Note dell’autrice: Bisogna fare delle
piccole precisazioni. Innanzitutto, come è nata questa storia (perché leggendo
ve lo chiederete). Allora, in sostanza, io ed una mia amica (la protagonista di
questi atti) stavamo al Mcdonald a mangiucchiare
qualcosa, quando abbiamo cominciato a delirare sul Nuovo Mondo di Light Yagami.
Da lì, ce lo siamo diviso: lei il Nuovo Mondo Sud io il Nuovo Mondo Nord. Ci
siamo date dei consiglieri (3 a testa noterete) e lei mi ha dato cinque parole
da seguire per ogni capitolo. Da tutto questo è nata questa cosa.
Piccola precisazione: i personaggi sono, purtroppo OOC
ed anche se io odio l’OOC, non ho potuto esimermi dall’usarlo. Spero vi piaccia
lo stesso.
Ah,
ovviamente tutta la raccolta è dedicata alla mia insostituibile Somma Rashmi,
perché lei è la mente e io il braccio <3
ATTO I
Piccoli scherzi, esperimenti mal riusciti e idee diaboliche
Sasori camminava distratto per i corridoi del palazzo del Nuovo
Mondo Sud senza un occupazione degna di questo nome- poteva andare ad
infastidire Neko-Neko, ma che gusto c’era a spaventare un uomo che se la faceva
sotto se per caso scricchiolava qualcosa?-.
Da quando gli avevano proibito di entrare nel proprio
laboratorio, Sasori si sentiva mogio e depresso, inutile come un fazzoletto
usato. Nemmeno più infilarsi a tradimento nel letto della regina lo faceva
emozionare. Anzi, stufa di vederselo comparire sempre nei momenti sbagliati, la
Somma Rashmi gli aveva vietato anche di intrufolarsi in camera sua. Così,
avendo perso entrambe le sue occupazioni preferite, Sasori vagava come un
spirito per il castello, moralmente sconfitto.
Aveva provato a prendersela con Sesshomaru- gli aveva scambiato
il vasetto di gelatina con dei piselli frullati- ma l’enorme taglio che aveva
sulla schiena era stato l’esauriente commento del Lord alla sua bravata. Taglio
che bruciava ogni volta che provava a muoversi più velocemente del consentito e
che gli suggeriva, pungolando durante la notte, che Sesshomaru non era lo scemo
che faceva credere. Così aveva rinunciato anche a lui, perché di farsi fare a
fettine non gli andava proprio.
C’era anche Kyouya, ovvio, ma lui era così Bleah che non
valeva nemmeno la pena scervellarsi per pensare ad un modo per infastidirlo. E
poi era sempre chiuso nel suo studio a far quadrare i conti, quindi come poteva
riuscire ad infastidirlo?. La somma Rashmi gli aveva anche proibito di
avvicinarsi a lui, perché se gli faceva sbagliare un solo conto, lo avrebbe
sbuzzato personalmente. E Sasori aveva imparato a fidarsi delle sue minacce.
Così, depresso e nullafacente, Sasori camminava, canticchiando
una canzoncina inventata sul momento, sperando di riuscire a far passare un po’
di tempo. Ma quando voltava lo sguardo all’enorme pendolo in fondo al corridoio
si accorgeva che le lancette non si erano ancora spostate. E allora gli dava le
spalle e ricominciava, pregando che, quando sarebbe tornato a guardarlo, le
lancette erano già sulle sei.
~-.-~
«Ehi
Sasori! Cosa stai combinando?» lo apostrofò la Somma Rashmi andandogli incontro
di gran carriera. Sasori, alzando lo sguardo perplesso, la guardò, poggiando il
cacciavite sul pavimento dov’era seduto, ed attese che parlasse ancora.
Ma
vedendola alquanto perplessa, Sasori si ritenne in dovere di rispondere.
«Niente,
mia Regina».
La
Somma Rashmi continuò a guardarlo perplessa.
«Niente?»
domandò, per confermare.
Sasori
annuì corrucciando le ciglia. Un ticchettio sinistro riempì per un attimo il
silenzio.
Poi
la voce sprezzante ed arrabbiata della Somma spezzò l’aria come un colpo di
pistola.
