Àlzati e trebbia, figlia di Sion,
perché renderò di ferro il tuo corno
e di bronzo le tue unghie
e tu stritolerai molti popoli:
consacrerai al Signore i loro guadagni
e le loro ricchezze al padrone di tutta la terra.
- Bibbia – Michea cap. IV –
Quando mi ripresi, quel tanto che bastava per osservare l’ennesimo,
sconosciuto soffitto, non provai alcun dolore. E fu un sollievo,
perché mi ero aspettata di sentirmi come minimo con tutte le duecento
e passa ossa belle rotte.
Spostai lo sguardo sulla figura che stava seduta sulla sedia di fianco
al mio letto. Era l’anziana infermiera, dall’aspetto fin troppo
arcigno per essere considerata gradevole ma che sapevo essere
particolarmente sensibile e gentile.
Piegai le labbra ad un pallido sorriso.
Se nelle Sacre scritture si fosse parlato della vecchiaia di Maria,
forse la donna sarebbe parsa simile a questa, non nell’aspetto ma nel
cuore generoso e materno.
- Ti sei svegliata? – mi chiese in un sussurro dopo aver colto il mio
tentativo di muovermi.
- Che mi è successo? – chiesi corrugando la fronte e cercando di
ricordare… Ero svenuta sulle scale? Probabile… Però ricordavo altro…
La sensazione di galleggiare e poi… Qualcosa di caldo e… profumato…Yu?
No, decisamente impossibile. Me lo ero solo immaginato, con la mente
sconvolta da chissà cosa; era la razionalizzazione migliore che
potessi fare di quei miei ricordi troppo confusi.
- E’ stato un vero miracolo che Kanda ti fosse vicino. – mi disse la
donna.
Spostai di scatto la testa nella sua direzione.
Grosso errore.
Un migliaio di arcieri era in agguato e non aspettava che quel momento
per portare a termine l’attacco, trapassandomi il corpo in ogni
centimetro in modo doloroso e brutale. Sentii le lacrime salirmi agli
occhi.
No, non era un miracolo che Yu mi fosse vicino, era un miracolo che mi
avesse aiutata, soprattutto dopo quello che era accaduto tra noi.
- Ti hanno avvelenata mia cara. Ed è un miracolo che tu sia ancora
viva. – le sue parole ci misero un po’ a penetrare nella mia
ragione.
- Prima non faceva male… - borbottai con il fiato spezzato.
- Prima stavi ferma e poi eri sotto una massiccia dose di sedativi.
Per la verità è una settimana che stai in queste condizioni… E’
persino tornato Padre Leone dalla Santa sede… - mi annunciò.
Grandioso!
Questa era la terza o la quarta volta in seicento anni che rischiavo
di lasciarci le penne e immagino che il Vaticano si sia preso un bello
spavento e che a me sarebbe toccata una bella ramanzina.
Le mani della donna mi sollevarono con abilità e competenza, riducendo
al minimo il dolore del mio povero corpo.
- Lavi come sta? – chiesi un po’ per genuina preoccupazione e un po’
per evitare di pensare al mio stesso male.
- Meglio di te, ha lasciato l’infermeria ieri. – m’informò la donna
- Allora non era messo tanto meglio se gli ci sono voluti sei giorni
di letto… - ironizzai.
Si sentì lo scalpiccio di diversi passi nel corridoio e una serie di
voci concitate che tentavano di stare basse ma che si
sovrapponevano.
- Sono qui per te… Sono venuti tutti i giorni e tutti i giorni. Sono
dei casinisti confusionari, ma a quanto pare ci tengono a te… -
- Li faccia entrare… Ho retto al veleno di Tiki Mykk, posso reggere
degli adolescenti irrequieti. – gli dissi con un pallido sorriso.
Improvvisamente il corridoio divenne silenziosissimo e quando
l’infermiera aprì la porta capii anche perché.
Padre Leone torreggiava nella sagoma della porta.
I suoi capelli biondi erano più spettinati del solito e lui pareva
essere persino più minaccioso e feroce. Le spalle ampie non avevano
perso nulla della loro fierezza e gli occhi azzurri, sebbene cerchiati
da ombre scure erano inquisitori come sempre.
- Angel Cielo! Hai finito di dormire? – esordì entrando nella stanza
con passo di marcia.
- Padre! Ed io che pensavo fosse venuto per darmi l’estrema unzione…-
lo provocai immediatamente.
Lui divenne rosso come un pomodoro prima di esplodere
- Oh, sta zitta! Ti sei fatta gonfiare come una zampogna, vergognati!
E cosa ancora più seccante hai costretto me a venire fin qui, in
questo luogo freddo e piovoso dalla Santa Sede, dove avevo impegni
molto, molto pressanti! Perché non fai mai, proprio mai una volta
quello che ti si dice di fare?! E sta tranquilla, non raccoglierò io
la tua ultima confessione, perché se lo facessi sono certo che ti
prenderei per il collo prima ancora che tu abbia finito di ripulirti
la coscienza!–
- Padre… Non è questo il modo di parlare a chi sta tanto, tanto male…
Le scritture dicono di essere disponibile con gli ammalati e gli
invalidi… - pigolai sperando di impietosirlo nel suo darmi la dovuta
strigliata verbale, ma capendo subito di avere premuto i tasti
sbagliati…
- Le scritture dicono anche di essere misericordioso con i vinti, ma
affinché vinti vi siano è necessario combattere! E tu non sei in punto
di morte, non più! Non farti scudo del fatto di stare sdraiata in un
letto! Hai ancora le orecchie per sentire! E una bocca con cui
rispondere anche se per ora la terrai debitamente chiusa! – ringhiò
lui.
