GIORNO 1
Erano le quattro di pomeriggio. Max Parker stava sfogliando
il manuale sui dinosauri comprato in Colorado per non pensare al prurito che
gli dava la cintura di sicurezza, che ad ogni sobbalzo del velivolo gli entrava
sempre di più nella carne. Aveva la gamba destra addormentata e le turbolenze
non lo mettevano di buonumore. Erano partiti dall’aeroporto di New York da cinque
ore, e per Sydney era ancora lunga. Accanto a lui suo cugino Sam sonnecchiava
con il mento poggiato sul petto e sua sorella Laura guardava le gocce di
pioggia che iniziavano a macchiare il vetro del piccolo finestrino, con le
cuffiette dell’Ipod nelle orecchie.
La voce cordiale di una ragazza parlò dagli altoparlanti.
<< Abbiamo appena lasciato i cieli del Costa Rica, stiamo
iniziando a sorvolare l’Oceano Pacifico. Il comandante si scusa ancora per il
disagio causato dalle turbolenze e si raccomanda di tenere le cinture
allacciate. >>.
<< Era ora… quanto ci vorrà ancora per arrivare a
Sydney? Ho il collo a pezzi >> disse Sam mettendosi dritto sul sedile e
massaggiandosi la nuca.
In quel momento ci fu uno scossone che li fece saltare sul
sedile e il segnale di allacciare le cinture da giallo lampeggiante divenne
rosso. L’hostess parlò di nuovo.
<< Si pregano i gentili passeggeri di mantenere la
calma. La torre di controllo ci avvisa di una tempesta in arrivo. Il comandante
tenterà un atterraggio d’emergenza >>. Tra i sedili dei passeggeri corse
un mormorio agitato al sentir pronunciare quelle due ultime parole.
Laura si tolse le cuffiette guardando fuori del finestrino.
<< Che arcipelago è quello? >>
Max rimise il libro nello zaino, rassegnandosi al prurito, e
si allungò per sbirciare al di là dello spesso vetro.
Vide un mare di nebbia color bianco latte, dalla quale
svettavano, in netto contrasto, delle frastagliate creste nere ricoperte di
vegetazione.
<< Non ne ho idea… forse le Galapagos >> disse,
pur non essendo estremamente sicuro di quella risposta.
Venti minuti più tardi toccarono terra, su un rettilineo
asfaltato irregolarmente, probabilmente una pista di atterraggio in disuso.
I passeggeri esplosero in un unico sospiro liberatore mentre
si sganciavano le cinture di sicurezza. Max prese al volo l’occasione e si alzò,
facendo ritrarre i piedi a Sam.
<< Vado a fare due gocce >> disse avviandosi
verso i bagni.
Si fermò davanti alla
porticina bianca sovrastata da una luce rossa, evidente segno che qualcuno
l’aveva preceduto, ad aspettare che il bagno si liberasse. Notò che la porta
della sala comandi era socchiusa, e da dentro venivano delle voci. Tanto per
avere qualcosa da fare nell’attesa si avvicinò e cerco di dare un’occhiata. Da
piccolo era rimasto affascinato dalla sala comando di un aereo mentre andava a
Creta con la sua famiglia. Ma non riuscì a vedere nulla. Sentiva solo tre voci,
due uomini e una donna, e a quanto pareva uno dei due uomini e la ragazza erano
piuttosto spaventati.
<< Ma sei impazzito? Questa è l’isola dove hanno creato
i dinosauri >> disse la donna, cercando di mantenere la calma.
<< È stato necessario atterrare qui, non potevamo continuare
a volare dentro la tempesta… e poi avevamo perso i contratti radio. Finché
rimaniamo qui siamo al sicuro! >> disse la voce di un uomo, che a Max
sembrò essere il pilota.
Tornò di corsa al suo posto, dimenticandosi del bagno, e non appena si fu seduto disse a bassa voce,
per non farsi sentire:
<< Sapete dove è atterrato quell’idiota? >>.
Gli altri lo guardarono con un’espressione interrogativa
dipinta sul volto.
<< Siamo su Isla Sorna, il posto dove venticinque anni
fa avevano riportato in vita i dinosauri… ho letto il libro di Alan Grant, il
paleontologo che ci è stato… non è un posto piacevole >>
<< Non mi dire… l’isola del Jurassic Park? >>
domandò stupito Sam.
