2.
Seconda battuta
-Manuela,
arrivo con il primo volo domani mattina! Te lo giuro, amore!
Bob
si voltò a fissare Paul. Paul gli ricambiò lo
sguardo. Entrambi fecero
spallucce e ripresero a scrutare il proprio chitarrista mentre
camminava avanti
ed indietro per la sala di mixaggio come un leone in gabbia, il
cellulare
attaccato ad un orecchio.
Alla
consolle di regia Rich ed Alex tenevano le cuffie premute contro le
orecchie e
parlottavano a voce bassa tra loro, nessuno dei due sembrava
particolarmente
soddisfatto o felice. Anzi, a dirla tutta la faccia di Alex non
prometteva
nulla di buono, soprattutto non dopo che il suo solito perfezionismo
del cazzo
li aveva costretti tutti ad una sessione notturna di registrazioni
assolutamente non prevista. Pareva che del materiale registrato in
Scozia, una
volta arrivati lì a New York, non dovesse salvarsi
praticamente nulla e quella
cosa aveva già causato più di un problema.
Nick
era giustamente insofferente, Manuela lo aspettava in Germania
già da una
settimana e lui era ancora lì a cambiare tracklist e a
ripetere take di
registrazione fino alla nausea. Lui ed Alex non facevano che litigare
in
continuazione ed a stento, ormai, si rivolgevano la parola se non era
per
questioni di lavoro. Tutta quella tensione era praticamente
inspiegabile, Paul
li fissava allucinato, voltandosi poi a cercare comprensione in un Bob
ermeticamente chiuso in un silenzio ostinato. Cerne se l’era
data a gambe
appena avuta la possibilità, salvo chiamarli ad intervalli
regolari di sei ore
per sapere come procedessero le cose. Rich era praticamente al collasso
e
stavano seriamente rischiando di ritrovarsi senza produttore.
-Cazzo,
Nick! – ruggì Alex, voltandosi rabbiosamente
all’altro, che smise
repentinamente di parlare e si voltò a fissarlo scioccato -
Vai fuori se ne hai
ancora per molto! Qui stiamo provando a lavorare!
Nick
rimase un attimo in silenzio, talmente in silenzio che gli altri tre
poterono
sentire chiaramente le grida di Manuela in sottofondo.
-Ma
vaffanculo!- ritorse poi con un gestaccio, ed uscì dalla
stanza sbattendosi
alle spalle la porta e sputando imprecazioni in tedesco.
-Merda.-
fu il commento stanco di Alex nel rigirarsi alla consolle di mixaggio.
Si
nascose dietro le dita, massaggiandosi gli occhi e la radice del naso
in un gesto
volutamente lento.
Rich,
accanto a lui, tolse le cuffie e gli batté incoraggiante una
pacca sulla
spalla, stringendo forte per fargli sentire la sua presenza. Alex
annuì, ma non
aprì gli occhi e non si mosse.
-Facciamo
una pausa.- disse il produttore.- E voi ragazzi cominciate ad andare.
Bob
fu il primo a sollevarsi, rapido e deciso, si rassettò i
vestiti e scosse Paul
per incitarlo a darsi una mossa.
-Recuperiamo
Nick e lo portiamo in albergo. Così prepariamo i bagagli.
Alex, mi dai la tua
chiave?- chiese allungando una mano al cantante.
Lui
reagì in automatico. Scavò in tasca e ne
tirò fuori una carta magnetica che
allungò all'amico senza una parola e senza uno sguardo. Bob
la intascò, strinse
la mano di Rich - seduto sulla consolle di regia con una sigaretta
spenta già
pronta tra le labbra - e spinse leggermente Paul fuori dalla stanza
quando il
batterista si fermò a lanciare una lunga occhiata
preoccupata alla schiena
curva di Alex.
Bob
chiuse la porta dietro di sé, isolando all'interno la voce
sommessa del
produttore che si rivolgeva ancora all'ultimo componente della band
rimasto
dentro; lui sperò che il tono calmo e paterno dell'uomo
più anziano sortisse
qualche effetto ma cominciava a dubitare che potessero uscire da quella
storia
senza acciacchi.
Paul
continuava a fissarlo.
-...cosa?-
ritorse lento il bassista.
L'altro
grugnì, insoddisfatto, s'immusonì puntando gli
occhi dritti davanti a sé ma non
aggiunse una sillaba, serrando le braccia al petto per ostentare il
proprio
disappunto.
-Se
credi davvero che ne sappia più di te...!- iniziò
Bob, intuendo quello che
l'amico non diceva.
-Con
te Alex ci parla!- ringhiò Paul secco.
-Non
certo di quello che gli frulla per la testa!- ritorse lui.- Ma
è abbastanza
chiaro che a stargli tra le palle non ci guadagniamo niente ed
è molto più
utile che teniamo buono
quell'altro!-
spiegò spiccio.
Lo
trovarono che aveva riattaccato al telefonata e stava aspettando di
smaltire la
rabbia, fumando stizzito una sigaretta che aveva malamente massacrato
nel tirare
fuori dal pacchetto. Paul e Bob si scambiarono l'ennesima occhiata di
appoggio
ed incoraggiamento di quella lunga giornata, il bassista
sospirò e poi allungò
il passo in direzione del compagno di band. Paul gli arrancò
dietro con molta
meno disinvoltura.
