I'll let you live
Un giovane uomo teneva
fra le braccia il corpo senza vita di una fanciulla.
Era lui l'assassino, lo
si capiva dal folle ghigno presente sul volto di lui, che accarezzava
la candida guancia della donna. I vestiti di entrambi erano macchiati
di sangue, simbolo di sacrificio e follia.
E l'attenzione del
carnefice si sposta, attratto dalla carne di una nuova preda: un
ragazzino.
Non avrebbe dovuto
trovarsi lì, non avrebbe dovuto assistere a quella follia.
La sua vita sarebbe
terminata quel giorno; così aveva deciso l'assassino, mentre
si avvicinava al giovane con occhi intrisi di follia, mista a malizia.
Tutto avvenne in breve
tempo: i vestiti cadono al suolo, sfilati con studiata lentezza. Le
mani scorrono sulla candida pelle della nuova vittima che, impietrito
dagli eventi non aveva la forza di liberarsi da quella presa.
Paura, dolore,
umiliazione.
Follia, desiderio, odio.
Emozioni fuse in un
unico corpo, emozioni contrastanti fra loro che si propagano nell'aria
circostante.
Hisoka spalancò gli occhi e con uno scatto si
ritrovò seduto sul letto, col lenzuolo stropicciato ai suoi
piedi. Si portò lentamente una mano alla gola, cercando di
reprimere il fastidio alla gola, provocato dal respiro affannoso.
Nel silenzio della stanza si poteva udire l'incessante battito del suo
cuore che, come impazzito sembrava volergli uscire dal petto.
Un incubo. Sempre il solito, orribile incubo.
Muraki ce lo aveva in pugno da almeno tre anni, ma solo pochi mesi
prima lo aveva ricordato. Aveva vissuto sino a quel momento con la
convinzione di essere morto a causa di una malattia e invece... era
stato quel folle dottore ad ammazzarlo come un cane, abusare del suo
corpo iscrivendovi una maledizione e infine, rubargli i ricordi.
Aveva potuto ricordare ogni cosa durante la missione a Nagasaki, quando
Kazutaka Muraki lo aveva rapito, con l'intento di attirare il suo
partner, Tsuzuki, sapendo benissimo che sarebbe corso a salvarlo.
Da quel giorno, le sue notti erano tormentate dalle oscure memorie,
tramutate nel ricorrente incubo. Non riusciva più a dormire
sonno tranquilli, spesso aveva persino paura di addormentarsi, ma non
poteva certo impedirsi di riposare.
Tornatogli respiro e battito regolari, istintivamente alzò
la manica sinistra della veste fino al gomito, notando l'iscrizione
della maledizione che spiccava sulla candida pelle del braccio.
Succedeva ogni volta che riviveva quella notte.
Con un sospiro si alzò dal letto e decise di uscire per
prendere una boccata d'aria, facendo attenzione a non svegliare Tsuzuki
che dormiva profondamente nel letto vicino al suo.
Lo invidiava: quel ragazzo riusciva sempre a riposare indisturbato,
avrebbe tanto voluto riuscirci anche lui.
I passi lo portarono nel cortile al di fuori dell'Enma-Cho, si sedette
distrattamente ai piedi di un ciliegio e socchiuse gli occhi nel
tentativo di rilassarsi.
Gli venne spontaneo chiedersi se un giorno sarebbe riuscito a
seppellire quei ricordi, per quale motivo Muraki aveva voluto
restituirglieli? Almeno prima, non era costretto a rivivere quella
sofferenza.
Pensandoci bene però, quando mai Hisoka non aveva sofferto?
Che fosse per via del dottore, o per via dei genitori che lo avevano
ripudiato per la sua empatia, non aveva mai avuto un momento di pura
felicità.
Era morto giovane, ma nonostante tutto non aveva mai sentito su di
sé l'adolescenza: era come se dopo l'infanzia avesse saltato
quella fase, divenendo immediatamente adulto.
Ne aveva passate troppe per potersi ritenere tale, infatti spesso si
mostrava molto più maturo di altri, senza contare Tsuzuki
che pareva essere rimasto un eterno bambino.
Che fosse per quel motivo che lo trovasse fastidioso? Lui, che aveva un
comportamento infantile per ogni occasione e Hisoka, nonostante la
giovane età non era mai riuscito ad essere. Si erano
scambiati i ruoli.