Serrai le labbra e cercai di resistere alla tentazione di passarvi
sopra la punta della lingua. Non ho avevo capito perché ma a Padre
Leone aveva sempre dato fastidio quel gesto. Un po’ come io non
apprezzavo il fatto di essere severamente ripresa quando sapevo che
ciò che avevo fatto era stato, seppure sconsiderato, necessario.
- Non ti affidiamo le missioni affinché tu metta alla prova la tua
capacità di morire. Te le affidiamo per salvare le anime e le persone!
Il tuo compito non è quello di svagarti e fingere di essere una
normale ragazza di vent’anni ma quello di essere il messaggero di Dio
o il suo braccio armato a seconda della necessità! Se vuoi suicidarti
e andare dritta dritta all’inferno perché non ti punti direttamente
punishment alla tempia? –
Qui il mio sistema nervoso saltò del tutto.
- Essere il braccio armato significa scendere in campo a combattere.
Non esiste una battaglia dove un guerriero non abbia la piena
consapevolezza di poter morire da un momento all’altro. Trafiggere il
nemico è come trafiggere se stessi. La sola e unica battaglia è quella
contro se stessi e vincere significa respirare per qualche altro
tempo. Non racconti a me le favolette su una Guerra Santa, su martiri
che macchiandosi di sangue non loro assurgeranno comunque al Paradiso!
Una guerra è una guerra e un’ uccisione è un’uccisone
indipendentemente da quale sia la parte del campo nella quale si
combatte! Abbiamo scelto di sporcarci, di essere cacciati sul confine
del Regno dei Cieli, senza potervi davvero accedere perché amiamo
quello che vogliamo proteggere. Stiamo solo rispettando il nostro
insanguinato patto con il Paradiso. – quello sfogo verbale mi lasciò
esausta.
Il cuscino era morbido e accogliente ed io non avevo più la forza
nemmeno per tenere gli occhi aperti.
Sentii una mano calda accarezzarmi la gota. Era un po’ ruvida e
grande. Quella di Padre Leone.
- Figlia di Sion, figlia guerriera… Il tempo è ormai giunto. – mi
disse e nella sua voce sentii tutta la commozione che provava nel suo
cuore.
Il suo dolore e il suo senso di impotenza, che per l'uomo d'azione che
era bruciava come la ferita nel costato di Nostro Signore...
Sollevai la mano a toccare la sua.
- Dio non ci abbandonerà fintanto che continuiamo a credere in lui.
Facciamo la nostra parte. La strada da percorrere è una sola e la Sua
luce la illumina a giorno, non possiamo sbagliare – mormorai prima di
abbandonarmi al richiamo della stanchezza.
Quando aprii di nuovo gli occhi era ormai sera. Quello che potevo
scorgere del mondo fuori dalla mia finestra era qualcosa di nero e
informe. Nel vetro vidi riflessa la luce di una candela e la sagoma
indistinta di una figura… Il gioco di luci e ombre pareva aprire un
ghigno sull’ovale del volto mentre il resto del corpo era qualcosa di
confuso e indefinito. Sbattei le palpebre nella speranza di mettere
più a fuoco quella visione.
Una mano, la destra, mi toccò la fronte ed io spostai il mio sguardo.
Non avevo dubbi sul fatto che quel tocco appartenesse ad Allen.
I suoi occhi erano uno strano miscuglio tra il grigio e l’oro.
- Pensi davvero di essere eterna? – mi chiese con una sottile ironia
nella voce.
- Non l’ho mai creduto. – risposi.
- Ma questo non ti ha mai impedito di compiere avventate
sconsideratezze. – mi fece notare lui.
- C’è un tempo per ogni cosa, sotto questo cielo. Quando arriverà il
mio sarò pronta. – gli risposi.
- E’ per questo che non hai mai creato un legame speciale con
qualcuno? – mi chiese lui sedendosi sul letto vicino a me. Troppo
vicino forse.
Il movimento del materasso schiacciato si ripercosse sul mio corpo ed
io mi irrigidii.
- Non ti farò male… Solo che vorrai capire. Ami gli uomini, ha
compiuto persino quel sacrificio per loro ma non ti sei mai davvero
unita con nessuno di loro… Per te non vi è mai stato nessuno di
speciale, speciale davvero. Eppure essendoti mischiata a loro per così
tanto tempo avresti dovuto apprendere questa lezione. L’ho appresa
persino io. – mi disse con un ghigno. Ormai sapevo che quel ghigno era
il suo sorriso.
- Perché è così difficile da capire? L’amore di Dio non è egoista.