-Nick,
andiamo in albergo.- esordì Bob, stringato, prima ancora di
annunciarsi.
Nick
si voltò a registrare la sua presenza, sobbalzando
leggermente nel ritornare
brusco alla realtà. Scostò la sigaretta dalla
bocca e scosse la cenere a terra.
-Dov'è?-
interrogò svogliato.
Bob
sospirò ancora, Paul si strinse nelle spalle
nell'intercettare il suo sguardo
desolato e gli lasciò il compito di rispondere.
-Immagino
che sia esattamente dove lo abbiamo lasciato. Rich ha suggerito una
pausa, ma
tu sai com'è Alex quando lavora.- provò a mediare
diplomaticamente.
-Un
cazzone fissato e rompipalle!- ringhiò Nick tra i denti, in
risposta.
-Sì,
possiamo vederla anche così.- concesse Bob conciliante.-
Detto questo,
domattina abbiamo un aereo da prendere e se non ci diamo una mossa
difficilmente
ci riusciremo. Sai, credo che tu non possa sposarti per procura,
lavorare con
Alex Kapranos non è ancora considerato come essere comandati
al fronte in tempo
di guerra.- ci scherzò su con un sorriso sbilenco.
Nick
parve pensarci un attimo, indeciso se mantenere il puntiglio feroce
dettato
dallo stress e dalla tensione oppure lasciarsi andare ad un sorriso
stanco, che
alla fine prevalse tirandogli allo stesso modo gli angoli della bocca e
degli
occhi. Bob si accontentò, ricambiò il gesto con
una poderosa spallata di
incoraggiamento ed il chitarrista si fece scivolare giù dal
muretto a cui era
appoggiato, lasciandosi spingere dall'altro, e si raddrizzò
davanti a loro.
-Forza.-
ripeté incoraggiante Bob.
Paul
lo prese in parola, sollevando una mano a fermare uno dei taxi che
sfrecciavano
veloci lungo la strada ed entrandoci per primo quando quello
accostò al lato
del marciapiede. Bob gli andò dietro e Nick buttò
un'ultima occhiata distratta
al palazzone grigio alle loro spalle e poi s'infilò a testa
bassa
nell'abitacolo.
C'è un confine sottile che divide
il
desiderio dall'ossessione.
Più in particolare, c'è
un confine sottile a
dividere qualsiasi pensiero razionale la mente formuli dal bisogno
malsano.
Un bisogno a cui non sempre puoi dare un
senso. Il più delle volte non vuoi
darglielo. Il significato di certe frasi, di certi sguardi, di certe...voglie
deve restare segreto.
A
volte ci pensava seriamente. A cosa avrebbero detto,
loro,
se lui fosse stato semplicemente sincero.
E sì
che fino a pochi mesi prima la sincerità non l'aveva avuta
nemmeno per se
stesso. Mentirsi era molto più comodo, ricondurre il piacere
di quella
compagnia entro i confini sicuri di un'amicizia complicata, di quelle
che
oscillano tra l'empatia istintiva di un'affinità
intellettiva e la ferocia
violenta di uno scontro di opinioni con chi si reputa
proprio
pari.
Lui
era il tipo a cui piaceva catalogare le cose. Osservare i fenomeni
naturali e
dargli un nome, un'etichetta rassicurante che permettesse di andare a
cercare
nel ricordo ciò che serviva al momento. Per questo aveva
dato un'etichetta
anche a quel rapporto, distinguendolo da quello che condivideva con Bob
o con
Paul, consapevole che in termini di affetto non ne stava lesinando a
nessuno
dei suoi amici e compagni di avventura e ritenendo sufficiente quello
che si
diceva per spiegare il senso di ciò che non afferrava del
tutto.
Era
stato effettivamente sufficiente. Almeno fino a quell'annuncio dato a
bruciapelo.
Il
sorriso smagliante di Nick lo ricordava ancora, come se si fosse
impresso a
fuoco sulla pelle e non si decidesse a cicatrizzare nonostante il
tempo, così
come ricordava ancora Manuela -
bellissima
- le sue dita intrecciate a quelle del “fidanzato di
sempre”, la sua voce alta
e sicura, la stessa voce a cui Nick si rivolgeva quando prendeva il
sopravvento
una timidezza impacciata che non avresti mai sospettato in lui ma che
Alex
aveva imparato a conoscere. Nick che era una contraddizione vivente,
nel suo
essere travolgente, instancabile, desideroso di vivere sempre e
comunque,
seguace di un culto del “tutto e subito” a cui lui
non riusciva ad adeguarsi,
eppure poi lo ritrovavi immobile in un'insicurezza infantile, che lo
raggelava
sulla soglia di una nuova “impresa” a guardarsi
attorno spaesato in attesa di
un'indicazione che gli venisse da qualcuno di cui potesse fidarsi.
Manuela
era sempre lì in quei momenti, Alex e gli altri avevano
imparato a darla per
scontata quasi quanto Nick stesso.
