That
Love is All There is
Terre_del_Nord
Slytherin's Blood
Storm in Heaven - III.005
- Per il Cuore, Per il Sangue (2)
Alshain Sherton
Herrengton Hill, Highlands - mar. 21 dicembre 1971
Al cenno di Fear, concentrai tutta la mia
attenzione sull'ara e iniziammo a muoverla sopra le nostre teste con la
Magia, mantenendo il suo equilibrio perfetto: eravamo alla guida della
processione, tutti insieme stavamo lasciando la radura, inoltrandoci
tra gli alberi per raggiungere il sentiero che, incuneato tra gli
speroni di roccia e illuminato dalle fiaccole, scendeva lentamente fino
alla spiaggia. Come da tradizione, a parte mia moglie e mia figlia che
mi seguivano da vicino, tutte le altre donne rimasero nella radura,
salmodiando, in un sussurro appena udibile, le antiche litanie, con
cui, figlie della Luna, da millenni piegavano la Natura al proprio
volere: era grazie a loro e alla loro Magia potente che, nel rigido
inverno, la terra non si trasformava in pericolose lastre di ghiaccio
sotto i nostri piedi, grazie a loro che la voce di Herrengton parlava
alle nostre orecchie, rivelandoci il pericolo e salvandoci da morte
certa. La loro forza, però, s’infrangeva da sempre
sulla porzione di spiaggia sottostante. Nessuno sapeva il
perché, i secoli avevano cancellato ogni memoria, ma per
qualche arcana Maledizione la spiaggia antistante alla grotta di
Salazar era da sempre a loro preclusa: qualunque Strega, comprese le
Streghe del Nord, mettendo piede su quella spiaggia durante i Sabba,
perdeva la propria potenza e molte di loro, addirittura, andavano
incontro alla morte.
Alcune leggende dicevano che, in un remoto passato, la Luna avesse
maledetto la spiaggia per gelosia e per necessità: evocando
il suo potere in quella Terra Sacra durante i Sabba, infatti, le
Streghe per secoli avevano accumulato una forza sempre più
grande, diventando a mano a mano così superbe da
considerarsi divine al pari della Madre Celeste, pretendere per
sé l'adorazione che era dovuta all’Astro e
istillare nel popolo l'idea che la Luna fosse solo una gelida roccia
che loro stesse avevano innalzato e confinato in cielo, a dimostrazione
delle proprie capacità. Un giorno, però, la Luna,
proiettando il suo raggio, eresse attorno alla spiaggia di Herrengton
una barriera di rocce che da quel momento limitò la Magia
delle Streghe, impedendo di avvicinarsi a quel luogo influente e
strappando loro le capacità concesse in passato. Fin da
bambino, forte degli insegnamenti di mia madre, non avevo mai creduto a
quelle leggende e, crescendo, avevo compreso come quella storia fosse
una delle tante espressioni della misoginia che permeava, da sempre, la
Confraternita, al pari del riconoscimento della sola discendenza
maschile. Avevo sentito, però, forte, la
curiosità di trovare delle risposte, soprattutto al fatto
che, dopo il naufragio di Salazar Slytherin tra quegli scogli, alle
Streghe della mia famiglia era stato concesso di partecipare ai Riti
sulla spiaggia, senza riportare danni alla propria salute e alla
propria Magia. Salazar doveva aver scoperto quale mistero si celasse
davvero in quei luoghi e, senza condividere con altri le proprie
conoscenze, aveva favorito i soli Sherton, restituendo loro anche quel
potere, per ricompensarci dell'aiuto ricevuto. Forse, nascosto tra gli
appunti dell'Anello di Salazar, c'era la spiegazione di questo enigma,
ma pur avendo realizzato una copia del manoscritto, che stavo studiando
con attenzione da mesi, non ero ancora arrivato a una soluzione. E,
neppure, a un piano alternativo per salvare mio figlio e il resto della
mia famiglia da una minaccia mortale, quale era Milord. Mi riscossi;
per quanto cercassi di fissarmi su altri pensieri, finivo sempre
lì: non riuscivo a non pensare a Mirzam, che affrontava di
nuovo la foresta di Herrengton, stavolta senz'altra difesa che la
propria mente, e a Sile, che rischiava di morire, aspettando, inerme,
di essere salvata da lui.
“Hai fatto la scelta giusta,
Alshain: tra poco più di un'ora saranno di nuovo tra noi, si
sposeranno e avranno in dote un dono prezioso da Herrengton.”
“Lo spero Fear, lo spero
davvero! Lo spero per te! Perché se qualcosa andasse storto,
non scorderò mai che sei tu il responsabile di questo folle
piano! Tu e la tua dannata capacità di rendere un inferno la
vita del prossimo!”
Il vecchio mi guardò con la consueta aria serafica, quella
di chi ha già visto tutto e sa perfino cosa ci riserva il
Futuro. Nella mia vita avevo incontrato solo un'altra persona che
riusciva a mandarmi in bestia come lui, quando mi osservava con
quell'espressione candida, tipica di chi cela un animo malevolo, capace
di manipolare le persone sostenendo di farlo per il Bene Superiore ma,
in realtà, facendo i propri interessi. Sollevai gli occhi
verso la bilancia, i due piatti non erano più in equilibrio
da quando avevo lanciato il getto di luce dorata verso il mare, per
informare il Portatore della Sposa che il Rito aveva inizio. Ora,
addirittura, entrambi i bracci si erano piegati e puntavano a terra.
Tremai: anche mio figlio, adesso, non più solo Sile, era in
pericolo ed io dovevo stare lì, ad aspettare, come un
inutile fantoccio, senza poter fare nulla per nessuno dei due.
“Tuo figlio è un
uomo, Alshain: d'ora in poi lotterà per la sua famiglia, per
coloro che ama, per coloro che vuole e che deve proteggere. Mirzam
ormai è uscito dalla tua casa, ha smesso di essere solo un
figlio e oggi diventerà come te, tanto nel potere quanto
nelle responsabilità!”
Guardai Fear: sapevo che era così, anche se non ero ancora
pronto ad accettarlo. Se fosse capitato loro
qualcosa... Se fosse capitato qualcosa al mio Mirzam... Per
quanto “giuste” fossero le ragioni che ci avevano
spinto a tanto, non me lo sarei perdonato mai.
***
Alshain Sherton
Morvah, Cornwall - 1 maggio 1971
(flashback)
Il sole stava tramontando rapidamente, irradiando il suo ultimo respiro
tutto attorno a me, attraverso le antiche vetrate variopinte: osservavo
la luce penetrare in quella penombra, fenderla, animarla dividendosi in
molteplici raggi che scivolavano nell'angusta aula di nuda pietra,
risalivano lungo il marmo liscio delle colonne snelle per restare
intrappolati, infine, nelle orbite vuote dei mostri alati, che
popolavano come incubi i bassorilievi dei capitelli. Nervoso e
impaziente, avevo camminato a lungo lì dentro, assorto,
seguendo i disegni dei mosaici sul pavimento, ruotando col pollice
l'anello che portavo all'anulare destro e, a ogni giro completo, mi
chiedevo di nuovo per quale ragione mi trovassi
lì. Appena avevo sentito la voce attesa, mi ero
voltato e, già vedendolo, tutti i tasselli avevano iniziato
a disporsi nella giusta posizione, formando un disegno che non mi
piaceva per niente, cercai tuttavia di non far trasparire subito i miei
dubbi, avvicinandomi cordiale alla figura che era appena entrata,
affascinato dal contrasto tra le vesti babbane che indossava per
l'occasione e l'orgoglio di Purosangue che traspariva dai tratti
austeri e dal disgusto trattenuto a stento per ciò che lo
circondava. Mi era già sembrato bizzarro che mi
avesse chiesto di non vederci a Herrengton né in qualche
altra località delle Terre del Nord, ma scegliere
addirittura una chiesa babbana per fissare un appuntamento! Vederlo in
quel luogo, così inadatto a un individuo come lui, era a dir
poco inquietante.
“So che cosa ti stai
chiedendo: che cosa ci facciamo qui? Come ti ho dimostrato in molte
occasioni, le apparenze spesso ingannano, Alshain: questo luogo
è molto di più di una semplice chiesa, guarda tu
stesso che cosa c'è qui, sotto gli occhi di tutti!”
Seguii con lo sguardo la sua mano che accarezzava lieve, con la punta
delle dita, una fila di blocchi di marmo rosa che correva tutto intorno
all’aula a circa un metro e mezzo da terra, fino a
raggiungerne uno di marmo bianco in mezzo alla parete nord: era
rovinato dal tempo, consumato e fratturato agli spigoli, lacerato da
una ferita profonda che lo tagliava da destra a sinistra, ma al centro
si poteva ancora riconoscere un segno simile a una rudimentale croce
ruotata, un segno forse male interpretato dai Babbani, tanto da indurli
a non scartare la pietra, anzi a metterla in una posizione di
rilievo. Il vecchio aveva sorriso trionfante, vedendo che
iniziavo a intuire, con un cenno m’invitò ad
avvicinarmi per studiare meglio quella che, lo vedevo da me, era una
Runa antica.