«E
tu, smontare l’orologio a pendolo, lo ritieni un Niente?».
«Mi annoiavo»
si giustificò Sasori.
La
regina lo guardò smarrita e vagamente comprensiva, ma quando una molla partì
dagli ingranaggi e si schiantò sul suo naso, lo sguardo di lei divenne di fuoco
e fiamme.
Niente
di rassicurante, insomma.
«Non
me ne frega una beneamata mazza se ti annoi! Per punizione andrai a far
compagnia a Kyouya nel suo studio! Ci siamo capiti?».
Sasori
spalancò gli occhi, boccheggiò qualcosa e strinse i resti dell’orologio fino a
romperne il vetro- che fece diventare esaurita la regina- e poi, chinando il
capo come una povera vittima sacrificale sibilò un “d’accordo” mesto e si
incammino verso lo studio di Kyouya.
La
regina, da lontano, lo guardò fino a quando non sparì dietro l’angolo, poi
blaterò qualcosa ed infine prese a calci quel poco che rimaneva del pendolo.
Infine si aggiustò i vestiti e se ne andò in sala da pranzo, per farsi servire
una bella cioccolata calda.
~-.-~
La stanza dove quel perfettomane di Kyouya lavorava era un luogo
abbastanza carino ed ordinato, con i scaffali pieni di libri e un televisore in
schermo antico che, tantissimo tempo fa, doveva aver trasmesso dei film
in bianco e nero. C’erano due ampie finestre che davano sul giardino
principale, adornate da tende di un bianco brillante. Sul lato destro c’era
anche un caminetto in marmo rosa, con sopra un orologio antico e due violinisti
in porcellana. Vicino ad esso, rivolte di poco verso il centro, c’erano due
poltrone in velluto rosso che guardavano verso un tavolinetto in vetro, su cui
troneggiava un libro alto e dalla copertina verde. Sul lato sinistro,
invece, coperto da soffici coperte rosse, il letto a baldacchino si ergeva
trionfante del suo spazio. C’era anche un comodino, di lato, sopra cui c’era un
bicchiere vuoto e una candela consumata. Di fronte a lui, infine, c’era Kyouya
che, seduto sulla sedia e girato di un po’ verso il suo ospite, guardava
quest’ultimo perplesso, sorpreso di vederselo lì. Tra le dita stringeva una
penna e sembrava essere stato colto in un momento critico.
«Che cosa vuoi, Sasori?» gli domandò, alzando un sopracciglio.
Sasori si riscosse e disse, alzando le spalle:
«La Somma Rashmi ha detto che devo stare con te».
Kyouya strabuzzò gli occhi così tanto da farsi scivolare gli
occhiali sulla punta del naso. Non poteva crederci! La regina, la donna che lo
sobbarcava di lavoro fino a fargli detestare la matematica, ora gli stava
palesemente offrendo la causa dei suoi problemi su un piatto d’argento? Andiamo,
probabilmente era un sogno! Sicuramente si era appisolato sulla scrivania e la
postura scomoda gli aveva fatto sognare questa cosa orrenda! Perché altrimenti
non poteva essere, insomma, se voleva che i conti quadrassero doveva lasciarlo
nella pace più assoluta e non con quel pazzo ambulante tra le scatole!
«Allora? Cosa stavi facendo di bello?» cominciò Sasori, giusto
per intavolare una discussione. Non che volesse davvero parlare con quel
fissato dei numeri, ma se doveva passarci un pomeriggio intero, tanto valeva
che lo trattasse come uno alla pari.
Kyouya sembrò ancora più stupito dalla sua domanda, ma tentò di
darsi un contegno, così prima di rispondere, si aggiustò gli occhiali e
rispose, serio:
«Contavo quante spese hai effettuato questo mese».
«Ah, e quante ne sono?»
«Molte più di quanto immagini» concluse Kyouya, sedendosi di
nuovo dritto ed impugnando la sua fedele calcolatrice, per cominciare
l’ennesimo calcolo.
Con sopperito stupore, Sasori si accorse che la scrivania di
Kyouya era strapiena di fogli, cartelle e post it.