Era
stato allora che il bisogno era diventato ossessione. Le sfumature di
un
rapporto avevano perso i contorni definiti a cui le aveva ricondotte.
Aveva
processato quelle stesse sfumature attraverso una battuta innocente -
di Bob o di Cerne, non ricordava -
attraverso l'allusione al fatto che adesso sarebbero finite “
le nottate in piedi a cercare di associare
strumentazione elettrica e canti di nativi americani”,
le risate di Nick,
il suo ammiccare alla possibilità che le nottate da sveglio
le avrebbe fatte a
cullare un bambino non ancora nato... Il mondo apriva prospettive che
non aveva
davvero considerato ed in quelle prospettive il senso delle cose si
perdeva ed
assumeva una conformazione diversa, allungandosi in forme che
invadevano i
nuovi spazi ma smettevano di avere un nome conosciuto. Guardare Manuela
in
un'ottica diversa, pensare di non volerla intorno a sé,
alla propria band, per scoprire che non
era nemmeno quello il
problema, che il problema si riduceva ad averla vicino in quei rari
momenti in
cui Nick era ancora il
compagno di
scorribande, quello delle chiacchiere a notte inoltrata,
delle litigate per
ogni sciocchezza e delle bevute fino a non ricordare il proprio nome.
Era stato
un tormento tollerare la presenza della ragazza fino alla fine del
tour. Una
benedizione liberarsene per quel breve periodo di tempo che si erano
concessi
prima di tornare al lavoro. Un miracolo scoprire che non sarebbe
rimasta,
ripartita prima ancora dell'inizio dell'estate ad organizzare un
matrimonio per
cui lui contava i giorni in un conto alla rovescia che aveva il sapore
dell'ineluttabile.
Ed
ora il tempo era scaduto e bisognava tirare le somme della propria
incapacità a
ridisegnare i rapporti umani.
Nel
momento in cui aveva ammesso con se stesso la verità che si
nascondeva dietro
il bisogno, Alex
aveva anche capito di
non potersi affatto concedere la stessa sincerità con
nessuno di loro. Tutto
quello che avevano faticosamente costruito -
e
nessuno più di lui e Nick sapeva quanto ci avessero speso,
di se
stessi, per riuscire a raggiungere quell'unica possibilità
- si reggeva su
una bugia di
normalità
che lui stesso
aveva artificiosamente messo in piedi ed era ora costretto a
preservare.
Aveva
trovato Bob in camera, nel tornare in albergo. Stava ancora cercando
diligentemente
di dare un senso ad un guazzabuglio disordinato di abiti accatastati
sul suo
letto. Gli dava le spalle e si grattava la sommità della
testa in un'immagine
che gli strappò una risata sguaiata entrando e
ritrovandoselo davanti così
assorto. Lui si voltò e gli sorrise.
-Idiota.-
commentò senza cattiveria.
Alex
fece leva sulla maniglia della porta per rimettersi dritto e cercare di
recuperare un minimo di dignità e Bob tornò a
voltarsi ed a studiare l'intrico
di stoffa e pellame, mentre il battente veniva chiuso con un tonfo
sordo ed i
passi del cantante si producevano morbidamente sulla moquette chiara.
Sollevò
le braccia ai fianchi, assumendo una fiera posa
da
teiera e scimmiottando ostentatamente la stessa convinzione
riflessiva del bassista, almeno fino a strappargli una nuova occhiata a
mezzo
ed una violenta gomitata a livello di un rene. Sbuffò il
fiato accennando un
“ouch” non troppo serio e si piegò di
lato per evitare di incassare davvero il
colpo affatto deciso dell’amico.
-Ti
sei calmato?- indagò Bob in tono insinuante.
Alex
immaginò che avesse già la risposta. Lo
immaginò sia perché
lo
sguardo con cui Bob lo stava
studiando era eloquente sul punto – su quanto ne sapesse, il
bassista, di come
la sua testolina funzionasse di solito – sia
perché conosceva abbastanza se
stesso da sapere
di non sapere
fingere. Magari ai più era incomprensibile quello che stava
pensando, ma che il
suo cervello fosse una fucina in piena ebollizione e di pensieri
tutt’altro che
sereni era evidente come ce lo avesse scritto sulla fronte a caratteri
cubitali.
-Mh.-
si limitò a mugugnare, ritirandosi in un riserbo di
allusioni a metà.
-Bene.
Perché qui c’è ancora un sacco da fare
e come sempre tocca a me fare tutto!-
grugnì il bassista, strappandogli una nuova risatina.-
Avanti, aiutami a capire
come buttare tutte queste cianfrusaglie in quei sacchi che chiami
valigie.
-…sono
delle Louis Vuitton comprate appositamente a Parigi.- scoccò
lapidario ed
offeso.
-E tu
sei un dannatissimo snob.- ritorse Bob incurante del suo risentimento.-
Vuoi
darti una mossa?- lo incitò poi spiccio, affrettandosi lui
per primo a gettare
una mano alla rinfusa nel marasma di abiti.