“La riconosci, vero? In giro
per la chiesa ce ne sono altre, ma non tutte visibili quanto questa.
Comprendi ora in quale luogo sacro ci troviamo? Credo di averlo
trovato, finalmente!”
“È difficile
affermare che si tratti proprio di una Runa, è troppo
rovinata!”
“Andiamo Alshain, è
evidente che è Nyd! E di là, sulle altre pareti
perimetrali, sono riconoscibili anche Os, Lagu e Wynn(1). Sai che cosa
significa? Questa chiesa sorge sulle rovine di un antico tempio eretto
dai nostri padri alla Triade, magari proprio quello in cui ha avuto
origine la “Diaspora”(2)!”
Il mio cervello aveva subito iniziato a formulare obiezioni a quelle
deduzioni ardite, ma non era contestare il legame tra la presunta Runa
Nyd e la chiesa che mi premeva, quanto capire il senso ultimo della
situazione.
“Scendiamo nelle Catacombe,
non avrai più dubbi, quando vedrai il Triskell (1) nascosto qua
sotto! Basta confondere ancora per un po' i sensi del custode
e…”
“Perché siamo qui,
Fear? Non dirmi “Per cercare i segni degli antichi
dei”, non sono uno stupido!”
“Possibile che non si possa
mai fare una cordiale conversazione tra amici, con te? D'accordo,
Alshain, vado al punto, visto che lo preferisci. Ti ho dimostrato che
questo è uno dei nostri luoghi più
sacri...”
“Se lo dici tu!”
Mi guardò spazientito, come ogni volta che, da ragazzino,
interrompevo le sue sulfuree lezioni di Arti Proibite con i miei
interventi carichi di dubbi, domande e contestazioni.
“È il luogo
perfetto, quindi, per sancire un importante patto. Donovan Kelly si
è addirittura commosso: era dove ti trovi adesso, quando mi
ha dato il suo consenso ed io gli ho fatto la promessa di...”
S’interruppe, teatralmente, per guardarmi sibillino,
consapevole di potersi aspettare da me, a quel punto, qualsiasi
reazione: il senso di disagio che mi aveva accompagnato dal primo
istante si trasformò subito in ira furibonda, sentii andarmi
il sangue alla testa e un’irresistibile voglia di fargli del
male accese la mia Magia, al punto che ebbi difficoltà a
controllarla e a contenerla.
“Che cosa? Mi stai dicendo che
sei andato avanti con i tuoi progetti alle mie spalle? Ti avevo detto
chiaramente che non ero interessato e che non ti avrei mai dato il mio
consenso in quel piano folle!”
“Posso farlo anche senza il
tuo consenso, Alshain, anche senza alcun consenso. Se ho reso partecipi
del mio piano te e Donovan, è solo perché
potreste aiutare meglio di chiunque altro i vostri figli nei
preparativi. Se però tu preferisci restarne fuori,
va bene, faremo tutto da soli.”
“Se credi che mi
limiterò a non aiutarti non mi conosci! Odio essere
ingannato e odio chi cerca di ingannare i miei figli!”
“Strano, detto da un uomo che
non ha avuto remore a lanciare un “Imperius” sul
proprio primogenito! Come ti sei giustificato all’epoca? Ah,
sì… Era “per il suo bene”,
ricordi?”
“Ti avverto: sto per scordarmi
di rispettare la sacralità di questo posto e qualsiasi Patto
di Segretezza Magica!”
“No, non sei più il
tipo che si abbandona alla violenza, Alshain. Non lo faresti mai:
potresti ancora rovinare un uomo, ma non lo uccideresti, nemmeno in un
impeto di rabbia. Anche perché una parte di te sa che sono
nel giusto e chiede il mio aiuto. Perché non si tratta di
ingannare, quanto di proteggere, di omettere dettagli, non di mentire.
Non farei mai a te e a Donovan una proposta simile, se aveste un piano
alternativo: so che state cercando un modo per proteggere quei ragazzi
da Milord, ma da soli non ci riuscite, mentre io ho trovato il modo di
aiutarli e ve lo sto offrendo!”
“Sofismi, Fear, i tuoi soliti
sofismi: con sofismi simili, hai causato la morte di mia madre, quando
le hai proposto la tua soluzione per annullare la Maledizione delle
figlie femmine. Mio padre giustamente ti ha allontanato, io invece,
come uno stupido, alla fine ti ho perdonato, e sono caduto di nuovo
nelle tue trappole. Mi sono fidato ancora di te e cosa ho ottenuto?
Vederti qui, di fronte a me, a perorare la tua folle idea di sottoporre
quei ragazzi a un maledetto Rito di Magia Oscura! Sono suo padre, Fear,
e sono a capo della Confraternita, non posso accettarlo! Se non rinunci
con le buone, ti costringerò con la forza!”
“Non sei stato molto attento
ai miei insegnamenti, Alshain, altrimenti sapresti che non tutti i Riti
di Sangue sono Magia Oscura!”
“Smettila, Fear, non provare a
rigirarla come tuo solito: sapresti far passare per un' opera nobile e
giusta persino un sacrificio umano, ti conosco!”
Fear sorrise, non poteva negare: sapevo quale fosse la sua filosofia,
qualunque azione non è buona o malvagia in sé, lo
diventa sulla base dei risultati che vogliamo trarne; cresciuto con
quegli insegnamenti, avevo commesso nefandezze per anni, solo accanto a
Dei, l'influenza di Fear aveva smesso di agire su di
me. Conoscendolo, non l'avrei mai fatto riavvicinare alla mia
famiglia, ma ero stato costretto, quando Mirzam aveva intrapreso un
percorso pericoloso, affascinato dalla figura di Milord e, a quel
punto, avevo deciso di affidare la sua istruzione specifica nelle Arti
Proibite al più potente Occlumante della Confraternita,
l'unico capace di spiegare a mio figlio come difendersi da un vero Mago
Oscuro, usando anche quella malvagità che né io,
né sua madre saremmo mai stati in grado di trasmettergli.
“Quello di cui stiamo parlando
é un Rito di Sangue, vero, ma il Rito del Primo Sangue
diventa Magia Oscura solo se è accompagnato da violenza, se
chi lo subisce non è consenziente, o se si cerca di
potenziare col Sangue di Vergine il proprio potere Oscuro. Capisci da
solo che non è il loro caso, Alshain: Mirzam e Sile si sono
consacrati l'uno all'altra per amore reciproco e incondizionato, senza
immaginare di eseguire anche un Rito, né che fosse possibile
sfruttare il potere di quell'unione a proprio vantaggio. Io vorrei
soltanto chiudere, a Yule, quel Rito iniziato in una notte di
Plenilunio di quattro anni fa, quando scambiandosi l’un
l’altro il loro Primo Sangue, si sono amati per la loro prima
e unica volta...”
“L’unica, grazie a
te, che hai raggirato Donovan, convincendolo a imporre per il
fidanzamento delle condizioni assurde! Dovevo capirlo che era opera
tua, malefico vecchio! Avevi già tutto in mente da
tempo!”
“Non lo nego! Ho capito al
processo che quei due erano destinati a stare insieme e quando ho
scoperto che era stata la prima volta per entrambi, ho spinto Donovan a
tenerli separati finché non fosse stato il momento giusto!
Me ne dovrei vergognare? Dovrei chiedere perdono? Con questo Rito, se
l’Oscurità li attaccasse, la vita di entrambi
sarebbe in salvo!”
“E a che prezzo, Fear? Come
diavolo sei riuscito a convincere Donovan a mettere sua figlia in
pericolo, lui che per Sile si butterebbe nel fuoco? Cosa gli hai
promesso?”
“La certezza della salvezza,
se dovessero affrontare un pericolo mortale!”
“Per loro, l'unico vero
pericolo mortale sei tu, tu e questa tua brillante trovata!”
“Nel futuro di tutto il mondo
magico c'è l'Oscurità, Alshain, lo leggi da anni
nelle Pietre Veggenti e non dormi cercando un sistema per mettere al
sicuro la tua famiglia: io per ora so come salvare Mirzam, so che
Herrengton può proteggerlo! Non rinunciare a questa preziosa
opportunità per paura!”
“Paura? Se sapesse la
verità, se sapesse qual è il vero prezzo, Mirzam
non accetterebbe mai questo patto!”
