Quanto tempo è passato?
Non lo so, non riesco a capire
Nel nulla spazio temporale il tempo è nullo e quindi
potrebbero essere passati minuti, ore o anni
Migliaia.. Sento di essere
intrappolato qui da migliaia di anni..
Non esiste un sopra o un sotto, né alcuna dimensione.
Vorrei impazzire, scampare alla tortura del pensiero,
che mi rende consapevole ogni momento della mia condizione.
Vivo nel nulla, circondato da nulla..
presto anche io diventerò tutt’ uno col nulla.
…Che fine miserabile…
Yota Moteuchi,
Ai Amano… MALEDETTI…
Rolek era stato imprigionato nel
suo dispositivo dopo la rottura del videoregistratore.La
sua essenza, oramai ridotta ad una serie di onde elettromagnetiche senza forma
ne consistenza, si propagava in un limbo privo di qualsiasi manifestazione d’
Essere. Persino il buio che veniva percepito non era
un’ oscurità naturale, ma un triste vuoto di cui presto i condannati avrebbero
fatto parte.
I sentimenti quali la vendetta, l’ ira ed il rancore verso coloro che lo avevano imprigionato
erano gli unici legami che tenevano Rolek distante dall’ inevitabile morsa del nulla. Eppure
lui sapeva bene che, presto o tardi, si sarebbe arreso come tutti gli altri.
Per un attimo, in quell’ oceano
oscuro, sembrò levarsi un grido disperato.
Era circondato.
Un manipolo di teppisti di
strada lo aveva costretto, quella sera, a seguirli nella stradina secondaria
accanto alla discarica, fuori dalla città. Lo fecero salire sulla loro auto
senza usare la forza, bastò infatti pronunciare un
nome.
Aruka..
Si trovò in trappola, tutte le
direzioni erano ostruite dai membri del gruppo, alle sue spalle si trovava la
discarica, davanti a lui un muro, la strada era illuminata da qualche lampione,
quindi dileguarsi nell’ oscurità era pressoché
impossibile. Si guardò indietro con sguardo pensieroso, chiedendosi se sarebbe
riuscito a sopravvivere alla caduta. (Magari cado
proprio su un materasso, la gente li butta via i materassi no? Certo, se però
il materasso ha qualche molla fuori posto potrebbe
risultare pericoloso..) pensò, non riuscendo a decidersi.
Il capo dei teppisti, un ragazzo
di bassa statura col pizzetto ed i capelli rasati lo
guardò con un’ espressione feroce.
“Vorresti scappare di nuovo bastardo? Sembra sia la tua
specialità” disse il capo, tremando nel trattenere la rabbia che sentiva.
“…” il ragazzo non disse nulla,
ma abbassò la testa per non incontrare il viso del suo accusatore.
“Scappi sempre, proprio come
quella volta..” gli occhi cominciarono a lacrimare, i
denti si digrignarono, la rabbia che finora aveva represso era in procinto di
esplodere.
“Aruka è morta figlio di puttana! Mia
sorella è morta e tu non eri con lei!” Il rancore del capo esplose con
violenza, travolgendo il suo bersaglio.
Le parole risuonarono nella
notte come un tuono, sebbene al ragazzo parvero più
simili ad un nugolo di aghi conficcati nel cuore.
Abbassò la tesa del cappello sugl’
occhi, stava piangendo anche lui, tuttavia sapeva che se il capo avesse visto
le sue lacrime si sarebbe infuriato ancora di più.
“Le avevi promesso che non l’ avresti mai abbandonata, eppure, appena hai saputo che le
restavano pochi mesi di vita sei scappato come un fottuto coniglio! Aruka è morta consapevole di essere stata abbandonata dall’ uomo che amava!”
“Già..”
rispose con voce tremante “Hai proprio ragione.. l’ ho abbandonata come un cane
sulla strada..”
I teppisti furono assaliti dall’ ira. Il più grosso, clone imperfetto del suo capo,
posto alla destra di quest’
ultimo estrasse un coltello a serramanico, con la ferma intenzione di usarlo.
Il capo lo fermò con un gesto
della mano.
“Non ancora Nobu,
prima voglio farlo soffrire.. Me la pagherai Borromini”
Borromini
si tolse l’ elegante soprabito, il cappello e la
giacca del completo gessato che aveva indosso, rimanendo solo con la camicia ed
i calzoni.
“Mi dispiace Akira, ma non ho intenzione di morire oggi. Non intralciare il mio cammino.”
Era risoluto, non aveva
intenzione di scontare la sua condanna, anzi, sembrava che gli fosse del tutto
indifferente. Akira non poteva sopportarlo.
“Nobu,
Ryosuke.. Fatelo a pezzi..”
I due balordi si avvicinarono
minacciosi con i coltelli in mano mentre il ragazzo, apparentemente
impassibile, assumeva una posizione di guardia.
“So di essere
stato abominevole, ma non voglio morire in ogni caso. Quella volta ho
avuto paura perché la situazione era al di fuori del mio controllo. Non ho
giustificazioni, ma non smetterò di vivere solo per appagare la tua vendetta,
mi dispiace.”