Alex
non si mosse. Bob ci mise un po’ a recepire la cosa,
già preso com’era dal
valutare se fosse il caso di piegare una camicia che aveva visto tempi
migliori
dopo essere uscita dalla tintoria e che ora era decisamente troppo
spiegazzata
per dedicarle tutta quella fatica. Beh, Alex, comunque, non aveva mosso
un
muscolo per aiutarlo e lui non era certo di voler fare tutto il lavoro
al posto
suo.
Gli
alzò addosso gli occhi solo per trovarsi spiazzato dallo
sguardo deciso che
incontrò.
-Io
non vengo.- si limitò a dire Alex, stringato.
Bob
lì per lì nemmeno capì di cosa
stessero parlando.
-…guarda
che il matrimonio è tra due giorni…- fece notare
poi.
-Sì,
lo so. Ma se non finiamo il lavoro di produzione per questa settimana,
addio
contratto, Bob.- ritorse soltanto.
Il
bassista sospirò. Lasciò andare sul letto la
camicia ed Alex interpretò quel
gesto di resa come un’accettazione della sua dichiarazione e
decise di prendere
fiato, anche solo per un momento, accomodandosi a sua volta sul
materasso e
facendosi spazio a manate tra i vestiti sgualciti.
-A
Nick non piacerà.- provò a farlo ragionare Bob.
-A
Nick piacerebbe ancora meno se i Franz Ferdinand finissero domani.-
ribatté
l’altro stringendosi nelle spalle.- E poi non ho detto che
non sarò al
matrimonio, ma solo che non parto con voi domattina.-
ridimensionò accomodante.
Bob
annuì. Alex lo guardò avviarsi mestamente alla
porta e fermarsi sulla soglia,
le dita già sulla maniglia.
-Dillo
a Nick.- lo pregò, ricevendo solo un cenno distratto e
forzato.- Alex...-
riprese con più difficoltà. Quando si
bloccò da solo, inciampando sulle parole,
il cantante ricambiò il suo sguardo cercando di mostrarsi
quanto più possibile
disponibile a quel dialogo.- So che per voi due sembra un'eresia bella
e
buona!- riprese con un sorriso tirato Bob, ed Alex sbuffò un
diverso sorriso,
leggero, ancora prima di sentire la battuta seguente.- …ma
la band
non è la cosa
più importante che noi
quattro abbiamo, ora come ora. Per nessuno di noi quattro, lo
è.
Alex
aveva deciso di non scendere a cena con gli altri. Si era fatto portare
qualcosa in stanza, aveva recuperato da una delle borse gli appunti
presi
durante la fase delle registrazioni ed il vecchio i-pod, sgangherato, a
cui proprio
non riusciva a rinunciare. Cuffie alle orecchie e penna in mano, aveva
risentito le take originali talmente tante di quelle volte da aver
imparato a
memoria ogni singola sbavatura, di ogni singola battuta e per ogni
singolo
strumento. Due ore dopo essersi chiuso in stanza il taccuino degli
appunti
grondava letteralmente di cancellature, ritocchi e note fino ad essere
praticamente illeggibile. Lui aveva assaggiato appena la cena, che si
era
raffreddata indisturbata sul comodino accanto al letto fino a diventare
del
tutto incommestibile, e poi era rimasto talmente catturato da quello
che stava
facendo da dimenticare perfino la ragione reale che lo aveva spinto a
rintanarsi lassù.
Quando
quella
ragione si
presentò alla sua
porta, fu una doccia fredda di cui non aveva alcun bisogno.
Si
alzò svogliatamente dal materasso, realizzando nello
sgranchirsi le gambe
intorpidite il reale tempo trascorso dal suo rientro in albergo. I
colpi alla
porta si ripeterono a distanza ravvicinata, tradendo facilmente il
nervosismo
della persona che aspettava fuori. Alex si stizzì, ma si
mosse più velocemente
per raggiungere il battente e spalancarlo in faccia al visitatore senza
nemmeno
sincerarsi di chi fosse.
-Toh,
guarda! Credevo fossi morto!- ironizzò violentemente Nick,
scostandolo di peso
dalla porta con uno spintone ed entrando d'autorità nella
stanza nel tempo che
ci volle ad Alex a recepire la sua presenza e farci i conti fino in
fondo.
A
bocca aperta lo fissò mentre si chiudeva il battente alle
spalle con una manata.
-...ma
come diavolo...?!-
cominciò
rabbiosamente.
Il
chitarrista lo prevenne; si voltò di scatto e gli
piantò un dito proprio sotto
il naso, minacciosamente, tanto che Alex si ritrovò a fare
un passo indietro.
-Non
pensarlo nemmeno.- lo redarguì gelidamente, zittendolo.
Avanzò nella stanza a
passi lunghi, buttando uno sguardo disgustato ai resti della cena sul
comodino
e poi alla faccia pallida di Alex, ancora vicino alla porta.- Certo che
sei
davvero uno stronzo nel tenere il punto, tu!- gli rinfacciò
arrabbiato.
Alex
rimase spiazzato per il tempo che gli ci volle a ricordare il modo
barbaro in
cui lui e l'amico si erano lasciati quel pomeriggio agli studi di
registrazione. Sbatté le palpebre perplesso e poi decise che
tanto valeva
fargli credere che fosse per quel motivo.
