1.
Louboutin, terremoto e luci.
Non
voglio più fare interviste.
Photoshoot.
Promozioni
di CD.
Non
voglio più girare video.
Non
voglio più recitare.
Non
voglio più truccarmi in modo così dannatamente
preciso.
Non
voglio più che la gente mi guardi come se fossi Dio, o come
se fossi la peggiore feccia sulla Terra.
Non
voglio più mentire.
Non
voglio più nascondermi.
Non
voglio più che mi regalino vestiti.
Non
voglio più sorridere.
Non
voglio più il fiato di tutti sul collo.
Non
voglio più cantare.
Bill aveva
sottolineato l'ultima frase quattro volte, con l'indelebile nero. Non
voleva più cantare. Non poteva crederci neanche lui, ma era
esattamente così. Era stanco, ma non la stanchezza di
qualcuno che sa che con una dormita si riprende, era la stanchezza di
una vita, la stanchezza di chi vorrebbe addormentarsi e risvegliarsi
dopo tre anni. Chiuse il diario e con i piedi scalzi andò
fino al salotto, dove Tom stava guardando la televisione.
In realtà
non la stava proprio guardando, in realtà rimuginava su
alcune questioni importanti che lo tartassavano.
Quando
mi alzo la mattina, e penso a tutto quello che devo fare, vorrei
richiudere gli occhi e tornare nel mondo dei sogni. Io la volevo una
vita così; la volevo da quando ero un bambino, e mi sono
guadagnato ogni singolo momento della mia esistenza. Ma ora? Chi me lo
fa fare ancora? Chi? Odio tutti, voglio andare via con mio fratello e
non tornare più. Voglio che tutto questo peso sulle mie
spalle scompaia. Cantiamo la libertà, ma siamo i primi ad
essere in trappola. Non voglio più suonare.
Quei pensieri gli
passavano spesso per la testa in quel periodo, e Tom non si chiedeva
neanche più il perché. Odiava andare in studio,
odiava dire a tutti cosa dovevano fare. Ma la cosa peggiore era odiare
il momento in cui imbracciava la sua chitarra. Era arrivato al punto in
cui nessuno dovrebbe arrivare.
”Tom”
lo chiamò Bill trascinandosi il nome del fratello in
bocca “Io vado a dormire, domani mattina dobbiamo
essere in studio alle otto”
Incrociò le
braccia fissandolo, notando che non gli stava dando la minima
importanza così storse la bocca e si girò di
spalle ritornando a salire le scale per andarsene a dormire. Quando era
quasi arrivato alla fine, sentì il volume del televisore
scomparire e la voce del gemello che lo chiamava.
Contrariato per
l'attività fisica in più non richiesta, si
girò e scese due scalini, guardandolo dalla cima.
“Hai detto
qualcosa?” urlò.
“Sì,
ho detto che io domani in studio non ci vengo” rispose secco,
rialzando il volume del televisore.
Bill sgranò
gli occhi e scese tutte le scale più velocemente che riuscì
andandogli vicino isterico “Che vuol dire che domani in
studio non vieni?”
Il fratello non
rispose, e non lo degnò di uno sguardo, continuò
a fissare il televisore di fronte a lui, senza muovere un muscolo.
“TOM!”
A quel punto
girò piano il viso fissandolo con astio “Fatti un
controllo all'udito se non ci senti”
“TOM!”
urlò il cantante mettendosi di fronte alla televisione, per
impedirgli di distrarsi.
“BILL!”
“Che cosa
vuol dire che non vieni?”
“Vuol dire
che non vengo!”
“Perché?”
“Perché
mi sono rotto il cazzo” berciò infastidito
alzandosi dal divano e andando verso la cucina “Basta con CD,
basta con i tour, basta con tutto, mi sono rotto il cazzo”
“Tom cosa
stai dicendo? Tra tre mesi esce il CD, non puoi romperti il cazzo
proprio ora!” urlò Bill imbestialito seguendolo
puntandogli un irritante dito addosso.
“Perché
tu cosa vorresti dirmi?” domandò con lo stesso
tono “Che sei felice? Non lo credo proprio!”
“Ma
è un nostro dovere farlo, dobbiamo farlo!”
“Appunto,
è diventato un dovere, non un piacere...”
“Che
c'entra? È comunque quello che facciamo per
vivere!”
“Beh, io mi
sono rotto il cazzo, va bene?” gridò il gemello
andando verso il frigo e aprendolo alla ricerca di una birra.
“No, non va
bene proprio per niente, tu ora rifletti... e...e...e domani vieni in
studio” balbettò incerto anche lui su quello che
doveva fare.
“Ho
già riflettuto” ribatté asciutto
aprendo la bottiglia di vetro e fissandolo con aria di sufficienza
“Non vengo”
“TOM!”
gridò il gemello avvicinandosi “Mi sta venendo un
esaurimento porca troia, non mi abbandonare anche tu in questo
momento!”
“E fattelo
venire l'esaurimento, dai” lo incitò
“Sono curioso! Tanto poi ti devo venire a riprendere io per i
capelli, quindi...accomodati”
Bill emise un
gridolino isterico serrando i pugni e sbattendo i piedi per terra
mentre Tom si girava di spalle e tornava verso il suo film in TV.
Il cantante non
riuscì a raffreddare il cervello in quei brevi secondi,
perché poi si ritrovò a correre in direzione del
fratello urlando come un indiano e a lanciarcisi addosso a peso morto,
buttandolo per terra. La birra cadde rovinosamente sul divano, mentre
Bill lo scuoteva con quanta forza aveva in corpo.
“Sei uno
stronzo!” gli gridò impedendogli di girarsi
“Non possiamo prendere e andarcene, abbiamo delle
responsabilità”
“Mi stai
strozzando, coglione!” Tom tentò di divincolarsi
con scarsi risultati, mentre il gemello continuava il suo tentativo di
fratricidio.
“Tu domani
vieni in studio!”
“Ho detto di
NO!”
“Invece
SÌ!”
“NO!”
“SÌ”
“BILL!”
“TOM!”
