Guarda, un cielo
azzurro che potrebbe schiacciarci ci lambisce la spina dorsale con la
lingua
-T.Kubo-
Non
saprei come raccontare il perché ad un certo punto mi ritrovai lì,
davanti ad un cancello visto così tante volte da farmi venire la
nausea, che accoglie un giardino che conosco meglio del giardiniere
stesso, che circonda una casa che mi accoglie da quando ero piccolo
così, sì, proprio così. Sono passato così tante volte, attraverso
quella porta, che vedendomi esitare in questo modo mi riterrei
ridicolo, insensato, piccolo. Mi sembra di essere tornano bambino,
quando incerto affrontavo le mie paure più grandi, senza
preoccuparmi della conseguenze, perché allora non sapevo nemmeno ci
sarebbero state, delle conseguenze. Nonostante tutti mi dicessero che
sembrassi più maturo, intelligente, preparato, con il senno di poi
so che erano solo una marea di parole al vento, sputate così da
menti che ne capivano troppo poco di me, e di come mi sentivo. Perché
io ero fragile, dentro, eccome se lo ero, ma a quanto pare nessuno
sembrava accorgersene. Il mio sguardo triste alla vista di persone
felici, non lo notava mai, e dico mai, nessuno; per questo io
desideravo vedere che gli altri soffrissero, si arrabbiassero, si
ingelosissero, andava bene qualsiasi emozione, purché non fossero
felici, purché sulla loro cavolo di faccia non fosse stampata quella
cavolo di espressione beata. Eppure più li evitavo, più tutte le
persone gioiose di questa terra me le ritrovavo davanti. Per questo
preferivo la solitudine. Sarei stato io solo, io soltanto, e
all'epoca non capivo quanto quella solitudine rendesse ancora più
triste la mia espressione, ma non solo la mia.
Sembra
che qualcuno se ne fosse accorto.
Però,
lei era sempre la prima, a far crescere la mia furia. Vedere quel suo
viso sempre terribilmente sorridente non mi metteva di buon umore,
affatto. Ora posso dire che provavo gelosia, nei suoi confronti, una
gelosia terribile e spietata, per quella stupida bambina che era
felice, che aveva tutto quello che per me era sempre stato
irraggiungibile. Ed io la odiavo, dio se la odiavo. Tutt'ora posso
dire con sicurezza che il sentimento che provavo inizialmente per lei
fosse odio, ma non diteglielo, per favore. Dopotutto l'hanno sempre
detto che il passaggio tra odio e amore è rapido, ma non passa così
inosservato. E' stato come un temporale a ciel sereno, anche se io
preferirei definirla un raggio di luce nel bel mezzo della tempesta.
La consapevolezza del sentimento che era tramutato, rivoltando la
faccia della frittata, è arrivata sicura e improvvisa. Lo ricordo
come fosse ieri;
Tornavamo
a casa, io e Tsuyoshi, passando come sempre di fianco ai binari del
treno, gremiti di gente, addossati gli uni contro gli altri, dopo una
giornata come un'altra, non volevano altro che tornare a casa. Il
treno era arrivato, e le persone si affollavano sotto il cielo rosa,
rosa come il sole che tramontava, troppo basso ormai per essere visto
attraverso i fastidiosi tetti delle case. Tra la folla che si
accalcava per salire, per scendere, per andare a destra, per andare a
sinistra, insomma, non mi importa dove fossero diretti, la cosa
importante è che tra loro c'era una ragazza dai capelli rossi, di
lei non vidi altro. Una rossa chioma fluente che si muoveva con
velocità tra la folla, illuminata flebilmente dalle luci dei
lampioni che iniziavano ad accendersi, offuscando la vista alle prima
stelle che comparivano in quel manto scuro che era il cielo. E dio se
quei capelli mi ricordavano i suoi. Il cuore mi mancò di un battito,
o forse un battito è riduttivo, per almeno trenta secondi non sentì
il mio cuore battere, alla vista della rossa che baciava appassionata
il suo ragazzo. Solo quando si staccarono mi accorsi che quella non
era lei, non era la ragazza che cercavo, lei non era la mia Sana, che
mia era diventata esattamente in quel momento, alla dimostrazione che
sarei potuto morire, solo a vederla nelle braccia di un altro, di
qualcuno che non ero io. La consapevolezza del fatto che io tenessi a
lei più della mia stessa vita era arrivata velocemente, e tanto
velocemente se ne era andata. Piano, non che ora non la ami come solo
lei merita di essere amata, ma quella convinzione durò giusto
l'attimo di confessare al mio amico fidato quello che la mia mente di
bambino apparentemente troppo cresciuto aveva realizzato.
