L’anno
che verrà
E
un altro anno se ne sta
andando. Stavolta però sarà diverso da quelli
passati. La mezzanotte annuncerà
la fine di un periodo terribile e l’inizio di una vita nuova.
Se penso a quanto
tempo sono stato lontano dalla mia casa, se penso alla paura che mi ha
accompagnato
per quattro lunghi anni.
Paura
di dover lasciare per
sempre la mia famiglia, paura di arrecare un dolore troppo grande da
sopportare
a tutti coloro che amo.
Ma
tutto questo oramai non ha più
importanza.
Ce
ne stiamo tutti e quattro
stipati nel nostro pick up bianco e siamo diretti ad Hazzard.
Anche
quest’anno J.D. Hogg non ha
badato a spese ed ha organizzato uno spettacolo pirotecnico degno di un
Super Bowl.
Farebbe di tutto pur di sapere che i nostri fuochi
d’artificio sono migliori
rispetto a quelli della Contea di Sweet Water e a tutti noi sta bene
così. Una
volta all’anno Boss tira fuori il portafogli e tutta la
comunità ne è
entusiasta perché può godere di uno spettacolo
senza eguali.
Zio
Jesse sta guidando, ha
entrambe le mani poggiate sulle sterzo e gli occhi vigili a scrutare la
strada.
Il suo volto emana tanta serenità, non ricordo quando
è stata l’ultima volta
che l’ho visto così calmo. Quando sono partito era
più giovane ovviamente, eppure
ora, a dispetto di barba e capelli bianchi, sembra dimostrare meno
anni. La sua
fronte rugosa sembra si sia distesa.
Daisy
è diventata bellissima. L’ho
lasciata che era un’adolescente ed ora è una
splendida donna. Ho paura che d’ora
in avanti le renderò la vita impossibile. Sono consapevole
che sarò geloso di
tutti i ragazzi che si permetteranno di avvicinarla. Sono sempre stato
molto
protettivo nei confronti di tutta la mia famiglia e temo che in futuro
potrò
avere molti scontri con Daisy e con i suoi pretendenti. Ma è
meglio sorvolare
adesso. Il pensiero che qualche temerario giovanotto possa spezzarle il cuore mi
fa
ribollire il sangue. Tempo al tempo. Se succederà mi
farò trovare al suo
fianco.
Ricordo
come fosse ieri il giorno
in cui ho salutato Bo alla stazione. Era poco più di un
bambino. Aveva la testa
piena di biondi riccioli arruffati e gli occhi gonfi di pianto. Mi
stringeva
con tutta la forza che aveva in corpo e mi pregava di ritornare presto
a casa. Il
suo desiderio è stato esaudito. Non
avrei mai pensato che lo
avrei ritrovato tanto cambiato: ora è più alto di
me e, da quel poco che ho
potuto notare, esercita un gran fascino sulle fanciulle. Il suo
carattere
invece non è mutato. Per certi versi è ancora
quel bambino solare, simpatico e
affettuoso che mi guardava singhiozzando sulla banchina della stazione.
Tutto
quello che udiamo è il
cigolio del vecchio pick up mentre fende il buio della campagna.
Nessuno osa
rompere il silenzio che ci circonda e ci avvolge. Le parole sono
superflue, noi
non ne abbiamo bisogno. Riesco a cogliere perfettamente i pensieri dei
miei
cugini e di mio zio, così come loro, ne sono certo,
intuiscono i miei. Ci
stiamo godendo questi istanti insieme dopo tanti anni di incertezza.
E’
passato poco più di un mese
dal mio ritorno a casa e sono grato a Dio che sia capitato in questo
periodo. Ho
già perso troppi compleanni, troppe festività.
Non avrei sopportato un altro
Natale lontano da casa. E quello festeggiato quest’anno
è stato tra i più belli
della mia vita. Non credo Daisy abbia mai cucinato tanto e
non
ricordo di aver mai visto tanti amici e parenti tutti insieme nella
nostra
fattoria. Ma ciò che più di tutto mi ha reso
felice è stato vedere zio Jesse
sorridere, sentire Daisy cantare, osservare Bo ridere fino alle lacrime.
