And
it’s not a cry that you can hear at night
It’s not somebody who has seen the
light
It’s a cold and it’s a
broken Hallelujah.
“Hallelujah”,
Leonard Cohen
Mi chiamo Keith Foti.
Mi chiamo Keith Foti e se mi concentro riesco ancora a
vederlo sbattere la portiera alle sue spalle, lo sguardo fisso sul
fiume come
fosse una bella donna.
Mi chiamo Keith Foti e se chiudo gli occhi sento ancora
il ritornello gioioso di Whole Lotta Love tintinnarmi nelle orecchie,
come una
campana bugiarda.
Mi chiamo Keith Foti e per quanto ora mi sforzi a
cercarlo con lo sguardo e mi senta dolere la gola a furia di chiamare
il suo
nome, supplicandolo di uscire dall’acqua, non lo vedo
più.
Mi chiamo Keith Foti e ho appena chiamato la polizia. L’uomo
che stavo accompagnando agli studi di registrazione si è
buttato nel Wolf River
cantando con quella voce, la sua voce,
e non è più tornato.
Mi chiamo Keith Foti, dico in lacrime agli agenti, ero il
suo roadie, non aveva bevuto, non aveva fumato niente, era solo molto
allegro.
Mi chiamo Keith Foti e mentre resto immobile a guardare
le luci dei traghetti arrancare sull’acqua, capisco che non
ha più importanza.
Non ci sarà più nessun studio di registrazione.
Solo qualche triste hallelujah, che per una profonda
ingiusizia che non riesco a spiegarmi, non sarà lui a
sussurrare nell’aria.
Qualcuno che ha sentito cantare Jeff Buckley come me, al
Sin-è o in macchina, con la chitarra in mano o
sovrappensiero, diceva che la
sua era la “Voce di Dio”.
E allora perché trentun anni di vita, acqua e allegria
sono riusciti a farla tacere per sempre?
Era vero?
…Era vero?
Dall’autrice: non
so cosa pensare di questa mezza paginetta scarna di piagnucolio
nostalgico. Di
certo non è un capolavoro, ma scriverla mi ha fatto un gran
piacere e mi ha
anche fatto salire un magone che solo la voce di Jeff Buckley
è capace di
suscitare. Quindi bene, direi.
Forse è solo un goffo omaggio a un grandissimo musicista
e a un eterno cantante, e niente di più.
Note: Jeff
Buckley (1966-1997) morì annegato nel Wolf River, un piccolo
affluente del
Mississippi dove si era buttato completamente vestito e cantando il
ritornello
di Whole Lotta Love dei Led Zeppelin. Aveva deciso di fermarsi per un
bagno lungo
la strada per gli studi di registrazione, dove si stava recando con
Keith Foti,
il suo roadie; lo stesso Foti inutilmente cercò di farlo
tornare a riva
gridandogli che un battello stava arrivando dalla parte opposta.
Il corpo fu ritrovato una settimana dopo impigliato fra i
rami di un albero galleggiante sotto il ponte della strada principale
di
Memphis, Beale Street.
Incise in vita un unico album in studio, "Grace", che contiene la cover
di "Hallelujah" di Leonard Cohen, da molti considerata una delle
canzoni più belle mai intepretate nella storia del rock.
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