Forse era anche quello uno dei motivi per cui Konoe li aveva messi in
squadra insieme: per soppesare i due caratteri e in effetti in parte ci
era riuscito.
Ultimamente Tsuzuki riusciva a comportarsi un po' più
seriamente, se non lo avesse fatto avrebbe fatto scatenare le ire del
più giovane Shinigami. Sembrava tenere molto di conto le
parole di Hisoka, cosa che non faceva quando era in squadra con
Tatsumi, che ascoltava molto di rado.
Mentre il ragazzino, certo non si era mai azzardato a mostrare
atteggiamenti infantili, ma almeno a poco a poco riusciva ad aprire il
suo cuore al compagno di squadra.
Era un procedimento lento, ma i risultati -seppur minimi- si notavano:
grazie all'esuberanza di Tsuzuki riusciva a fare qualche passo avanti;
qualcosa in lui si stava lentamente smuovendo.
"Hisoka, che ci fai qua fuori?" il ragazzino sbuffò,
riconoscendo quella voce. Era impossibile, ma ogni volta che riusciva a
ritrovare un minimo di pace interiore, ecco che sbucava quell'incapace
dal nulla.
"Tu piuttosto?" domando atono, ignorando del tutto la domanda
dell'altro, senza mai voltarsi a guardarlo negli occhi.
Tsuzuki sospirò, dispiaciuto dal fatto che ancora non era
riuscito a tirare giù quel fastidioso muro che il ragazzo si
era eretto di fronte a sè. Lavoravano insieme da qualche
mese ormai, però ancora non vedeva progressi.
Eppure lo aveva avvertito che in quelle condizioni non potevano andare
avanti: dovendo lavorare in squadra insieme, il comportamento di Hisoka
rendeva la convivenza difficile.
Di certo, non gli dava alcuna colpa, conosceva i motivi della sua
sfiducia e non lo biasimava affatto ma... almeno poteva fare qualche
tentativo, poiché lui, al contrario ce la stava mettendo
tutta.
"Siccome ho visto il letto vuoto, mi sono preoccupato e sono venuto a
cercarti." disse sedendosi accanto a lui.
"Non ce n'era affatto bisogno." sbottò lo Shinigami
più giovane, rivolgendo un'occhiata indispettita all'altro,
guardandolo per la prima volta negli occhi. Errore. Ogni volta che
incontrava quelle iridi color ametista sentiva una sensazione strana
dentro di sé e no, la sua empatia non c'entrava niente.
Hisoka notò l'espressione affranta dell'altro e se ne
dispiacque, sapendo perfettamente che la colpa era del suo fare
scontroso, ma non lo faceva con cattiveria.
Nonostante tutto però, se ne stette in silenzio, senza la
minima intenzione di scusarsi. Alzò lo sguardo e strinse i
pugni alla vista della luna: era rossa, proprio come quella notte.
Possibile che tutto lo riportasse al passato?
"Hisoka... perchè ti comporti così?"
domandò improvvisamente Tsuzuki, indurendo di proposito il
tono. Sapeva che per smuovere la testardaggine del ragazzo era
opportuno ripagarlo con la stessa moneta ogni tanto.
Kurosaki incassò il colpo, non poteva biasimare quell'uomo
dalla pazienza smisurata; era logico che ogni tanto la perdesse e anzi,
gli pareva strano succedesse così di rado.
Senza rispondere alla domanda di Asato, il giovane mostrò i
segni della maledizione che spiccavano sul suo braccio. Bastava quello
per far capire cosa gli stesse passando per la testa ed era
già abbastanza che avesse fatto anche solamente quel gesto.
Tsuzuki fece per stringergli la mano, nel tentativo di confortarlo ma
il ragazzino lo respinse, rivolgendogli un'occhiata di fuoco.
"Non ho bisogno della tua compassione, grazie!" esclamò
adirato, rifiutandosi di accettare che quella di Tsuzuki non era
affatto pietà, ma ben altro.
"Hisoka, perché non capisci? Io non-" ma venne interrotto
dalle parole del giovane Shinigami, che era esploso in un impeto di
rabbia.
"Capisco benissimo invece. Piantala di comportarti come un cretino e di
trattarmi come un bambino! È da quando ci siamo incontrati
che lo fai, non ho bisogno della tua stupida pietà."
gridò in preda alla rabbia, cercando di intimidire Asato e
nel tentativo di essere lasciato in pace.