C’era un caos indicibile lì sopra tanto che le braccia di Kyouya centravano a
malapena sopra. Si accorse che c’erano anche dei libri.
La matematica nell’ 500 – noiosissimo!-.
Numeri e vita- ovvero?-.
Dall’ipotesi alla legge- fisica, sicuramente-.
E un quaderno con la copertina nera e consunta. Sembrava stato
usato di recente e la curiosità di Sasori prese il sopravvento. Allungò una
mano per afferrarlo e sbirciare qualcosa al suo interno, ma la presa salda di
Kyouya interruppe il suo movimento.
«Cosa hai intenzione di fare?» ringhiò, fissandolo.
Sasori non si fece impressionare ed alzò le spalle, scrollando
la mano.
«Volevo prendere quel quaderno. Posso?».
Kyouya scosse vigorosamente la testa e precisò, serio:
«No. È una cosa privata, quindi fammi il favore di tenere le tue
manacce a posto. Chiaro?».
Attese che Sasori rispose, ma vedendolo assente, con lo sguardo
perso oltre la finestra, decise di ignorarlo a sua volta e di riprendere da
dove aveva lasciato.
Per un po’ regnò la pace, nella stanza di Kyouya, ma quando
quest’ultimo si stava abituando alla sua presenza, Sasori esordì dal nulla:
«Credi che domani pioverà?».
Kyouya arricciò le sopracciglia, colto alla sprovvista, e
balbettò:
«N-Non saprei. Pensi che pioverà?».
«Se l’avessi saputo, te l’avrei chiesto?» e Kyouya, per non
spaccargli sul cranio la boccetta d’inchiostro, si morsicò le labbra e tacque,
ricominciando a fare i conti.
Sasori sghignazzò e preparò la prossima domanda. Perché, doveva
ammetterlo, si stava annoiando da morire lì con lui, soprattutto perché
quell’essere preciso non lo degnava di una sola occhiata.
Sbuffò e decise di alzarsi e di ficcare il naso un po’
ovunque. Kyouya lo seguì con lo sguardo.
Ora che dava un occhiata più attenta, in una cesta nascosta in
un angolo c’erano dei Peluche. Per un momento gli venne alle labbra una risata
meschina, ma per non morire torturato preferì ingoiarla e proseguire
nell’esaminazione. Era una cesta in vimini a forma di casa. Aveva il tetto
rosso e due finestre sul davanti. Al suo interno, sorridente come un ebete, un
orsetto marrone lo guardava spento, con gli occhi vuoti come biglie.
E fissando le sue iridi finte, gli sovvenne un'altra domanda
invadente.
«Kyouya, scommettiamo che ti batto a scacchi?».
Kyouya alzò di scattò la testa e lo guardò per un momento,
cercando di capire bene quello che aveva detto. Poi sogghignò e disse, saccente:
«Certo, come no».
Sasori parve interdetto.
«Beh? Non potrebbe essere?».
«Direi di no, scemo. Tu non sai nemmeno qual è la regina!».
Sasori lo fissò, ghignando appena, e gli si avvicinò, sedendosi
vicino a Kyouya, il quale, sentendosi superiore, lo guardava dall’alto in
basso, sicuro che almeno in quello l’avrebbe stracciato. Perché Sasori poteva
essere bravo nel combattimento corpo a corpo, nel tirare shuriken o kunai, nel
convincere la regina a portarselo a letto, a fare aeroplani di carta più belli
dei suoi, a mangiare la minestra senza cucchiaio- e senza sporcarsi-, a cantare
Heidi meglio di chiunque altro e a fare lavori a maglia. Ma a scacchi, no. Non
ce l’avrebbe fatta.
Lui era il più forte.
«Allora, cominciamo?» domandò Sasori, grattandosi la testa.
Kyouya liberò il tavolo da ogni intralcio e vi poggiò la
scacchiera.
«Preparati a perdere, nanerottolo».
~-.-~
La Somma Rashmi, dopo essersi rifocillata con una buona
cioccolata calda, aveva deciso di andare a controllare com’era la situazione in
camera di Kyouya.
Conoscendo
Sasori- e il suo pessimo carattere- non riusciva ad immaginarsi nulla di buono.
