Cronache di guerra

di Regina Oscura
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Cronache di guerra.

 

“Chiudi gli occhi e immagina.

All’inizio è solo buio, come sempre quando qualcosa inizia e poi eccoti, figura evanescente fra le ombre e le realtà che iniziano a crearsi.

Sei un ragazzo, appena un bambino e la guerra è attorno a te, l’odore di morte vicino e ormai le esplosioni, ancora lontane, sono il sottofondo della tua vita.

Non ricordi la pace, non credi di averla mai vista e ormai pensi di non poterla vedere mai più…

Eppure non capisci, e come puoi? Sei solo un bambino e gli adulti non dicono, e se chiedi sono solo sguardi truci e tremendo silenzio.

Ti sembra assurdo, non puoi concepire tutto questo, per cosa combattono?

Per cosa vale la pena perdere così tante vite umane?

…Forse non c’è risposta, forse c’è negata…

Anche se sei piccolo lo sai bene che in guerra si muore, tuo fratello non è tornato e forse non tornerà, ma tu non sai cosa è successo, vedi tua madre piangere abbracciata alla sua foto e non spiegare.

Tuo padre lui sì, lui è tornato, ma le sue gambe no, quelle non più…Anche se la guerra finirà, che senso avrà vivere dopo?

Se ci sarà un dopo, ormai credi che sia impossibile che questo inferno finisca, ogni giorno potrebbe essere l’ultimo che vedi così pacifico, ma sai che quel cielo azzurro e splendente è solo una copertura, anche tu senti la falsità che traspare dai sorrisi falsi e tirati che i grandi ti dedicano.

Soffri la fame, la soffri in silenzio, come tutti e gli adulti non lavorano, quella casa è ormai l’unico rifugio, le esplosioni si fanno vicine e la tua vita va a pezzi.

Raccogliere i frammenti di ciò che è stato, non è più sufficiente.

Eppure la distruzione avanza, non si può fermare, e le persone che saluti la mattina a sera già non ci sono più, o muoiono o fuggono lontano o chissà…

Basta, apri gli occhi.

Non sei più un bambino, sei un uomo ora.

Un uomo in guerra, un soldato.

E stai seduto immobile nella trincea, il fronte a pochi passi, stringi il fucile al petto e sai che il sole che vedi ora e che ti scotta la pelle potresti non vederlo più, lo sai bene, meglio di allora, meglio di chiunque altro.

Uccidere o essere uccisi è l’unica regola del gioco, un gioco mortale, disumano.

Ma in fondo per te è solo un lavoro, è solo un gioco.

Eppure ancora non sai perché combatti e per chi, e come puoi? Sei solo un soldato semplice e i superiori non spiegano, e se chiedi sono solo punizioni e ogni giorno ti avvicini di più alla prima linea.

Mentre i generali, i comandati, i superiori si godono le loro strategie al sicuro, lontano dal campo, dagli spari, lontano dal puzzo dei cadaveri, dalle esplosioni e dalla morte.

Sono loro i veri giocatori, tu sei solo una loro pedina, e una pedina da sola non può fare nulla.

Uno sparo, un fischio ti passa vicino all’orecchio assordandolo, il nemico è vicino, ti abbassi dentro la trincea, stringi ancora a te il fucile e lo carichi.

Il tuo compagno ti fa un segno, i nemici sono in tre, alla vostra destra.

Ti senti un automa, combatti senz’anima e senza motivo, ti guidano i movimenti meccanici delle tue armi e ignori l’odore di sangue che ti ferisce la gola i lamenti del nemico, perché anche lui è solo una pedina e come tale se vuoi vivere lui deve perdere.

Agite, tu e i tuoi quattro compagni, da soli, e la guerra continua nei vostri gesti e ormai non ti chiedi più del dopo perché sai che non ci sarà, tanto non hai nulla da perdere né nulla da sperare.

E combatti, attacchi e difendi, tutto si fa semplice meccanica nei tuoi gesti.

Ormai sai che non ci sarà fine, perché ciò che vivi ora è la fine”.

 *Milli Lin *





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