Halloween

di MedusaNoir
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Molti elementi della descrizione che sto per fare (tra cui la trama principale) provengono dal manuale del GdR.

La storia è ambientata nel 1928 ad Arkham. I protagonisti sono: Alexander Blake, investigatore privato orfano a cui è stato affidato il compito di custodire dei libri di Magia Nera, per così dire, che suo zio Darcus vuole per ottenere pieni poteri; Lilyan Aidil, attrice bostoniana, a cui è toccata in eredità la villa dell'Arcivescovo amico di famiglia morto a Salem durante una loro avventura; Janet Holmes, archeologa e molto amica di Lilyan; Michael Fauerbach, dottore tedesco amante delle belle donne; Ellen Lawliet (il mio personaggio, colei che introdurrà, come una pagina di diario, questo racconto), studentessa di biologia, nonché amante "fissa" di Michael.
Un riassunto veloce potrebbe essere questo: l'Arcivescovo era morto durante una battaglia con una maestra ed alcune bambine impossessate da una strega (tutte poi rimaste a loro volta uccise); tornato ad Arkham, il gruppo era riuscito ad appropiarsi dei libri, ma mentre, alla ricerca di Darcus, si era recato a Greenwood per avere sue notizie, dei mafiosi hanno rubato quei libri dalla Miskatonic University in cui erano costuditi.

01/11/1928

 

Se avevo detto che il compleanno che Alexander stava passando non fosse dei migliori, dovrei puntualizzare che l’ha terminato facendosi trasportare in un lettino d’ospedale.

 

- Ma porca puttana! - .

L’imprecazione di Jeremy fece voltare tutti i presenti: non si aspettavano un simile linguaggio dal tuttofare di un Arcivescovo.

- Jeremy, modera i termini! - , lo redarguì la sua nuova padrona. – Cos’è successo? –

- Mi scusi, signorina - . Jeremy entrò in casa abbassando lo sguardo. – I soliti scherzi idioti… ogni anno si ripetono… quei bambini si divertono così, sono sicuro che si tratti sempre di quei cinque… questa volta hanno bucato le ruote della macchina! - .

Un silenzio gelido cadde nel salone. Sicuramente non poteva trattarsi dei mafiosi, non sapevano nemmeno che fossero sulle loro tracce, e il clima in cui da qualche settimana si trovavano li portava a rifiutare la semplice ipotesi di un innocuo scherzetto di Halloween. Un sospetto era nato tra le ragazze, che ancora non avevano parlato ai compagni dell’ipotetico inseguimento nel pomeriggio.

- Potrebbe trattarsi di loro - . Lilyan ruppe il silenzio e le sue amiche seppero immediatamente di chi stesse parlando, perché la pensavano allo stesso modo.

- Sì, in effetti… ma siamo sicure che oggi ci stessero davvero seguendo? - , chiese Ellen.

- Ci guardavano, venivano nella nostra direzione e distoglievano lo sguardo ogni volta che ci voltavamo verso di loro: che ti sembra? - , disse Janet in preda al panico: ormai trovavano pericoli dovunque.

- E allora perché una volta svoltato l’angolo non li abbiamo visti riapparire? - , ringhiò la ragazza di Salem.

- Di grazia, si può sapere di chi e cosa state parlando, signorine? -  , le interruppe incuriosito e allo stesso tempo preoccupato Fauerbach.

Le ragazze si guardarono in silenzio, indecise se raccontare ai due compagni quello che era successo, poi Janet parlò: - Oggi pomeriggio, mentre tornavamo dal centro, abbiamo avuto l’impressione di essere seguite: ci siamo voltate e effettivamente abbiamo scorto delle persone sospette che ci seguivano, così abbiamo superato la villa per svoltare nella prima strada affollata. Abbiamo aspettato di vederli comparire fingendo di comprare della frutta in un negozio vicino, ma non li abbiamo più rivisti. A quel punto siamo tornate a casa, dato che in dieci minuti non scorgevamo più nessuno di sospetto - .

Cadde di nuovo il silenzio. Fauerbach e Alexander si guardavano interrogativi, senza riuscire a darsi delle risposte certe.

- Forse erano davvero dei ragazzini… -  esordì Ellen. – E forse quelli che avevamo visto oggi non ci stavano realmente seguendo... –

- Forse - , disse Fauerbach. – Ma dobbiamo stare attenti; potrebbero aver tentato di sabotarci per impedirci la fuga in caso di imboscata –

- Dovremmo far cambiare le ruote dell’auto - , suggerì Alexander. – Niente esclude un attacco prima di domani mattina –

- Va bene - , acconsentì Lilyan, prendendo per sicurezza il bastone di Giraud. – Accompagnerò Jeremy nella rimessa –

- Veniamo con voi - , propose immediatamente Alexander, colto quasi da un moto di preoccupazione . – E’ pericoloso per lei, signorina Aidil, girare da sola di notte con questi sospetti... –

- Volete forse dire che sarei incapace di difendermi solo perché sono una ragazza? - , gli chiese stizzita Lilyan.

