Titolo:
Cadere in
grande stile
Fandom:
Harry Potter
Personaggi:
Alastor
Moody, Minerva McGrannitt
Pairing: Alastor/Minerva
Rating: Per tutti
Tipologia: One-Shot
Genere: Generale, romantico
Avvertimenti: Character Death
Conteggio
parole: 2118
Disclaimer: Personaggi,
luoghi, nomi e tutto ciò che deriva dalla trama ufficiale da
cui ho
elaborato la seguente storia, non mi appartengono ma sono di
proprietà
di J.K. Rowling che ne detiene tutti i diritti. Questa storia non
è
stata scritta a scopo di lucro e, viceversa, gli elementi di mia
invenzione, non esistenti in Harry Potter, appartengono solo a me.
Note: La
storia è stata scritta per la Drunk
Challenge indetta da Writers Arena
- vi consiglio di cliccare, se non volete attraversare
sette anni di lunghe sfighe e imbarazzanti sofferenze. Non avevo
intenzione di pubblicare qui questa fan fiction, ma c'è
un'amica a cui volevo dedicarla fin da quando ho pensato di scriverla,
perché se mi sono convertita a questo strano - adorabile -
pairing, è
decisamente colpa sua e della sua scriteriata passione per i
personaggi very
old. (Avevo dimenticato di dirvi, come mi è stato fatto notare, che ho dovuto un po' giocherellare con le vere età dei personaggi. Puri cavilli temporali).
Questa è tutta tua, SakiJune. :)
Scuola di Stregoneria e Magia di Hogwarts, 24 giugno 1940
Era
piuttosto insolito che Minerva si distraesse durante la correzione dei
compiti dei propri studenti. In verità, era incredibilmente
insolito.
Il modo rigido e severo con il quale aveva preso di petto l'istruzione
della Trasfigurazione aveva qualcosa di vagamente ossessivo.
Maniacalmente avversa all'imperfezione in ogni sua minima sfumatura, la
giovane professoressa era solita pretendere il massimo impegno tanto da
se stessa quanto dai propri studenti. E sebbene qualcuno di loro la
ritenesse un'arpia della più empia specie, erano tutti
d'accordo
nell'affermare quanto i suoi metodi fossero eccellenti. Probabilmente,
Minerva McGranitt era la più dotata insegnante di
Trasfigurazione che
Hogwarts avesse visto da secoli – seconda, forse, al solo
Albus Silente.
Nonostante
la giornata l'avesse particolarmente spossata, Minerva si era decisa a
terminare la correzione degli ultimi saggi sulla Trasfigurazione umana
dei ragazzi del settimo anno di Corvonero. Aveva appena afferrato la
penultima pergamena, quando tre forti e improvvisi colpi rimbombarono
nella stanza.
Non
ebbe nemmeno il tempo di schiarirsi la gola che Alastor Moody aveva
già fatto irruzione nel suo ufficio.
Minerva
chiuse gli occhi e imprecò mentalmente. La presenza di
Alastor, in
genere, le causava una considerevole irritazione, ma a quella tarda ora
rischiava di prenderlo a sberle. Non aveva mai avuto modo di conoscere
molti altri Auror, ma pregava per il bene della Gran Bretagna che non
esistessero altri maghi come Alastor. Talvolta, gli aveva rivelato
quanto pregasse che non esistessero nemmeno altri uomini
come lui. Eppure, sapeva che entrambe le cose erano maldicenze senza il
minimo fondamento.
Lui
era Prefetto di Grifondoro quando Minerva era soltanto al suo primo
anno. Non era passato molto tempo prima che lei lo etichettasse come un
insolente e turbolento sbruffone dall'ego smisurato, avvezzo tanto alla
bestemmia quanto alla rissa. All'epoca, non avrebbe mai pensato che un
giorno avrebbe saputo riconoscergli virtù che non si
limitassero alla
sua chioma bionda e ai suoi addominali pronunciati. Tuttavia, per
quanto la sua opinione su Alastor fosse radicalmente mutata –
e dopo
oltre due anni poteva esserne piuttosto sicura – il modo con
cui lui
pareva trarre divertimento dal recarle fastidio non aveva ancora
cessato di innervosirla.
