Diario di uno stupro

di D Laila
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DIARIO DI UNO STUPRO
Caro diario,
questa notte ti scrivo per raccontarti della mia ultima notte appena trascorsa.
Stavo tornando dal concerto di Marco Masini, ero entusiasta perché è il mio cantante preferito ed aspettavo un suo concerto da tempo. Comunque, camminavo da sola per strada quando all’improvviso ho sentito dei passi affrettati alle mie spalle. Mi sono pian piano voltata e con la coda nell’occhio ho visto un gruppo formato da cinque uomini che mi seguiva. Ho pensato che fosse solo una mia impressione e per sicurezza ho cambiato marciapiede. Mi sono voltata ancora e loro erano sempre alle mie spalle, quindi mi seguivano per davvero. Ho continuato a camminare con passo normale e all’improvviso sono scattata a correre. Ho continuato finché ho girato per un vicolo e sono andata a sbattere contro qualcuno. Stavo per mettermi ad urlare quando ho riconosciuto il volto di mio padre. Il mio caro papà, che mi medicava sempre le ginocchia ferite da bambina, era lì a salvarmi dagli uomini cattivi. Solo che questa volta non sembrava così buono.
Aveva una strana forza quando mi aveva afferrato per le spalle e scaraventato a terra e si era buttato sopra di me.
Aveva una strana luce che gli illuminava gli occhi quando mi aveva tirato giù i jeans, quasi strappandomeli, e le mutandine e si era sfibbiato i pantaloni infilandomi il suo pene tra le mie gambe.
Aveva uno strano sorriso sinistro quando mi prendeva e mi scaraventava verso gli altri. Si, perché gli uomini cattivi erano colleghi di papà, ed io dovevo fare la brava e non gridare. Per tutto quel tempo non avevo urlato, volevo farmi forza.
Quand’ero piccola era solo lui a farmi questo.
-Papà, mi fai male!- gli dicevo mentre lo faceva.
-Tranquilla tesoro, è normale. Proprio come una puntura!- mi rispondeva. Io allora stringevo i denti e fingevo di essere Giovanna D’Arco. Volevo essere coraggiosa come lei, proprio come stasera. Ma stavolta era diverso. Quel che lui chiama “puntura” ha un altro nome che io ho imparato.
Sempre da piccola avevo fatto domande alla mia mamma su questa puntura e lei non capiva mai di cosa parlassi. Ormai sono grande ed ho imparato che la gente capisce solo quel che vuole capire, e mia madre era una che non voleva capire.
Ed è per farglielo capire finalmente, a che trattamento sono stata sottoposta, che ho ingoiato questa sera una manciata di pillole. Proprio così, domattina non mi risveglierò. Appena finirò di scrivere quest’ultima pagina, mamma, ti lascerò aperta questa pagina sulla mia scrivania, affinchè tu capisca finalmente.
Mi addormenterò col volto di Marco Masini che canta T’Innamorerai, e niente più.





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