-Tsuyoshi,
a te piace Sana-chan, vero?-
Mi
sentì trafiggere dal suo sguardo allibito, non capiva.
-Perché
da oggi sono tuo...-
Così
era ripartito il treno, nel frangente esatto in cui pronunciavo la
parola “rivale”.
Tsu non
capì esattamente, in quel momento, ma non è stupido, tutt'altro. E'
sempre stato l'unica persona in grado di capire totalmente i miei
sentimenti, ancora meglio di quanto non ci riuscissi io, e mi diceva
sempre schiettamente quello che avrei dovuto fare, quella che era la
cosa giusta, anche se io raramente lo accontentavo. Non che i suoi
consigli non mi dessero da pensare, affatto; ogni volta mi ritrovavo
a passare notti in bianco pensando a quello che secondo lui era
giusto fare, e a quello che io non avrei mai trovato il coraggio di
fare, e spesso e volentieri le cose coincidevano terribilmente.
Comunque
dopo quella volta, dopo quell'immancabile certezza, venni
continuamente assalito dai dubbi. Quello che provavo per lei poteva
solo essere un bisogno incontenibile di affetto, bisogno di essere
amato, dopo essere cresciuto in una famiglia che aveva cancellato la
parola amore dal proprio vocabolario. Lei invece no, lei si
preoccupava per me, lei mi chiedeva come stavo, e dalla sua
espressione capivo che voleva realmente saperlo. Lei mi dava la forza
per continuare, per non arrendermi come avrei preferito fare tante di
quelle volte.
Che lei
per me fosse diventata null'altro se non una figura materna?
Alla
fine giunsi alla conclusione che no, per quanto avessi bisogno di
una madre, in lei non era quello che vedevo. Da lei volevo di più.
Era irritante l'insopportabile desiderio di abbracciarla quando me la
ritrovavo davanti, a scuola, volevo sentire quel corpicino piccolo e
fragile tra le mie braccia, e volevo assaporare il dolce contatto con
le sue rosse labbra, sempre contornate da un'irraggiungibile velo di
lucidalabbra. Non riuscirei a contare le volte che mi sono impalato
ad osservare un suo cartellone pubblicitario, lei così bella, lei
così vera, lei così mia. Perché qualsiasi altra ragazza mi
ritrovassi davanti, non potevo fare a meno di giudicarla e di
paragonarla a lei.
“Perché
Sana ha gli occhi più grandi” “Ma Sana ha le labbra più rosse”
“Sana non avrebbe risposto così” “La sua non è nemmeno
paragonabile alla risata di Sana”
Così
avevo abbandonato l'idea di dedicarmi ad altre ragazze, come spesso e
volentieri mi era stato consigliato. Non riuscivo a capacitarsi dei
ragazzi che “non ci pensano e passano oltre”, io non ero capace
di “passare oltre”, io non sono capace, io non ne sarò mai
capace. Perché se togliessi lei dai miei pensieri, ci resterebbe
davvero molto poco, il karate, forse... Ma lo abbandonerei in men che
non si dica, se solo lei desiderasse che lo facessi, perché contro
tutto quello che dico, quando lei mi chiede qualcosa, io non riesco a
fare a meno di accontentarla, perché io non ero, sono, sarò mai
abbastanza per lei, quindi devo rimediare per quello che posso.
Dice
che non sarebbe potuta finire in braccia migliori delle mie, eppure
io raramente mi sento all'altezza di una ragazza con così tanta
forza, tanto entusiasmo, tanta allegria. Di una ragazza così bella.