Fra
loro, si era ormai instaurato un silenzioso gioco fatto di maligne
frecciatine e intime confessione. E Minerva, per quanto cercasse di
apparire distante e seccata, non avrebbe mai potuto rinunciare
né alle
prime né alle seconde.
«Non
mi pare di averti dato il permesso di entrare» gli disse con
voce scocciata.
Lui
le rivolse un sogghigno divertito e alzò le spalle.
«Non
mi pare di avertelo chiesto».
Minerva
ispirò profondamente e soffocò una parolaccia con
la mano destra,
mentre lui si accomodava con fastidiosa tranquillità sulla
sedia
dinanzi alla scrivania e si lasciava scivolare mollemente contro lo
schienale. Rimase a fissarla insistentemente, con quel sorriso
affettato ad arricciargli le labbra, fin quando lei riuscì a
trattenersi oltre.
«Che
accidenti vuoi, Moody?».
«Ti
ringrazio per l'ospitalità, Minerva, ma credo che un
bicchierino di Whisky Incendiario sarà più che
sufficiente».
«Puoi
scordartelo, non--».
S'interruppe
bruscamente e lo guardò scioccata estrarre la bacchetta
magica dalla
tasca interna del mantello, agitarla pigramente per aria ed Evocare un
paio di bicchieri e una bottiglia ambrata.
«Io
non bevo» scandì duramente Minerva.
«Sono
entrambi per me: il primo serve a sciacquarmi la gola».
«Spero
che il secondo serva a sciacquarti il cervello. O a strozzarti, se non
altro».
Alastor
sghignazzò ancora di più e Minerva
assottigliò gli occhi di fronte alla
sfacciataggine con la quale lui si stava divertendo. Di nuovo.
«Volevo
solo celebrare il fatto di essere venuto da te senza alcun secondo
fine» spiegò. «È la prima
volta».
«Stupido,
arrogante e bugiardo» elencò nervosamente lei.
«Una pessima combinazione per un Auror».
«Gelida,
maligna e scorbutica. Un'ottima combinazione per
un'insegnante».
«Va'
al diavolo, Moody».
Alastor
sollevò il mento, si accomodò allo schienale,
distese le braccia e si
sfiorò cono espressione ilare il pizzetto biondo. Minerva
abbassò gli
occhi sulla camicia bianca dell'uomo e deglutì nervosamente
nel vedere
i suoi muscoli tonici sforzare i bottoni dorati. Lo maledisse
mentalmente per l'ennesima volta, fece un respiro profondo e
intrecciò
fra loro le lunghe dita, scrutandola torva.
«Non
ho intenzione di perdere altro tempo a causa della tua sciocca boria.
Cosa sei venuto a fare, qui?» disse,
calcando con enfasi sulla parola ''qui''.
Le
sopracciglia di Moody si alzarono in un'espressione di muto stupore.
«Davvero
non lo immagini?» rispose lui con un sorriso storto e un
guizzo malizioso negli occhi scuri.
Minerva
si sentì avvampare, ma si sforzò di mantenere un
atteggiamento quanto più controllato possibile.
«Scordatelo»
decretò con determinazione. «Ho intenzione di
terminare il mio lavoro e tu non me lo impedirai,
a costo di lanciare un incantesimo Evanescente al tuo scroto».
Lui
la fissò un paio di secondi. Poi, cogliendola completamente
alla sprovvista, scoppiò in una fragorosa risata.
«Gelida,
maligna, scorbutica e malfidente!»
rise, passandosi una mano nella folta chioma dorata e scrutandola
serenamente. «Per la dannata spada di Godric! Minerva, non
vengo ad
Hogwarts solo per venire a letto con te».
La
giovane strega notò un improvviso lampo di amarezza
attraversare gli
occhi dell'uomo e intuì che il motivo che lo aveva condotto
nel suo
ufficio a quell'ora scriteriata, era quello della sera prima e di
quella prima ancora. Era lo stesso motivo che, ormai da due anni,
continuava a portarlo ad Hogwarts – e da lei.
«Ci
sono novità?».
«Nulla
di cui dovresti preoccuparti» rispose piano Alastor, senza
alcuna nota derisoria.