In quel preciso
istante i gemelli si immobilizzarono. Cominciarono a sentire il
pavimento che tremava, da impercettibili movimenti, sempre
più forti.
“Oddio”
sussurrò Tom con le mani del fratello intorno al collo.
“Cazzo”
piagnucolò Bill alzandosi “Il terremoto!”
“Stai zitto,
fammi pensare!” rispose il fratello con lo stesso tono di
voce “Andiamo sotto al bancone della cucina”
Bill non era troppo
sicuro che quello fosse un nascondiglio perfetto, però la
scossa si stava intensificando, ed i lampadari stavano oscillando in
modo davvero pericoloso; in realtà tutto il soggiorno si
stava pian piano muovendo letteralmente a destra e sinistra, come se
lui fosse ubriaco e non vedesse bene i confini delle pareti.
“Corri!”
gli urlò Tom prendendolo per un braccio e trascinandolo in
cucina, fino a raggiungere il bancone dell'isola, dove al di sotto
erano sistemate le padelle. Le prese e le scaraventò tutte
fuori, trascinandosi dietro il fratello, che osservava la scena di
devastazione di casa con la bocca spalancata.
“Vieni qui,
deficiente!”
“Tomi ho
paura!” gli rispose abbracciandosi le gambe.
“Anche
io” gli confidò in risposta, fissando la credenza
di fronte a lui e sentendo il rumore dei piatti che cadevano, e dei
bicchieri. Mille rumori di vetri che si infrangevano e poi le posate
d'acciaio che cadevano, la pentola con la pasta di quella sera che per
poco non gli prese il piede ed altri rumori non identificabili.
“Ma quando
finisce?” piagnucolò Bill poggiando la testa
contro le ginocchia impaurito.
“Non lo
so” rispose Tom in un soffio reggendosi la testa con le mani
mentre percepiva il pavimento tremare sotto di lui.
“Moriremo,
me lo sento!”
“Stai zitto
non morirà nessuno”
“Moriremo!”
“BILL CUCITI
QUELLA BOCCA” gli urlò il chitarrista nervosamente.
Il moro
alzò il viso per poter confidare al fratello che gli voleva
bene, quando inaspettatamente gli occhi furono catturati dal riflesso
del vetro del forno. Una luce proveniva dal soggiorno, e si
intensificava ogni secondo di più che la fissava.
“Tomi!”
bisbigliò prendendo il braccio del fratello e scuotendolo
“C'è una luce...”
“Che
luce?” berciò lui tirandosi via il braccio dalle
grinfie di Bill.
“Guarda, sta
diventando sempre più forte!” rispose spaventato
ancorandosi al braccio che Tom gli aveva sottratto.
“Oh,
cazzo”
“Che
cos'è?”
“Non lo
so!”
“Oddio
oddio, moriremo tutti”
Bill chiuse gli occhi
e si poggiò alla spalla di Tom, mentre lui con la stessa
espressione si posò contro le piastrelle e giurò
che il giorno dopo sarebbe andando in studio dalle sette di mattina se
fosse sopravvissuto a quell'evento.
La terra
cessò di tremare, come la luce si affievolì, ma i
due non se ne accorsero, troppo impegnati a sperare di non morire.
Il cantante stava
ancora pregando qualcuno di non identificato, giurando che avrebbe
fatto il buono con tutti, che sentì distintamente un rumore
cadenzato e secco, di quelli anche un po' inquietanti, che rimbombava
nel salotto.
“Che cazzo
è questo rumore?” chiese Tom guardingo con la voce
bassa.
“Delle
Louboutin tacco tredici” sentenziò Bill sicuro
“Ce le ha anche Natalie”
“Delle
che?” chiese Tom disperato “Cosa cazzo stai
dicendo?”
Bill non fece in tempo
a rispondere che il rumore dei tacchi si avvicinò sempre di
più, sempre più forte, sempre più
deciso, fino a quando non vide un paio di gambe femminili sbucare
proprio dal suo lato e fermarsi di fronte al loro nascondiglio.
“Porca
puttana” mormorò Tom “Che cazzo sta
succedendo?!”
“Visto, te
l'avevo detto che erano delle Louboutin”
Tom non rispose, si
limitò a deglutire, mentre una mano ben curata con le unghie
laccate di rosso si appoggiava al bordo dell'isola ed un viso familiare
compariva sotto al bancone, fissando i gemelli con un sorriso sensuale.
“Venite
fuori” disse con voce suadente, spostandosi subito dopo,
mentre Bill poggiava le mani sul pavimento pieno di polvere e
sgusciava fuori, seguito da Tom che appena riconobbe la persona che
aveva davanti si paralizzò e sgranò gli occhi,
mentre Bill emise un gridolino entusiastico.
“Oh mio
dio” disse portandosi una mano sul petto “OH MIO
DIO”
“Bill, non
fare quella faccia” rispose la donna scocciata “Non
sono lei”
Il ragazzo
tornò serio di colpo fissandola per un istante; era
impossibile, le somigliava in modo impressionante, anzi erano due gocce
d'acqua, era impossibile che non fosse lei. Ma soprattutto, come faceva
a sapere come si chiamava lui.
“Guarda casa
Bill...” mormorò Tom mettendosi le mani in testa
“Che casino!” si trascinò fino in
soggiorno notando il plasma accasciato sul pavimento e tutta la sua
collezione di DVD sparpagliata in varie zone del salotto.
“Il mio
plasma... il mio plasma” piagnucolò
disperato riverso sul cadavere della TV.
“Scusatemi
per il disordine che vi ho creato” disse la donna andando in
soggiorno e sedendosi sul divano, che al di là della birra
che ci era caduta prima del terremoto, era rimasto stranamente pulito e
candido.
“Mi scusi
signora Madonna” disse Bill avvicinandosi scioccato
“Ma perché è seduta sul mio
divano? E perché sta dicendo che è
stata lei a creare tutto questo?”
La donna
sbuffò portandosi un ciuffo di capelli biondi dietro
l'orecchio, mentre Tom in ginocchio sul tappeto si era girato a
fissarla; era vero, era identica a Madonna, la cantante.
