“Scagli la pietra chi è senza peccato,
Scagliala tu perchè io ho tutto sbagliato”
[Proverbio molto popolare tra gli Inferi. O almeno questo è
ciò che
si dice]
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the Silence
Verdugo
La paura.
Il più antico istinto che
gli esseri viventi provano.
Spesso
striscia famelica
tra le ombre più ignote, colpendo insidiosa anche la psiche
più
forte. Riducendo ad un pivello persino la mente più astuta.
Spesso si aggrappa ai
nervi del cervello e genera violenti brividi che degenerano, quando
la situazione è critica, in scosse elettriche che portano il
panico.
La paura insomma, e questo e null'altro.
Iceringer questo lo
sapeva. Lo sapeva alla perfezione dato il lavoro che faceva.
Non era un individuo
adatto a sfilare per le vie del palazzo regale, e tanto meno aveva
possibilità a stare con gli altri suoi simili. Era uno
squallido
reietto proprio come il suo collega Demoura, che in quel preciso
momento di riflessioni, se ne stava a due livelli più in
basso a
dove si trovava lui.
Iceringer conosceva alla
perfezione il dedalo di vie e cunicoli, che caratterizzavano
l'ingresso ufficiale all'Hueco Mundo. Vi ci era stato relegato
assieme a quel demente di Demoura, dato che di creature deformi e
quasi inefficienti Aizen non ne aveva bisogno.
No, non erano esattamente
due scherzi della natura, ma erano comunque considerati due casi
anomali dai loro stessi simili. E pertanto, meno li si vedeva in giro
a palazzo, meglio era.
Un basso lamento simile ad
un muggito, gli giunse alle orecchie chiaramente e ciò lo
fece
lievemente sbuffare. Muovendosi appena sul cilindro bianco su cui si
era precedentemente appollaiato, il guardiano parlò.
“Che c'è mio buon
amico? Anche questa storia ti angustia?”
un leggero sfogliare di
pagine si sostituì a breve alle parole dell'Arrancar, con un
suono
secco e deciso che rimbombò per tuta la grande sala
circolare.
Iceringer stava leggendo
un libro in una delle sale più remote e profonde del
labirinto di
ingresso, e lo stava facendo unicamente per passarsi il tempo e
rallegrare un po' il buon Demoura.
La sala era immensa, e
finiva con un una grande cupola forata nel centro. E da sotto il
pavimento, immensi piloni bianchi sorgevano come alberi, scontrandosi
tra loro in una sorta di lotta per raggiungere l'unica fonte di luce
del luogo.
Dal foro posto sul tetto
della grande cupola, pioveva acqua a gran quantità data una
perdita
secolare delle tubature fognarie. Ma nonostante l'orrido olezzo che
circondava l'ambiente, nulla toglieva alla maestosità
poetica del
luogo.
Da sotto intanto, un altro
lamento arrivò alle orecchie del guardiano, ma questa volta
ancor
più indecifrabile del primo.
L'avvoltoio sospirò
chiudendo di scatto il libro a quelle proteste mugugnanti. Bisognava
portare pazienza con quel gigante, ma era comunque un suo amico
–
l'unico – e non c'era motivo di accanirsi troppo verso quella
creatura afflitta da demenza.
Il volume che stava
leggendo non era molto corposo a dire il vero, era un vecchio libro
di poche pagine se paragonati ad altri ben più voluminosi
presenti
in biblioteca – uno dei pochi posti dove non fosse guardato
dall'alto in basso – e il titolo in copertina citava
lapidariamente
“Verdugo”.
Una
storiella piuttosto
paradossale, e per molti la versione arcana de “L'epopea di
Ichigo
Kurosaki”. Narrava la storia di un Hollow piuttosto potente,
tale
Verdugo, che spesso si ritrovava a vivere avventure al limite del
rischioso in tutti i sensi a causa della propria arroganza.
Spadroneggiava in lungo e
in largo per tutto l'Hueco Mundo, sempre in cerca di sfide e
avversari con cui confrontarsi, fino a quando la propria spavalderia
non fu causa della sua stessa rovina.
Tale sventura arrivò
quando Verdugo incontrò un uomo nel deserto, decidendo
stupidamente
di molestarne il pellegrinaggio.
Il tale che aveva deciso
di tormentare pur di ottenere un duello, era un servo degli inferi,
che gli propose una “sfida” particolare pur di
scollarselo di
dosso.