“Se è questo che ti
turba, allora sei un ipocrita! Non posso credere che lo preferiresti
morto! E comunque… qualunque fosse il prezzo, per Mirzam non
sarebbe un sacrificio, perché in cima ai suoi pensieri
c’è Sile, per lei rinuncerebbe a tutto! Lui
è proprio come eri tu, che per Deidra eri disposto a
rinunciare a ogni cosa! Quanto a Sile, quando ha deciso di sposarlo, ha
accettato i rischi che ne conseguivano, nemmeno un'orda di Dissennatori
di Azkaban riuscirebbe a tenerla lontano da lui! Hanno già
dimostrato che cosa vogliono, Alshain, ora lascia che Herrengton li
protegga!”
“Se fossi così
sicuro delle loro reazioni, avresti il coraggio di affrontarli e dire
loro, senza inganni, per quale vero motivo vorresti che affrontassero
un Rito rischioso come il Matrimonio Tradizionale, cosa intendi fare
davvero, nascondendo tra i tanti Rituali previsti anche quello che
completa un Rito del Primo Sangue e soprattutto, che cosa si deve
pagare a Herrengton in cambio della salvezza che pensi di offrire loro!
Lasciali decidere da soli, in piena consapevolezza: non puoi essere tu,
io o qualcun altro a scegliere al loro posto qualcosa che
cambierà per sempre la loro vita!”
“Lo farei, ma se sapessero, il
Rito non funzionerebbe a dovere: la Magia deve sgorgare da loro pura e
incondizionata, senza la mediazione della Ragione.”
Gli diedi le spalle, deciso a non ascoltare altro e andarmene: avevamo
già fatto quel discorso un paio di settimane prima, quando
era stata diffusa la notizia del fidanzamento e Fear mi aveva chiesto
di incontrarci per parlarmi di un sistema sicuro per proteggere Sile e
mio figlio anche fuori delle Terre del Nord, anche da nemici che
fossero dei Purosangue.
“Per quanto vuoi continuare,
Alshain? Non credi di aver già fatto danni a sufficienza con
questa tua dannata fissazione per la libertà? Sono ventuno
anni che lo lasci libero di rompersi la testa come vuole! Quali sono i
risultati? Ha commesso errori su errori, si è esposto a
pericoli e ricatti, ha messo a repentaglio se stesso e coloro che ama!
Se l'avessi istruito al Dovere, certe cose non sarebbero successe, se
gli avessi imposto di dedicarsi solo alla Confraternita, il Male non
l'avrebbe toccato mai!”
“Questo non possiamo
saperlo!”
“Di questo, nel profondo del
tuo cuore, sei convinto anche tu! Con gli altri tuoi figli sei ancora
in tempo, ma con questo, ormai... Se lo amassi come dici, ammetteresti
i tuoi sbagli e cercheresti di porvi rimedio, facendo quello che va
fatto!”
“Ti sbagli, Fear…
sono ancora in tempo anche con lui!”
Fear aveva sempre saputo colpire dove faceva più male e,
anche stavolta, non aveva mancato il bersaglio. Era vero, da anni mi
sentivo responsabile: ogni volta che vedevo mio figlio commettere
errori o muoversi nell’incertezza, avevo la dimostrazione di
essere stato un pessimo esempio, di essere imperfetto, incerto,
dubbioso e di aver trasmesso queste debolezze ai miei figli, facendoli
crescere pieni di domande, in un mondo in cui, per sopravvivere, era
necessario avere fede in qualcosa, una fede magari mal riposta, ma che
fosse solida e assoluta.
“Non so che
cos’altro dirti per convincerti, Alshain, tu sei libero di
non aiutarmi, ma sappi che non puoi fare più nulla per
impedirmelo: stanotte, mentre si festeggiava Beltane in pieno
Novilunio, Jarvis Warrington ha accettato di aiutarmi e
laggiù, nelle Catacombe, nell'istante esatto in cui si
è levata Aldebaran unita al Sole, ha pronunciato di fronte a
me e Donovan il “Voto Infrangibile” con cui si
è impegnato a vestire i panni del “Portatore della
Sposa”. La Magia di questo Tempio ha sancito il patto,
nessuno può opporsi alla sua missione. Ora, mentre siamo
qui, sta parlando a tuo figlio del potere della Tradizione Antica, gli
suggerirà di sposarsi secondo un Matrimonio Tradizionale, e
incuriosito, Mirzam chiederà a lui, non a Rodolphus
Lestrange, di fargli da testimone.”
“Anche Warrington! Salazar! Di
quanti martiri hai bisogno stavolta, Fear?”
Il vecchio mi guardò intensamente, una nota di sfida sul
volto segnato dal tempo.
“Nessun martire! Alshain, con
il tuo aiuto possiamo limitare al massimo i rischi che correranno e
nessuno saprà mai niente, rendendo ancora più
efficace il Rituale: nessuno dei Maghi in vita ha mai visto un vero
Matrimonio Tradizionale, possiamo completare il Rito del Primo Sangue,
durante la Cerimonia, senza che nessuno si renda conto di cosa sto
facendo, e sfruttando tutto il potere della Confraternita che ne
sarà inconsapevole testimone! Ti prego. Ho fiducia in Mirzam
e in Sile, nelle loro capacità e nel loro amore. E ho
fiducia in te: so che alla fine farai la cosa giusta. Ti chiedo solo di
credere anche tu in tutto questo e accettare l'aiuto di
Herrengton.”
“Io credo in mio figlio, in
Sile, nel loro amore e credo in me, nel fatto che troverò il
modo di aiutarli. È di te che non mi fido, Fear, e comunque
vada a finire questa storia, sappi che non mi fiderò mai
più!”
“Mi dispiace che la pensi
così, ma conto che tu possa ancora cambiare idea,
c'è tempo. Anzi, ti faccio una promessa, a dimostrazione
della mia buona fede: se riuscirai a trovare un altro modo per salvarli
dall’Oscurità, entro Yule, io mi farò
da parte. Se non ci riuscirai, invece, io rispetterò il
patto che ho stretto con Donovan e farò tutto ciò
che è in mio potere, che tu lo voglia o no, per aiutarli:
non ostacolarmi. In un modo o nell'altro, conto di ritrovarci ancora
fianco a fianco, Alshain, perché il nostro è un
fine comune!”
Annuii, poco convinto, solo per non sentire ancora quelle patetiche
suppliche: sapevo quanto fossero false, un uomo come Fear, non
supplicava mai, se non per ingannare ancora di più il
prossimo. Al vecchio parve bastare, mi diede la mano,
sollevato, e se ne andò, salutandomi con un cenno del capo,
silenzioso come quando era entrato. Appena rimasi solo, il
custode della chiesa si risvegliò, confuso e turbato per
essersi addormentato al lavoro, mi guardò, diede una rapida
occhiata attorno a sé e vedendo che era tutto in ordine, mi
salutò impacciato, mentre io, serio e imperturbabile,
mettevo mano al panciotto ed estraevo un piccolo rotolo di banconote,
che lasciai come offerta, poi uscii nel fresco della sera. Avrei fatto
di tutto per impedire a Fear di mettere nei guai mio figlio: avevo
già un piano, da mesi, di cui non avevo parlato a nessun
altro che a Orion e a Mirzam; appena raggiunsi un parco,
m’incamminai tra gli alberi e lì mi
smaterializzai, deciso a raggiungere Grimmauld Place e organizzare, con
il mio migliore amico, lo scambio degli anelli ai danni di Roland
Lestrange.
***
Mirzam Sherton
Herrengton Hill, Highlands - mar. 21 dicembre 1971
Quando ripresi conoscenza, chissà quanto tempo dopo, mi
sembrò di galleggiare in un buio catramoso, che mi soffocava
e avvolgeva, impedendomi di muovermi e di respirare: era una sensazione
della mente, lo capii subito, perché se mi concentravo su me
stesso, non sentivo nulla sotto o intorno a me. Forzai le mie dita
perché scorressero sul mio corpo, ma non sapevo se avessero
risposto all'ordine, non sentii alcun contatto, ogni centimetro del mio
corpo sembrava non esistere, era insensibile, privo di coscienza di se
stesso. Avevo provato una sensazione simile alle gambe quando, dopo che
il tetto rovente della Cancelleria di Doire ci era caduto addosso, ero
rimasto in coma per giorni e, in seguito, paralizzato per
settimane. La paura folle che, stavolta, cadendo tra le rocce,
mi si fosse realmente spezzata la schiena, mi riempì le vene
di adrenalina: volevo reagire, fare qualcosa che mi dimostrasse che non
era così, che c'era ancora speranza, ma per quanto mi
concentrassi e cercassi di riprendere il controllo di me stesso, non
riuscivo in nessun modo a cambiare la situazione. Chiusi e
riaprii gli occhi, continuava a essere tutto buio, mi accorsi di non
sentire nemmeno i suoni della natura che di certo mi circondava ancora,
una cappa ovattata mi rendeva completamente sordo. Ero forse
finito sotto metri e metri di terra? O avevo ferite tali che
non percepivo più nulla? Pregai che fosse solo uno dei
dannati trabocchetti mentali di Herrengton, che tutto quello che
provavo, anzi che non provavo, facesse parte della proiezione delle mie
paure più profonde, ma non riuscivo a trasformare quella
speranza in consapevolezza, non riuscivo a spezzare
l'illusione. E se non fosse stata solo
un'illusione? In passato erano accadute veramente delle
disgrazie simili, me ne aveva parlato lo stesso Jarvis, per farmi
riflettere bene su quel Rito Antico di cui mi ero subito appassionato
perché avrebbe consacrato in Habarcat i sentimenti che
legavano Sile e me. Era quindi possibile che, anche per me,
fosse tutto reale, che la mia vita si stesse spegnendo in un pozzo
oscuro, mentre i minuti scorrevano via senza che potessi fare
più nulla nemmeno per Sile, lasciando che anche la sua vita
andasse perduta. Se fosse finita così, se fosse
davvero finita così... Era colpa mia, solo colpa
mia, della mia incapacità di affrontare con
umiltà e razionalità una qualsiasi
situazione. Sì, era sempre colpa mia.