“Potete
chiamarmi Madonna se volete, ma non sono lei”
rispose infastidita “Basta che vi sia chiara questa
cosa”
“E chi
diavolo sei allora?” chiese quindi Tom con la bocca spalancata.
“Sono un
angelo”
“Un a a a
angelo?” balbettò Bill andandole vicino e
sedendosi sul divano a fianco a lei “E gli angeli irrompono
nella casa della gente creando terremoti di magnitudo otto? Per quale
oscura ragione?” continuò nervoso.
“A volte
sì!” sentenziò sicura “Dipende
dagli angeli, io sono molto potente, se è questo che vi
state chiedendo”
“No
veramente io mi sto chiedendo perché il mio plasma
quarantadue pollici full HD è deceduto sul parquet e
perché c'è Madonna che dice di essere un angelo
seduta sul mio divano!” berciò Tom.
La donna
sbuffò insofferente alzando le spalle “E va bene...
fammi una qualsiasi domanda Bill, una qualsiasi domanda che vi
riguardi” rispose mettendosi in attesa e fissando Tom con
aria di sfida, mentre lui assisteva basito alla scena.
“Non
saprei” mormorò il cantante indeciso
“Una domanda che ci riguarda?"
"Sì...
sulla vostra vita"
"Allora... il primo
bacio?" tentò.
“Tredici
anni, con Lauren, prima tu Tom e poi tuo fratello” rispose
sicura.
“OH MIO
DIO!” gridò Bill scioccato.
“Non vale,
l'avremmo detto in qualche intervista e lei l'ha letta, fanne
un'altra!” si giustificò il chitarrista sempre
più basito.
“Beh... dopo
il primo bacio...” bisbigliò il cantante nervoso
“La prima volta?”
“Bill
tredici anni con Christiane, terzo banco fila di destra, ti guardava
tutto il giorno e tu ti chiedevi se si era accorta della tua esistenza.
È successo a casa di lei. Durata della prestazione: un
minuto e tredici secondi, tuttavia lei è rimasta soddisfatta
”
Il moro la
fissò con la bocca sempre più spalancata, era
tutto vero, certo non si era cronometrato per quanto riguardava i tempi
della prestazione, però era tutto assolutamente vero.
“Tom
quattordici anni con Melanie, incontrata al parco per caso
e...”
“Ok,
ok” la interruppe Tom “Ok, ho capito, è
vero, sei un angelo...”
“Voglio
saperli anche io i suoi minuti di prestazione!”
“Non mi
sembra il ca...” cercò di dire il ragazzo, ma
Madonna lo sovrastò.
“Undici
secondi... ma si è ripreso tutte le volte dopo, aveva
bisogno di un po' di pratica” annuì spostandosi di
nuovo i capelli biondi da un lato all'altro.
“OH MIO
DIO” urlò di nuovo il cantante scioccato
“ABBIAMO UN ANGELO TOMI... UN ANGELO!”
“Bill”
rispose Madonna toccandosi elegantemente un orecchio
e accavallando le gambe “Tu devi imparare a
rilassarti”, gli prese una mano e girò il polso
verso di lei, non dandogli neanche il tempo di reagire e toccandolo in
tre precisi punti.
Il cantante non ci
stava capendo granché, ma appena la donna ebbe finito di
toccarlo, sentì una meravigliosa sensazione di piacere
espandersi dal polso e arrivare fino al cervello. Come se gli
avesse appena iniettato della marjuana in vena si afflosciò
sul divano con lo sguardo perso nel vuoto.
“Parlerò
con te Tom, reagisci meglio agli shock” sorrise
suadente guardando Tom che aveva assistito a tutti quegli
eventi con una nuova espressione in volto, tra lo stupito,
l'affascinato, lo spaventato e l'indeciso. Insomma, sensazioni
contrastanti si facevano spazio nel suo essere.
“Cosa
diavolo sei tu?” chiese spaventato gattonando fino al gemello
e prendendogli un braccio, che lasciò cadere pesantemente
appena vide che Bill non rispondeva; fissava infatti il
soffitto con lo sguardo beato e gli occhi semichiusi “E cosa
hai fatto a mio fratello?”
“Sta
benissimo” disse sicura la donna “Si
riprenderà tra poco, comunque sono qui per spiegarvi cosa
succederà ora, e non abbiamo molto tempo”
“Che
succederà?”
“Voi mi
siete stati affidati quando avete compiuto sei anni, vi ho dato
un'identità, una personalità distinta, vi ho
seguito, vi ho cresciuto, vi ho dato le fortune che avete adesso,
vi ho tutelato e tutte le altre cose che fanno gli angeli di solito,
che ora non sto qui a spiegarti”
“Eh?”
domando Tom sconcertato non riuscendo a seguire il discorso.
“Io vi ho
reso quello che siete oggi” continuò Madonna
imperterrita “E voi non siete felici di essere quello che
siete”
“Io
sì, lo sono” mormorò Bill girando la
testa prima a destra e poi a sinistra, mettendo le mani in faccia al
fratello, che cercava di seguire il discorso.
“Ma signora
Madonna, noi siamo felici, anzi già che ci siamo, grazie
mille per il tuo aiuto” annuì bloccando i polsi di
Bill.
“Tom, io
conosco i tuoi più reconditi desideri, le tue paure
più sfrenate e le tue voglie nascoste, quindi, evita di
dirmi bugie” rispose sempre più suadente
avvicinandosi a lui ad ogni parola che diceva, mentre il ragazzo
fissava le sue labbra rosse ed invitanti.
“E questo
cosa vorrebbe dire?” chiese spaventato.
“Facile”
rispose lei mettendosi in piedi ed aggiustandosi il tailleur nero sui
fianchi “Vuol dire che andrete nell'altro mondo”
“Tomi, vedo
le giraffe!”
“Bill stai
zitto! Che vuol dire l'altro mondo?” domando il chitarrista
confuso, abbandonando il gemello sul divano e facendosi largo nelle
macerie per raggiungere Madonna.
“Vuol dire
che vi manderò nell'altro mondo, quello dove voi due non
siete nessuno. Vivrete la vita che l'altro Tom e l'altro Bill hanno
vissuto per voi per tutto questo tempo, quelli veri li
manderò in vacanza da qualche parte...”
