“Signorina
Kaname.. è ora di alzarsi!”
La luce
filtrava dalla grande vetrata semi aperta, trapassando le leggere tende
del baldacchino.
Kaname
Chidori aprì gli occhi piuttosto contrariata, ritrovandosi
per l’ennesima volta con una sensazione spiacevole che le
attanagliava l’animo e, come sempre, incapace di ricordare a
cosa fosse dovuta.
“Un
brutto sogno?” le chiese la gentile cameriera come ormai
d’abitudine.
“Credo…
di si!” disse incerta, stringendosi al petto le lenzuola e
attendendo che le venisse passata la vestaglia.
“Preferirei
far colazione in camera oggi Mary!” disse senza pensarci
troppo, ma si bloccò non sentendo il cordiale assenso.
Capì subito che quel giorno non avrebbe potuto fare a modo
suo.
“Il
signor Leonard ha espresso il desiderio di vedervi a tavola, ma posso
provare a..”
“Non
importa.. scenderò a breve!” e, per quanto delusa,
sfoderò un sorriso rassicurante alla povera ragazza che
già stava immaginando il peggio.
“Per
un attimo ho pensato non avresti acconsentito!” la voce
cordiale di Leonard Testarossa risuonò per un frangente
nelle mura della grande sala da pranzo.
La tavola
era stata imbandita per due e Sabina stava accanto al padrone con dei
fogli in mano. Quando la scorse indietreggiò di qualche
passo e, al cenno dell’uomo, si congedò
velocemente.
“Avevi
già compagnia, la mia presenza è
superflua!” fu il commento leggero.
“E’
gelosia, la tua?” ma nel suo tono c’era quella
punta di ironia e di divertimento tipiche di un uomo che non crede
affatto a ciò che dice.
“La
speranza è l’ultima a morire!” lapidaria
si sistemò su una sedia, versandosi del caffè
nero.
“Ho
dato disposizione che venga il sarto…per l’abito
che indosserai! Ne ho scelti personalmente alcuni modelli, potrai
scegliere tra quelli dopo averli indossati!” disse mentre
sorseggiava un succo.
“Altruista
da parte tua esserti preso tanto disturbo per me!” rispose
secca, evitando accuratamente di guardarlo.
“Non
odiarmi per questo, Kaname!”
lei si
irrigidì al suo nome.
“Col
tempo apprezzerai la mia compagnia… la mia presenza reale,
lasciando da parte i vecchi ricordi! Chissà.. magari mi
ringrazierai anche per averti migliorato la vita! ”
“Punti
di vista!” disse solo lei in risposta.
Lui rimase
del tempo a osservarla, sorridendo e sfiorando con le dita il bordo del
bicchiere.
“Hai
qualcos’altro da dire? Mi da alquanto fastidio vederti li a
fissarmi!” riprese la ragazza concentrandosi però
su una fetta di torta.
“No,
nulla…” disse lui alzandosi. Fece per voltarsi
poi, come ricordandosi di qualcosa, parlò cauto.
“Il
mio preferito è quello rosso di seta, trovo anche che si
addica molto a te!” e senza aggiungere altro, uscì
dalla stanza.
Kaname
rimase un attimo immobile, aspettando di sentir scemare il rumore dei
suoi passi poi, rilassatasi, riprese a respirare regolarmente.
“Il
signora Testarossa ha espresso il desiderio di mostrarle per primo
questo!” un signore composto e cordiale, di bassa statura e
dall’aria riflessiva, prese un involucro grigio da un plico
di simili e fece per aprirlo.
“Quello
rosso di seta..” mormorò lei fissando
però la sua figura snella nello specchio.
“Esattamente,
ve ne ha già parlato? È il più bello e
il più prezioso del negozio, signorina.” Disse lui
aprendo finalmente la cerniera e mostrando un lembo del tessuto.
Kaname
annuì sfiorando con la mano la seta rossa, morbida sotto il
suo tocco.