“È colpa tua, è vero, Mirzam Sherton,
eppure, lo sai, puoi ancora fare qualcosa! Seguimi, vieni con me,
affidami la tua vita! Io non ti tradirò mai, io non ti
tradirò come stanno facendo la tua Terra e la tua gente. Se
vuoi, ti propongo un patto... ”
Riconobbi all’istante quella voce serpentesca che sibilava
nella mia mente, che superava la barriera del vuoto e del buio: i miei
occhi si aprirono, ciechi, nelle tenebre, cercando il Mostro che si
stava rivolgendo a me, non sapevo se stavano implorando la salvezza, o
cercavano di capire dove fosse il Male, solo per cercarne
scampo. Non c'era altro che Oscurità,
l'Oscurità che faceva parte di me. Fu allora che la
ben nota sensazione di gelo mi prese allo stomaco e affondò
ancora più profondamente nella mia anima.
“... un patto equo e interessante, Mirzam Sherton, molto
interessante...”
Mi sentii estrarre dal vuoto, sollevare, i piedi percepirono di nuovo
la terra sottostante, il mio corpo, pateticamente nudo, proprio come
quando avevo lasciato il Cerchio del Sole, era schiaffeggiato dal
gelido vento del Nord, carico di gocce salate strappate dal mare che
ululava, feroce, sotto di me. Ero sullo sperone di roccia, di
nuovo all'inizio del sentiero, il Signore Oscuro, con i suoi occhi
fiammeggianti, torreggiava di fronte a me, mi fissava, bramoso di
strapparmi l’anima, e ghermiva con le sue mani lordate di
sangue due figure inermi, incappucciate: nel suo sorriso malefico,
lessi la ferma volontà di gettarle di sotto, senza
pietà, tra le rocce acuminate e i flutti.
“Scegli chi dei due devo
consegnare alla Morte, poi potrai continuare per la tua
strada!”
“NO! Tu non hai alcun potere
su di me! Sei solo una patetica proiezione delle mie paure! Sei una
prova, l’ultima prova, che devo affrontare: chiunque siano,
loro non sono qui, tu non hai alcuna influenza su nessuno di noi!
L'unica cosa che conta è che io riprenda la
discesa!”
“Ne sei sicuro, Mirzam
Sherton? E se fossi un sogno? Se fossi uno di quei sogni che, in questa
Terra potente, spesso vi baciano, permettendovi di guardare nei meandri
del tempo? Se fossi un sogno destinato a prendere forma, a diventare
realtà?”
“No! Tu sei qui solo per farmi
perdere tempo! Vattene! Non hai alcun potere su di me!”
“Il mio potere è
metterti di fronte alla scelta che più temi.
Perché… Io sono te, la tua
coscienza…”
Lo guardai e con orrore vidi il suo volto trasfigurarsi nel mio,
guardavo me stesso, avevo l'osceno Marchio Nero
sull’avambraccio sinistro, lo sguardo vuoto e l'espressione
stravolta e perduta di chi ha ceduto al Male la propria anima.
“Con le tue azioni,
trasformerai questa illusione in realtà, è solo
questione di tempo, lo sai. Arriverà il giorno in cui dovrai
implorare la protezione di Herrengton e non ti sarà
concessa, a meno di dare la morte all'uno per salvare
l'altro!”
Il Signore Oscuro riprese le proprie sembianze, ma non era ancora
pienamente se stesso, aveva qualcosa di sconvolgente, di familiare, era
la personificazione di tutte le mie più spaventose paure; di
fronte a me, con gesti secchi strappò via il cappuccio alle
sue vittime, facendomi riconoscere Sile alla sua destra e mia sorella
Meissa alla sua sinistra. Sapevo che era tutto illusorio, ma a
quella vista non riuscii a mantenermi lucido, sentii un brivido di
paura e disperazione, incrociando gli occhi vuoti delle persone che
più amavo, terrorizzate come me al pensiero della Morte.
“Chi sceglierai, quando il
Destino chiederà in pegno, per la tua salvezza, la vita di
una delle due? Chi sacrificherai per la tua vita e i tuoi sbagli?
Potrai proseguire solo dopo aver fatto un patto con te
stesso!”
“Dici di essere me, la mia
coscienza, dovresti sapere allora che io non offrirò mai la
vita di una delle due, per salvare la mia! Sacrificherò me
stesso, piuttosto! Farò di tutto per strappare la vita di
coloro che amo dal Male che rappresenti! E ora sparisci, fammi
passare!”
Mi misi a correre, lui mollò la presa su Meissa e Sile,
lasciandole cadere a terra, ma non riuscì a spingerle nel
baratro, impegnato com'era a cercare di trattenermi, io lo travolsi, mi
aggrappai a lui, lo trascinai con me nell'abisso, nel vuoto che si
apriva alle sue spalle. Chiusi gli occhi, era solo una
visione, certo, ma mentre volavo di sotto, sentivo forte il terrore che
fosse tutto vero e mi preparai all'impatto del mio corpo che si
sfracellava tra i flutti e le rocce. La caduta fu… eterna.
Alla fine sentii l'acqua gelata, il freddo pungente che mi ottenebrava,
l'aria che, dolorosa, usciva dai miei polmoni in fiamme, vidi la
luminosità del cielo che si chiudeva e spariva sopra di me,
mentre io sprofondavo sempre più giù, tra i
flutti gelidi che sarebbero presto diventati la mia tomba.
Sile...
perdonami… non sono riuscito a...
Affondai sempre di più, perdendo a ogni istante le ultime
briciole della mia forza, fino a toccare il fondo; avevo il corpo
pesante di dolore, di stanchezza, di rassegnazione, non riuscivo a
concentrarmi per provare a combattere ancora, una spossatezza che non
avevo provato mai mi spingeva a lasciarmi andare, ed io non riuscivo a
contrastarla… Anche se desideravo scoprire cosa fosse la
luce azzurrognola che, apparsa improvvisa tra le ombre oscure, sembrava
volesse attirare la mia attenzione… La luce nuotava in
cerchio attorno a un punto, poi si allontanava in linea retta quindi
tornava da me; cercai di forzare la vista nell'oscurità
quasi completa, rischiarata appena da quella luce mobile, lì
doveva esserci qualcosa di vitale e importante, ma quando provai a
muovere i piedi e le braccia per avvicinarmi, il mio corpo non rispose.
Affinai ancora lo sguardo, e alla fine riconobbi in lontananza il
profilo di uno scafo. Sentii le lacrime, calde, bagnarmi il volto nel
gelo che mi circondava: ero arrivato a un passo! Ero arrivato a un
passo dal salvare Sile e non c'ero riuscito! Sile era lì,
poco lontano da me, stesa nella barca che dovevo raggiungere, quella
che ci avrebbe portati in salvo.
E invece... Ormai non ho più forze nel mio corpo,
non ho più...