“NO!”
gridò d'istinto, ma uno sguardo glaciale dell'angelo lo
bloccò “Cioè no, non c'è
n'è bisogno, abbiamo capito la lezione”
“Tom, sono
sicura che qualche tempo nell'altro mondo vi aiuterà a
capire molte cose, a rivalutare certi comportamenti ed a ricordarvi chi
siete, e da dove venite” continuò sicura andando
verso la finestra della cucina.
“Ho fatto un
buon lavoro con voi, ma alcune volte credo di aver esagerato su alcuni
punti” incrociò le braccia e si girò a
guardarlo scuotendo impercettibilmente la testa “Le fans
potevo farle un po' meno isteriche, lo ammetto, tuttavia... vi
manderò nell'altro mondo, e ci resterete fino a quando non
deciderò che sarà ora di tornare”
“No Madonna
non mi faccia questo, la prego” rispose Tom giungendo le mani
e mettendosi in ginocchio “Noi qui abbiamo una vita, abbiamo
la musica, abbiamo le macchine, abbiamo tutto”
“Appunto!”
si animò lei facendo ticchettare le sue costose scarpe verso
l'altro lato del salotto ridotto in macerie “E non vi
preoccupate per questo lato della casa, lo
sistemerò”
“Non me ne
frega niente della casa, io voglio rimanere qui! Tu non puoi spuntare
dal nulla dire che esiste un altro mondo, e costringerci ad andare
là!” rispose nervosamente cercando di ragionare e
trovare un senso a quello che stava succedendo.
“In effetti
Tom, posso, anzi, lo sto facendo” tirò fuori un
rossetto rosso dal nulla, se lo mise sulle labbra che poi
strofinò tra loro e lo guardò dall'alto in basso
“Non puoi fare niente per fermarmi”
“Ti
prego!” piagnucolò ancora.
“Mi dispiace
Tomi, buona nuova vita, e salutami Bill...ciao!” disse
tranquilla salutandolo con la mano “E ricordati che i Tokio
Hotel nell'altro mondo non esistono, o perlomeno, voi due non siete
membri dei Tokio Hotel”
Tom si
sentì la gola bruciare, perché come tento di
gridare non emise alcun suono, e poi tornò nuovamente la
luce che avevano visto durante il terremoto e poi niente. Scese il
nero, il nulla e perse coscienza.
____
Aveva fatto davvero un
sogno stranissimo, non si ricordava esattamente tutti i vari passaggi
ma c'entravano un terremoto, una luce e Madonna; eppure era sicuro di
non aver bevuto la sera prima. Si rigirò nel letto andando a
sbattere contro il muro freddo e rimase per un attimo interdetto. In
camera sua non c'era il muro vicino a letto.
Tom si dette la spinta
con le mani per raggiungere il comodino, dall'altra parte del letto a
due piazze su cui di solito usava dormire, e per colpa dello slancio
troppo entusiasta, si ritrovò catapultato sul pavimento a
fissare una Nike rossa e blu che stanziava di fronte ai suoi occhi
spalancati di colpo. Era strano, non si ricordava di avere una scarpa
di quel colore. Con un lamento sofferente mise le mani sul parquet di
legno e si alzò piano, cercando di mettere a fuoco il luogo
in cui si trovava.
“Merda”
bisbigliò mettendosi le mani in testa e girandosi a
guardarsi intorno “MERDA” gridò preso
dal panico, nel momento in cui si accorse che quella non era la sua
camera e quella non era neanche casa sua!
“Oh mio dio,
era tutto vero, Madonna è davvero venuta a casa nostra e ci
ha mandato nell'altro mondo” disse tutto d'un fiato con una
mano sul petto, dati i battiti accelerati del suo cuore
“Calmati Tom, calmati, c'è una spiegazione logica
a tutto quanto” disse tra sé e sé,
andando verso quella che doveva essere la finestra e spalancando le
tende.
“Cazzo!”
disse di nuovo, sempre di più nel panico, aprendola e
respirando l'aria del mattino “Ok, è ancora
estate, ovunque siamo, è estate, ora calmati”
La finestra dava
all'interno di un cortile di un palazzo che non aveva mai visto in vita
sua, c'era solo un giardino, delle sedie di plastica, ed una stradina
di mattonelle bianche da giardino nel prato, per raggiungere un'altra
entrata. Non riusciva a capire come tutto quello potesse essere reale.
Si affacciò
sporgendosi per quanto poteva, rischiando di cadere di sotto tra
l'altro, quando all'improvviso sentì una
voce di una donna che lo chiamava.
“Tom per
l'amor del cielo che stai facendo?” si girò di
colpo pensando che venisse da dietro di lui, ma la stanza era vuota, ed
era anche un casino per quanto disordinata. Si sporse di nuovo dalla
finestra, e vide una signora che lo guardava dal basso, con delle buste
della spesa in mano.
“Sta
parlando con me?” chiese insicuro.
“Tom non ti sarai drogato ieri sera vero?”
“Come
scusi?” chiese spalancando la bocca mentre la signora posava
le buste della spesa per terra e poggiava le mani sui fianchi.
“Che cosa
stai facendo?” chiese accigliata in attesa di una risposta.
“Io... io...
ma... dove siamo?” disse d'istinto, mentre la donna era
sempre più confusa dal comportamento del suo giovane vicino.
“Sei sempre
il solito” rispose scuotendo la testa “Ti diverti a
prenderti gioco di una povera signora anziana”
“No
aspetti” implorò dalla finestra sporgendosi di
nuovo e rischiando di cadere ancora “Mi dica dove siamo, la
prego!”
“A Berlino,
dove vuoi che siamo? Mamma mia questi giovani d'oggi, le droghe
bruceranno il cervello di tutti!” sospirò
scuotendo la testa, riprendendo le buste della spesa e scomparendo
dalla visuale di Tom, che aveva preso a fissare il pezzettino di cielo
che riusciva a vedere dalla finestra.
“Berlino?