Ma proprio come accadeva
nel libro degli Shinigami, anche il povero Verdugo andò in
contro ad
una cocente sconfitta e ad un finale che aveva la sua amara
spiegazione morale.
In pratica, l'omino
pallido e vestito di semplici abiti di pelle, suonando un motivetto
malinconico con il proprio strumento, sfidò l'Hollow a
cantare a
tempo la canzone legata al motivetto.
Verdugo letteralmente fu
tratto in inganno come un allocco, e camminando per il deserto
concentrato unicamente nella sua sfida, non si accorse che il paria
lo condusse all'inferno senza poter più far ritorno a casa.
Una fine decisamente
angosciante, ma che stranamente strappava parecchie risate sguaiate
agli Hollow, poco consci del significato nascosto di tale storiella.
Le dita
sottili –
decisamente troppo sottili per impugnare una spada
–
chiusero di scatto il libro quando i lamenti di Demoura divennero
più
forti e stentorei in una maniera assai preoccupante.
Iceringer di istinto
nascose il volume sotto le pieghe del poncho, fiondandosi come una
saetta verso i piani inferiori di quella foresta intricata per
raggiungere il più velocemente possibile, un compagno che
pareva
letteralmente terrorizzato. Accarezzando letteralmente le pareti
lisce dei cilindri con i propri calzari, lo storpio avvoltoio
volò
fino in basso con una agilità a dir poco sorprendente.
Appena toccato il suolo
del livello più basso, un leggero rumore d'acqua smossa
accolse il
suo arrivo, soppiantato poi da un rumore ben più strano.
“Demoura! Dove sei
finito?! Rispondi!”
Un grido lontano si perse
in un eco senza fine tra le pareti di quei bui corridoi
claustrofobici, accompagnato con sempre più insistenza da
quelle che
sembravano le note malinconiche di uno strumento a corda. E data
l'armoniosità della musica, lo strumento che accompagnava le
grida
del suo compare doveva essere un violino.
“Demoura...?!”
Confuso, l'Arrancar dalle
fattezze simili a quelle di un corvo, sbatté le palpebre
confuso in
direzione di un corridoio dal cupo mantello di tenebra, cercando di
capire se davvero ciò che sentiva era il suono di uno
strumento
musicale, oppure solo le gocce d'acqua di mille e più
tubature rotte
che cadevano al suolo rimpinzando le già corpose pozzanghere
presenti sul pavimento.
Nulla.
Solo l'eco della sua voce
che si perse attutita lungo quei corridoi stretti e scuri, gli giunse
a risposta. Spaesato per tutta quella improvvisa confusione,
Iceringer provò ancora una volta a chiamare il compagno
disperso, ma
questa volta mettendoci ancora più tono nell'urlo
autoritario.
Nulla.
Ancora una volta la sua
voce si perse per le pareti piastrellate di freddo cemento armato dei
corridoi, fino a scomparire del tutto lasciandolo ancora una volta da
solo.
Era come se Demoura fosse
letteralmente scomparso nel nulla, e la cosa non gli garbava neanche
un po'.
Continuò quindi quel suo
giro di perlustrazione praticamente a vuoto, sfruttando il sonido in
momenti alterni durante il suo girovagare per quei corridoi bui e
fetenti come il ventre di un bue sventrato, senza però
trovare
tracce dell'Arrancar assente. Per quanto conoscesse come le logore
tasche della propria mantella quell'umido posto, non riusciva a
trovarlo da nessuna parte.
Volatilizzato come quel
dannato suono armonioso che lo aveva accolto nella sua precedente
caduta nell'abisso.
“Cazzo... Dove sei
finito, dannato demente?!”
Il panico gli stava
sconquassando le budella con sempre più costanza fin quasi a
dargli
il nervoso. Non era da lui perdere le staffe in quel modo, ma la
situazione era critica. Se quel pazzo fosse caduto in un fossato, poi
con chi avrebbe parlato Iceringer?
Poi
ecco, dopo giri a
vuoto in quel dedalo di vie e cunicoli, il misterioso suono si fece
risentire alle orecchie dell'Arrancar guardiano.
Per tal motivo dovette
fermarsi con il fiato in gola, esaminando attentamente ogni suono e
rumore naturale, concentrandosi unicamente sulle note musicali, e
separando le gocce d'acqua che inquinavano l'atmosfera.
