E'
davvero emozionante
poter concludere un racconto. Sono davvero contenta che sia piaciuto
e che abbia riscontrato tante opinioni positive.
Grazie
mille a tutti
coloro che hanno letto la mia storia.
Grazie
per tutti i
commenti.
Grazie
per tutto.
Ci
vediamo alla prossima
storia che scriverò. Abbracci e grossi baci.
Vostra
Babù.
Un Ringraziamento speciale a Claudia. Ti auguro il
meglio. Grazie di tutto. Baci nevosi!
11.
Contatto
Il
quotidiano aveva
indicato uno dei più famosi ospedali di Amburgo come luogo
di
ricovero di Bill.
L'autostrada
scorreva
veloce sotto le ruote. Con forza schiacciavo quel benedetto pedale.
Andiamo! Pensavo irritata, forza! Non
mollarmi proprio
adesso! Maledizione! Non mi sarei lasciata vincere dal
destino:
quella volta ce l'avrei fatta.
Guidare
non era mai stato
il mio forte, infatti più di una volta le macchine mi
avevano
ammonita a suoni di clacson. Non che io ci facessi caso più
di
tanto; la mia testa era sempre da un'altra parte.
Sapevo
la strada per
l'ospedale, non so come facessi, ma la conoscevo a memoria. Come se
l'avessi già percorsa più volte...fissai la via
concentrata ed
imboccai l'uscita a destra.
Guardai
l'orologio sul
cruscotto. Quanto ci avevo messo ad arrivare? E se fosse stato
già
troppo tardi? Il mio stomacò reagì, fece uno
strano gorgoglio e si
chiuse. Ermeticamente.
Parcheggiai.
Scesi
dall'automobile.
Scansai
qualche passante
e passai tra le porte scorrevoli dell'ospedale.
Ed
ora che ero dentro?
Che cosa avrei fatto? Da che parte sarei andata? Come diamine avrei
fatto ad entrare nella sua stanza? Avevo davvero fatto tutto quello
solo per sentirmi dire da un omone vestito di nero che non avevo
nessun diritto di vederlo? Assolutamente
no.
Guardai
intorno in cerca
di una soluzione.
Quando
ebbi
un'illuminazione.
Il
ripostiglio.
Uguale: abiti.
Abiti di
pazienti, di dottori, di infermiere.
M'infilai
circospetta,
sperando che nessuno mi avesse vista. Frugai nella cesta dei panni
sporchi, tra gli asciugamani. Trovai una divisa di solo una taglia in
più della mia: fortuna sfacciata.
Uscii
dallo stanzino e
camminai sicura per i corridoi dell'edificio.
-La
stanza di Bill
Kaulitz per cortesia-.
-La
duecentotré-.
-Grazie-.
-Di
nulla-.
Cercavo
di mantenere un
passo tranquillo e naturale, sereno.
Duecentouno,
duecentodue, duecentotré...presi
un profondo respiro e bussai. -Avanti-. Entrai con delicatezza. Lo
spettacolo mi colpì: in mezzo alla stanza c'era un letto
bianco e
candido dove dormiva beata una creatura più reale del
previsto;
vicino al ragazzo c'erano altri tre individui che seppi
immediatamente identificare come Georg, vicino alla finestra; Gustav,
seduto in un angolo; Tom, che teneva la mano di Bill. Bill in carne
ed ossa, non più un'illusione.
-Chi
sei?-.
Restai
senza parole.
-I...io-.
-Sei
una giornalista?-,
chiese Gustav alzandosi dalla sedia. -Siamo stufi che ci giriate
attorno. Lasciateci in pace, per favore!-.
Mi
rannicchiai contro il
muro. -Non sono una giornalista...-, cercai di dire.
-Chi
sei allora?-. La
voce arrivava da in fondo alla stanza: era stato Georg?
I
miei occhi erano fissi su di lui,
-Io...io sono una sua
amica...-.
-Amica?-,
Tom mi fulminò con lo sguardo, -Non ti conosco, non ti ho
mai vista
gironzolargli attorno-.
-Sono
un'amica piuttosto
nuova-.
-Tsk,
e anche piuttosto
fasulla!-.
-No,
sono una sua
amica...io...io non so come spiegartelo...-. Cercai di avvicinarmi al
suo corpo inerme: volevo solo toccarlo. Mi sarebbe bastato. Sapevo
che sarebbe bastato. -Ti prego, sono qui per aiutarlo-.
Tom
sgranò gli occhi:
-Che cosa credi di poter fare?!-, il suo tono saccente e scontroso mi
irritò.
Sfiorai
la mano di Bill,
quella che Tom teneva stretta tra le sue.
-Dammi
una possibilità-,
dissi a me, forse a Tom, forse a quel corpo coricato e pallido.
Il
ragazzo lasciò la
mano. Forse si fidava.
Accarezzai
la fronte a
Bill e sorrisi. Mi avvicinai al suo orecchio: -Sono venuta a
trovarti...non eri una semplice visione. Lo sapevo...lo sapevo che
non lo eri...-, iniziai a piangere, -Ma anche se lo fossi stato non
mi sarebbe importato...davvero Bill, non mi importa cosa sei, chi
sei, che cosa vuoi da me...non importa...ma mantieni la promessa:
avevi detto che ci saresti stato se io ti avessi voluto. Ed io ti
voglio Bill, ti voglio al mio fianco...ti prego...non fa niente se
rimarrai per sempre un'allucinazione...-. Sussurrai così
piano che
nessun'altro sentì. -Io ti amerei comunque-.
Chiusi
gli occhi e
lasciai cadere le lacrime mentre intonavo quella canzone che non
conoscevo. Quella canzone che mi faceva addormentare: desiderai che
lo svegliasse.
Lo
desiderai con tutta me
stessa. Annullai il mio io per far si che si destasse dal suo sonno.
Io
credo nei miracoli
e tu, Bill?
Il
silenzio era tutto
attorno a me.
-Stai
bene con la divisa
da infermiera, sai?-.
Incrociai
il suo sguardo.
Sorrisi. -Davvero?-.
-Si-,
disse lui
stringendo le palpebre appiccicate dal sonno, -Dove sono?-. Era
spaesato.
-Sei
in ospedale-, disse
Georg riprendendosi dallo shock.
-Oh,
si,
ricordo...l'incidente...-.
Si
voltò verso di me e,
con la mano libera dai flebo, fece incontrare le nostre labbra. -Io
ti conosco...riconosco il tuo viso, ma...non riesco a ricordare il
tuo nome-.
-Helena...mi
chiamo
Helena-.
Asciugò
con il pollice una mia lacrima. -Ti ho sognata, sai?
Helena...è
stato un sogno lungo e tanto triste...poi felice...poi di nuovo
triste......e tutto si è fatto buio. Poi ho sentito la tua
voce ed
ho trovato la via per tornare a casa-. Accarezzò il mio
volto. -Sei
un angelo?-.
Scossi
la testa.
-Sei
un'illusione?-.
Sorrisi:
-Sono la tua
illusione-.
-Sparirai?-,
chiese con
voce triste.
-Sono
qui perché il tuo
cuore è venuto a cercarmi per sussurrarmi che mi volevi.
Fino a che
mi vorrai io resterò con te...si trattasse anche di restare
per
sempre...-.
Strinsi
la sua mano.
Ed
il mondo fu finalmente
completo.
The
end
|