«Se
non me lo dirai tu, me lo dirà comunque il professor
Silente» incalzò lei. «Lo fa
sempre».
Alastor
fece un sospiro grave e si massaggiò appena le tempie.
«Sia
dannato anche Albus se quello che dici è vero»
ringhiò fra sé. «Non avrebbe mai dovuto
coinvolgerti in questi problemi».
«Questa
guerra è la guerra di tutti, non la guerra di Alastor
Moody» sibilò furiosa, assottigliando
pericolosamente le palpebre.
Lui
scosse il capo con un sorriso amaro, e parve impiegare ore per decidere
quanto fosse il caso di dirle – perché Minerva
sapeva perfettamente che
lui avrebbe omesso qualcosa, ad ogni modo. Si alzò in piedi
di scatto e
si avvicinò a grandi passi verso l'ampia finestra alla sua
sinistra. Da
lì, avrebbe dovuto essere in grado di vedere la luna
riflettersi sulle
placide acque del Lago Nero, ma il suo sguardo pareva puntare a
qualcosa di molto più distante e profondo.
«Le
armate di Gellert Grindelwald hanno oltrepassato i confini
francesi».
Minerva
avvertì una soffocante sensazione di gelo e sconfitta
invaderle il
petto. Serrò la mano attorno ai braccioli della poltrona e
strinse con
folle risolutezza gli occhi.
«Il
Ministero francese sta opponendo resistenza?»
bisbigliò con flebile
speranza. «Come intende muoversi il Ministro
Blanchard?».
Alastor
rimase in silenzio per qualche secondo.
«Assassinato.
E quel bastardo di Grindelwald ha ormai condannato a morte tutti gli
esponenti di spicco della comunità magica
francese». Alastor imprecò
così volgarmente che Minerva trasalì.
«Blanchard e il suo Ministero
erano i nostri più validi alleati. Dannazione, come se non
avessimo
altri schifosi problemi a cui stare addosso!».
Con
aggraziata lentezza, Minerva si alzò, si diresse verso di
lui e sfiorò
appena le sue spalle larghe con la punta dei polpastrelli.
«Nulla
è ancora perduto» cercò di rincuorarlo.
«Abbiamo solo perso una battaglia».
«Un'altra
battaglia,
Minerva. Un'altra ancora. Grindelwald e le sue truppe si stanno
diradando per l'Europa come delle mosche sulle carcasse. Di questo
passo, ci vorrà poco prima che raggiungano la
Manica».
«Lo
fermeremo, Alastor. Godric solo sa come, ma lo fermeremo».
«Se
non dovessimo riuscirci, sarebbe la fine del mondo che
conosciamo»
disse debolmente lui, cingendo la vita di lei di con un braccio.
«Credo
che mi ucciderei».
«Cosa?»
domandò sconvolta Minerva, posando le mani sul suo petto e
stringendo nervosamente la stoffa.
Lui
le rivolse un'occhiata penetrante.
«Se
dovessimo perdere, farò in modo di essere morto prima che
Grindelwald
abbia posato uno solo dei suoi sporchi piedi a Londra. E ben venga la
morte, davvero, se l'alternativa è quella di vivere con il
peso di una
tale sconfitta a pesarmi sull'onore».
«Per
l'amor di Morgana, sii serio».
Alastor
giocherellò un poco con l'orlo ricamato del suo abito e le
sfiorò
appena la spalla destra. Lei socchiuse piacevolmente gli occhi al suo
tocco ruvido, mentre avvertiva un tiepido calore diffondersi sulle gote
pallide.
«Preferirei
morire mille volte, e mille volte ancora, piuttosto che vivere un solo
istante di prigionia» disse. «Non potrei mai
sopportarlo. Non sarebbe
vita. Non per me».
Minerva
chinò il capo con un sospiro e si portò un lungo
ciuffo di capelli neri
dietro l'orecchio. Fece una smorfia amareggiata e lo guardò
con un
sopracciglio sottile lievemente inarcato.
«Prima
o poi, il tuo onore ti ammazzerà, Alastor»
commentò schiettamente.
