Titolo: Choose a name...
Serie: Angelic Layer
Rating: PG
Genre: General
Character: Oujirou Mihara, Ichirou Mihara,
Wizard (in minima parte)
Pairing: //
Prompt: Angelic Layer, Oujirou Mihara,
"Scegli il nome" "Wizard"
Conteggio Parole: 1.517
Note: Premetto che non ho ancora avuto
occasione di guardare le puntate dell'anime se non per le prime due e che quindi
ignoro bellamente come e quando precisamente Oujirou e Ichirou siano diventati
fratelli, ho letto sulla magica wikipedia (che Dio la benedica *_*) che è stato
l'Angelic Layer ad unirli o cose del genere e quindi ho usato quello come spunto
XD. La nascita di Wizard in sé ricalca un po' quella di Hikaru, forse perchè
quei due mi danno l'impressione di avere molto in comune (e di essere una bella
coppia, coff v_v"... anche se io sono per la Wizard/Oujirou aricoff XD!), non lo
so.
Disclaimers: I personaggi di Angelic Layer
appartengono alle Clamp.
La Flashfic è scritta per lo Sfiga!Fest@FW.it
.Welcome, Wizard.
«Hai voglia di aiutarmi a realizzare un sogno?»
«…non lo so se mi va…»
«Non devi farlo per forza se non vuoi, così come
non devi per forza accettarmi come fratello.»
«Mhm. Che sogno è?»
«E’ per una mia amica, voglio riuscire a creare un
Angelo. Ci stai, Oujirou-chan?»
«…Sì.»
Oujirou Mihara ne aveva visti tanti di giocattoli
nella sua infanzia, ma raramente ci aveva speso più di qualche minuto del suo
tempo.
Lo annoiavano.
Alle volte capitava che suo fratello
-fratellastro-, entrando in camera sua con una delle sue nuove sorprese, lo
trovasse seduto sul tappeto in mezzo all’enorme stanza, circondato da giocattoli
abbandonati a loro stessi, con un libro tra le mani e lo sguardo affondato tra
le sue pagine.
Non è che non gli piacessero, c’era quel trenino
elettrico che andava tanto di moda quando aveva quattro o cinque anni, che
ancora ricordava con nostalgia, ma ora che di anni ne aveva quasi tredici, era
troppo grande, troppo maturo e troppo con la testa sulle spalle per lasciarsi
andare a certe frivolezze. E poi aveva un Progetto importante a cui
dedicare il suo tempo.
Un sogno. Che poi era anche un giocattolo. A cui
lui e suo fratello lavoravano da quando i loro genitori si erano sposati,
unificandoli in un’unica strampalata famiglia.
«Di cosa si tratta questa volta?» domandò con voce
tranquilla, osservando come il più grande fosse impegnato a controllare e
ricontrollare dei complicati calcoli matematici e fisici.
«Eheheh, lo vedrai, lo vedrai.» borbottò l’altro,
troppo preso da quello che una serie di monitor appesi alla parete mostravano ai
suoi occhi.
«Sei proprio sicuro di volermi usare come cavia
anche per questa volta, nii-san?»
Ichirou si voltò di colpo, squadrandolo.
«Ovvio, chi meglio di te! E poi, ormai la
creazione dell’Angel è completata!» esclamò, scattando in piedi ed alzando il
braccio verso l’alto, portando con sé qualcosa che somigliava ad una barbie
mezza sgangherata.
Oujirou lo guardò in silenzio.
Prima lui, con il camice bianco sempre presente a
svolazzargli intorno, gli occhiali premuti sul naso e l’aria da pervertito che
veniva alimentata dalla barbie. E poi la stessa barbie, con le gambe che
penzolavano quasi del tutto staccate dal busto nudo.
Scosse il capo.
«Per quanto tu sia un genio, non sei per niente
educativo.»