-Porca
puttana, Alex!- ringhiò Nick irritato dal suo silenzio.- Non
mi pare proprio di
non essermi impegnato per questo lavoro! Mi sono impegnato quanto tutti
gli
altri, ma stiamo parlando del
mio
matrimonio! Quante accidenti di volte vuoi che si sposi uno,
nella vita?!
Alex
si concesse un mezzo sorriso sghembo, fidando che il loro presunto
litigio
valesse a giustificare l'espressione sarcastica che colorava quello
stesso
sorriso.
-Ah,
spero per te, una soltanto!- commentò ironicamente.
-Vaffanculo!-
arrivò inesorabile dall'altro lato. Incassò con
un cenno del capo, un «hai
ragione» non detto a voce alta ma che rabbonì in
parte Nick.- Mi da fastidio
che tu pensi che non mi stia dando abbastanza da fare.-
tornò a ripetere in
tono appena più conciliante, braccia incrociate al petto
nell'evidente attesa
di scuse ufficiali.- E comunque,- ci tenne a precisare subito dopo.-
non è
giusto che tu ti isoli dal gruppo,
punendo
tutti, te compreso! solo perché noi due abbiamo
avuto a che ridire. Non è mai
successo, Alex! Abbiamo sempre litigato tra noi quattro, ma questo non
ha mai
messo in discussione nulla! Una rissa, parole grosse, qualche livido e
poi
tutti amici come prima!
-Certo.-
convenne placidamente il cantante.
-E allora perché diavolo
sei qui sopra rintanato come un cazzo di coniglio?!- gli
rinfacciò.
-Perché
ho da lavorare.- concesse facilmente avanzando anche lui nella camera
per
guadagnare nuovamente il materasso.
Stirò
le gambe davanti a sé, si tirò il taccuino e
l’i-pod sulla pancia e fece per
reinfilare le cuffie con un’occhiata allusiva al proprio
compagno di band.
Nick
lo squadrò allibito, lasciando ricadere le braccia lungo i
fianchi in un gesto
sconsolato.
-Alex…!-
lo richiamò concitatamente. Salvo poi restare in silenzio e
raccogliere le idee
davanti allo sguardo disinteressato dell’altro.- No, sul
serio! che
diavolo ti prende?! Cosa
accidenti c’è
che non va?!
Il
cantante mise via taccuino, i-pod e cuffie, tirandosi su dritto e
fissandolo
intensamente.
-Lo
vuoi davvero sapere?- sibilò rabbiosamente. E se pure non
riusciva a capire la
ragione di quella rabbia, Nick si ritrovò ad annuire
automaticamente, sperando
che Alex fosse sincero nell’offrire a quel modo una
soluzione.- Bene.- scandì
lui.- Nell’arco di questa settimana si decide la sorte dei
Franz Ferdinand. Ed
anche se sembra che questa cosa debba necessariamente passare in
secondo piano
rispetto al tuo fantastico
matrimonio,
Nick, sono quasi certo che quando sarai tornato dal viaggio di nozze
–
e sulla Terra!
– perfino tu ci arriverai
a capire quello che stiamo rischiando.
-Oh,
adesso non fare…!
-Non
fare
cosa, Nick?!- lo interruppe
Alex, scattando in piedi con tanta velocità che fu il turno
di Nick di
indietreggiare colto di sprovvista.- Il martire? l’eroe? il
salvatore della patria?!
No, tranquillo, non mi salta nemmeno per testa di atteggiarmi a
qualcosa del
genere, ma fatto sta che è quello che sto cercando di fare:
salvare
la nostra band! E fino a
qualche tempo
fa era anche il tuo progetto, mi pare!
Si
lasciò ricadere sul materasso, accasciandosi come fosse
privo di forze, e Nick
guardandolo si rese conto per la prima volta di quanto sembrasse
seriamente
stanco e sfatto e di quanto, probabilmente, erano stati ingiusti loro
tre nel
giudicare solo ed esclusivamente quel suo solito ed assurdo
perfezionismo.
Sospirò, quando si sedette accanto a lui sul letto, Alex
sussultò
impercettibilmente, sollevando lo sguardo a studiarlo con sospetto,
sulla
difensiva.
-Senti…-
iniziò pazientemente il chitarrista.- non è
così pessimo il lavoro che abbiamo
fatto finora.
-Non
è un problema di “essere pessimo”
arrivati a questo punto,- lo corresse Alex
atono.- è un problema di “non essere
finito”.
-…e…quanto
mancherebbe, orientativamente?- provò ad interessarsi Nick,
mandando giù un
groppo di saliva mentre cercava di capire le dimensioni esatte del
problema al
di sotto ed al di là delle fisime sempre esagerate che
l’altro si faceva.
Incredibilmente
sembrò riuscire a rabbonirlo. Alex piegò le
spalle e scrollò il capo,
sconfitto, lasciandosi poi ricadere all’indietro contro i
cuscini e chiudendo
gli occhi al soffitto.
-Non
lo so.- confessò piano.- Uno o due giorni di
lavoro…- provò ad ipotizzare.
