Dark Alisia 1
Le capitava spesso di fantasticare riguardo al proprio figlio,
immaginava il suo volto, che armoniosamente riprendeva le fattezze sue
e del padre, così lo pensava alto, con un bel volto squadrato, i
capelli neri come la pece e gli occhi di un azzurro profondo come gli
abissi marini e la sua pelle, la sua pelle era chiara... scura, le
orecchie a punta, i denti orribilmente aguzzi... chiuse gli occhi in
preda al terrore, il suo corpo sembrò vacillare, un rivolo di sudore le
bagnò la schiena, si portò una mano al ventre, toccò da sopra il
vestito l’orrendo marchio che faceva di lei un’altra cosa rispetto ad
un normale essere umano.
Lei non avrebbe mai avuto nessun figlio, non avrebbe mai partorito un mostro!
Sentì che la sua mano destra si alzava, qualcuno la afferrava... e la stringeva.
Riaprì gli occhi.
Era sua sorella, sua sorella le aveva preso la mano e la stringeva forte, trasmettendole calore e sicurezza.
Il suo volto si rilassò e sorrise, si dice che i fratelli gemelli
abbiano una particolare empatia ma nel loro caso questa empatia era
stata sviluppata forzatamente in modo talmente profondo che erano ormai
quasi una cosa sola, sua sorella sapeva, non capiva, come magari spesso
succede tra fratelli, no, lei sapeva effettivamente cosa stesse
provando e quindi la stringeva.
“Sta’ tranquilla, Alisia, è solo un brutto sogno”
Il volto di Beth emanava un’aura di tranquillità, la sua bocca era
piegata in un leggero sorriso, ma nonostante questo non era più il viso
di una volta: quando Alisia guardava la sorella era come se si
specchiasse e non vedeva più i suoi capelli scuri e i suoi occhi blu,
ma dei duri occhi grigi sotto una cascata di capelli biondo platino,
sgranò gli occhi e la sorella le strinse la mano ancora più forte, poi
si incamminarono.
L’addestramento era finito, l’uomo vestito di nero le aveva parlato il giorno prima
“Sappi che tu sei la nostra unica speranza, sei l’ultima spada
dell’organizzazione, il suo baluardo finale e allo stesso tempo la sua
punta di diamante per quando andremo a distruggere il Male che infesta
il nostro mondo, ma non è giunta ancora l’ora per questo purtroppo: ora
bisogna sopravvivere. Sei la più potente numero uno che abbia mai
calpestato questo suolo, sii degna della tua responsabilità. Salvaci,
Alisia”
Per la prima volta da quando conosceva Luvr le sembrò che, anche se
solo per un attimo, avesse fatto un’espressione seria, invece di
mostrare quel sorrisino perennemente stampato sulla sua faccia e che
lei non sopportava. Cosa c’era da ridere? Il mondo era orribile, pieno
di nemici e di pericoli e lei aveva perso una parte della sua umanità,
una parte di sé se n’era andata, ogni volta che guardava Luvr e ne
vedeva il sorriso non poteva fare a meno di pensare che la stesse
deridendo per ciò che era diventata. Si riportò la mano al ventre,
scacciò il pensiero, erano arrivate.
Il crepaccio era immensamente profondo, il vento soffiava forte, erano
tutti lì i membri dell’organizzazione, ad assistere alla battaglia... e
anche a testare la loro arma? Alisia piegò il labbro con una smorfia,
avrebbero avuto il loro spettacolo, non se ne sarebbero pentiti.
Stranamente con loro c’era anche un’altra guerriera, lei non la
conosceva, non ne conosceva nessuna, chissà perché era lì, lei, si
disse, non necessitava di alcun rinforzo, ce l’avrebbe fatta da sola,
lei era invincibile!
I mostri si stavano avvicinando, erano undici, un intero branco di
risvegliati che stava attaccando la sede dell’organizzazione e lei era
l’unica che potesse fermarli. Guardò di nuovo la sconosciuta: indossava
una divisa ordinaria, non riusciva a distinguere lo stemma dalla
posizione in cui si trovava, aveva lunghi capelli biondi lisci,
<> pensò.
Parlottava con Luvr, che non si azzardasse il piccoletto a mandarla in
battaglia insieme a lei, le sarebbe stata solo d’intralcio!
Il rumore dei nemici in avvicinamento era diventato assordante, erano enormi e spaventosi.
Ma lei non aveva paura, li guardava freddamente con quei suoi occhi di ghiaccio.
Una folata di vento più forte le schiacciò il mantello sulla schiena, i
lembi cercavano di avvolgerla, i suoi lunghi capelli si scompigliarono,
una marea di foglie volò via <>
“Vai, Alisia”
Luvr aveva parlato in tono pacato, lei si distolse dai suoi pensieri,
vide sua sorella chiudere gli occhi. Sentì un brivido dentro di lei.
Due minuti, 120 secondi passarono: arti tagliati, teste mozzate, corpi
sventrati, non pensava a niente, vedeva solo un obiettivo e lo
tagliava. Poi passava al prossimo.
120 secondi e tornò se stessa.
Il verde dell’erba del promontorio si era tinta di scarlatto: il
colore del sangue, il sangue dei nemici. Lei aveva trionfato
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