Nobu e
Ryousuke si lanciarono contro il ragazzo, cercando di
affondare i loro coltelli nella sua carne. Quest’ ultimo compì
un balzo eseguendo una spaccata in aria, così da colpire le mani dei due
aggressori facendo cadere loro le armi. Atterrato sulle mani dopo il balzo, Borromini si diede una spinta con
le braccia colpendo con le piante dei piedi il petto dei due teppisti,
abbattendoli. I due tentarono di reagire, ma vennero
colpiti entrambi con un pugno alla gola.
Akira
era sconvolto. Quel ragazzo, pur avendo un fisico da lottatore, non avrebbe
dovuto avere vita facile contro due combattenti veterani nelle risse di strada.
Eppure li aveva atterrati con pochi colpi, per di più dimostrando un’ agilità inumana, quasi.. elegante.
“Allora il soprannome che ti davano a scuola non era una semplice diceria, fottuto
bastardo..”
Akira
ripensò a quelle voci. La prima volta fu a scuola, dove un gruppetto di ragazzi
era intento a narrare l’ incredibile vittoria di
Alessandro Borromini su dieci teppisti di una scuola
vicina. Lo volevano punire per essersi rifiutato di cedere i suoi soldi.
<Quell’ italiano
è veramente un portento, veste elegante ma ha la ferocia di un demonio>
dissero, tuttavia in quel momento Akira non ci fece
caso, le malelingue sono molto diffuse nelle scuole e nella maggior parte dei
casi si tratta di leggende, inoltre non voleva pensare che sua sorella si fosse
messa con un poco di buono. Adesso però, avrebbe dovuto fare i conti lui stesso
con quel mostro.
“Era tutto vero..Alessandro Borromini, il ‘nobile
demonio’” la voce era tremante, al teppista venne il groppo in gola.
“Akira, ti consiglio di tornare a casa. Eravamo amici
una volta e vorrei evitare di colpire colui che un
tempo consideravo quasi un fratello” gli disse Alessandro.
Akira
rimase immobile, forse per paura o per un improvviso flashback. Diede le spalle
ad Alessandro, per poi dirigersi verso la macchina. Arrivato alla vettura,
prese qualcosa al suo interno.
“Sai Borromini, tu credi di avere sempre la situazione sotto
controllo, anche adesso. Per questo rimani calmo ed
impassibile anche nelle situazioni peggiori, ma adesso..”
Akira
si voltò di scatto puntando un revolver contro il suo vecchio compagno.
“..Adesso
non hai considerato un importante fattore nella tua strategia del cazzo. Già,
non hai preso in considerazione l’ idea che potrei freddarti
senza alcun ripensamento”
Alessandro rimase spiazzato per
un momento alla vista della pistola, poi prese una decisione alquanto
azzardata. (Materasso o no, devo rischiare) pensò.
Senza esitare corse oltre il
cavalcavia e si gettò nel vuoto, sperando di non cadere su del vetro o del
metallo.
Akira
era furibondo: il bastardo era scappato ancora. Prese il soprabito, la giacca ed il cappello di Alessandro e li gettò nella discarica.
“Saltando da quest’
altezza difficilmente sarà sopravissuto.. Come al solito hai preferito
la via più facile, vigliacco..” pensò Akira
Per fortuna, Borromini
atterrò su un cumulo di sacchi della spazzatura, i quali attutirono la caduta.
Rimase intontito per circa un minuto, prima di rendersi conto di essere ancora
vivo. (La mia solita fortuna) pensò.
Con un po’ di fatica si rimise
in piedi. Stare in piedi su un cumulo di rifiuti non era così semplice come
poteva sembrare.
Ad un
tratto notò i suoi abiti cadere dal cavalcavia e, preso dall’ istinto cercò di
lanciarsi per prenderli prima di vederli tristemente cadere nell’ immondizia.
Purtroppo scivolò su un sacco, cadendo rovinosamente in avanti, dando una
violenta facciata contro quello che doveva essere un
pezzo di mobile. (Si era detto niente vetro e niente
metallo.. avrei dovuto includere anche il legno, ahio)
disse tra sé.
Rialzandosi, notò uno strano
marchingegno, all’ apparenza seminuovo posto proprio
sotto il suo naso.
“Mai visto qualcosa del genere,
non riesco a capire perché, ma mi trasmette delle sensazioni strane, cosa sarà?”
Rolek
la percepì. In un punto imprecisato oltre a quella matassa di nulla sentiva,
per quanto debolmente, un’ essenza, umana per giunta.
Una persona era vicina al congegno, se lo sentiva. Se l’ avesse
toccato sarebbe potuto tornare in libertà.
“Coraggio idiota, tocca il
dispositivo..” ghignò.
Alessandro provò un
irrefrenabile istinto di toccare il marchingegno: era curioso.
Quella sera erano successe cose
che l’ avrebbero fatto soffrire per un pezzo e lui,
sebbene in mezzo alla sporcizia, volle smettere di pensarci fin da subito.
Toccò con un dito il tasto del dispositivo, e subito questo si aprì, generando
uno strano flusso, simile all’ elettricità ma in
qualche modo diverso. Quella misteriosa energia entrò in lui prima che potesse
reagire, possedendolo.
Il ragazzo rimase immobile per
qualche secondo, poi un sorriso perfido gli comparve sul volto.
“Sono tornato” disse Rolek