"Smettila Hisoka! Vuoi capire che la mia non è
pietà? Se agisco così, è semplicemente
perché voglio aiutarti." il tono della sua voce, da prima
duro, andava scemando, ritrovando la gentilezza di sempre.
Tsuzuki non era capace di mantenere la rabbia, soprattutto nei
confronti di Hisoka, che gli stava particolarmente a cuore.
"Ma tu mi lasci neppure provare. Se ti ostini a racchiuderti nel tuo
guscio, non andremo da nessuna parte. Lasciami fare un tentativo!" e
nel finire la frase, afferrò gentilmente la mano del
giovane, senza essere respinto come poco prima.
Quelle parole lo avevano colpito e il calore che sprigionava la mano di
Tsuzuki, in qualche modo riusciva a rassicurarlo. Non era mai accaduta
una cosa simile e si sentiva stranamente bene, con la sensazione di
essere al sicuro.
Riusciva a percepire sentimenti tutt'altro che compassionevoli,
provenienti dal partner e questi, per la prima volta gli
riscaldavano il cuore, che da sempre era avvolto dal gelo.
Sentendosi al sicuro, Hisoka si rilassò, appoggiandosi con
la schiena al tronco dell'albero, che successivamente fu sostituito col
petto di Tsuzuki, senza che il ragazzino se ne rendesse conto.
Era una situazione strana, ma oltremodo confortante per lui: mai nella
sua vita -o morte, che dir si voglia- si era sentito così
bene. Che stesse imparando a fidarsi del prossimo?
"Ho promesso che ti avrei sempre protetto, Hisoka. Io non mi rimangio
la parola data." disse l'uomo, cominciando ad accarezzare i morbidi
capelli del giovane, che restò in silenzio a godere la
piacevolezza di quel tocco.
Era gentile e lo era stato dal primo momento nei suoi confronti,
nonostante l'atteggiamento irruente con cui si mostrava.
Istintivamente gli venne da chiedere per quale motivo Tsuzuki fosse
così gentile con lui; una persona normale avrebbe
già perso la pazienza, mandandolo al diavolo senza pensarci
due volte.
Si scostò dallo Shinigami per poterlo guardare negli occhi e
gli fece la domanda che lo assillava.
"Perché sono gentile, dici?" il ragazzo annuì con
il capo "Beh, perché sento di essere legato a te."
spiegò, lasciando di proposito che la frase risultasse
ambigua, ma Hisoka non demorse: voleva una risposta chiara.
"Perché sono il tuo partner, giusto?" gli chiese per avere
una conferma.
"Direi di sì, ma non solo..." gli disse, sorridendo e
accarezzandogli di nuovo i capelli dolcemente "Ma ora, andiamo a
mangiare qualcosa. Ho fame!" così si alzò e
aiutò l'altro a fare lo stesso.
Hisoka lo guardava sconcertato, non capiva cos'avesse voluto dire con
quelle parole. Era rimasto immobile, osservando la schiena di Tsuzuki
che si stava dirigendo all'interno dell'Enma-Cho.
"Ma che vuol dire?" gridò in direzione dello Shinigami
più adulto, raggiungendolo a corsa.
"Come che vuol dire? Ho fame. Cosa non ti è chiaro in
questo?" domandò l'uomo, fingendo di non capire a cosa si
riferisse Kurosaki.
"Non quello, idiota! Intendevo-" non finì la frase, venendo
interrotto.
"Mi hai chiamato idiota!" esclamò Tsuzuki con tono offeso,
cercando di sviare Hisoka dal discorso che gli premeva.
Alla fine il ragazzino non riuscì ad ottenere le sue
risposte, non in quel momento almeno. Prima o poi avrebbe capito a cosa
si riferisse Asato, ma lo avrebbe compreso da solo.
E chissà, forse si sarebbe accorto di sentire le stesse cose
nei suoi confronti. Ma ora, era troppo presto per dirlo, ce ne sarebbe
voluto di tempo prima che accadesse.
[Fine.]
Angolino
di Cami:
Ce l'ho fatta!
Sono riuscita a finire la mia prima Fan Fiction su Yami no Mtasuei e
non sarà nemmeno l'ultima.
Giuro che, mi
sono innamorata di nuovo di Tsuzuki e Hisoka, perchè
già li amavo ma non abbastanza per scriverci su. Rivedendo
l'anime, è accaduto di nuovo.
E
l'ispirazione è venuta.
Spero vi
piaccia e a presto!
|