Cosa ci facciamo a Berlino?” piagnucolò tornando
definitivamente dentro la stanza e guardandosi intorno circospetto, non
sapendo se stava sognando o se era tutto vero.
Prese un enorme
sospiro e si girò a guardare alla sua sinistra dove un muro
pieno di foto ricopriva l'intera parete.
“Oh
cazzo” bisbigliò incredulo, quando si rese conto
di essere lui il soggetto di quasi tutte le foto “Oh cazzo
cazzissimo” disse di nuovo avvicinandosi.
Nella parete ci
dovevano essere un centinaio di foto, tra cui una serie disposta a
forma di cuore che lo ritraevano con una ragazza; non ci fece caso
più di tanto, era molto più incuriosito da tutte
le altre.
Un ragazzo compariva
in quasi tutte le immagini; in una si abbracciava vicino ad un cartello
che annunciava il confine Danimarca – Germania, in un'altra
il confine Spagna – Francia e poi Spagna –
Portogallo.
Doveva aver viaggiato
parecchio con quel ragazzo, chiunque lui fosse. Poi una serie di foto
in spiaggia, in acqua, dove c'era anche Bill, che non era
così magro come se lo ricordava, e soprattutto aveva l'aria
da maschio, cosa che per un attimo lo sorprese. Non era truccato e non
aveva lo smalto, anche in tutte le altre foto che comparivano su quel
muro, in cui c'era il fratello. E poi lui, lui aveva ancora i dreads,
più corti e meno biondi, ma in tutte le foto ce li aveva
annodati sulla testa. Con il viso sempre più perplesso
spostò lo sguardo verso le foto che formavano il cuore e si
stupì di nuovo; quella forse doveva essere la sua ragazza,
perché si stavano baciando in quasi tutte le immagini.
“Porca
puttana” biascicò ancora non trovando ulteriori
frasi da dire, se non parolacce. Si mise le mani in testa di nuovo
girando intorno nella stanza, ritrovandosi a fissarsi nello specchio di
cui non si era accorto la presenza. Probabilmente quella mattina gli
sarebbe venuto un infarto completo perché quello non poteva
essere lui.
Si fissò in
mutande per tutta l'altezza dello specchio e rimase interdetto; com'era
possibile che ci fossero stati per tutti quegli anni, un altro Tom ed
un altro Bill che avevano vissuto una vita completamente diversa dalla
loro. Senza musica, senza concerti, CD, promozioni e interviste e
quant'altro, ed erano riusciti anche a campare piuttosto bene.
I suoi pensieri furono
interrotti da un suono che lo fece sussultare, nello stesso medesimo
istante in cui si domandò dove fosse suo fratello. Si
guardò intorno alla ricerca della provenienza del suono, per
poi identificare il suono in una suoneria e quindi in un cellulare che
vibrava sul comodino. Lo prese titubante e vide scritto Chris sullo
schermo, chi era adesso Chris? Prese coraggio e rispose, l'avrebbe
scoperto comunque.
“Pro...nto?”
“Tom cazzo,
non ti sei svegliato” lo investì una voce
maschile, anche abbastanza allegra “sbrigati ci aspetta il
professore per la tesi”
“Co...come?”
balbettò incerto.
“Oggi
dobbiamo far vedere a che punto siamo con la tesi”
scandì bene le parole l'amico “dai
sbrigati!”
Tom andò
nel panico più totale, non poteva farcela, non poteva, era
impossibile; quella situazione era assurda.
“TOM!”
gridò l'amico “Capisco che ti sei appena lasciato
e che stai male, capisco che ieri sera hai bevuto come una merda
però ora alza il culo dal letto, prendi il tuo portatile, la
bicicletta, vieni qui all'università, che spero ti ricordi
dove sia, e andiamo a far vedere la tesi al professore, chiaro? Ti
aspetto in biblioteca, muoviti!”
Il ragazzo
boccheggiò deglutendo a fatica “Ok...”
riuscì solo a dire chiudendo la chiamata e alzandosi dal
letto in preda all'ansia. Lui andava all'università, si
stava laureando, ma la cosa più assurda di tutte era che
lui, Tom Kaulitz, aveva una bicicletta.
“Bill!”
disse ad alta voce uscendo da quella che era la sua stanza e trovandosi
quattro porte di fronte. Una era della cucina, era aperta, l'altra del
bagno, una più grande forse l'ingresso, e poi c'era n'era
una chiusa. Non ci pensò più di tanto e la
spalancò gridando il nome del gemello, che era
già in piedi, e si guardava intorno spaesato.
“Tomi”
bisbigliò esterrefatto “Dimmi che sei
tu...”
Il fratello scosse la
testa e gli si avventò contro“Siamo noi, grazie al
cielo!”
“Non ce la
siamo sognata Madonna?” chiese Bill stringendolo e poi
lasciandolo iniziando a mordersi le unghie nervosamente.
“NO non ce
la siamo sognata, ci ha mandato nell'universo parallelo, dove io e te
non siamo io e te... “
“Cazzo...”
disse mettendosi una mano sulla fronte “Chi è
quest'altro Bill? Perché ha tutti questi manichini in
camera?!”
“Io ho
appena scoperto che questo Tom si sta laureando!”
berciò il fratello in preda all'ansia “Ti rendi
conto?! Io mi sto laureando e non so neanche in cosa! In più
ho una bicicletta!”
“Hai una
bicicletta?” rispose il cantante scioccato “Siamo
proprio in un universo parallelo” constatò
perplesso.
“E poi...
guarda qui” lo prese per un braccio e lo trascinò
in quella che era la sua camera, fino al muro di fotografie
“Guarda qui, tu sei un uomo!”
“Ma io sono
un uomo anche nell'altro mondo!”
“Sì
ma in questo sei un maschio, guarda!”
Tom spinse il viso di
Bill contro il muro mostrandogli le foto che aveva visto lui pochi
minuti prima “Guarda, non sei mai truccato!”