La luce si avvicinò di nuovo a me, stavolta fin quasi a
toccarmi, mentre gli occhi stavano per chiudersi, pesanti, per sempre:
in quella luminosità potente e accecante, all'improvviso,
percepii un volto simile a quello di un angelo babbano. Un angelo dagli
occhi chiari e i capelli corvini. Un angelo con la Runa di Herrengton
marchiata sul collo. Il bambino, il mio bambino, mi sorrise e tese
verso di me la mano, voleva la prendessi. Con il mio ultimo respiro
allungai il braccio, toccai quella mano, lui strinse la mia: era fatta
di carne, aveva un calore capace di ridarmi energia, di riempirmi di
una forza vitale che non avevo sentito mai dentro di me. Non mollai la
stretta, ma chiusi gli occhi incapace di reggere tutta quella
luminosità folgorante e mi lasciai andare: nella mia mente
vidi me stesso condotto fino allo scafo, lì c'era Sile,
esanime, distesa sul fondo, che apriva gli occhi appena sentiva che
l'avevo raggiunta e che tendevo le braccia verso di lei per stringerla
a me. Eravamo finalmente insieme. Forse era troppo tardi, ma c'ero
riuscito. Forse eravamo ormai morti, ma saremmo stati insieme per
sempre. Mi abbandonai a quel senso di fatale compiutezza e persi
definitivamente i sensi, nella mente il sogno del nostro bambino che,
con la sua risata giocosa, ci guidava entrambi verso la superficie del
mare.
***
Sirius Black
Herrengton Hill, Highlands - mar. 21 dicembre 1971
Non mi aspettavo che, alla fine del Rito del Solstizio, saremmo andati
alla Grotta, ero sicuro che ci saremmo diretti al maniero, che avremmo
visto arrivare la sposa su una carrozza volante, trainata da una coppia
d’Ippogrifi o di Pegasi bianchi, e che avremmo assistito alla
cerimonia nuziale nel Cortile delle Rose. Invece continuavano
a non esserci tracce di questa ragazza misteriosa, per la quale ormai
morivo di curiosità, anche perché Meissa non mi
aveva dato risposte esaurienti, quando a Grimmauld Place ero stato
così sciocco da chiederle in cosa, secondo lei, Sile fosse
migliore delle mie cugine. Non mi aspettavo che le sarebbe
bastato un incontro per cambiare opinione su quell'irlandese: fino a
pochi giorni prima ne parlava come di una ladra di fratelli maggiori e
ora… sembrava fossero sorelle! Sorrisi tra me,
mentre la guardavo da lontano con i suoi genitori e Rigel alla testa
della processione, seria e composta, come si conveniva al ruolo
cerimoniale che ricopriva quella notte: infondo anche questo mi piaceva
di lei, la capacità di cambiare le proprie idee quando si
rendeva conto che erano sbagliate. Avanzammo senza
difficoltà nella neve, mentre il cielo tendeva ad aprirsi
all'orizzonte in una luminosità diffusa: il sentiero non era
aspro e pericoloso come quelli che avevamo percorso l'estate precedente
con Alshain, anzi scendeva dolcemente e privo d’insidie,
tanto che riuscimmo a raggiungere rapidamente la stretta spiaggia.
Sperai che Mirzam fosse altrettanto fortunato e non stesse trovando
difficoltà, anche se temevo che, durante un Rito del Nord,
non si potesse far conto solo sulla Fortuna.
Giunti in riva al mare, guardai verso l'interno della grotta e mi
stupii nel vederla ancora buia e vuota, priva di fiori e decorazioni,
sembrava quasi che non ci sarebbe stata, a breve, nessuna Cerimonia e
al passare dei minuti, con la situazione che, invece di chiarirsi, si
faceva più misteriosa e inquietante, arrivai a chiedermi,
angosciato, se davvero quel giorno avremmo avuto motivo di far festa.
Il sospetto che ci attendessero delle brutte sorprese mi venne quando
vidi mio padre impallidire e, seguendo il suo sguardo, notai che
entrambi i bracci della bilancia erano come spezzati, piegati verso il
basso, a causa della polvere iridescente che aveva iniziato a scorrere
veloce, depositandosi e riempiendo anche il piatto sinistro che finora
era rimasto vuoto. In piedi, tutti disposti in cerchio attorno
all'ara, proprio di fronte all'ingresso della grotta, lasciai scorrere
lo sguardo sulle figure dei Maghi del Nord, in cerca di un segno che mi
rassicurasse, ma l'inquietudine era dipinta sul volto di ognuno di loro
e cresceva al passare dei minuti, prendendo il posto della
felicità della notte appena trascorsa: molti iniziarono a
rumoreggiare, i più guardavano con ansia verso il mare, chi
a est, dove il sole si stava alzando, chi a ovest, come se qualcosa
dovesse apparire dai flutti, là dove si preannunciava una
nuova tempesta. Ormai ero certo che quella bilancia indicasse la sorte
degli sposi, ma non riuscivo a capire che cosa potesse aver trovato
Mirzam di tanto terribile nella foresta di Herrengton da non riuscire a
domarla con la Magia del Nord, e neppure dove si trovasse Sile,
né che cosa cercassero, tutti, in mare. Mio
fratello non era meno confuso di me, angosciato a sua volta nel vedere
il tempo scorrere e la tranquillità sparire anche dal volto
sempre sicuro di Alshain; guardammo entrambi nostro padre, per cercare
rassicurazione, ma era annichilito da una profonda tristezza.
“Che cosa può
essere successo a Mirzam? Non c'è proprio modo di
aiutarlo?”
“No, Sirius, non si
può… Anche perché nessuno sa che cosa
sta accadendo ora nella foresta. L’unica cosa certa
è che Mirzam sta impiegando troppo tempo... e che qualsiasi
cosa accada, deve cavarsela da solo.”
“E quella che
cos'è?”
Non capivo che cosa volesse dire mio fratello che, preoccupato,
indicava qualcosa a terra, guardai meglio e vidi, nascosta tra i
ciottoli, una corda mimetizzata nella sabbia, che emergeva a tratti per
tutta la lunghezza della spiaggia, per poi immergersi nell'acqua. Feci
un balzo, spaventato, quando, sotto i nostri occhi, la corda si tese e
si sollevò di qualche centimetro, scorrendo poi rapida, come
se una mano invisibile la stesse tirando: una profonda agitazione prese
tutti coloro che mi circondavano, scuotendo le persone ammassate sulla
spiaggia come foglie mosse dalla folata di un vento
impetuoso…
***
Mirzam Sherton
Herrengton Hill, Highlands - mar. 21 dicembre 1971
Mi risvegliò una sensazione di bagnato, mista a quella di
freddo pungente che mi penetrava le carni e mi spezzava, da dentro, le
ossa. Un calore strano, profumato, umido, si depose rapido
sulle mie labbra, riscaldandomi l'anima ancor prima che le membra, un
tocco lieve mi percorse lento i capelli e il volto, due braccia
delicate mi attirarono a sé, verso un corpo che, pur
diverso, sapevo di conoscere, che agognavo da tanto, da
troppo... Un altro... Bacio? Sì, non
c'erano dubbi, erano baci… Un bacio ancora più
potente, più devastante, più ottenebrante, capace
di risvegliare il corpo e l'anima, di farli rinascere nel desiderio
potente di averla, di diventare un'entità sola con l'altra
parte di me stesso, persino lì, in quel momento, contro ogni
logica, mentre il mondo si perdeva e tutto era privo di controllo.
“Sile... ”
Avevo le palpebre ancora appiccicate dalla salsedine ed ero preda dei
brividi, eppure mi sentivo bene. Sì, bene. Mi
sollevai, con difficoltà, a sedere sulla roccia scivolosa su
cui mi ero arenato, aiutato e sostenuto da quell'abbraccio, lo sguardo
appannato, le mani sporche di sabbia, il bruciore tipico delle ferite
bagnate dall'acqua salata che urlava in vari punti del corpo, la
sensazione fastidiosa di sangue raggrumato sulle ginocchia, su un
fianco, qualcosa di vischioso e caldo che continuava a sgorgare da una
tempia, colando giù, fino al collo, asciugandosi nel freddo
e facendo tirare la pelle. Aprii gli occhi lentamente, sperando che di
fronte a me non ci fosse un'altra visione, ma la realtà: mi
specchiai nel blu che più amavo, nel blu che mi aveva
salvato, ancora una volta, la vita.
“Sile... ”
Le sue dita si posarono sulle mie labbra, la sua bocca tornò
di nuovo a baciarmi gli occhi, il naso, le guance, le sue mani mi
percorsero per ridarmi calore e vita; la guardai, incredulo, finalmente
lì, al mio fianco, abbarbicata come me su quello scoglio che
affiorava appena al limitare della spiaggia, i capelli appiccicati sul
viso, pallida: tremava di freddo e forse di tensione, la tunica
appiccicata addosso, macchiata di sangue e strappata in più
punti, un vistoso taglio sul polpaccio destro da cui sgorgava, copiosa,
la linfa rubino. Non si curava di niente, fuorché di me, dei
miei occhi e delle mie labbra. L'abbracciai, a mia volta feci
scorrere le mani sul suo corpo sfinito per scaldarla, accarezzai con le
mie le sue labbra ancora livide, riaccendendo un po' per volta i colori
del suo volto. Pronunciai piano degli Incantesimi per sanarle le
ferite, ma lei distolse rapida la mia attenzione, prese il mio volto
tra le sue mani, gli occhi carichi di una sola, vitale domanda.