“Che io sia
maledetto...” bisbigliò alla fine.
Riuscendo a captare una
fonte sicura alla propria destra, in un corridoio immerso
nell'oscurità e nel fetore più assoluto.
Ci si immerse ancora in
quel buio conosciuto, questa volta però a passo d'uomo e non
più
correndo come un folle.
Il perchè non lo sapeva
neppure lui, ma in quel cunicolo stretto, la musica si faceva sempre
più insistente, e ora era davvero riconducibile a quella di
un
delizioso violino. Assurdo ma vero, qualche pazzo furioso stava
suonando in quel luogo dimenticato da Dio – e molto
più simile ad
una discesa negli inferi – e non era frutto
dell'immaginazione.
Per tale motivo Iceringer
avanzò piano verso la fonte del suono, con circospezione e
tenendosi
costantemente sulla difensiva.
Un passo, e iniziava a
scorgere una sagoma asessuata in mezzo a quella notte viva e
purulenta.
Ancora un altro passo, e
improvvisamente si accorse di come il fiato gli si condensasse
all'interno della maschera a forma di becco. Era caldo respiro che
andava a sbattere contro l'ossatura interna bianca e liscia, ed era
incredibilmente rumoroso dentro quella maschera maledetta.
Non solo, ma più si
avvicinava a quella... Quella cosa, più
avvertiva il cuore
che stranamente pompava sangue e quasi gridava dentro petto.
Ne scorgeva sempre più i
dettagli sconvolgenti, di quello che immerso nella notte suonava
imperterrito, e dava l'idea di non essere un Arrancar come lui.
Immersa nella tenebra
riconosceva a stento le pieghe di una schiena nuda e candida,
deturpata da quelle che sembravano cicatrici o corrosioni dovute al
fuoco assassino, dalla restante silhouette avvolta in abiti scuri e
presumibilmente di pelle.
A stento riusciva a
vedergli le agili dita che, come tentacoli, si districavano in quel
nero per muovere l'asta dello strumento, e sempre con poca chiarezza
vedeva dei fugaci lampi rossi riconducibili agli occhi.
Quegli occhi... Così poco
umani da sembrare solo delle sfere rosse come il
fuoco degli
inferi, dettero un freno definitivo al confuso e spaventato
guardiano, portandolo a fermarsi davanti a quella visione a dir poco
assurda.
“Chi sei?!” volle
sapere a bruciapelo lui.
Bloccando quel suono
melodioso con le proprie – tese – parole, e
arrestandone
l'esecuzione dell'artista maledetto.
L'individuo che a stento
riusciva a vedere, bloccò le membra in un gesto che
trasudava poca
naturalità, somigliante ad un gesto meccanico come quello di
un
vecchio burattino.
Persino il voltare la
testa in modo impercettibile verso chi aveva fatto domanda, parve ad
Iceringer di sentire il cigolio delle vertebre che si spostavano.
Spaventoso, a dir poco
spaventoso quello di non sapere cosa si guardava in quel preciso
momento.
“Chi sono...?!” fece
in risposta la misteriosa figura.
Con una voce strana come
camuffata da tanti stracci che coprivano il volto di un individuo,
tanto da risultare a dir poco soffocata.
“Si esatto –
l'Arrancar prese coraggio per quella mezza domanda idiota –
dimmi
chi sei e che cosa hai fatto a Demoura!”
“E... Sapere il mio nome
risolverà il destino di.... Demoura?”
La voce giungeva lontana e
di difficile comprensorio in mezzo a quel silenzio assordante.
Piccolo particolare portatore di nuovo nervosismo al guardiano, visto
che si stava temporeggiando e forse quella era tutta una trappola
ordita dagli Shinigami. Ma per uno strano motivo la
sua gola
era incredibilmente secca e poco disposta a pronunciare verbo, e mai
Iceringer si era sentito così alle strette come in quel
momento.
Neppure con Aizen sama.
“Ad ogni modo, mi chiamo
Malikai Flammer...
Lieto di
conoscerti, guardiano Iceringer...”
Le parole cupe e soffocate
giunsero lapidarie alle orecchie dello sventurato corvo, che per un
motivo noto solo a lui si ritrovò con il sangue gelarsi
all'improvviso nelle vene. E non era solo per il fatto che quel
bastardo conoscesse il suo nome.
No.
Mentiva.