«Perlomeno, mi consolo sapendo che non dovrai più
faticare nel
tentativo di tenerlo alto».
Alastor
fece le spallucce, ma nei suoi occhi scuri pareva brillare una luce
pericolosamente fiera.
«Tanto
meglio» ribatté laconico. «Puoi anche
vivere una vita d'inferno, ma se
alla fine riesci a giocare bene, hai vinto. È solo una
questione di
strategia, in fondo».
Sebbene
un sorriso divertito le increspasse le labbra sottili, Minerva
soffiò
con rassegnazione e scosse un paio di volte la testa.
«Strategia...»
ripeté. «La tua è demenza e
nient'altro».
«No»
puntualizzò Alastor con un ghigno deciso. Sfilò
gli occhiali
rettangolari della giovane e li appoggiò sul davanzale della
finestra.
«Il mio è stile. E quando morirò,
morirò con stile».
Posò
le labbra su quelle di lei, cingendo con energia la sua vita sottile.
Minerva intrecciò le mani dietro alla sua nuca, attirandolo
a sé e
affondando le dita nella sua folta chioma bionda. Non credeva di amare
Alastor – non ne era del tutto certa – ma amava il
modo in cui lui la
baciava. La stringeva come se volesse arrestarla, senza frivoli
sentimentalismi e inutili sguardi languidi. La loro relazione era
razionale, diretta e concisa, senza troppi progetti e con pochi
obblighi. Quando lui faceva ritorno al Quartier Generale degli Auror,
tutta la loro storia rimaneva lì, fra le mura e le lenzuola
delle
stanze di Minerva. Nessuna insistenza, nessuna oppressione e nessuna
promessa da infrangere, solo il pacifico e rassicurante realismo di
qualcosa di concreto. Minerva amava soprattutto questo,
di Alastor.
«Già
mi immagino il tuo epitaffio. “Alastor Moody, ardito
egocentrico, esploso come i Favolosi Fuochi d'Artificio del dottor
Filibuster”»
scherzò lei ad un dito dalle sue labbra, fingendosi d'un
tratto
pensierosa. «Spero solo non sia troppo altisonante per un
rozzo e
volgare Auror del tuo stampo».
«Non
ci provare nemmeno» ribatté lui. «Devi
solo scrivere “in grande stile”».
«Lo
farò certamente aggiungere prima di
“idiota”».
Alastor
le sorrise furbescamente e la baciò di nuovo.
Scuola
di Stregoneria e Magia di Hogwarts, 27 luglio 1997
Erano
anni, ormai, che Minerva McGranitt non si sentiva tanto vecchia
e
inutile. In verità, non avrebbe mai creduto che sarebbe mai
arrivato il
giorno in cui si sarebbe lasciata distruggere con tale impeto. Era una
donna forte, lei. Lo era sempre stata – e ne era sempre stata
maledettamente orgogliosa. Come aveva potuto permettere che il mondo le
crollasse addosso?
Si
sfilò gli occhiali, li appoggiò sulla scrivania e
si massaggiò debolmente le palpebre stanche.
Il
Patronus di Kingsley Shacklebolt si era da dissolto nel suo ufficio da
parecchi minuti, eppure la voce dell'uomo continuava a martellarle
nella testa. Quando aveva riconosciuto la sua lince, si era alzata in
piedi con un salto nervoso e aveva piantato le unghie nel legno,
terrorizzata alla sola idea che la missione per portare in salvo Harry
Potter potesse essere andata male.
Se
hanno preso Harry, siamo finiti.
“Harry
è salvo” aveva detto la voce di Kingsley, con una
nota irrequieta con
cui raramente la donna lo aveva udito parlare. Improvvisamente, Minerva
aveva ripreso a respirare. Si era lasciata scivolare sulla poltrona e
aveva affondato il volto fra le mani, sfinita.
“Ma
abbiamo perduto Alastor”.
Raggelata,
aveva creduto di aver sentito il secco rumore della propria ginocchia
crollare per terra – eppure era ancora seduta, immobile.
«Devi
solo scrivere “in grande stile”» rimbombò fra i suoi
ricordi.
Minerva
scosse la testa con un sorriso tremulo e lo sguardo distante.
«Idiota».
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