“L'hai visto anche tu,
Mirzam?”
Annuii, sorridendo, e ripresi a baciarla, ma lei interruppe, ansiosa,
anche quel bacio.
“Sì, l'ho visto, mi
ha mostrato lui la strada per trovarti. Era nostro figlio, Sile!
Avrà i tuoi occhi... È stato nostro figlio a
salvarci... entrambi... Non io, lui. È stato lui.
È stato il nostro unico vero desiderio a mantenerci in vita.
Il nostro amore. È stato il nostro amore a salvarci, proprio
come hai sempre detto tu!”
La strinsi a me, ancora, e stavolta lei si lasciò andare tra
le mie braccia, baciai di nuovo quelle labbra, da cui niente e nessuno
mi avrebbe separato più. L'amavo, ci amavamo e
finalmente eravamo insieme. Herrengton ci aveva fatto ricordare con
quella disavventura tutto il male che avevamo vissuto negli anni, tutte
le difficoltà, gli errori, le incomprensioni e alla fine ci
aveva mostrato che il nostro amore ci avrebbe sempre sostenuto, per
affrontare e superare qualsiasi cosa, insieme.
“Nulla ci dividerà
più, Sile, saremo una vita sola, fino alla fine del
tempo.”
Sile mi guardò e sorrise, poi appoggiò il capo
sul mio petto, era esausta, e lo ero anch’io, avrei voluto
dedicarmi a lei, venerarla e amarla, ma dovevamo ancora tornare dagli
altri, non restava più molto tempo: Fear era stato
categorico, era vitale che raggiungessimo la spiaggia prima del
completo sorgere del sole, altrimenti saremmo stati perduti per sempre.
Alzai gli occhi al cielo, sempre stringendo Sile a me, ormai il buio si
era ovunque ritirato, il cielo era color tortora, rischiarato dai raggi
rosati del sole nascente che stava per emergere
dall'orizzonte. Mi alzai con qualche difficoltà,
guardai in alto, verso lo sperone di roccia: il sentiero era crollato a
valle, avevo rischiato di morire veramente, travolto da
un’immensa frana.
“Quanto tempo pensi che ci
resti, Mirzam?”
Mi strinsi nelle spalle, pensieroso: difficilmente avremmo potuto
seguire alla lettera le istruzioni di Fear.
“Dobbiamo arrivare alla Grotta
entro il pieno sorgere del sole, Sile, ma non abbiamo più
tempo per seguire le indicazioni: il mare si sta ingrossando di nuovo e
tu sei ferita, è rischioso tuffarsi, e credo... anche
inutile: se fosse stata la scelta giusta, “Lui” non
ci avrebbe ricondotto in superficie.”
“Credi davvero che ce la
faremo? ”
“Ce la faremo, Sile,
arriveremo in tempo, sono deciso a darti tutto ciò che ti ho
promesso e nemmeno il Sole m’impedirà di
farlo!”
“Mi hai già dato
tutto ciò che voglio, Mirzam, te l'ho detto tanti anni fa,
voglio solo te, tutto il resto per me non conta: io voglio solo vivere
insieme con te, fosse anche solo per un istante...”
“Lo voglio anch’io,
Sile, ma sarà per sempre, un “per
sempre” molto più lungo di un istante! In un modo
o nell'altro tu entrerai con me in quella Grotta!”
La baciai di nuovo. L'unica cosa che contava era vivere per sempre
accanto a lei, un vero “per sempre”, fatto di
lunghi anni, di lunghi giorni e di lunghe notti. Quando avevo
deciso di affrontare quella sfida e avevo scoperto che in gioco ci
sarebbe stata la vita di entrambi, non solo la mia, avevo promesso che
non mi sarei arreso mai, che avrei lottato fino all’ultimo
istante. E ora, seppur poco, avevo ancora del tempo da
giocarmi. Mi ridestai da quel piacevole torpore, mi guardai attorno,
salii su un deposito di calcare che emergeva a pelo d'acqua e,
spaziando con lo sguardo tra i flutti, cercai dei riferimenti per
orientarmi: riconobbi un paio di scogli e capii di essere a meno di un
kilometro dalla Grotta di Salazar, il percorso era un po' difficoltoso
e il tempo scarso, ma potevamo farcela.
“Mi bastano un pizzico di
fortuna e la forza dei tuoi baci, Sile, e ti porterò a
casa...”
Rianimato dalla speranza, la baciai di nuovo, con passione, poi, mentre
Sile mi guardava stupita, strappai un ampio triangolo di stoffa dalla
base della sua tunica, con cui le velai il capo, quindi la presi in
braccio e iniziai a percorrere a passo sostenuto la spiaggia, diretto
verso est. Nulla mi sembrava impossibile, ora che Sile,
finalmente, era con me, stretta tra le mie braccia. Nulla,
nemmeno la Morte, ci avrebbe più diviso.
***
Sirius Black
Herrengton Hill, Highlands - mar. 21 dicembre 1971
“E quella che
cos'è? A che cosa serve?”
Non capivo che cosa volesse dire mio fratello che, preoccupato,
indicava qualcosa a terra, guardai meglio e vidi, nascosta tra i
ciottoli, una corda mimetizzata nella sabbia, che emergeva a tratti per
tutta la lunghezza della spiaggia, per poi immergersi
nell'acqua. Feci un balzo, spaventato, quando, sotto i nostri
occhi, la corda si tese e si sollevò di qualche centimetro,
scorrendo poi rapida, come se una mano invisibile la stesse tirando:
una profonda agitazione prese tutti coloro che mi circondavano,
scuotendo le persone ammassate sulla spiaggia come foglie mosse dalla
folata di un vento impetuoso.
“Il segno!”
“Salazar, no! I bracci sono
ancora piegati!”
“La corda si è
tesa! La barca ha iniziato a emergere!”
Alshain e Deidra, le labbra livide, erano di un pallore cadaverico,
osservavano con occhi vuoti, terrorizzati, la corda che si tendeva e
scattava di nuovo, avvicinando il misterioso oggetto immerso di almeno
altri venti centimetri; Meissa strinse forte la mano di Rigel,
reprimevano a stento entrambi le lacrime, io mi sentii chiudere lo
stomaco dal dolore per tutti loro. Sapevo quanto Meissa amasse
Mirzam, sarebbe stato terribile per lei se... No, non potevo e
non dovevo nemmeno pensarci! Mentre la corda scattava per la terza
volta, però, e la spiaggia ormai sembrava impietrita
dall'orrore, mi sembrò di scorgere una leggera vibrazione
nella bilancia e un barlume di speranza si accese nella mia testa,
seppur poco convinto di quanto avevo visto. Stavo per dire
qualcosa, quando una nuova frenesia colse diversi Maghi, che avevano
avuto la mia stessa percezione: dissero di aver visto i bracci
muoversi, che quindi finalmente Mirzam aveva trovato Sile e ora erano
sulla strada della salvezza, tutti gli altri fissarono la bilancia,
dapprima dubbiosi, poi, lentamente, al salire impercettibile dei bracci
e al diminuire del flusso della polvere iridescente sui piatti, la
spiaggia fu percorsa dai brusii e dai canti.
“Devono sbrigarsi, il Sole
è emerso dalle acque quasi per metà!”
“Sono nella barca, svelti,
tiriamo la corda, aiutiamoli a emergere più in
fretta!”
La corda vibrò, di nuovo, scorrendo più del
solito, come se fosse stata trascinata con più forza e
questo convinse tutti, anche i Maghi più vecchi, ad
affollarsi intorno ad essa e tirare; al contrario, mio padre non
sembrava entusiasta e, dubbioso, si fece largo fino a raggiungere
Alshain.
“È un errore... Non
far tirare loro quella corda...”
Alshain lo ascoltava assorto e guardava lo specchio d'acqua antistante
alla grotta, indicata da mio padre: il rosa acceso del cielo si
rifletteva sul mare, e lì, in mezzo all'oceano che di colpo
era tornato placido, vidi emergere, poco per volta, un sinistro
triangolo scuro.
“Quella barca deve raggiungere
la riva prima che il Sole sorga del tutto, Orion!”
“Quella barca ha iniziato a
muoversi prima che i bracci si rialzassero! Tuo figlio è
salvo e sta raggiungendo la spiaggia, sì, ma non steso
lì dentro come tutti pensano! Dovresti lasciare che la barca
si tiri in secca da sola, o addirittura respingerla, in attesa...
”
“In attesa di cosa, Orion? Non
possiamo respingerla, non possiamo opporci in alcun modo alla
volontà di Herrengton!”
“E si può forzare
la volontà di Herrengton facilitando l’attracco di
quella barca?”