Era un fottuto pazzo
maledetto che stava mentendo. Un autentico cazzone
che gli
aveva portato via l'unica compagnia che avesse, e ora per
sbeffeggiarlo ulteriormente, aveva ripreso a suonare quel suo dannato
strumento e ad allontanarsi lentamente da li.
“Tu menti... Tu sei
pazzo... ! Dimmi dov'è Demoura, ora!!”
Non era da lui toccare
lievi note isteriche partorite dalla paura più buia e nera
che
conoscesse, ma lui trovava ridicolo che quella cosa
portasse
lo stesso nome di quello presente nel libro posto sotto il suo
poncho.
Malikai Flammer, paria
leggendario degli inferi, che condusse il malvagio Verdugo
all'inferno con il suono del proprio violino, era apparso davanti ai
suoi occhi sconcertati. La stessa enigmatica creatura che aveva
sfidato il pericoloso Hollow a cantare stando al ritmo del suo
violino, portandolo sempre più negli oscuri budelli della
terra.
Lo stesso Malikai che ora
era letteralmente sparito dalla sua vista ad un batter di ciglia,
lasciandolo ancora una volta solo e confuso. Oltre che scosso da
così
tante emozioni, che provare ad urlarle tutte era pressoché
impossibile.
No.
Non era vero.
Era stata una
allucinazione dovuta alla troppa suggestione che quel luogo portava
ai visitatori. Doveva essere così, sennò non si
poteva spiegare
l'improvvisa emicrania che lo colse, portandolo a massaggiarsi le
tempie al limite della frustrazione.
“Cosa... Cosa sta
succedendo?!”
Mai in
tanti anni di servizio in quel luogo per reietti, si sarebbe
aspettato di impazzire per la solitudine. Proprio lui che di
solitudine ci aveva quasi fatto una filosofia di vita, ora era al
limite della confusione dal retrogusto amaro della pazzia.
Solo
qualche secondo dopo quelle amare riflessioni, un altro suono
più
acuto e agghiacciante gli giunse alle orecchie, risultando a dir poco
fastidioso all'interno della sua maschera di Hollow.
Un
grido che si perdeva tra i corridoi del dedalo oscuro si fece
risentire più forte di prima e quasi con rabbia,
appartenendo ad una
creatura che il guardiano conosceva fin troppo bene.
“Demoura!!”
E con
i nervi devastati dall'ennesima scossa di adrenalina, Iceringer
scattò nella direzione da dove era giunto in precedenza per
soccorrere un compagno disperso.
Abbandonandosi
finalmente quel budello ignoto alle spalle.
[…]
Sabbia.
Sempre
e solo sabbia in ogni dove.
Ci
stava facendo l'abitudine a tutta quella roba bianca come il latte,
ma se non altro era un luogo così noioso che le cattive
compagnie
scarseggiavano di brutto.
Starrk
sbuffò annoiato dinnanzi a tutta quella monotonia, che
purtroppo
caratterizzava ogni centimetro del suo regno fino ai confini dei
territori degli altri.
Niente
rovine antiche, pochi speroni rocciosi, ma in compenso tante dune di
sabbia da far venire la nausea. L'unica cosa davvero degna di nota in
quelle lande così noiose, erano le due oasi di acqua
cristallina
presenti in mezzo a quel nulla.
Una
era verso ovest, ed era situata all'interno di un piccolo canyon
dell'unica formazione rocciosa del suo regno. L'altra era un'oasi
vera e propria circondata da palme fossilizzate, se
così si
potevano chiamare quei grotteschi alberi di calcare, ma andando verso
sud e verso l'interno di quel mare di dune.
“Lilynette...
Non correre!”
Sbadigliò
quell'ordine ad una vivace bambina che scorrazzava per tutta la piana
ancor più annoiata di lui. La sua giovane
Fracctiòn, dall'apparente
età di una bambina dodicenne, non amava starsene ferma molto
a
lungo, e quelle passeggiate di perlustrazione erano qualcosa di a dir
poco tedioso.
“Ma
sta zitto...” brontolò di giusta risposta lei.
Scalciando
la sabbia e snidando così dei piccoli scarafaggi bianchi.
Piccole e
insignificanti creature dall'effimera esistenza, che catturarono la
curiosità della bimba annoiata al limite della frustrazione.
