Riemerse dalla tana: il suo vestito era logoro e pieno di terra, non
indossava più l’armatura e soprattutto non era
più nel sottomondo. Non era più con Mirana, con
McTwisp, con lo Stregatto. Non era più con il Cappellaio.
Sapeva che sarebbe stato da vigliacchi sfuggire dai suoi problemi.
Avrebbe dovuto dire di no a quel ributtante uomo che aveva chiesto la
sua mano, deludendo così sua madre, sua sorella e tutta la
sua famiglia. Si trovava di nuovo sola, quella volta come tante altre.
Avanzò lentamente verso il gazebo dove tutti la aspettavano
impazienti.
"Alice cosa ti è successo?" domandò la madre
più in imbarazzo che preoccupata. "Sono caduta nel bosco e
sono svenuta" disse lei mentendo. Si girò verso il suo
pretendente e sussurrò: "Io non ti posso sposare" in quel
momento lui parve turbato. Ma Alice non poteva legarsi ad un uomo
qualsiasi. "Cosa dici, figlia mia?" sua madre aveva assunto
un’espressione indignata. "Dico che non posso sposarlo"
ripeté a voce più alta. "Ma perché?"
domandò Lady Ascott, la madre del pretendente.
"Perché non mi posso legare ad altre persone… Non
si vive per accontentare gli altri". A quel punto, colui che le aveva
chiesto la mano, si alzò di scatto: iroso e vendicativo. "Tu
te ne pentirai Alice Kingsley… sei così strana
che l’unico a farmi avanti sono stato io. E tu come mi
ripaghi? Dicendo cose senza senso e morali delle favole…
Quel bel visino non durerà per sempre!". "Ho altri modi per
impiegare la mia vita, e preferirei passarla da sola in una casa piena
di gatti piuttosto che accanto ad uno snob come te…"
sussultò Alice, poco prima che i suoi occhi si velassero
leggermente. Del resto sapeva che le affermazioni contro di lei erano
vere, ma sapeva anche che il suo sogno era un altro e che lo aveva
lasciato in un’altra dimensione. Ma il mondo va avanti e a
volte, molte volte nel caso della ragazza, le cose vanno affrontate da
soli. Sentiva gli occhi di tutti puntati addosso, sguardi misti tra lo
stupore e la riluttanza più assoluta di avvicinarsi alla
signorina Kingsley. Il primo impulso fu quello di scappare via in
lacrime ma si morse il labbro e continuò. "Io sono Alice
Kingsley, figlia di Charles Kingsley… Lui pensava in grande,
non era una persona che si limitava ad accontentarsi. Ora so quello che
voglio…" sì era vero, Alice lo sapeva. Ma aveva
fatto la scelta di affrontare il mondo di sopra e perciò di
lasciarsi alle spalle lui. "Tuo padre è morto Alice.
E’ morto perché era un pazzo e tu sei come lui,
per rifiutare un’offerta come queste. Tu sei completamente
andata, sei matta Alice". "Tutti i migliori lo sono…" la
voce proveniva dalla folla sotto il gazebo. Le persone si voltarono e
si scansarono per far passare…
All’inizio Alice non lo riconosceva. Un uomo quasi distinto,
forse un po’ eccentrico per la moda di quell’epoca,
avanzava in mezzo alla folla. Il viso era coperto da un grande e
baldanzoso cappello. Il pretendente di Alice non se ne accorse nemmeno,
mentre lei era assorta da quella visione. Una specie di
deja-vù, quella persona era così familiare che se
la ragazza avesse seguito l’istinto gli sarebbe saltata
addosso in un solo istante. Non riusciva a capire chi fosse, ma la voce
dello schifoso la riportò alla situazione che stava vivendo.
"Allora cosa hai scelto Alice-la-matta?" si girò di nuovo
verso quella figura che alzò il cappello. Sotto vi si celava
il volto di un bel giovane ma quello che Alice notò, prima
ancora dei lineamenti decisi, furono gli occhi di un verde elettrico.
Occhi che una sola persona poteva avere. "LUI! LUI! LUI!" si
precipitò giù dal gazebo e cadde tra le braccia
del Cappellaio. "Tu non sei potuta rimanere, sono venuto
io…" "Non è che hai perso la tua moltezza?" "No,
sono sempre io Alice" e poi successe l’impossibile.
Con un rapido gesto, il Cappellaio scostò una ciocca di
capelli dal viso della ragazza e avvicinò il volto al suo
fino a che le labbra non si sfiorarono e il piccolo contatto
scoppiò in un bacio. "Alice, ma cosa…?"
domandò sua madre avvicinandosi impertinente.
"Questa volta non sono sola…".
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