"[...] Fleygði
Óðinn
ok í folk of
skaut;
þas vas enn
folkvíg
fyrst í
heimi."
"[...] Levava la lancia
Óðinn
e la scagliava nella mischia:
quella fu la battaglia
prima nel mondo."
(Edda poetica, 24)
Era passato mezzogiorno, a giudicare dalla
posizione del
Sole nel firmamento. Piccole onde percuotevano ritmicamente lo scafo
del drakkar
su cui viaggiavano Thorgrim Haraldsson e compagni, rendendo il moto
della nave simile al gesto dolce di una madre che faccia dondolare la
culla del proprio figlio per farlo addormentare.
Una brezza lieve si alzava a intervalli regolari, gonfiando le vele
quanto bastava per sostenere la marcia dell'imbarcazione attraverso le
fredde acque del Mar di Norvegia; ah, se solo ci fosse stata anche il
giorno prima! Di certo il viaggio sarebbe stato più rapido e
indolore; tuttavia Thorgrim aveva troppa esperienza di navigazione alle
spalle per scoraggiarsi per così poco.
Baldrir, il fidato aiutante e amico, sostava a prua, riflettendo forse
sulla propria esistenza, ispirato dall'immensità dei mari.
Thorgrim, saltando con balzi regolari le funi che giacevano accatastate
sul ponte, lo raggiunse.
- Mio fidato amico, qualcosa ti affligge?
- La nostalgia, mio signore. Jàrnsa mi attende in patria,
sola, ed io mi trovo lontano molte mil
da lei. Non fraintendetemi: è per me un onore seguirvi in
ogni impresa, tuttavia ella... mi manca.
- Comprendo appieno le tue ragioni e sono lusingato dall'importanza che
attribuisci alle mie, alle nostre azioni. Ti invito a farti forza e a
resistere. Prima faremo, meglio sarà: vale anche per me.
Un marinaio gridò che si vedeva terra all'orizzonte.
Thorgrim guardò davanti a sé e vide una sottile e
confusa linea scura delinearsi laddove cielo e mare si univano: si
figurava il loro approdo in terra d'Islanda.
Molte leggende si erano succedute su quella terra, di scoperta tanto
recente da essere rimasta ancora parzialmente inesplorata; si diceva
che fossero stati gli dèi a guidare i primi scopritori sulle
sue spiagge e che fosse essa stessa dimora di
divinità. Thorgrim conosceva appena quell'isola, vi era
stato solo una volta, molto tempo prima e, per di più, per
breve periodo, eppure il fascino misterioso della stessa, la sua
posizione così distante dalla Terra Madre, la Scandinavia, e
da quasi tutte le terre abitate dagli uomini rendevano ai suoi occhi
l'Islanda collocabile ai confini del mondo dei vivi, Miðgarðr,
la Terra di Mezzo.
L'equipaggio sussurrò, uomo per uomo, una preghiera
agli Æsir, i
signori del cielo, affinché garantissero la riuscita
dell'impresa che stavano per condurre; se fosse andata a buon fine,
tutti gli uomini presenti su quella nave sarebbero entrati nella
leggenda e i posteri avrebbero tramandato per millenni le loro memorie,
Thorgrim ne era certo.
Le coste frastagliate e rocciose d'Islanda si delinearono a poco a
poco, dando all'equipaggio la preoccupazione di cercare un luogo adatto
all'approdo.
Baldrir gettò in mare dei pali
affinché la corrente, guidata dal volere degli
dèi, li portasse in quel luogo;
così era stato fatto pochi anni prima da Ingólfur
Arnarson
per decidere dove fondare la città di Reykjavík,
così l'equipaggio del drakkar
avrebbe fatto per decidere dove approdare.
Cosa rende un uomo felice? La fiducia nella riuscita di quel che si fa
o semplicemente il sapere che si sta facendo ciò che
è giusto?, si chiese Thorgrim osservando l'amico.
- Jàrnsa deve essere fiera di te, caro Baldrir.
- Vi ringrazio, mio signore. Sono qui anche per lei.
- Sei un bravo marito e un bravo guerriero, verrai ricompensato come
meriti. Per quanto riguarda l'immediato, oltre che mio vicecomandante
sei nominato capo dei combattenti sul campo.
- Io... non sono certo di meritare tanto!
- Lo meriti. Ma ora stiamo arrivando, prepariamoci all'impresa.
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