Alshain e Rigel, che si era avvicinato per ascoltare, lo guardarono
dubbiosi ma non dissero nulla. Il sole era ormai emerso di
oltre la metà quando sul mare apparve, completa, la forma
dell'imbarcazione che puntava decisa verso la costa: i più
anziani ripresero a cantare le loro nenie, dei bambini lanciarono urla
di festa, alcuni giovani dissero parole che non compresi, ma dalle
risatine di molti, capii che dovevano essere delle volgarità
in gaelico. Un paio di ragazzi si tuffarono per raggiungere la
barca, dietro di me, intanto un Mago spiegava a suo figlio, serio e
impettito, che gli sposi riuscivano a restare sott'acqua grazie a un
Incantesimo chiamato “Testabolla”, io osservavo in
silenzio, inquieto: non sapevo perché, ma sentivo che aveva
ragione mio padre, quella barca non doveva toccare la riva, ma era
difficile convincere qualcuno, se prima non si riusciva a persuadere
Alshain. I dubbi su chi avesse ragione furono spazzati via, quando il
primo giovane raggiunse la barca e, raggelando la spiaggia,
urlò che sull'imbarcazione non c'era nessuno. Un
silenzio di tomba s’impossessò di ogni cosa.
“Alshain, te lo ripeto, tuo
figlio ha preso un'altra strada! Non è ancora finita! Il
Sole non è ancora del tutto emerso... Mirzam è
solo in ritardo... ”
“No, è inutile,
Orion, è tutto finito! Per raggiungere la spiaggia entro il
pieno sorgere del Sole, l'unico mezzo era quella barca... e quella
barca è vuota! È vuota, lo capisci? Mio figlio e
Sile... non ci sono più, Orion... Non ci sono
più! È questa... è questa la
volontà di Herrengton!”
Deidra, rimasta indietro, accanto all'ara, si coprì il volto
con il velo, e dai tremiti del suo corpo capii che si era abbandonata
alla disperazione; Rigel, al suo fianco, abbracciò Meissa,
entrambi distrutti, Alshain in riva al mare, muto e pietrificato,
osservava il profilo della barca che doveva portargli la gioia e invece
si era rivelata foriera di morte. Nessuno tirava
più la corda e questa continuava a scattare a intervalli
regolari, da sola. Ormai stava per raggiungere la riva. Io non capivo:
il sole non era ancora sorto completamente e i bracci erano tornati
quasi in equilibrio, Mirzam e Sile perciò erano salvi, da
qualche parte, allora perché tutti erano così
disperati? Non potevano aver trovato un'altra via per raggiungere la
grotta? Poi avvenne tutto molto velocemente: Rigel, seguendo l'istinto
e le parole di mio padre, a sorpresa, ruppe gli indugi, si tolse rapido
il mantello e si passò la bacchetta sugli abiti, poi
superato un gruppo di anziani che stavano immobili sulla riva, si
avventò sulla corda, cercando di bloccarne il movimento con
il suo peso, invano, allora entrò in acqua per spingere
indietro l'imbarcazione, opponendosi alla corrente; Fear
cercò di impedirgli di interferire, ma Rigel si
divincolò dalla presa, lo insultò chiamandolo
“malefico vecchio” e gli intimò di
togliergli le mani da dosso. Intanto nostro padre, con il
volto deformato da un ghigno che non conoscevo, puntò un
dito verso gli scogli.
“Eccoli! Stanno arrivando per
un'altra strada, Alshain! Mi credi adesso? Aiutiamo Rigel, svelto, non
restiamo a guardare! Manca pochissimo, ma possono ancora
farcela!”
Mi voltai nella direzione indicata e vidi, alle spalle del cerchio dei
Maghi, in un silenzio irreale, una figura che camminava in acqua,
zoppicando vistosamente, ormai allo stremo delle forze, in braccio una
donna coperta da quelli che sembravano cenci. Papà
si unì a Rigel per respingere la barca, cercando di evitare
che si arenasse, sotto gli occhi esterrefatti dei più,
Alshain, in stato ancora catatonico, alla fine si avvicinò e
tutti e tre sommarono le proprie forze per prendere tempo: a quel
punto, quasi tutti gli adulti e i giovani si affiancarono e cercarono
di aiutarli, opponendosi con forza alla corrente e alla corda, e
bloccando, infine, la barca metà in acqua e metà
sulla terraferma, per il tempo che servì a Mirzam a
raggiungerci. Due ragazzi balzarono sull'imbarcazione e
aiutarono i due fidanzati a salirci a loro volta, a quel punto tutti
smisero di respingere la barca, che si arenò quando ormai
solo una piccolissima porzione di sole era ancora immersa nell'oceano.
“Svelto Jarvis!”
Alshain fece passare un giovane, che non capivo da dove fosse giunto,
ero certo di non averlo visto con noi durante la notte, nella radura:
era bruno, ben piantato, vestito riccamente con i colori
slytherin. L’uomo si avvicinò alla barca,
si tolse il mantello dagli inserti d'argento che indossava e lo depose
a terra, assistette Mirzam mentre scendeva e insieme aiutarono Sile a
fare lo stesso, avendo cura che la donna posasse il piede sul tessuto e
non sfiorasse, in alcun modo, la sabbia. Alshain si
staccò di nuovo dal semicerchio dei Maghi, che si era
formato tutto intorno all'ara, con la chiara e assurda intenzione di
impedire ai tre giovani di avanzare oltre: li obbligò a
fermarsi e, con voce imperiosa, ripeté in gaelico per tre
volte la stessa domanda e, per tre volte, Sile fu costretta, la voce
tremante di freddo e emozione, a dare la stessa risposta, in gaelico.
“Chi sei, donna, che ardiresti
imprimere le tue orme impure su questa Terra Sacra?”
“La sposa del figlio di
Herrengton…”
Papà ci tradusse le formule rituali, poi ci
spiegò che, dopo essersi presentata come la futura sposa di
Mirzam alla Confraternita, Sile doveva provare a spostare il piede
destro dal mantello alla sabbia, così che Alshain, sguainata
la spada di Hifrig dal ricco fodero, glielo impedisse: vedemmo,
infatti, il nostro padrino appoggiare la punta affilata
dell’arma sulla mano destra della ragazza, la stessa che fino
a quel momento era rimasta stretta nella destra di Mirzam.
“Solo alla Spada e alle Rune
spetta stabilire se la vostra unione è gradita a questa
Terra!”
Mirzam e Sile piegarono il capo in segno di sottomissione, lo sposo
prese, nella sua, la destra della sposa, chiudendo così il
freddo metallo tra le loro carni; i due giovani si guardarono negli
occhi per un breve istante, scambiandosi attraverso il velo di Sile uno
sguardo di profonda intesa con cui accettavano di affrontare insieme
non solo quella prova decisiva, ma tutte quelle che avrebbe riservato
loro il destino per il resto della loro vita. Ed io alla fine repressi
a stento un urlo di orrore, quando Alshain liberò da quella
stretta la spada con un colpo secco per poi levare in alto l'acciaio
macchiato di sangue, su cui andò a riflettersi il sole,
emerso dal mare completamente proprio in quel preciso
istante. Fear si affrettò accanto a Sile e Mirzam,
lo vidi raccogliere furtivo un po' del loro sangue mischiato in
un’ampolla di cristallo, poi versò sulle loro mani
ancora unite tutta l'acqua della Sorgente che era rimasta nel corno
d'argento. Alshain rovesciò la spada e rimase
immobile, con gli occhi fissi sulla punta sospesa a mezzo metro da
terra, nel silenzio generale, finché l'ultima goccia di
sangue non cadde nella sabbia o si asciugò sul metallo;
infine, deposta l’arma sull'altare, prese, tra le sue, le
mani dei due giovani e le aprì, le fissò, poi le
alzò in alto perché tutti vedessero: le Rune
avevano cicatrizzato le ferite su entrambe le mani, ed erano due serie
di Rune identiche su due ferite identiche.
“Per il Cuore. Per il Sangue.
Da questo momento siete una sola anima e un solo destino.
Herrengton ha benedetto la vostra unione...”
Tutti applaudirono e alcuni, di nuovo, iniziarono a cantare in gaelico,
mio padre, in faccia uno sguardo radioso, si allontanò per
essere tra i primi ad abbracciare gli sposi, e lo sentii bisbigliare
qualcosa che suonava come “…
con almeno tre figli...” Mi affrettai dietro di
lui per chiedere che cosa volesse dire, ma Regulus ed io rimanemmo
indietro, ostacolati dalla folla, e in quel momento, mentre eravamo da
soli, fui raggiunto da una voce alle mie spalle.
“Tuo padre ha contato almeno
tre gocce di sangue denso cadere dalla punta della spada: la tradizione
vuole che a ognuna di quelle gocce corrisponda un figlio... E
poiché c'era una striatura lunga sul retro della spada,
almeno uno dei tre sarà una femmina... Sarà
proprio un’unione propizia...”