Egli ama tutte le sue creature, dalle più miserevoli alle più
gloriose. Seguire i suoi passi non significa forse fare altrettanto?
Ama il prossimo tuo come te stesso. Non di più. Non di meno. Ma nello
stesso modo in cui mi prenderei cura di me, provo a prendermi cura di
coloro che vivono su questo mondo. Non sono un essere perfetto come il
Padre, ma nulla mi vieta di fare del mio meglio.-
- Anche quando non basta ed è inutile. – mi fece notare lui.
- Si, anche allora. – risposi.
- Non sei cambiata per niente Azael. La tua forma è un po’ diversa ma
continui a irradiare quella luce soffusa che è così doloroso
osservare… - mi disse lui ridisegnando il profilo delle mie labbra con
il pollice.
- Ora fatti delle incisioni, o figlia guerriera;
hanno posto l'assedio intorno a noi,
con la verga percuotono sulla guancia
il giudice d'Israele.
- Bibbia – Michea cap. IV –
Recitò il Quattordicesimo.
- Che significa? – chiesi corrugando la fronte.
- Che il tempo è giunto. – mi disse il Noha.
Un calore divampante e rovente mi pervase il corpo. Fui certa che se
avessi avuto in termometro in bocca o sotto il braccio la colonnina di
mercurio sarebbe esplosa…
Poi lo sentii… Antichi disegni si stavano ridescrivendo sul mio corpo.
Era come se si stesse facendo via la polvere da una vecchia
incisione.L'alfabeto di Enoch? Non ne ero certa anche se la parte
dormiente della mia mente ricordava che fosse il linguaggio degli
Angeli.
- Che stai…?! -
- Sono tornato a prenderti, Azael. – mi disse il Quattordicesimo, anzi
no questa volta assomigliava davvero molto di più a Lord Lucifero.
- Non verrò. – gli dissi.
- Allora sarò io a restare al tuo fianco. – mi annunciò lui, stoico
come lo ricordavo.
Solo allora notai che anche lui stava cambiando.
Sulla pelle candida del volto, del collo, della mano di Allen si
stavano disegnando antichi simboli ma i suoi erano scuri… No, non
scuri. Erano cangianti e andavano dal bianco, al rosso scuro così
simile al sangue rappreso e al nero.
- Lord Lucifero… - mormorai
- Questo mondo è il mio esclusivo parco giochi. C’è già il figlio del
tuo Dio che lo vorrebbe per se… Non permetterò mai che un terzo ci
metta le mani. Il Conte è mio nemico quanto tuo. Lo toglierò di mezzo
e ne prenderò il posto. Fino ad allora non hai nulla da temere da me.
Dopodichè… Se non sarai con me, sarai contro di me. La neutralità, fra
me e il tuo Dio non può esistere. – mi disse.
- Era anche il vostro Dio, Lord Lucifero… Avete ammesso e riconosciuto
la vostra colpa… Chiedete il suo perdono, chiedetelo con il cuore e… -
gli dissi
- Stai zitta! Riconoscere la propria colpa non è sinonimo di
pentimento ed io non posso pentirmi della scelta che ho fatto! –
- Io non comprendo… Non vi comprendo! – ammisi sentendomi
infinitamente triste.
Allen si chinò in avanti, su di me.
I suoi occhi, nei quali il grigio combatteva contro l’oro restarono
fissi nei miei. Le sue labbra si piegarono ad un ghigno, piccolo e un
po’ crudele.
Sentivo i suoi capelli sfiorare la mia fronte e le mie gote. Sentivo
il suo respiro e il suo alito che sapeva di… fragola, forse…
°Mi sta per baciare?°
Me lo chiesi in un flash irrazionale. Sentii il cuore balzarmi nel
petto. No! Non poteva, non poteva! Non volevo! Ma non ero in grado di
respingerlo o di fermarlo. Il mio corpo non si muoveva…
Le sue labbra si posarono sulle mie.
MERDA!
Era così che avevo fatto sentire Kanda?
Sentii che le schiudeva, piano, morbidamente… La sua lingua bussò alla
mia bocca chiusa, inumidì il labbro inferiore e scivolò piano verso
l’interno, fino a fermarsi contro la barriera dei miei denti.
Lui si ritrasse.
Gli occhi completamente aurei, i capelli candidi più mossi e
spettinati, il segno della maledizione cancellato dal suo volto.
Colui che mi stava davanti era il Quattordicesimo, completamente
desto.
- La prossima volta, sarai tu a baciare me – profetizzò.
Non riuscii a rispondere che lui se n’era già andato e Allen Walker mi
fissava con l’aria di chi stava chiedendosi che cosa ci facesse seduto
sul mio letto.
Se non fosse stato perchè sapevo che lui era innocente lo avrei preso
a schiaffi! E poi un vago senso di colpa... Nei confronti di Yu...
NDWar: Io lo sapevo! Lo sapevo che il Quattrodicesimo, quando entrava
in scena rimescolava di nuovo tutte le carte! Dannato!
NDXIV: E' il mio compito... Non sono forse dunque il jolly?
NDWar: No, sei il mio biglietto per neurologia -_-
NDXIV: T_T
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