Incuriosita
da quelle semplici forme di vita, ignorò la voce del Primera
Espada
che le imponeva di non allontanarsi troppo, dato che era il
crepuscolo e il tetto del cielo si era fatto ormai nero. Eccetto il
rosso bagliore sangue del sole stagliato all'orizzonte, ormai una
nuova notte stava calando nel purgatorio.
“Guarda
che è tardi! È il caso di ritornare a
palazzo”
Niente
da fare, Starrk non riusciva a portare l'ordine verso quella piccola
scalmanata ormai del tutto concentrata a pensare ad altro.
Quando
Lilynette osservava qualcosa che le suscitava interesse, seppur
minimo, non c'era modo di scollarla da li.
Per
questo un po' per stanchezza personale, e un po' perchè
decisamente
non aveva voglia di polemizzare, sbuffò seccato
incamminandosi
lentamente verso il castello.
“I
cuscini non ti scappano via...”
la
giovane borbottò quelle parole quasi a bassa voce e
distrattamente,
mentre osservava i piccoli insetti scalare una duna di sabbia
piuttosto alta, facendo fatica nel muovere le sottili zampette su
quella sabbia friabile e resa rossa dai raggi del sole.
I
piccoli granelli di sabbia che trotterellavano giù ad ogni
loro
movimento, sembravano gocce di sangue che scivolavano giù
delicate
ed effimere.
Una
visione affascinante anche se così non era, ma quello era
uno dei
pochi passatempi che poteva permettersi. In pratica, senza neppure
accorgersi dello sforzo di scalare quella ripida duna di sabbia,
seguì tutto il percorso di quelle creature fino a giungere
in cima.
Ove i
raggi del sole erano più vivi, e le sferzate di vento che
prima
minimamente non la toccavano, ora si fecero sentire con il gelo
portato dalla notte, e il fetore di qualcosa di ben
più
strano e anomalo.
Lilynette
per questo, confusa per quella misteriosa stranezza, si alzò
in
piedi e lasciò momentaneamente perdere quelle creature
insignificanti, cercando di scrutare l'orizzonte coperto dai suoi
capelli sbarazzini.
“Ma
che cavolo succede?!”
Seccata
per quelle folate di vento gelido che le scompigliavano i capelli, e
per quella puzza che sapeva di morte, si portò una mano in
fronte
spostandosi i capelli e osservando in tal modo un paesaggio a dir
poco agghiacciante.
Un
tetro spettacolo che la portò a sgranare gli occhi dal
terrore,
trovandosi con la gola secca e faticando – incredibile ma
vero –
a trovare la forza di urlare il nome del proprio compagno.
Solo
un roco balbettio che nasceva in gola, recante il nome di Starrk che
nasceva sulle labbra, venne partorito in seguito in un urlo
disperato.
- - -
- - - - - - - - - - - - -
“Che
seccatrice... Ma non può per una volta darmi
retta?”
L'Espada
in quel momento stava parlando da solo.
Non
era propriamente arrabbiato con quella piccola canaglia, ma se non
c'era nulla da fare c'era poco da perseverare per quel luogo
dimenticato da Dio.
Bisognava
starsene nei propri appartamenti e basta, e diamine, un po' gli
dispiaceva comunque che Lilynette si annoiasse così.
Ma
altro non poteva fare che brontolare ad una sabbia silenziosa che non
gli rispondeva, e camminare piano così da permettere alla
bimba di
raggiungerlo senza troppi sforzi.
Ma ciò
che raggiunse Starrk in quel momento, non fu una bambina scalmanata.
Ne epiteti volgari che spesso lei gli indirizzava.
Ci fu
un grido a tormentare il deserto in quel momento, un grido acuto e
terribile fin troppo femminile e fin troppo conosciuto.
Uno
strillo che portò nel guerriero una espressione facciale di
stupore
mista a preoccupazione, e uno strano sentimento che dentro il petto
gli faceva male.
Anzi,
più che male. Era lacerante.
“Lilynette!!”
Non ci
pensò due volte a voltarsi per abbandonare la strada di
casa, e
raggiungere il luogo in cui quella stupida si era fermata.
Non ci
pensò due volte ad usare il sonido per spostarsi velocemente
smuovendo sabbia in gran quantità al suo passaggio, mosso
unicamente
da quelle grida che non smettevano un momento di cessare. Doveva
raggiungerla e basta, mai si sarebbe perdonato se le fosse successo
qualcosa. Qualunque cosa fosse successa in quel preciso istante.