<< No quella è Isla Nublar, un pò più vicino alla costa,
qui li allevavano e poi li portavano lì >>
Laura, che sembrava piuttosto spaventata chiese << Ma
perché il parco è stato abbandonato? >>
<< Perché i dinosauri si cominciarono a riprodurre in
natura e divennero incontrollabili >> disse piano Sam. << Finchè
rimaniamo sull’aereo non ci succederà niente! >> esclamò Max poco
convinto, per rassicurare la sorella.
La pioggia non accennava a diminuire mentre il vento
spazzava i fianchi dell’aereo, facendolo oscillare lievemente.
A Max il dondolio ritmico e la noia stavano facendo venire
sonno, ma non appena socchiuse gli occhi la notte venne squarciata da un
ruggito acuto, simile ad un barrito.
Immediatamente aprì gli occhi e si precipitò al finestrino,
per vedere cosa succedesse.
Buio.
In quel momento l’aereo iniziò ad oscillare con più vigore
finché non si inclinò, spargendo mascherine per l’ossigeno e zainetti ovunque.
Max, Sam e Laura afferrarono gli zaini e iniziarono a
correre , finché non raggiunsero il portellone dell’aereo, che gia era stato
aperto da un gruppetto di persone che ora si era fermato sulla pista, e
rimanevano increduli a guardare lo spettacolo che si svolgeva loro davanti.
Un’animale enorme, alto almeno 6 metri e lungo 15, con una
cresta irta di aculei sulla schiena stava in quel momento affondando il muso da
coccodrillo nella fiancata dell’aereo, per poi ritrarlo con in bocca i
passeggeri rimasti intrappolati tra le lamiere.
La pioggia diluiva il sangue.
I tre ragazzi rimasero per qualche secondo immobili,
stupefatti da quel sanguinolento spettacolo.
Poi approfittando del fatto che il dinosauro era distratto
corsero nella giungla, seguendo le altre persone che erano riuscite a scappare.
La fitta vegetazione non faceva trapelare la luce del sole,
gia offuscata dalle nuvole nere che avevano portato la tempesta, e l’unico
rumore era quello delle foglie colpite dall’acqua e i ruggiti dell’animale
sulla pista di atterraggio, che si allontanavano sempre di più.
Aveva smesso di piovere.
Continuavano a camminare, senza avere una destinazione
precisa, con le giacche a vento umide.
Di tanto in tanto avvertivano dei movimenti tra le foglie
carnose delle felci alla base degli alberi e tra le foglie degli alberi, che
ora producevano una luce verde brillante attraversate dalla luce. Si sentiva il
cinguettio degli uccelli. Laura aveva letto da qualche parte che il Costa Rica
aveva una varietà di uccelli maggiore di tutto il Nord America.
Si erano uniti al
gruppo che era sceso di corsa dall’aereo e mente marciavano Sam si era piazzato
accanto al pilota, e aveva iniziato a tempestarlo di domande.
<< Come mai ha deciso di atterrare proprio qui? Non
potevamo fermarci sulla costa? Si rende conto della situazione nella quale ci
ha cacciati? >> stava dicendo in quel momento, fortemente sostenuto dalla
giovane hostess Maria e dal copilota, che si presentò come Julio Fernandez.
Il secondo gruppetto che viaggiava pochi metri dietro a loro
era composto da cinque persone: Marla Carter, un veterinario di New York, John
Miller e Fiona Martin, una coppia appena sposata diretta a Sidney per il
viaggio di nozze, Andrew Allen e Thomas
Griffin, due programmatori di Boston in viaggio per lavoro.
Laura aveva in mano il telefonino, e camminava a zig-zag
alla ricerca di qualche tacca di segnale, senza successo.
<< Ti stancherai il doppio camminando così! >>
disse il fratello quando gli passò vicino.
Rimise il cellulare nella tasca degli shorts, rassegnata
all’evidenza << Come cavolo abbiamo fatto ad arrivare a questa
situazione? >> mormorò, rivolta più a se stessa che a qualcuno in particolare.
<< Chiedilo a quell’idiota >> disse Thomas,
indicando il pilota.
Si fermarono in prossimità di un ruscello per riempire le
bottigliette d’acqua che avevano consumato lungo il percorso.
Si sedettero sulle rocce fredde e scivolose, con i piedi
stanchi immersi nell’acqua gelida, a sgranocchiare gli snack che avevano negli
zaini. La luce calava sempre di più, e sapevano che presto avrebbero dovuto
trovare un riparo per la notte.
Max tirò fuori dal
suo zaino il manuale e iniziò a sfogliarlo.
Trovò ciò che cercava.