Voltandomi verso quella voce, incrociai due profondi occhi color
dell'acciaio e subito mi si rizzarono i peli della schiena: era la
prima volta che vedevo Fear così da vicino e non ebbi
difficoltà a sentirne la potenza e la
pericolosità, oltre al compiacimento per il disagio che
provavo a causa sua. Ero convinto che, solo guardandomi,
avesse scoperto che l'avevo sognato prima ancora di sapere della sua
esistenza e che il suo nome mi turbava anche senza conoscerne i veri
motivi. Ammutolito, afferrai per un braccio mio fratello e cercai di
allontanarci per raggiungere papà: m’imposi di
reprimere quella strana inquietudine, volevo e dovevo solo soddisfare
le mie curiosità, prima tra tutte quella di vedere da vicino
questa misteriosa sposa, di cui finora capivo soltanto che doveva
essere pazza o amare molto Mirzam, se aveva accettato di correre tanti
pericoli per sposarlo. Entrambi erano ritornati tra noi in
condizioni pietose e mi sollevò sapere che mia madre non
aveva assistito alla scena, non era difficile immaginare con quale
disprezzo avrebbe commentato le tradizioni del Nord! Raggiunto
papà, ci trovammo davanti, a ricevere i complimenti, solo
Alshain e un uomo gigantesco, Donovan Kelly, il padre della sposa:
aveva un aspetto burbero e minaccioso, ma anche nel suo caso, la
felicità che traspariva dai suoi occhi sembrava
sincera. Mirzam, al contrario, si era allontanato dalla ressa
e, dopo aver abbracciato e salutato sua madre e i suoi fratelli, aveva
di nuovo stretto Sile a sé, l'aveva presa in braccio e le
aveva sollevato appena quella specie di velo improvvisato,
così che nessun altro ne vedesse facilmente il volto: ora la
stava letteralmente soffocando con un lungo bacio
appassionato. Molti ragazzi, vedendoli, iniziarono a
fischiare, Sile rise e Mirzam, rosso in faccia, la rimise a terra:
aveva un sorriso radioso che non gli avevo visto nemmeno il giorno
della firma definitiva con il Puddlemere, era sempre stato il
più timido e riservato tra gli Sherton, ma quel giorno, pur
stravolto dalla fatica e dalla tensione, non aveva alcuna remora a
mostrare quanto fosse realmente e profondamente felice.
“C'è ancora
un'ultima cosa da fare, poi potrete andare a prepararvi per la festa
“ufficiale”... ”
Warrington li prese per mano e li condusse fino all'ingresso della
grotta, dove già li attendeva Alshain; notai che Sile ora
poteva camminare sulla sabbia senza problemi e capii che le Rune che
avevano appena preso servivano a renderla una Sherton a tutti gli
effetti, prima ancora che, burocraticamente, la Confraternita e il
Ministero li dichiarassero marito e moglie. Giunta sulla
soglia, Sile si tolse il velo ed io riuscii a scorgere finalmente il
suo viso delicato, l'aria gentile e simpatica data dalle lentiggini, e
il corvino dei suoi capelli, sebbene un po' arruffati: era
più minuta delle mie cugine, ed era carina, certo, ma non
bella quanto Meda, forse perché Meda era la mia cugina
adorata e, per me, sarebbe sempre stata più bella di
qualsiasi altra ragazza.
“Herrengton ha riconosciuto in
te una Sherton, Sile. Perché nessuno possa mai dubitarne,
dimostralo ora, a tutta la Confraternita, nel suo Tempio più
sacro... ”
Udite le parole di suo padre, Mirzam le prese nuovamente la destra
nella sua e, salmodiando a voce bassa qualcosa che non riuscivo a
comprendere, aiutandosi con lievi movimenti delle dita, iniziarono a
indicare vari punti all'interno della grotta: per un po' non accadde
nulla, poi, via via, timidamente, si accesero alcune candele. Mirzam le
lasciò la mano e si ritrasse, Sile continuò da
sola e, poco per volta, la grotta s’illuminò del
fuoco di svariate fiaccole e bracieri, si dispiegarono gli stendardi,
apparvero arredi e fiori: alla fine, tutta la grotta, rispondendo alla
Magia e alle Rune della nuova componente della famiglia, si
presentò allestita per la festa, ancora più
meravigliosa di come l'avevo immaginata con la mia fantasia. Entrati
anche noi nella Grotta di Salazar, la coppia offrì a tutti
focacce e bevande rituali, per salutare il Nuovo Sole e la nuova
unione, ma gli sposi non si trattennero molto, perché erano
sfiniti dalle traversie e avevano bisogno di riposo e di cure, prima di
affrontare, per tutto il resto della lunga giornata, il banchetto, i
balli e il gran numero d’invitati che di lì a poco
si sarebbero aggiunti ai Maghi del Nord. Deidra e Meissa presero in
consegna Sile e, utilizzando una candela che fungeva da Passaporta,
sparirono dirette al maniero, analogamente Mirzam scomparve,
accompagnato da Warrington e Fear; noi restammo invece a lungo nella
grotta, rilassati e contenti, molti parlavano del Rito appena
celebrato, spiegando ai ragazzini della mia età nuovi
dettagli e alcune vecchie storie, altri di politica. Nostro padre
salutava tutti e s’intrattenne con alcuni, ma guardava
continuamente Alshain che, a sua volta, pur preso dalle chiacchiere con
i numerosi ospiti e dai discorsi importanti, non ci staccava gli occhi
di dosso. Alla fine, Sherton fece svanire gli arredi, spense i
fuochi e insieme a Rigel, da cui non si era separato un attimo, ci
invitò a seguirlo di nuovo lungo il sentiero che riportava
al Cortile delle Rose: ero pieno di domande, come anche mio fratello,
ma non mi andava ancora di parlare, volevo ricordare ogni singolo
attimo e fissarlo nella memoria, affascinato da quella gente, da quella
terra, dalle loro tradizioni, che ora sapevo essere anche esagerate e
persino un po' crudeli. Solo quando vidi spiccare tra le cime
degli alberi una torre di pietra, isolata e antica, tornai in me e
chiesi a nostro padre che cosa fosse e per quale motivo non
l’avevamo vista durante l’estate.
“Probabilmente le fronde
rigogliose degli alberi la nascondevano alla vista,
quest’estate, ma è stata sempre lì. In
quella torre gli Sherton si preparano ai Riti: nei sotterranei,
c'è una stanza in cui confluisce da un fiume sotterraneo
l'acqua che nasce dalla Sorgente. Ed è lì che
nell’antichità, coloro che pretendevano la mano di
una Sherton, dovevano dimostrare di esserne all'altezza...”
“In che modo?”
Non ottenemmo risposta, nostro padre ci rivolse uno sguardo strano, poi
ci diede le spalle e chiuse lì il discorso, io continuai a
fissare quella costruzione antica e misteriosa, chiedendomi quali
segreti nascondesse, finché non scomparve definitivamente
tra la vegetazione. A metà strada, quando raggiungemmo la
radura su cui c’eravamo materializzati la notte precedente,
mi voltai e mi fermai per ammirare l'oceano che si dispiegava placido
sotto di noi, baciato da un sole timido che finalmente si elevava sul
mondo senza più incutere timore: papà mi
lanciò un’occhiataccia severa, sapevo di non
dovermi attardare con le mie fantasticherie e, una volta tanto, ero
d’accordo, perché la realtà era molto
meglio di un sogno, nelle Terre del Nord. M’immersi
rapido nella foresta, dietro di lui, al fianco di mio fratello, diretti
nuovamente alle tende, dove avremmo ripreso i nostri abiti e ci saremmo
preparati per la festa al maniero, pronto a vivere il resto di quella
che, lo sapevo già, sarebbe stata un’altra
emozionante giornata.
*continua*
NdA:
Ciao a tutti, ringrazio al solito per le preferenze, le recensioni, le
mail ecc ecc. Spiego al volo un paio di note che ho messo nel chap:
1)Sono quattro Rune dell'alfabeto runico anglosassone: Nyd la cui forma
ricorda una croce semi ruotata e il significato è
"necessità", Os (che significa "dio") deriva da Ansuz, Lagu
( che significa "lago") e Wyn ("gioia") da Wunjo. Sono legate alla
triade celtica maschile, composta dalle divinità Lugh, Dagda
e Ogma a cui si associa anche il Triskell. 2)La storia della Diaspora
dei Daur sarà affontata nello spin off sui Fondatori.
L'immagine è un dono della meravigliosa AryYuna,
potete trovare i suoi lavori su DeviantArt e
nella sua pagina
artista su FB.
Valeria
Scheda
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