Quando le fu
mostrato totalmente rimase affascinata. Certo, Leonard aveva buon gusto.
“Non
mi piace!” disse infine, cercando di sembrare convincente.
“Ma
signorina… è un capolavoro di alta sartoria, il
vostro fidanzato ha..”
“Non..
è..il mio…fidanzato!” rispose
trattenendo l’ira.
L’omino
la fissò confuso per del tempo, sorreggendo con fatica
l’abito.
“In
effetti…il signore mi aveva detto che voi non avreste
approvato!” mormorò quello cercando di ripiegare
la seta.
“Ha
detto davvero così?!” chiese Kaname dopo un
momento di incertezza.
“Si..”
“Bene,
allora, mio simpatico vecchietto, che ne dice se gli do comunque una
provata?!” e sorridendo al pover uomo che la guardava
stralunato, prese il tutto e si sbrigò ad indossarlo.
“Divinamente…le
sta divinamente, signorina!” lasciare a bocca aperta un
vecchietto non era proprio quello che voleva però ne fu
compiaciuta. Era proprio vero, quell’abito era un capolavoro.
Le cascava sui fianchi e le scivolava addosso con estrema naturalezza,
avvolgendola apparentemente in una morsa, ma lasciandole tuttavia ampio
movimento.
Non era
eccessivamente scollato, ne particolarmente lungo…certo,
quel colore l’avrebbe fatta risaltare, ma aveva sempre
pensato che il rosso fosse bello dopotutto.
Rimase in
rigoroso silenzio a osservarsi davanti allo specchio, facendo scivolare
le mani sui fianchi e sul ventre per far aderire meglio la seta. Si
sistemò alcune volte la spallina e poi finalmente
aprì bocca.
“Penso
che sarebbe stato meglio di un colore più sobrio,
però…”
“Colore
più sobrio? Il signor Testarossa ha richiesto espressamene
che tutti gli abiti qui presenti fossero rossi!”
dichiarò l’ometto scorrendo il tessuto in cerca di
imperfezioni.
“Vedo
che ha azzeccato anche la taglia… e tutto assolutamente
perfetto! Il suo ragazzo ha buon occhio!”
“Senta…lui
non è il mio ragazzo!” Chidori si girò
di scatto, sfilando dalla mano dell’uomo la seta e fissandolo
in modo aggressivo.
“Scusi…scusi..
io pensavo che…visto che domani sera..!”
“So
cosa pensava, ed è sbagliato! Domani sera è solo
una cosa formale per celebrare i nostri compleanni con i
suoi…amici…io sarò il trofeo del
momento, tutto qui!” e nelle ultime parole il suo tono di
voce si era abbassato, tanto da farsi un lamento soffuso e
impercettibile.
“Credo
invece che il signor Testarossa tenga molto a lei, signorina, non deve
dubitarne!”
“Lo
so…o almeno così sembrerebbe!”
“E
allora…perché dubita..”
“Io
non dubito di lui, vecchietto!” e sorrise, nascondendo come
sempre il suo stato d’animo e tacendo le parole che avrebbe
voluto dire.
“E’
lui che non dubita abbastanza di me!” mormorò fra
sé e sé infine.
L’ora
di cena era passata da un pezzo quando Kaname finì di
provarsi tutti gli abiti. Salutò calorosamente il sarto e
poi si concesse un momento di relax a bordo piscina, prima di sentire
la tanto famigliare voce di Sabina che le avrebbe ricordato di mangiare.
I piedi le
facevano un poco male, ma ora che li aveva messi a mollo
nell’acqua sembravano rigenerarsi.
“Ha
trovato il vestito adatto?” Mary le si avvicinò
con un asciugamano pulito e un sorriso.
“Sabina
mi ha mandato a chiamarla, dice che lei sarà via questa sera
quindi è affidata a me, signorina Kaname!”
spiegò.