“Oddio,
è vero” disse serrando le labbra e cominciando a
respirare più forte “Mi manca l'aria, oddio mi
manca l'aria, apri la finestra”
“Cerchiamo
di calmarci” tentò di dire il fratello, ma neanche
lui ne era troppo convinto “Io devo andare
all'università e cercare di capire cosa faccio in questa
vita” disse Tom andando verso l'armadio e aprendolo, sperando
che quel Tom non avesse indumenti troppo stretti “Tu invece
vai in camera dell'altro Bill e cerca di capire cosa fa nella
vita”
“Tom quel
pazzo ha dei manichini in camera con dei modelli disegnati attaccati
alle pareti, secondo te cosa vuoi che sia?”
“Un
omicida?”
“No, Tom,
sarà una specie di stilista, o che so io!”
“Beh,
meglio, almeno è una cosa che capisci, più o
meno” rispose pensieroso prendendo una maglietta nera e
mettendosela addosso. Non era particolarmente larga, ma poteva andare.
“Oddio, cosa
sarà? Uno stilista famoso che sta lanciando la collezione
autunno inverno, del... in che anno siamo?”
“Non ne ho
idea, ho solo scoperto che siamo a Berlino e poi se fosse famoso non
vivrebbe in una casa così piccola” rispose
distratto prendendo un paio di bermuda verdi militari e infilandosele,
anche quelle, nonostante arrivassero al ginocchio, erano abbastanza
larghe. Per fortuna che il look dell'altro Tom non differiva
particolarmente dal suo.
“SIAMO A
BERLINO?” gridò Bill eccitato “Vuol dire
che potremo camminare per strada senza problemi...” chiese
felice.
“O pedalare
per strada senza problemi” rispose ironico il gemello
prendendo il portatile che vide sul tavolo infilandolo in una borsa
buttata là accanto.
“Tomi questa
potrebbe essere la nostra occasione per essere persone
normali” mormorò speranzoso guardando il gemello
che si sistemava la borsa a tracolla alla ricerca di un paio di scarpe
appaiate, dato che ne vedeva diverse, ma ne mancava sempre una.
“Sì
Bill, potrebbe essere la nostra occasione, ma io non posso credere che
mi sto laureando ed ho una bicicletta, quindi cerchiamo di comportarci
bene, così Madonna ci farà tornare a casa il
prima possibile!”
Si infilò
una Etnies nera in un piede e poi vide la seconda dietro la porta, la
raggiunse e ci infilò il piede, girandosi a guardare il
gemello.
“Come
sto?” chiese curioso.
Bill si mise una mano
sotto al mento, pensieroso, poggiandosi contro l'armadio “Sei
vestito uguale a quando avevi dodici anni, solo che adesso nei hai
ventitré”
“Cos'è
un complimento?”
“No, Tom,
non capisci?! Loro sono quello che saremmo diventati noi se non fossimo
diventati Bill e Tom dei Tokio Hotel”
“No
veramente non capisco...” disse scuotendo la testa
“E sono anche in ritardo, tu per caso sai dov'è
l'università?” Tom andò verso la porta
d'ingresso e trovò delle chiavi appese contro il muro.
“Mi pare ce
ne fosse una...” disse vago “Ci passavamo con il
tour bus credo...”
Vicino al mazzo di
chiavi trovo un foglio ripiegato con una lista, che probabilmente era
della spesa, perché c'era un elenco di cose scritte con una
scrittura che pareva la sua; in cima al foglio bianco con dei caratteri
blu era riportato un logo con sotto una dicitura: Università
di Berlino, facoltà di Archeologia.
“Oddio
santo...” disse sussurrando mentre Bill si avvicinava
“Faccio archeologia”
“Bello”
si animò il fratello dandogli una pacca sulla spalla
“Buona fortuna eh... io vado a vedere cosa ha da mettersi lo
stilista”
Tom rimase a fissare
il foglietto, incredulo, per fortuna che sotto c'era anche un
indirizzo, ma quella storia Madonna gliela avrebbe dovuta spiegare
prima o poi.
Aveva una bicicletta,
era nera, e riusciva anche a pedalarla. Non seppe neanche come, ma
chiedendo indicazioni ai passanti, riuscì ad arrivare in
quella che doveva essere l'università, ci mise mezz'ora o
forse di più e sotto al sole aveva anche sudato arrancando
tra una strada e l'altra.
Non poteva credere che
stava succedendo a lui; era stato in giro per strada e nessuno gli
aveva detto niente, nessuno aveva urlato, nessuno aveva tentato di
fermarlo buttandosi sotto alle ruote della bici, in fondo quella cosa
non gli stava dispiacendo più di tanto, nonostante
l'assurdità.
Piuttosto nella sua
mente si domandava se Madonna fosse apparsa se l'avesse invocata...
doveva assolutamente parlarci! Avrebbe potuto almeno lasciargli un
foglietto con le istruzioni base sulla vita di quel Tom, dannazione!
Scese dalla bici e la
incatenò davanti a quella che doveva essere
l'università, sempre secondo i suoi calcoli e le indicazioni
dei passanti, tra l'altro notava diversi ragazzi entrare dai cancelli
neri, e le bancarelle di libri che c'erano fuori forse erano un indizio.
Reggendo la borsa a
tracolla con il computer si fece forza e varcò l'ingresso,
indeciso su dove doveva andare; per prima cosa doveva trovare la
biblioteca, e poi riuscire a capire chi fosse Chris.
Probabilmente era il
ragazzo con le foto ai confini dei paesi che aveva visto sulla parete
della camera, sperava solo che non fosse troppo diverso.
"Ciao" gli disse una
ragazza parandosi di fronte a lui. La scansò e fece altri
due passi, sussurrando un "Ciao" di risposta molto poco udibile. Non
sapeva chi fosse, ed anche se il Tom della vita parallela la conosceva,
non aveva voglia di essere carino e cordiale in quel momento.
"Dobbiamo parlare e
cosa diavolo hai fatto hai capelli?" continuò la ragazza
scioccata, facendolo girare di scatto, con il sopracciglio inarcato.
"Perché? Ci
conosciamo?"