Non era esattamente quel genere di commenti che ci
si aspettava da un tredicenne, ma ricalcava abbastanza bene la realtà ed Ichirou
si ritrovò a riabbassare il braccio, dare un paio di colpi di tosse per
ritrovare la propria compostezza e poi avvicinarsi al fratello minore,
poggiandogli la mano libera sulla spalla.
«Oujirou-chan, mi raccomando, tu non mi imitare.»
pronunciò, con aria solenne.
«Tranquillo, non ne avevo la minima intenzione.»
«Ah! Sarebbe così, eh?! Punizione divina!»
Nonostante le buone premesse, il creatore di
giocattoli si ritrovò a tirare le guance del più piccolo che ridacchiava, senza
opporre alcuna resistenza, standosene in piedi di fronte a lui, con il sorriso
che si allargava insieme alle guance e l’aria di un angioletto mischiata a
quella di un birbante.
Si trattava di una scena abituale, un modo po’
strano per dimostrare il proprio affetto a qualcuno, ma Oujirou lo apprezzava
così: assurdo e folleggiante come suo fratello.
Si massaggiò le guance quando venne liberato dalla
morsa e, con l’aria serafica che lo caratterizzava, ricercò lo sguardo del più
grande. I piccoli occhi neri si erano affilati e l’espressione del volto maturo
si era fatta improvvisamente seria, in questi momenti il ragazzino poteva
perfino arrivare ad ammettere che Ichirou avesse una vaga bellezza che avrebbe
un giorno attirato una qualche donna, ma c’era qualcos’altro, qualcosa di più
profondo che riguardava solo loro.
Non ebbe bisogno di parlare, gli bastò quello
sguardo ed il capo si mosse in un muto assenso.
Era il momento.
Dovevano solo prendere, prima, un bel respiro.
E poi…
«Shee!» urlarono quindi, all’unisono, scattando
contemporaneamente in una posizione ridicola, con una gamba piegata a novanta
gradi e le braccia alzate, impegnati in una sorta di rito soltanto loro.
«Molto bene.» annunciò Ichirou, con soddisfazione,
raggiungendo in poche falcate uno dei lunghi tavoli che riempivano il
laboratorio, su cui erano poggiati alla rinfusa giocattoli, scatole, componenti
elettronici, cavi, telecomandi e quant’altro potesse starci.
«Vediamo, per cominciare ti servirà questo, questo
e anche quest’altro… e poi questo… ah, anche questo, eh, e non dimenticare
questo.»
Ad ogni “questo”, Oujirou si trovava tra le
braccia un nuovo pezzo che il fratello lanciava verso di lui: un uovo di
plastica semi trasparente, un paio di cd, un libretto delle istruzioni,
un’agenda dalla copertina di plastica colorata con scritte come “crescita angel,
punti acquisiti, premi”, un piccolo computer dalle funzionalità limitate –per
così dire-, qualche scatola, un bloc-notes, delle penne e via dicendo. C’era
perfino una paperella gialla in bilico.
«E’ proprio necessaria tutta questa roba?» chiese
perplesso il più piccolo, con le braccia che iniziavano a cedere.
Ichirou lo fissò con un’aria sdegnata.
«Certo che no, volevo vedere se rimanevi
schiacciato sotto tutto questo peso!»
«Quando si parla di amore fraterno…»
«E’ così, è così.» annuì lui «Ma tu sei ancora
piccolo, non puoi capire. Ed ora, su, mettiti al lavoro!»
«Agli ordini!»
~
Piastrelle bianche e azzurre di un bagno tanto
grande che ci si poteva perdere, così come nella vasca in cui Oujirou era
immerso e, con lui, un enorme uovo di plastica da cui non aveva distolto lo
sguardo neppure per un secondo.
C’era impazienza nei suoi occhi chiari – così
strani per un giapponese.
Ansia.
Emozione.
Tutto per un giocattolo soltanto, quando ne
aveva decine, destinati ad essere abbandonati e dimenticati nella sua camera.
Passò l’indice sulla scritta dorata in
soprarilievo che marchiava in parte le due metà dell’uovo e recitava: Angelic
Layer.