-Non
li abbiamo due giorni di lavoro!- protestò Nick.
-Tu
non li hai.- lo corresse ancora il cantante, senza aprire gli occhi e
senza
muoversi.
Nick
ci mise un po’ a recepire fino in fondo il messaggio ma,
quando lo fece, non
gli piacque nemmeno un po’.
-Aspetta
un secondo…- iniziò asciutto. Alex
aprì gli occhi e li piantò nei suoi con una
determinazione che Nick conosceva bene e che, in quella occasione, non
gli
piacque affatto.- E’ il mio matrimonio!- ringhiò
arrabbiato.-
Non puoi dire sul
serio!
-E’
lavoro, Nick. Non è che ho molte scelte.- ritorse Alex.- E
poi, se ho fortuna,
riuscirò ad esserci comunque.
-Se
hai fortuna?!- ripeté Nick, attonito.- Devo di nuovo
chiederti…
-…quante
volte uno si sposi.- gli fece l’eco Alex terminando con lui
la frase.- Ti ho
già risposto,- ci scherzò su forzando un
sorriso.- spero per te una soltanto.
Ma nel caso, per la seconda mi organizzo meglio.
-Vaffanculo,
Alex! Sei il mio cazzo di migliore amico!
-E
non ho mica detto che mancherò sicuramente.- gli fece notare
secco lui.- Ma ora
come ora non posso che dirti di partire tranquillo, tu, Bob e Paul, e
che vi
assicuro che finirò il disco in tempo per tutti e quattro.
Messa
così, Nick lo vedeva da sé che non
c’era possibilità di scappare. Alla fine dei
conti, che gli piacesse o meno, Alex ci era riuscito a farsi passare
per il
supereroe della situazione ed, anche se aveva solo voglia di spaccargli
la
faccia e mandarlo al diavolo –
lui
ed il
suo dannatissimo disco – Nick si ritrovò
ad annuire meccanicamente e ad
alzarsi in piedi con una velocità dettata solo dal senso di
nausea incombente.
Non
aggiunse altro, nemmeno quando si accorse che l’idea di
lasciare le cose così
come stavano non piaceva ad Alex più di quanto piacesse a
lui. Entrambi
esitarono, sul punto di dire altro, entrambi aspettarono troppo uno
spunto, che
non arrivò affatto, dall’interlocutore.
Ed
alla fine fu proprio Nick il primo a lasciare il campo, chiedendosi
distratto,
mentre chiudeva la porta della stanza dietro di sé, chi dei
due l’avesse vinta
sul serio.
Era
stato Bob a chiamarlo il giorno prima del matrimonio. Alex era ancora
seduto in
sala di regia ad una consolle che brillava sinistramente di mille
lucine
colorate nella semioscurità della stanza. Fuori dalla porta
aperta Rich passava
e ripassava nel corridoio cantando e battendo il tempo con i piedi sul
pavimento, erano entrambi decisamente stanchi e scoraggiati ma il
lavoro era
quasi finito e potevano concedersi qualche cedimento in più.
E poi Rich, alla
sua età, nemmeno avrebbe dovuto tirare così tardi
appresso a degli
scavezzacollo come loro, si diceva Alex ridacchiando
nell’ascoltarlo.
Ad
essere onesti, prima della telefonata del bassista aveva anche provato
a
chiamare Nick per fargli gli auguri, ma aveva trovato il telefono
spento per
tutto il giorno ed alla fine aveva rinunciato dicendosi che era meglio
così.
Non avrebbe tollerato di dover sentire la sua gioia in quel momento; se
nella
voce di Nick ci fosse stato anche solo un accenno di cedimento, Alex
sapeva che
si sarebbe precipitato lì con il primo volo ed avrebbe
finito per dirgli tutto
a costo di mandare all’aria la stessa identica cosa che
diceva di stare
cercando di salvare. Ma se Nick fosse stato sicuro di sé,
sicuro della scelta
fatta senza lasciargli spazio di pentimento…Alex non era
certo di voler sapere
che fosse così.
Molto
più semplice nascondersi dietro la scusa ufficiale che Bob
sentì arrivare
inesorabilmente appena formulata la domanda.
-Domani
consegno tutto a quelli della casa discografica e poi salgo su un aereo
qualsiasi.
-Il
che significa che non sarai qui prima di sera.
Alex
finse una risata che stonò terribilmente con la
serietà grave del bassista.
-Il
che significa che, presumibilmente, sarò morto appena
toccato il suolo
tedesco.- scherzò.- Sono esausto.- ammise subito dopo,
strappando a Bob un
sospiro preoccupato che scacciò ogni rimprovero dalla sua
voce.- Dì a Nick che
mi dispiace,- iniziò ad elencare Alex con
difficoltà evidente.- che…gli voglio
bene,- proseguì- che è un testone,- Bob
sbuffò un sorriso ed Alex gli fece eco
con una risatina a mezza voce. In corridoio, Rich attaccò
una seconda strofa
urlata in tono sguaiato ed improvvisò una frenetica rumba.-
e che auguro a lui
e Manuela tutto il bene di questo mondo.