"Ora va bene che ci
siamo lasciati e ti ho detto di fare finta di non conoscermi, ma non
esagerare come tuo solito... che hai fatto ai capelli?" disse lei
mordendosi un labbro ed incrociando le braccia innervosita. Era carina,
aveva i capelli neri e lunghi, e gli occhi color nocciola, due libri
sul petto che abbracciava stretti, ed un'espressione triste sul viso,
un po' contrariata, forse perché aveva dovuto rivolgergli la
parola. E quindi da quello che capiva, quella era la sua ex ragazza,
anzi, ora che ci rifletteva, era esattamente quella che aveva visto
nelle foto.
"Ci siamo lasciati? E
poi i capelli così mi piacciono...." continuò
perplesso.
"Va bene! Ti ho
lasciato io, sei contento?"
Tom corrugò
la fronte, cercando un ricordo, o qualcos'altro, ma era impossibile
trovarlo. Lei lo fissava capricciosa, scrutandolo sempre più
a fondo. Forse lo sapeva che guardarlo così lo metteva a
disagio.
"Ehm... ok" taglio
corto lui "Quindi? Di cosa devi parlarmi?
La ragazza
alzò le spalle ed abbassò lo sguardo "Di questo,
sono due giorni che non mi saluti, e volevo dirtelo che mi fa
incazzare, come se non lo sapessi poi..." sbuffò un po'
d'aria dalla bocca, poi ripuntò gli occhi su di lui.
"Va bene... ora lo so"
Tom si girò sistemandosi la borsa del computer a tracolla
sorridendo debolmente. Ci voleva proprio tanta forza di
volontà per non impazzire e per non sembrare un pazzo agli
occhi degli altri.
"Tom!"
"Sì?"
sbuffò rigirandosi.
"Perché sei
ancora arrabbiato con me? Ok, ti ho lasciato, ma ti ho spiegato i
motivi, non è stata una decisione facile dopo due anni ma
avevamo detto che restavamo amici..."
"Siamo stati insieme
due anni?" chiese incredulo.
Non poteva crederci,
lui e una pazza sclerotica insieme per due anni. Era impossibile.
"Certo che diventi
sempre più stronzo!"
Tom sospirò
alzando gli occhi al cielo... quando avrebbe rivisto Madonna doveva
dirgli che voleva tornare indietro, nel suo mondo, subito!
"Ehi Alex, ci vediamo
stasera allora?"
"Sì certo"
rispose la ragazza verso un passante, ricevendo in risposta un
occhiolino per poi tornare a guardare il ragazzo.
"Hai finito di
parlarmi?" chiese Tom indeciso, avendo però memorizzato il
nome della sua ex.
“Sì
Tom, ho finito” rispose lei nervosa sciogliendo le braccia e
girando i tacchi.
Ed almeno una cosa
l'aveva capita. Si era lasciato con la pazza sclerotica che aveva
appena visto, si chiamava Alex, fino a sera non ci sarebbe mai
arrivato, non sapeva perché si erano lasciati e doveva
trovare assolutamente la biblioteca. E Chris.
Fermò la
prima persona che vide, chiedendo ulteriori informazioni, e fu
indirizzato al primo piano; per fortuna che c'erano anche delle
indicazioni scritte con delle frecce giganti, per raggiungere il luogo
desiderato.
Appena arrivato di
fronte alla biblioteca sospirò, sperava che quel Chris fosse
intelligente e gli facesse dei segni con la mano.
Aprì la
porta e fu invaso dalla potenza dell'aria condizionata che lo fece
rabbrividire un attimo mentre iniziava subito nervoso a guardarsi
intorno.
Nessuna traccia di
quel Chris, anche se quel posto sembrava particolarmente grande.
Avanzò nella sala guardando tutti i presenti con aria
indagatrice, sembrando un maniaco probabilmente, ma appena
rialzò lo sguardo vide un ragazzo che si sbracciava verso di
lui con il braccio alzato.
Tom sgranò
gli occhi e fece lo slalom tra i tavoli, giungendo finalmente
dall'amico, che lo guardava con gli occhi sgranati.
“Cosa cazzo
hai fatto ai capelli?” sussurrò scioccato
mettendogli una mano in testa.
“Eh?”
chiese Tom con il fiatone “Li ho cambiati”
“E
cos'è sta roba?” rispose prendendogli un treccina
e rigirandosela tra le dita.
“Sono
cornrows...”
“E quando li
hai fatti? Non mi avevi detto niente!”
“Ieri...”
minimizzò lui con noncuranza “Ma perché
sto male?”
“Avevi
sempre detto che non avresti mai tagliato i dreads!”
“Lo so....
ma” disse titubante, per poi mettersi teatralmente una mano
sulla fronte “questa storia di Alex mi ha
distrutto!”
“Dai
fratello, è tutto a posto, si sistemerà la cosa,
è già la terza volta che ti lascia e poi tornate
insieme...”
“La
terza?” chiese lui spalancando la bocca ed alzando la voce,
facendo girare i presenti.
“Ok, la
quarta se calcoliamo anche quella volta in Grecia, però
quella era una cosa così...”
“Io mi sono
fatto lasciare quattro volte da quella?”
“Lo so, sono
domande retoriche, ma sei solo innamorato di lei... non pensiamoci...
piuttosto, riguardiamo la tesi, il prof oggi non ci riceve, per colpa
tua” sussurrò l'amico dandogli un pugno sul
braccio.
“Per colpa
mia?” sussurrò lui “Che ho
fatto?”
“L'appuntamento
era un'ora fa e tu non c'eri, ed hai tutto sul computer!”
“Ahh,
già!” esclamo finto convinto.
“Prendilo e
vediamo un po' come aggiustare la storia degli scavi in Francia, io mi
sono perso dei pezzi che abbiamo catalogato...”
“Cosa
abbiamo catalogato?”
“Ci sono i
vasi ritrovati quando siamo stati in Francia, poi della roba presa a
Roma... e il resto ce l'hai tu!”
“Ma
esattamente su cosa la stiamo facendo la tesi?” chiese
titubante aggrottando la fronte, con la voce disperata.
“Sono
settimane che me lo chiedi, e sinceramente non l'ho ancora capito manco
io” disse Chris aprendo il suo portatile e staccando una
penna USB per attaccarla a quello di Tom.