L’altra
annuì più rilassata.
“Perdoni
la domanda…ma non vuole un giorno andare in spiaggia? Oppure
domani nel paese dove vive mia madre, poco lontano,
c’è il grande mercato…se vuole potrei
scortarla personalmente!” la ragazza era di sicuro giovane e
piena d’iniziative. Eppure, pensò Kaname, era lei
stessa la più piccola fra le due e anche la più
noiosa.
“Credo
che Leonard non approverebbe!” disse velocemente per tagliare
ogni discorso.
“Possiamo
chiedere, se lei davvero vuole venire..” insistette.
“Mary?”
iniziò Kaname guardando il movimento dell’acqua al
passaggio dei suoi piedi.“Perché vuoi
così tanto andare a quel mercato?” le chiese con
un mezzo sorriso.
Quella
arrossì, imbarazzata, e Chidori scoppiò a ridere.
“Un
ragazzo dunque…ne sei innamorata?”
continuò ormai interessata.
“Non
so… lui.. beh lui fa il semplice fruttivendolo!”
“Semplice
dici?...io lo trovo un lavoro molto dignitoso!”
“O
certo…solo non potrò mai avere una villa come la
vostra, signorina!” e sorrise anche lei divertita, mentre
Kaname per un attimo tacque.
“Credi
davvero che questo sia ciò che voglio? Non sono qui per mia
volontà…o per lo meno non per libera
scelta!” disse nascondendo il volto.
“Non
capisco..”
“Già,
nemmeno io!” Leonard apparve alle loro spalle come un
fantasma. Mary, che si era seduta accanto a Kaname, si alzò
trafelata.
Lui non la
degnò nemmeno di un’occhiata, limitandosi a
indicarle con un gesto della mano di ritirarsi.
Lei
annuì, col capo chino e le mani intrecciate per il
nervosismo.
“E’
colpa mia, io l’ho trattenuta…puoi andare ora
Mary, grazie!” Chidori si alzò afferrando
l’asciugamano e congedando l’altra che si
allontanò velocemente.
“Quand’è
che riparti?” chiese al ragazzo fermo di fronte a lei.
“Fra
due giorni…è commovente la tua voglia di
trattenermi qui!” sussurrò innocentemente.
Puntò
i suoi occhi ghiaccio in quelli scuri di lei e, per un secondo, Kaname
rabbrividì.
“Vuoi
vietarmi anche di parlare ora?” sputò acida
oltrepassandolo.
Lui la
afferrò dolcemente per un braccio riportandosela di fronte.
“Se
vuoi andare ti congederai da me con rispetto, Kaname! E tanto per
stroncare ogni dubbio…evita di pronunciare il suo nome di
fronte alla servitù e a me!” eppure
c’era come un senso di ferocia nascosta dietro a quelle
parole pronunciate in tono tanto gentile.
“Intendi
dire Sousuke?” lei lo sfidò apertamente, sperando
di vederlo perdere il controllo, invece lo vide semplicemente sorridere
soddisfatto.
“Esattamente
quello!” dichiarò.
“Chissà,
magari quando avremo un figlio deciderò di chiamarlo
così, oppure preferisci Kasshim?!” ma la domanda
suonava più ironica che altro.
Lui la
lasciò e si spense sulle sue labbra quel leggero sorriso che
lo accompagnava sempre. Strinse i pugni lungo i fianchi e, infine, si
mise le mani in tasca.
Lei si
allontanò senza rancore, rilassandosi per un attimo e, come
se si fosse appena risvegliata da un lungo sonno, si sentì
rigenerata.
La mattina
arrivò puntuale come ogni giorno e i caldi raggi le
carezzarono il volto scaldando il suo viso sudato.
Si
svegliò di soprassalto, ignorando l’orario tardo.
Quella notte aveva sentito un voce…non una come le altre..