Ed alla fine, con una lieve pressione delle dita,
lo dischiuse, portando alla luce il suo contenuto.
Il modello dell’Angel era uno maschile (quasi
sicuramente sarebbe stato un dei pochi, pensò), sembrava in tutto e per tutto un
manichino alto quanto una sua spanna e mezza, dall’aria anonima, vagamente
inquietante.
«Così tanti anni per costruire qualcosa piccolo
quanto una bambola...» sussurrò a se stesso, mentre con attenzione
ripuliva il manichino del liquido amniotico in cui aveva dormito per
tutto il tempo, passando con la punta della spugna tra le giunture delle spalle,
dei gomiti e delle ginocchia.
Rimase a lungo a fissarlo, rigirandoselo tra le
mani e studiandolo in ogni più piccolo particolare, con l’eccessiva attenzione
ai dettagli che aveva ereditato da suo fratello maggiore - e che faceva sembrare
il più grande un maniaco, a prescindere dall’oggetto dei suoi studi…
Finì il bagno con il manichino sul bordo della
vasca ed il proprio sguardo che lo scrutava in continuazione.
Quando tornò in stanza, odorava di rose o di
lampone e non riuscì a non storcere il naso al pensiero che Ichirou avesse di
nuovo scambiato il contenuto del suo shampoo con quello di sua madre che,
chiaramente, aveva una fragranza femminile e pungente.
«La prossima volta gli metto l’urticante nel
camice…» rifletté ad alta voce, passandosi la mano tra i capelli corvini, per
darsi una veloce pettinata.
L’altra mano, che reggeva il manichino, si portò
alla scrivania, dove mezz’ora prima aveva già predisposto ogni cosa gli servisse
per attivare l’Angel e dargli vita.
Non rimaneva che lasciar scivolare delicatamente
l’Angel nel tubo di energia statica che si era innalzato quando aveva acceso il
computer e impostare i parametri che desiderava.
Forza.
Resistenza.
Destrezza.
Velocità
Equilibrio.
Modellando pian piano un Angelo con le proprie
mani.
Fino a che tutto non fu perfetto, esattamente come
voleva lui e allora la voce metallica del computer ronzò per tutta la stanza.
«Scegli un nome.»
Oujirou osservò il tubo in cui l’Angel aveva preso
forma e la sua sagoma scura fluttuava con i capelli azzurrini che gli
incorniciavano l’ovale, sospeso tra forze elettrostatiche, forze fisiche e
chissà quant’altro che non avrebbe mai capito.
I libri, impilati ordinatamente sulla scrivania,
davanti al computer, erano rimasti intoccati. Vi posò sopra il mento, senza
distogliere lo sguardo dal tubo di energia, plastica e metallo.
«Scegli il nome.»
Sentì pronunciare nuovamente, con la stessa
intonazione monotona di qualche secondo prima.
Allungò la mano, per sfiorare con l’indice il tubo
ed una scintilla si accese in quel punto, dandogli una piccola scossa.
Sorrise.
Mentre il nome prendeva forma e, per la terza
volta, il computer parlò.
«Scegli un nome.»
«Wizard.» rispose, finalmente, specchiando i
propri occhi in occhi più piccoli che lentamente si aprivano, guardandolo.
Avevano il colore del cielo, ma c’era qualcosa che, nel momento in cui si erano
spalancati per la prima volta, li aveva attraversati per poi sparire all’interno
di quel corpicino di plastica.
Qualcosa di affascinante, come la bellezza di un
lampo.
Qualcosa di magico che lo fece innamorare
subito di quell’Angel e del mondo che suo fratello gli avrebbe creato intorno.
Qualcosa di inspiegabile che fu in grado di
stregarlo.
Lo prese tra le mani.
Anni di lavoro ed il risultato lo stava
racchiudendo gentilmente tra le dita sottili, portandolo al volto per poggiare
la fronte contro quella più piccola del suo Angel.
«Scusa se ti ho fatto aspettare tanto, Wizard.»
.THE END.
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