Così, bussando gentilmente alla porta, attese che qualcuno andasse ad aprirla.
Aspettò
ed aspettò, rimanendo immobile poco distante dalla porta, ma quando la sua
pazienza- già limitata- finì con l’esaurirsi, la Somma Rashmi gridò:
«Insomma!
C’è qualcuno che è disposto ad aprirmi?».
Ma
non ricevette risposta. Allora, urtata, afferrò la maniglia ed aprì la porta,
già pronta ad inveire contro di loro nel peggior modo possibile.
Gonfiò
i polmoni, aprì la bocca, e l’insulto le morì sulle labbra quando, guardandoli stralunata,
si accorse che erano concentrati in un “duello all’ultimo sangue”.
Non
sapeva se ridere, se piangere, se fare entrambe le cose insieme, o se prendere
il vaso nel corridoio e spaccarlo sulle loro teste. Qualcosa di macabro le suggeriva
la terza, ma alla fine non optò per nessuna di queste. Decise solamente di
strillare come un uccello in gabbia:
«Si
può sapere cosa c’è di così impegnativo negli scacchi?» e si avvicinò
minacciosamente.
Kyouya
alzò una mano e le intimò di fermarsi. Lei obbedì, interdetta.
Sasori
si mise una mano sul mento, piegò un sopracciglio in giù e poi afferrò la testa
del cavallo. Lo mosse e Kyouya, aspettandosi quella mossa, afferrò il re e lo
mangiò.
La
Somma Rashmi rimase ad osservarli, senza sapere cosa dire. Si era già figurata
la sfuriata a cui li avrebbe sottoposti, ed invece si ritrovava senza una
parola da spiccicare.
Nel
frattempo, l’aria si era fatta irrespirabile. Chi dei due avesse sganciato, la
Somma non saprebbe dirlo, ma la puzza era tale che fu costretta ad avvicinarsi
alla finestra e a mettere la testa fuori, riempiendosi i polmoni di aria pura.
Kyouya,
intanto, togliendo il cavallo di Sasori dalla scacchiera, si accinse a fare la
sua prossima mossa. Osservò il piano di gioco con studiato interesse, e poi
spostò il re poco lontano dalla regina di Sasori il quale, rimasto con tre
pedine, non sapeva più dove mettere le mani.
Guardò
la propria regina, inerme dietro un fante. Rivolse uno sguardo pietoso alla
torre che giaceva immota al suo posto iniziale e decise. Sacrificò proprio lei.
Kyouya,
ghignò malignamente.
Oramai
erano alla resa dei conti.
«Sei
ancora del parere che mi batterai?» domandò Kyouya, alzando il proprio cavallo
per metterlo vicino alla regina di Sasori e fare Scacco.
Quest’ultimo,
sorrise sardonico.
«Rendiamola
più interessante. Se perdo mi dai quel quaderno nero».
E
Kyouya, ormai in un punto di non ritorno, poggiò il cavallo proprio dove non
avrebbe dovuto.
Scacco
Matto.
Ma a
giudicare dalla proposta, era stato Sasori a farlo.
«Ora
che avete finito, potete ascoltarmi?» proruppe la Somma Rashmi, mettendosi le
mani sui fianchi. Sasori la guardò accorato, mentre Kyouya fissava ancora
sconcertato il suo errore.
«Certo,
mia regina. Dica pure» esordì il marionettista, felice come un pasqua.
«Mi
annoio, chi viene a vedersi con me “50 volte il primo bacio”?».
Sasori
fece uno scatto felino e si alzò, agguantando il quaderno nero di Kyouya e si
avvicinò alla sua regina, prendendola sotto braccio.
«Vengo
io, naturalmente. Ma ad una condizione» il suo sorriso si fece malizioso
«Dovremo prendere esempio dal film!» e ridacchiò quando la regina, indignata,
gli schiaffeggiò una spalla.
«Sasori!
Che modi sono questi?» ma si avviò lo stesso con lui.
Kyouya,
ancora, fissava inerme la scacchiera.
Sasori
l’aveva preso. Aveva preso il quaderno. Il Diario.
Ora
era veramente spacciato.