente “Ma i
portali
funzionano, sulla pietra?” e insomma sono fatta
così u_u
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