-Non
gliene fregherà un accidente di sentirlo dire da me.-
ritorse Bob. Ma, appunto,
non c’era nessun rimprovero nella sua voce ed Alex
apprezzò quella considerazione.-
E poi non mi va di prendermi un pugno al posto tuo!-
borbottò.
-Beh,
fallo soprassedere. Potrà tirarmelo di persona domani sera,
se tutto va bene.
Si
erano lasciati così. Una telefonata chiusa sul mugugnare
incomprensibile del
più giovane ed un sospiro molto più sincero di
Alex, quando fu certo che non ci
fosse nessuno a sentirlo e giusto prima di rimettersi al lavoro.
Schiacciando
le cuffie contro le orecchie per non sentire i versi disarmonici di
Rich, il
cantante premette un pulsante e finse di ascoltare distratto le note di
una
canzone scritta in un momento di totale scoraggiamento.
Sei tu la ragione per cui me ne
vado…
Non
aveva mai ricevuto un invito altrettanto strampalato in tutta la sua
vita. Non
lo aveva mai ricevuto prima di sposarsi e davvero no, non pensava che
gli
sarebbe stato recapitato dopo che Manuela fosse riuscita ad infilargli
una fede
al dito.
Sulle
prime, nel leggere le righe scarne battute a macchina, aveva pensato
che fosse
anche un po’ ingiusto doversi abituare all’idea che
cose simili non dovessero
più appartenergli. Paul si era accorto
del sorrisetto malizioso sulle sue labbra mentre tentava di nascondere
il
bigliettino e gli aveva gettato uno sguardo di rimprovero. Silenzioso,
grazie a
Dio, ché Nick non dubitava affatto della propensione di Bob
alla paternale se
il batterista avesse fatto tanto da fargli capire che in quel biglietto
c’era
effettivamente qualcosa di sbagliato.
Gli
era stato consegnato in modo innocente insieme ad un mucchio di altri
bigliettini simili che recitavano tutti la stessa solfa: mille
felicitazioni ai
novelli sposini e notti intere di ardente passione! L’unica
cosa che lo aveva
incuriosito abbastanza da indurlo a sottrarre proprio quello tra tutti
gli
altri era stato il
latore della missiva:
un mocciosetto dinoccolato che né lui né Manuela
conoscevano o avevano mai
visto prima e che, da bravo monello, gi aveva sganciato il biglietto
direttamente in mano – rifiutandosi nettamente di consegnarlo
a chicchessia –
aveva agguantato dal vassoio dei dolci il bignè
più gonfio che aveva trovato e
poi era scappato via come era arrivato. Nick aveva fatto sparire la
busta
bianca ed anonima nel panciotto del vestito e poi se l’era
dimenticata fino a
dopo la fine del ricevimento, quando aveva lasciato che Manuela lo
precedesse
nella suite che avevano prenotato in albergo e lui si era concesso un
giro di
whiskey con gli amici di sempre per festeggiare.
Le
tre righe recitavano blandamente
“Ci
vediamo sul tetto. Stanotte alle tre. Porta due bicchieri”,
un messaggio
tutt’altro che intrigante non fosse stato per la situazione,
il modo e le
circostanze con cui si presentava. Nick aveva digerito a malapena la
condanna
implacabile di Paul nel rammentargli crudelmente che era finito il
tempo delle
sue “scappatelle” in tour, per quel che lo
riguardava la fedeltà era una
concetto difficilmente assimilabile anche se si era animati dalle
migliori
intenzioni. Di positivo c’era che, nel caso di specie, era
animato più che
altro da semplice curiosità. Chiunque fosse
l’autrice di quel biglietto mancava
di qualsiasi abilità seduttoria ma non certo di
originalità.
Alle
tre di notte, dopo aver lasciato Manuela a dormire in camera, Nick si
era
lavato, rivestito ed armato di due flute di cristallo sopravvissuti ai
fiumi di
champagne che lui e la moglie si erano concessi generosamente. A passo
felpato
aveva attraversato il corridoio fino alla scala antincendio nascosta
dietro
l’uscita di sicurezza del piano. Aveva fatto i gradini a due
a due, frenando la
curiosità e l’eccitazione che gli scorrevano sotto
pelle, ed aveva aperto in un
cigolio sinistro una porta pesante e arrugginita, per la quale si era
chiesto
pigramente se fosse il caso di protestare con la direzione
dell’albergo visto
quello che gli faceva pagare per il ricevimento ed una notte
lì.
Fuori
c’era buio ed una città intera da guardare
dall’alto in basso, ma a parte
quello Nick aveva creduto sulle prime ad uno scherzo di pessimo gusto,
temendo
subito dopo di vedere Paul e Bob ed i ragazzi spuntare da dietro il
muro per
dargli addosso in qualità di
traditore
fedifrago alla sua prima notte di nozze. Camminando attorno
al perimetro
della terrazza ci aveva messo un po’ ad individuare la figura
seduta sul
cornicione e, nel capire che non era affatto una ragazza,
l’idea che fosse uno
scherzo stupido era tornata subito.
-Che
diavolo ci fai qui?- aveva esordito, mani in tasca, avvicinandosi a
passo
lento.