- Mi scusi, non osavo insinuare... Credo solo che sia più sicuro se io e il professor Fauerbach controllassimo se nel giardino ci sia ancora traccia dei sabotatori –

- E ti pareva, quello che rischia la vita devo essere sempre io - , sospirò Fauerbach tirando fuori la sua pistola; Alexander prese le sue e ne passò una a Lilyan.

- In caso servisse - , le sussurrò.

- Bene, ora possiamo andare - , dichiarò Fauerbach aprendo il portone. Poi, rivolto a Ellen, disse: - Sta’ attenta –

- E de che? Io me chiudo in cucina a finì la torta - , rispose lei con tranquillità, ma con il petto impazzito al pensiero che a lui potesse succedere qualcosa.

I quattro uscirono di casa e, mentre Lilyan accompagnava Jeremy a cambiare le ruote, Alexander e Fauerbach si misero di guardia alla porta. Sulla strada si scorgevano bambini, accompagnati dalle loro madri, che correvano giocando vestiti con dei lenzuoli: uno di loro inciampò e la zucca che portava sulla testa si fracassò in terra. Distratti da quello spettacolo, i due furono riportati alla realtà da un terribile rumore alla loro destra; vicinissimo a loro, un vaso si era rotto in mille pezzi e il suono dello sparo rimbombava ancora nella notte.

Janet si voltò di scatto verso Ellen.

- A quanto pare lo scherzetto delle ruote non era opera del piccoletto indignato perché non hai voluto lasciargli la mela caramellata! - , disse.

Tutto si svolse in pochi secondi: - Fauerbach si mise di corsa al riparo; spari arrivarono da tutte le direzioni; un colpo sfiorò la spalla di Alexander, ferendolo; Lilyan, accanto a Jeremy davanti alla rimessa, lo guardò terrorizzata, temendo il peggio.

Ellen afferrò di corsa il telefono e compose velocemente il numero della polizia. Risposero al terzo squillo.

- La smettere di fare scherzi notturni, ragazzini? - , rispose innervosita la voce dall’altra parte della cornetta.

- Non è uno scherzo! - , gridò Ellen. – Ci stanno attaccando, hanno delle armi da fuoco... –

- Un momento, signorina, si calmi e ci dica –

- Chiamo da French Hill! Dalla villa dell’Arcivescovo! Qualcuno ha forato le ruote della nostra auto e poi ha sparato a un vado! E ora ci stanno attaccando! –

- E’ sicura che siate in pericolo? –

- Voi poliziotti volete vedere il sangue prima di intervenire? –

- No, signorina, semplicemente... –

- E allora muovetevi! - . Ellen sbatté violentemente il ricevitore e corse alla finestra da Janet, accucciata con la pistola pronta. Osservò di corsa la scena, preoccupatissima per Fauerbach.

- Sta bene, è al riparo - , la rassicurò Janet. – Il problema sono gli altri, sono completamente allo scoperto, e mi sembra che Alexander sia stato ferito... Provo a contrattaccar,e tu intanto corri a chiudere le altre finestre, potrebbero attaccarci alle spalle! - .

La situazione fuori era peggiorata, pallottole e schizzi di sangue arrivavano da tutte le parti. Improvvisamente una pallottola colpì Alexander, che cadde a terra, inerme. Lilyan sentì il proprio sangue raggelarsi, in preda al panico: voleva corre a vedere come stava, a curarlo, a fermagli almeno la possibile emorragia, ma aveva poco tempo e sarebbe stampo meglio impiegarlo vendicando... l’amico. Si voltò nella direzione dell’ultimo sparo e, agendo completamente alla cieca, puntò il revolver dritto davanti a sé e sparò: il colpo raggiunse in testa l’assalitore di Alexander, uccidendolo all’istante. Nel buio si sentì l’urlo disperato di una donna, ma Lilyan non se ne rese neanche conto: aveva ucciso un uomo... A soli vent’anni si ritrovava con la fedina pensale sporca. Beh, pensò, ormai aveva perso tutto, tanto valeva agire fino in fondo.

Un altro sparo colpì il nemico, uccidendolo: Janet aveva puntato il revolver fuori della finestra e aveva assassinato un uomo con totale freddezza. Ellen la guardò, stupita.

- Non è certo il momento di farci degli scrupoli! - , esclamò Janet.