Raccolsi
una margherita, di quelle selvatiche, che crescono ai lati
dell'asfalto. Devono avere una forza enorme, per riuscire a
distruggere quel manto stradale, tanto forti come la mia piccola
Sana. A
questo punto entrai, non avevo bisogno di suonare, ormai da tempo le
sue chiavi di casa erano in mio possesso. Inoltre, immagino che se
mi azzardassi anche solamente a suonare il campanello in piena notte,
svegliando gli abitanti della casa, non me la farebbero passare
liscia tanto facilmente. Mi
avviai per quel corridoio buio che portava alla sua camera da letto.
Quante volte avevo fatto quel percorso, ormai lo conoscevo a memoria,
i miei piedi si muovevano da soli come se lì ci abitassero da
sempre. Così
eccomi, ad accingermi ad aprire la porta della cameretta di Sana,
piano, silenziosamente, senza svegliare nessuno. Una piccola lampada
era accesa di fianco al suo letto: non aveva mai sopportato il buio.
Ancora non era riuscita ad ammettere di averne paura, ma io la
conosco bene, ormai. Sul mio
viso nacque un sorriso spontaneo, di pura gioia, uno di quelli che
quando li vedi resti a bocca aperta, ma durano il tempo di un battito
di ciglia. Non avevo mai sorriso tanto in tutta la mia vita, eppure
sembra che ogni volta che incrocio il suo sguardo, il suo viso, sul
mio non possa fare a meno di nascere un sorriso. Non disprezzavo più
le persone che sorridevano, le amavo, amavo lei, con quel suo sorriso
così semplice e genuino da far riappacificare il mondo intero. Avevo
intenzione di svegliarla, anzi, ero arrivato lì esattamente per
farlo, e dirle che l'amavo. Non riuscivo ad addormentarmi, avevo
bisogno di dirglielo, e di vedere quella sua espressione ebete ogni
volta che dalla mia bocca uscivano queste parole, una cosa
impagabile. Eppure
in quel momento non me la sentì, non riuscì a sottrarla dalle
braccia di Morfeo, e probabilmente lei non avrebbe voluto che lo
facessi. Dopotutto con gli anni non era cambiata di una virgola,
sempre la solita dormigliona che preferiva rimanere nel suo letto
caldo piuttosto che fare qualsiasi altra cosa.
“Apparte
stare con te”
Mi
aveva detto, in uno di quei rari momenti in cui il mondo sembra
addolcirsi, e le parole ti escono dalla bocca senza che tu nemmeno te
ne renda conto. Fu quello stesso momento che le dissi per la prima
volta che l'amavo.
Allora
presi un foglietto, su cui impressi lentamente queste parole, con una
calligrafia semplice ed aggraziata. Lo posai sul suo letto, con la
margherita che faceva bella vista sopra quella parole, e così come
ero venuto, me ne andai, silenzioso, contento.
" Vorrei
solo che ogni mattina, da qui al resto della tua vita, ti svegli
sapendo che t'amo. "
Sono consapevole che la frase iniziale (di Tite Kubo, ovvero il creatore di Bleach, un manga stupendo che consiglio vivamente di leggere) non ha nulla a che fare con la ff, ma ho iniziato a scriverla dopo averla letta, ed è quella che mi ha ispirato, anche se non so in quale modo... Comunque, mi sembrava più che giusto citarla, anche perché è una delle mie frasi preferite u.u Ho provato ad infiltrarmi nella testa di Akito, ma non so fino a che punto ci sono riuscita. Non mi interessa se quest'Akito possa risultare molto diverso dall'originale, a me sta più che bene così. Spero che la lettura vi piaccia! (: Sono super accettate recensioni positive o negative, ma se avete intenzione di criticare, vi pregherei di scrivere quantomeno qualcosa di costruttivo.
Il 19-04-2010, giorno del mio compleanno tra l'altro, la storia è stata inserita tra le scelte, ed è stato un regalo stupendo, non posso crederci, sono felicissima! Non credevo che sarebbe stata scelta, e la cosa mi fa immensamente piacere. Ringrazio tantissimo "yesterday" per la recensione che ha lasciato, graziegraziegrazie. Ed un grazie enorme a tutte coloro che hanno recensito: trixina, ryanforever, ale69, 92titti92, Nanami_chan, _DaNgErOuS_ChIlD_, pinkgirl. Sapere che la storia vi è piaciuta mi fa enormemente piacere!
Midao.
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