-Il
lupo perde il pelo ma non il vizio, eh Nick?- lo aveva deriso Alex
senza
nessuna allegria.
L’indecisione
gli aveva rubato il tempo per la battuta di risposta. Nick non sapeva
bene se
essere felice della presenza dell’altro, essere preoccupato
della sua faccia
stanca e pallida e del suo tono spento oppure limitarsi –
come chiunque altro
avrebbe fatto al suo posto, e legittimamente – ad allungargli
uno spintone e
buttarlo giù per tutti e dieci i piani del palazzo.
Probabilmente dopo si
sarebbe sentito meglio.
O
magari no.
Alex
indicò i flute che spuntavano dalla tasca del giaccone,
ancora agganciati al
pollice e l’indice del chitarrista.
-Non
hai bevuto abbastanza?- interrogò stirando un sorriso
forzato.- Sento puzza di
alcol da qui.
-Vaffanculo,
Alex, spero che ti sia chiaro che sei la peggiore merda che esista a
questo
mondo.
-Ne
ho una vaga intuizione.- annuì lui, voltando le gambe per
gettarle al di qua
del parapetto e posarle sul suolo della terrazza. Nick lo
osservò piegarsi a
cercare qualcosa in quella striscia di buio fitto che l’ombra
del muro
disegnava a terra e si accorse solo in quel momento della bottiglia
appoggiata
proprio contro il parapetto.- E quindi ti risparmierò scuse
idiote che non ti
interessa sentire, né a me inventare.- concluse Alex
rimettendosi dritto e
posando la bottiglia sulle gambe.
Quel
verbo – quell’
inventare
fin troppo
sincero per i gusti di Nick, che magari avrebbe gradito sentirlo
inventare qualcosa che valesse ad
offrirgli una scusa per fare finta di nulla e passarci su –
fu uno schiaffo in
pieno viso. Però gli disse, almeno, che non ci sarebbe stata
alcuna finzione
per quella notte, nessuna fuga come quelle che si erano susseguite
inspiegabili
negli ultimi mesi. Nick accettò una resa condizionata con un
breve cenno della
testa e ad Alex sembrò bastare. Gli allungò la
bottiglia e lui lesse il nome
della vodka e sorrise.
-Qui
da noi ognuno beve quello che porta da sé.-
iniziò a spiegare Alex asciutto,
tenendo sempre la bottiglia dritta tra sé e
l’altro.
-…che
usanze del cavolo.- gli ritorse Nick senza smettere di sorridere.-
Da noi si porta da bere per tutti ed
ognuno prende quello che vuole.
-Questo
perché vieni da un paese del cazzo. E delle usanze di voi
crucchi a noi non interessa proprio una
accidenti di niente.
Nick
rise e finse di tirargli un pugno. Alex sorrise ed incassò,
facendogli spazio
mentre il chitarrista gli si sedeva accanto e lo fissava con uno
sguardo
talmente brillante da lasciare senza fiato. Alex deglutì ed
abbassò lo sguardo
sulle proprie mani, intrecciate alla vodka.
-Mi
devi una bottiglia,
crucco.-
riprese
secco Alex, armeggiando con il tappo ed un vecchio coltellino
svizzero.- Con
questa siamo a due.- gli notificò stappando e porgendo la
bottiglia all’altro.
Nick
guardò i flute e poi il liquore che lui gli allungava.
-Punto
uno, questa roba fa talmente schifo che non se li merita nemmeno due
cristalli
così.- iniziò posando i bicchieri accanto a
sé ed afferrando la bottiglia.-
Punto secondo, sei la peggiore delusione che mi sia mai capitata ad un
incontro
galante.- aggiunse prima di bere a canna un lungo sorso. Mentre Alex
rideva.
-Andiamo!
Non puoi
ancora saperlo, mettimi
alla
prova!- suggerì maliziosamente.
E
Nick gli passò la bottiglia nello stesso istante in cui gli
gettò una lunga
occhiata di disapprovazione e disgusto.
Sei tu la ragione per cui me ne vado.
E sei
anche quella per cui, invariabilmente, torno su questi stessi passi.
“You’re the
reason I’m leaving”
MEM 2010
Nota di fine
capitolo della
Nai:
Come promesso, ulteriori note esplicative.
Stavolta decisamente brevi,
visto che questo capitolo è quasi interamente frutto della
fantasia di chi
scrive.
In particolare, e dato che
dell’episodio della “bottiglia” che diede
l’avvio al “tutto” si è
già parlato, resta solo da dire che è tristemente
vero
anche che Alex sia un dannato perfezionista – la vicenda
delle registrazioni
tirate su fino all’alba è vera, sebbene non sia
specificato in quali
circostanze è accaduto – e che questo abbia
causato la sua assenza al
matrimonio di Nick (ragione per cui la sottoscritta ha cominciato a
pensare
malissimo ed a fangirlare pure peggio).
Nella speranza che tutto questo sia stato di
vostro gradimento e nella
speranza - perché no! – di reiterare
l’esperimento…vi saluto con affetto e
spero che vi siate divertiti quanto me!
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MEM