Ellen si appostò accanto a lei e si decise finalmente a puntare la pistola. Le mani le tremavano; dopotutto, non aveva mia ucciso nessuno... Un colpo arrivò verso di loro la lisciò per un pelo; prendendo forza premette il grillettò, ma mancò anche lei il bersaglio.

Nel giardino regnava il caos totale: la polizia non era ancora arrivata e se non avessero preso sul serio la chiamata di Ellen non sarebbe mai arrivata, e le persone sulla strada erano scomparse, spaventate dagli spari. Lilyan stava per correre verso Alexander, quando vide un uomo dirigersi di corsa nella sua direzione, estraendo improvvisamente un pugnale. Non ebbe il tempo di reagire: l’uomo la colpì tra la spalla e il cuore; Lilyan cadde a terra, sanguinante.

- Assassini di bambini! - , urlò l’uomo, pronto a finirla, ma in un attimo Fauerbach li raggiunse e gli sparò dritto al cuore. Ne era rimasta solo una: dalla finestra Ellen e Janet cercavano di colpirla, ma con scarsi risultati.

- Grazie... - , sussurrò Lilyan, mentre Fauerbach la aiutava rialzarsi e ad avanzare verso Alexander cercando di non farsi colpire. Solo una volta che fu davanti al portone della villa si rese conto che l’ultima omicida non si curava di loro perché intenta a sparare alla finestra, in casa... verso di Ellen. Lo assalì un misto di preoccupazione e orrore.

- Prendetevi cura di Blake, io vado a vedere come sta Ellen! – , gridò a Lilyan correndo dentro la villa. Si guardò intorno e scorse Janet e Ellen alla finestra, armate. In quel momento Ellen si voltò verso l’esterno e sparò un colpo, decisa. Il tempo di sentire un tonfo a terra e poi regnò il silenzio.

- Puttana del cazzo! - , urlò Ellen con la pistola finalmente ferma tra le mani. Fauerbach corse verso di lei, sorridendo per la trasformazione repentina della ragazza.

- Ora dammi la pistola che ti fai male - , le disse scherzando. Ellen lo guardò, esaltata, ma i suoi occhi furono attratti dal corpo privo di sensi di Alexander. Da fuori risuonavano le sirene della polizia; poco dopo due agenti entrarono in casa e interrogarono i presenti; Lilyan e Alexander furono trasportati di corsa all’ospedale, mentre gli altri dovettero seguire gli agenti in commissariato, dopo l’ispettore Stakey, dopo le domande di rito, spiegò loro che le due coppie che li avevano assaliti erano cacciatori e allevatori di Salem, probabilmente infuriati per le dicerie di paese di presunti atti di pedofilia dell’Arcivescovo sulle loro bambine. Janet ringraziò Dio che Lilyan non avesse sentito tali impensabili accuse.

Appena usciti dal commissariato, i tre si diressero all’ospedale in cui i loro amici erano stati ricoverati. Era quasi mattina, l’orario di visita era finito da un pezzo. Fauerbach si presentò come il medico di famiglia di Alexander, ma l’infermiera lo costrinse comunque ad aspettare qualche ora per poterlo visitare.

- Mi dispiace – , sospirò Fauerbach. – Ci riposeremo e domani andremo a vedere come stanno –

- Io a casa di Lilyan non ci torno! - , dichiarò Janet. – Se ci fossero altri genitori impazziti ad aggredirci... Torniamo al dormitorio dell’università, Ellen –

- E lui? Non possiamo portarlo con noi –

- Modestamente sono indispensabile - , si vantò Fauerbach. – Potremmo dormire su queste panche, signorine - . Indicò le scomode panche di legno del corridoio.

- Io non dormo su quei cosi! - , ringhiò Ellen.

- Dormiresti con me - .

Ellen ci pensò un attimo.

- Ci sto - , disse infine.

- Vi cacceranno fuori dall’ospedale, siete indecorosi... - , dichiarò Janet, ma Fauerbach e Ellen non la ascoltarono; si sdraiarono sulle panche rigide, nel freddo del corridoio, stringendosi l’una all’altro per farmi un po’ di calore.

- Ellen - , sussurrò Fauerbach dopo qualche minuto.

- Che c’è? - , mugugnò lei stanca.

- Sei stata bravissima oggi; pensavo che ti saresti nascosta in un angolo, lontana dagli spari e con una fetta di torta in mano, invece hai continuato a combattere anche quando ti hanno presa di mira. Sono orgoglioso di te - .

Ellen arrossì e abbassò lo sguardo.

- Capito - , disse. – Ma ora dormiamo, sennò mi viene fame –

- E sono felice che tu stia bene - , mormorò Fauerbach talmente piano che Ellen si immaginò solamente che l’avesse detto.





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