Persino
la duna di sabbia scalata a fatica dalla bambina, per lui fu come
superare un semplice sasso, arrivando teso come un fusto alla
creatura improvvisamente zittita, trovandola totalmente sconvolta.
“Lilynette...
Cosa è successo?! Che hai?!”
il
giovane uomo tentò di scrutare in ogni dettaglio una bambina
rigida
nella sua postura, e intenta in rigoroso silenzio ad osservare
l'orizzonte sempre più scuro e invisibile. Risultandogli a
dir poco
sibillina per quell'atteggiamento improvviso e preoccupante.
“Ma
insomma, co...”
Gli ci
volle un po' a Starrk per realizzare cosa realmente avesse spaventato
a morte la piccola Fracctiòn. E quando se ne accorse, lo
stupore si
impadronì nuovamente del suo volto impassibile.
Ancor
prima di voltare lo sguardo verso il sole morente, il gelido vento
della notte gli pizzicò il naso a causa del forte odore di
morte che
si trascinava addosso.
Un
fetore indescrivibile, di centinaia e centinaia di corpi sbudellati
senza pietà, che ricoprivano l'intera valle con il loro
sangue e il
loro terribile fetore. Una macabra visione che il vento contrario a
loro aveva nascosto sino a quel momento.
“Dio...
Cosa diavolo è successo qui...?!”
Sconvolto
il Primera Espada osservava un autentico campo di battaglia che per
lo più, sembrava un mattatoio alla pubblica luce del sole
per tanto
che era raccapricciante tale visione.
Gillian,
Adjucas, Menos Grande, semplici Hollow... Il tappeto degli orrori era
immenso.
Corpi
mutilati e straziati che arrivavano sino all'orizzonte morente,
simbolo efficace di una mattanza avvenuta da poche ore, si
stagliavano pietosi agli occhi dei due Vasto Lorde.
“Starrk...
È terribile! Chi... Chi è stato?!”
piagnucolò la bimba.
Stringendogli
con forza un lembo della giacca del guerriero, attirandosi
così la
sua attenzione non più catalizzata in quell'orrore.
Per
tale orrore si protese a distogliere la fanciulla da quello
spettacolo di morte, coprendole il viso con un braccio nell'atto di
stringersela forte a se, tentando di riguadagnare la solita quiete.
Deglutendo,
Coyote Starrk tentò di tirare le somme di cosa fosse
successo sotto
di loro, e cosa avesse macellato tutti quei loro fratelli con
efferata ferocia.
“E
così... A quanto pare ci siamo...”
In
quel preciso istante, l'unica cosa che passava per la mente del
guerriero, era che l'Hueco Mundo era con tutta probabilità
entrato
nuovamente in guerra. Ancora una volta, dopo mille anni dalla
titanomachia che aveva coinvolto i suoi fratelli
predecessori,
si appresta ad essere versato altro sangue.
Quale
somma gioia per le orecchie di Aizen sama, sapere magari di quella
probabile possibilità di battaglia imminente.
Gli
Shinigami avevano finalmente dichiarato guerra al mondo vuoto, a
quanto pare...
Ce
l'ho fatta ad
aggiornare, dopo due mesi di silenzio.
Vabbè, mi ero presa
una pausa da questa storia, ma è anche giusto portarla
avanti.
Inoltre, questa storia l'ho inserita nella serie “hole in the
sky”
(dal titolo provvisorio).
Che dire di questo
capitolo? Ancora una volta mi sono occupata di personaggi
bistrattati. Iceringer e Demoura sono i due guardiani che la
compagnia di Ichigo affrontano appena entrati nell'Hueco Mundo.
Col fatto che si sono
visti ben poco, non so se sono andata totalmente ooc, se è
così
perdonatemi! Ma da quel poco che si è visto, Iceringer mi
è parso
che si preoccupasse per il proprio compagno. In più, il personaggio di Malikai è una mia creazione, per questa figura spettrale ho voluto usare un nome che suonasse malevolo e ricordasse le fiamme.
Comunque, la parola
Verdugo viene dallo spagnolo, e significa “boia”.
La canzone
prima del titolo invece, è dei Negramaro ossia
“mentre tutto
scorre”.
Ringrazio infine
Serenity e Yoko_kun per aver recensito lo scorso capitolo! Vi
ringrazio davvero e sono felice che abbiate apprezzato il capitolo.
Spero
abbiate
apprezzato la lettura!