Quella era
familiare e come vicina, però non riusciva a ricordarsi
né cosa le avesse detto né di chi fosse.
Poggiò
i piedi a terra, sentendo il contatto col pavimento particolarmente
rigenerante per il suo corpo. Aprì di scatto la tendina
trasparente del letto e intravide sulla scrivania in legno un pacco
bianco con fiocco rosso.
Soppesò
mentalmente le ipotesi sul mittente e concluse infine che solo uno
poteva essere l’artefice. Stizzita nel constatare che aveva
ragione e che quindi si era intrufolato nelle sue stanze mentre
dormiva, raggiunse il bordo dello scrittoio e sfiorò con le
punte delle dita il grande regalo.
Improvvisamente
si rese conto della presenza di un secondo pacchetto, molto
più piccolo e, senza pensarci, allungò la mano e
scartò quello per primo.
Era un
semplice braccialetto, probabilmente di poco valore. Eppure qualcosa le
fece morire le parole in bocca e inumidire gli occhi con estrema
facilità.
Un ciondolo,
l’unico su quel bracciale, raffigurava un delfino azzurro, di
quelli semplici e poco elaborati, più portafortuna che
oggetti da mostrare.
Le
scappò un singhiozzo che risuonò con violenza in
quella stanza tanto vuota. Una piccola lacrima le uscì,
scivolando con lentezza e delicatezza sul suo viso.
Con mani
tremanti riuscì al terzo tentativo ad infilarselo al polso,
rimanendolo poi a guardare a lungo, mentre il sole creava
inusuali riflessi sul piccolo animaletto di vetro.
Era
accompagnato da un biglietto, scritto da una mano svelta quanto precisa.
Che la
libertà sia un giorno riconquistata dal tuo spirito.
Mary.
Sorrise
mentre si vestiva. Sorrise mentre sceglieva un abito in tinta col
regalo. Sorrise mentre scese a colazione. E sorrise vedendo il mare in
lontananza nella sua distesa blu immensa. Per la prima volta
pensò che forse quel giorno sarebbe stato bello.
“Dunque
ti è piaciuto il mio regalo?” con una semplice e
cordiale frase le sue certezze caddero come foglie in autunno.
Facilmente e velocemente.
“In
verità…non ho proprio avuto il tempo di
aprirlo!” suonò falsa e soddisfatta, la sua voce.
“Capisco..”
lo sguardo di Leonard cadde sul suo polso, sul suo viso e infine sul
suo abito.
“Simbolo
di libertà, forza d’animo,
intelligenza….ti si addice molto, Kaname!
Anch’esso un dono di compleanno? Non mi sarà
difficile immaginare da chi!”
“Non
è tanto per il regalo…è più
per la scelta dell’animale credo! Non vorrei mai
contraddirti, ma… non è nemmeno per quello che
rappresenta! Diciamo solo che mi ricorda un vecchio
episodio… un piacevole momento!” la sua voce
scemò lentamente, sfiorando il malinconico nel finale.
Leonard non
si mosse, come se fosse inconsapevole del valore delle sue parole.
“Ora,
se non ti dispiace, vorrei mangiare qualcosa!” Kaname lo
oltrepassò con occhi bassi.
“Fammi
sapere se il mio regalo è di tuo gradimento!” le
disse senza ottenere risposta.
Massì…forse sarà conclusa in pochi
capitoli…un semplice episodio autoconclusivo ambientato
durante la lontananza di Sousuke e Kaname…
In
realtà è mia intenzione scrivere si Sousuke e
Nami, proprio per smettere di odiare così tanto quel
personaggio…credo che riuscirà perfettamente ad
essere la protagonista disillusa e triste di una One-shot.
Grazie
mille del commento a goldi
chan, l’ho molto aprezzato davvero! Spero
continuerai a seguire questo piccolo progetto.
Alla
prossima dunque, anche a chi volesse condividere i suoi pensieri
durante la lettura..
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