“L'idea di
base era che io mi occupavo degli scavi fatti a Roma e tu quelli fatti
in Provenza, però se non ritroviamo le catalogazioni che
abbiamo fatto siamo nella merda...”
“Eh...”
annuì lui poco convinto “Esatto... gli scavi in
Provenza”
“Tutto quel
lavoro nel cesso, capito?”
Tom sgranò
gli occhi perplesso; non stava capendo assolutamente niente ed in
più era sicuro che se non voleva rovinare la vita di quel
Tom del tutto, avrebbe dovuto studiare... studiare di che catalogazioni
stava parlando Chris e di che cazzo c'entrava la Provenza in tutto quel
casino, ma soprattutto studiare un metodo di sopravvivenza sicuro.
La mattina in
biblioteca era stata proficua, per fortuna che Chris era un tipo che
parlava tanto e non faceva altre domande se gli facevi domande strane.
Aveva capito che quella catalogazione dei reperti ritrovati in Provenza
doveva essere da qualche parte dentro la sua stanza, perché
l'amico gli aveva detto che l'avevano persa una sera che avevano
passato a bere a casa sua, per cui aveva ancora tempo per venire a capo
di quella situazione.
Durante il pranzo
erano andati a mangiare in un locale vicino quella che doveva essere la
zona in cui abitavano sia lui che Chris, perché era la
stessa strada che aveva fatto da casa per andare
all'università.
Si erano seduti
all'ombra ordinando qualcosa da mangiare e parlando del più
e del meno. Chris era simpatico, e poi da quello che raccontava
sembrava che avessero passato diverse avventure insieme, perlomeno da
quando si erano trasferiti entrambi a Berlino per studiare archeologia.
Riuscì a capire che si erano conosciuti il primo giorno del
primo anno, e che da lì erano stati sempre insieme, ed
avevano visitato tutta l'Europa con la scusa degli scavi da fare in
giro.
Tom annuiva e rideva
ad ogni cosa che gli diceva e cercava di imparare qualcosa di nuovo su
quel Tom tramite i racconti di Chris, non era affatto facile, ma ci
stava provando. Sperava che Bill ovunque fosse si stesse comportando
bene.
Mentre stava mettendo
in bocca un nachos ricoperto di formaggio e salsa piccante
notò un giornale aperto da una persona al suo fianco che
stava leggendo.
Ci mise un attimo a
mettere a fuoco le facce, perché la cosa per un attimo gli
parve normale ma poi si accorse di chi era lui e di chi erano loro.
Iniziò a
tossire sentendo il nachos che si era incastrato di traverso nella gola
e si alzò di scatto andando verso l'uomo con il giornale
mentre Chris lo osservava con gli occhi sgranati.
“Mi scusi,
di quand'è questo giornale?” chiese tra un colpo
di tosse e l'altro.
“Di oggi,
perché?”
“Le dispiace
se gli do un'occhiata velocissima?” rispose strappandoglielo
dalle mani senza neanche aspettare una risposta.
L'uomo perplesso lo
lasciò fare, mentre Tom tornava da Chris con il suo bottino.
“Che ti
prende? Stai bene?” gli chiese l'amico con la bocca aperta.
“Sì,
cioè no... cazzo” berciò aprendo il
giornale al numero della pagina riportato in prima.
“Che
succede?”
“Ho appena
visto due che conosco” continuò nervoso girando le
pagine a due a due, fino a quando non la raggiunse e gli venne
un'incontrollabile voglia di gridare.
TOKIO
HOTEL TRA UNA SETTIMANA IN CONCERTO A BERLINO, ARENA SOLD OUT
“Porca
puttana” berciò sentendo in sottofondo la voce di
Chris.
“Che ti
prende? Da quando ti piacciono i Tokio Hotel?”
I Tokio Hotel, la
band capitanata da Georg Listing e Gustav Schäfer, insieme ai
fratelli Mike e Nick Festen approda a Berlino venerdì
prossimo per uno show che promette di lasciare i fans a bocca aperta.
La band dopo
l'ennesimo Grammy vinto pochi mesi fa ritorna finalmente in Europa per
un tour che prevede il sold out in tutte le tappe.
I biglietti del
concerto di Berlino sono andati letteralmente in fumo cinque minuti
dopo l'apertura delle vendite, e ciò dimostra che anche in
casa i quattro giocano molto bene le loro carte.
I Tokio Hotel band
formatasi nel 2004 negli anni ha scalato le classifiche prima di tutta
Europa, imponendosi poi in Giappone, Australia e nel resto dell'Asia, per poi
conquistare tutta l'America latina e gli Stati Uniti: successo
planetario per quattro ragazzi originari di Magdeburgo!
Vincitori di
numero riconoscimenti tra cui tre Grammy per il loro ultimo lavoro, la
band ha anche composto la colonna sonora dell'ultimo film del regista
Frank Firlkin aggiudicandosi una nomination all'Oscar...
“Voglio
morire in questo istante” sussurrò Tom scuotendo
la testa “Tre Grammy è una nomination all'Oscar,
Bill si ammazza...”
“Tom ma che
sta succedendo?” chiese l'amico alzando le spalle
“Da quando ti interessi di quelli? Hai sempre detto di
odiarli!”
“Infatti...”
si animò annuendo chiudendo il giornale “Tre
Grammy e una nomination all'Oscar... ma li hanno mai sentiti
suonare?”
“Ecco...
appunto, mi sembrava strano che ti interessassero...”
“Ma devo
andare a quel concerto...” continuò
interrompendolo.
“Sei sicuro
di stare bene?”
“Sicurissimo”
si alzò di scatto e portò il giornale al signore
a cui l'aveva rubato; si girò e tornò indietro.
“Dobbiamo
andarci!”
“Perché?”
Tom scosse la testa
distrutto “Ci devo andare e basta... aiutami solo a trovare i
biglietti”
____
Questo è un esperimento. Mi frullava già da
diverso tempo in testa questa storia e scrivere il primo capitolo mi ha
divertito moltissimo, nella speranza che diverta anche voi, vi lascio
il primo assaggio.
Fatemi sapere cosa ne pensate!
Baci
L
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