C’è
tutta Hazzard nella piazzetta
principale. Facciamo fatica a trovare un posto dove lasciare il pick up
e alla
fine lo parcheggiamo proprio dietro alla banca. Quasi non abbiamo il
tempo di scendere
che Cooter ci corre incontro e ci abbraccia uno ad uno. Credo abbia
già
cominciato a brindare perché ha il naso paonazzo e le guance
bollenti tipiche di
chi si è riempito troppi bicchieri. Ci consegna una
bottiglia dicendoci di
averla tenuta in serbo per noi. Ci ordina di stapparla e di festeggiare
l’anno
nuovo non appena scoccherà la mezzanotte. Ci avviciniamo ad
una delle poche
panchine rimaste libere e ci accomodiamo. Mancano pochi minuti e zio
Jesse ne
approfitta per salutare alcuni suoi amici, salvo poi affrettarsi e
tornare a
sedere accanto a noi.
Le
luci della piazza si spengono
e d’improvviso un sibilo forte irrompe tra il chiacchiericcio
generale. Segue
un’esplosione. Non faccio in tempo a vedere la cascata di
stelle colorate che
viene subito dopo, perché ho già chiuso gli occhi.
Non
me lo aspettavo, ma il cuore
ha cominciato a martellarmi nel petto. Pensavo di aver abbandonato
certe
sensazioni ‘laggiù’ e invece mi hanno
seguito fino a casa. D’un tratto ho
risentito il fischio di un missile e l’esplosione di una
bomba. Il vociare
allegro e meravigliato della piazza, è diventato il grido
d’aiuto dei miei
compagni.
Parte
un altro fuoco d’artificio
e la mia mente lo registra come un ennesimo attacco ed ecco che ne
parte subito
un altro e un altro ancora.
Senza
rendermene conto mi porto
le mani sulle orecchie e tento in tutti i modi di impedire al rumore di
quelle
detonazioni di arrivarmi al cervello.
Non
voglio mai più vedere quello
che ho visto ‘laggiù’.
Non
voglio mai più sentire quello
che ho sentito ‘laggiù’.
Poi,
d’un tratto, sento il peso
di una mano poggiarsi sulla mia spalla.
Ne
sento un'altra tenermi saldo un
ginocchio.
Sento
due braccia calde e forti che
mi cingono la testa e sento un bacio poggiarsi sulla mia fronte.
Apro
gli occhi e vedo Daisy
accucciata di fronte a me mentre mi poggia la testa sulle gambe, mi
volto e
sento le braccia di Bo circondarmi la vita con forza. Mi occorre ancora
un
istante per capire che il solletico che avverto sul naso è
provocato dalla
barba di zio Jesse le cui braccia mi cingono con vingore la testa
per
ripararmi dal rumore.
Le
mie guance sono diventate
umide, sto piangendo.
Nella
mie lacrime c’è dolore per
la perdita di tante vite innocenti, c’è rabbia per
aver partecipato ad un
conflitto stupido e inutile, ma c’è anche tanta
gratitudine.
Sono
grato alla mia famiglia per
l’amore che mi ha sempre dimostrato e che mi sta donando
anche ora. Sono grato
a Dio che mi ha permesso di tornare a casa.
Parte
l’ennesimo fuoco d’artificio,
ma stavolta ho gli occhi aperti e riesco a vedere la pioggia di stelle
rosse
cadere sopra le nostre teste. Sento il battito del mio cuore tornare
finalmente
regolare e percepisco il nascere di un timido sorriso sulle mie labbra.
Dovrò
fare molta strada per
riuscire ad appendere ad un chiodo tutte le mie paure proprio come ho
fatto con
la mia divisa, ma sono sicuro che ce la farò.
Il
nuovo anno è per me sinonimo
di rinascita, rappresenta l’inizio di una vita nuova diversa
da quella che
avevo prima di partire, è innegabile che io sia cambiato e
che molte delle cose
nelle quali credevo un tempo, oggi non ci sono più.
Solo
tre certezze hanno attraversato
indenni questi quattro anni:
zio
Jesse;
Daisy;
Bo.
Fine
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